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Occupazione senza titolo di immobile

La sentenza conferma la nullità del contratto di locazione verbale in caso di mancata registrazione e di prova della regolarità dei pagamenti del canone, nonostante la sussistenza di una nullità relativa di protezione in favore del conduttore. Viene, inoltre, ribadita la decadenza dalla prova testimoniale, se non reiterata alla precisazione delle conclusioni e l’inammissibilità della domanda nuova in appello.

Pubblicato il 22 September 2024 in Diritto Civile, Diritto Immobiliare, Giurisprudenza Civile

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE DI APPELLO DI ROMA Settima Sezione Civile composta dai magistrati:
NOME COGNOME Presidente rel.
NOME COGNOME Consigliere NOME COGNOME Consigliere

SENTENZA N._5571_2024_- N._R.G._00008382_2018 DEL_02_09_2024 PUBBLICATA_IL_09_09_2024

nella causa civile in grado di appello iscritta al n. 8382/2018 R.G.A.C.C., trattenuta in decisione il 3.7.2024, a seguito di trattazione scritta, ai sensi dell’art. 127-ter c.p.c., e vertente tra le seguenti parti Appellanti (c.f.
(c.f.

Rappresentati e difesi dall’avv. NOME COGNOME (c.f.
Rappresentato e difeso dall’avv. COGNOME COGNOME Oggetto:

Occupazione senza titolo e risarcimento danni

Fatto e svolgimento del processo §

Con ricorso depositato in data 4.6.2013 ha chiesto al tribunale di accertare e dichiarare l’occupazione senza titolo dell’appartamento, posto al piano terra dell’immobile, di sua proprietà, sito in  e identificato al NCEU al foglio 19, particella 39, sub 1, da parte di di ordinare agli stessi il rilascio e di condannarli, in solido tra loro, al pagamento della somma di € 1.000,00 mensili, oltre interessi legali da febbraio 2009 al saldo, a titolo di risarcimento danni da mancato godimento dell’immobile. Ha dedotto, a sostegno delle proprie domande, di essere proprietario dell’appartamento e di vivere, con la madre, al primo piano dello stesso fabbricato;
di aver consegnato le chiavi dell’appartamento , nel febbraio 2008, che intendeva mostrarlo ai propri figli, al fine di stipulare un contratto di locazione, ed, invece, l’avrebbe occupato insieme ad essi, rifiutando il rilascio e la stipula di un C.F. C.F. C.F. , nel contestare la domanda, hanno confermato di abitare nell’appartamento, in questione, dall’anno 2008, precisando, però, di occuparlo, in virtù di un contratto di locazione, che il ricorrente non ha mai voluto registrare, e di aver pagato regolarmente un canone pari alla somma di € 650,00 mensili dal febbraio 2008 al gennaio 2010, e di € 500,00 dal febbraio 2010 al dicembre 2012; di avere depositato, ai sensi dell’art. 3 comma 8 d.lgs. 23/2011, la richiesta di registrazione del contratto, in data 14.1.2013, e l’Agenzia delle Entrate ha rideterminato il canone in € 67,00 mensili, regolarmente versate dalla conduttrice § All’esito del giudizio, il Tribunale di Rieti, in accoglimento della domanda, ha condannato al rilascio dell’immobile ed al pagamento, in solido, in favore di a titolo di indennità di occupazione, della somma di € 22.499,52, oltre interessi legali dalla pubblicazione della presente sentenza al saldo, e di € 300,00 al mese, per il periodo successivo fino all’effettivo rilascio dell’immobile, oltre interessi legali dalle singole scadenze mensili al saldo, nonché al rimborso delle spese processuali.

La decisione può essere così brevemente riassunta:
i resistenti, nel confermare l’occupazione dell’immobile dal febbraio 2008, non hanno prodotto alcun contratto di locazione, ancorché non registrato, sottoscritto dal locatore;
dunque, il contratto è inesistente e, in ogni caso, sarebbe nullo, come chiarito dalle sezioni unite della Cassazione con la sentenza n.18214 del 2015, per il mancato rispetto della forma scritta;
non è stata dimostrata nemmeno l’imposizione di un accordo verbale, unica circostanza che, secondo le sezioni unite, determinerebbe la nullità del contratto per difetto di forma scritta come “nullità di protezione”, invocabile soltanto dal conduttore, e non si può attribuire valore confessorio alla mancata comparizione del ricorrente all’udienza fissata per l’interpello, vertendo quest’ultimo su circostanze inammissibili;
ne consegue l’occupazione illegittima dell’immobile per il periodo intercorrente dal febbraio 2008 al dicembre 2012;
quanto al periodo successivo al gennaio 2013, momento in cui la ha ottenuto la registrazione del contratto, ai sensi dell’articolo 3, comma 8, decreto legislativo n.23 del 2018, considerati i diversi interventi del giudice delle leggi e della Suprema Corte, non si può ritenere l’esistenza di un contratto fino al luglio 2015, ma il locatore ha diritto ad un risarcimento danni, ai sensi dell’articolo 13 comma 5º legge 491 del 1998, da determinare nella misura, su base annua, o del triplo della rendita catastale medio di mercato, così come per il primo periodo; dal totale sono state poi detratte le somme già versate impugnano la decisione, articolando un unico motivo di impugnazione (“VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 112 e 115 c.p.c. IN RAGIONE DELL’IMPOSIZIONE DEL CONTRATTO VERBALE DA PARTE DEL SIG..

Erronea applicazione delle disposizioni in materia di locazione ad uso abitativo (Nullità assoluta del contratto di locazione ad uso abitativo stipulato senza la forma scritta ex art. 1 comma 4 della legge n. 431/98 e successive modificazioni”).

Gli appellanti assumono la mancata contestazione di circostanze rilevanti, ai fini della decisione ovvero di aver vissuto, per 5 anni, dall’anno 2013 al 2018, nell’appartamento in contestazione, pagando complessivamente un importo di € 30.000, a titolo di canone di locazione e chiedendo più volte la registrazione del contratto;
il proprietario avrebbe posto in discussione il rapporto solo nel momento in cui la si sarebbe rivolta all’Agenzia delle Entrate per la registrazione del contratto, citandola, insieme ai figli in giudizio.

Queste circostanze, valutate unitamente alla produzione documentale della registrazione del contratto presso l’Agenzia delle Entrate ed alla mancata risposta all’interpello, avrebbero dovuto indurre il tribunale a ritenere accertata l’imposizione del contratto verbale e, dunque, la nullità di protezione, invocata dal conduttore.

§ Occorre premettere che i soccombenti, in primo grado, erano tre, la ed i due figli, costituitisi, con un unico difensore, che ha poi proposto appello, solo nell’interesse di due di essi.

La notifica al terzo soccombente sarebbe dovuta avvenire presso lo stesso avvocato, ma non era necessaria, in ragione degli obblighi professionali che legano il difensore al suo cliente e comprendono ogni comunicazione relativa al procedimento in corso e, dunque, anche la scelta di impugnare o meno il provvedimento.

§ E’, inoltre, preliminare l’esame dell’eccezione di inammissibilità o inesistenza dell’atto di appello, per mancanza della firma digitale.

Dall’esame degli atti, non emerge, in modo univoco, che l’atto di appello sia stato redatto in forma telematica e, nella relata di notifica, si attesta che “l’atto notificato allegato….è copia informatica conforme all’originale analogico da cui è stata estratta”.

In ogni caso, ciò che conta è la mancanza della sottoscrizione del difensore sia in formato digitale che pdf, per posta elettronica certificata, entrambi depositati sia nel fascicolo telematico che cartaceo, recano solo il nominativo dattiloscritto del difensore, che lo ha redatto.

La giurisprudenza di legittimità assegna all’elemento formale della sottoscrizione la funzione di nesso tra il testo ed il suo apparente autore, affinché possa dirsi certa la paternità dell’atto processuale.

La sottoscrizione è un requisito indispensabile per la formazione dell’atto stesso, che, in mancanza, è inesistente, in forza dell’estensione del principio della nullità insanabile stabilito dal secondo comma dell’art. 161 c.p.c., tranne nell’ipotesi in cui la paternità sia desumibile da altri elementi, come, in particolare, la sottoscrizione per autentica della firma della procura in calce o a margine dello stesso (tra le altre: Cass. n. 4078/1986; Cass. n. 6225/2005; Cass. n. 9490/2007; Cass. n. 1275/2011; Cass. n. 19434/2019; Cass. n. 32176/2022).

Nella fattispecie, le contestazioni si concentrano soltanto sull’assenza di firma digitale sia sull’originale dell’atto di appello che sulla copia informatica notificata e sulla procura, ma non è in discussione la conformità della copia al contenuto dell’atto depositato in originale.

La notifica è stata eseguita dall’indirizzo elettronico a nome del difensore, NOME COGNOME ed, alla copia notificata, è allegata anche la procura alle liti, con firma autografa delle parti e dello stesso difensore.

Nel fascicolo cartaceo, è prodotto anche l’originale della procura, in formato analogico, redatta su foglio separato, ma con un univoco riferimento all’appello avverso l’ordinanza, qui impugnata, emessa dal tribunale di Rieti il 2.11.2018 “relativa al giudizio ex art. 702 bis cpc. R.G.. n. 1104/2013 promosso da Si deve, dunque, ritenere, anche in considerazione del principio di strumentalità delle forme processuali, senza vuoti formalismi, alla luce del rilievo attribuito dagli artt. 6 CEDU, 47 della Carta UE e 111 Cost. all’effettività dei mezzi di azione e difesa in giudizio, configurati come diretti al raggiungimento di una decisione di merito, la sussistenza di elementi qualificanti da cui ricavare la paternità dell’atto, pur mancando una sottoscrizione, sia in forma digitale che cartacea. Le considerazioni svolte, in mancanza di specifiche contestazioni riguardanti la conformità, assorbono anche la questione della mancanza di firma digitale nell’atto notificato.

§ Nel merito, la decisione va confermata, pur non essendo del tutto condivisibile.

Gli appellanti, resistenti in primo grado, hanno opposto l’esistenza di un contratto di locazione verbale, poi da essi tardivamente registrato, per paralizzare la domanda del di rilascio immediato dell’immobile, previo accertamento dell’occupazione abusiva, e di condanna al pagamento della relativa indennità.
alla madre.

La lo avrebbe occupato, insieme ai due figli, dopo aver ottenuto le chiavi per visionarlo, in vista di una possibile locazione, e, da quel momento, il avrebbe subito la situazione, ricevendo minacce, insulti ed angherie di ogni genere.

E’ poco usuale e prudente lasciare le chiavi a persone sconosciute per visionare un immobile, peraltro, completamente arredato ed immediatamente abitabile, così come è poco credibile che il proprietario, nonostante l’occupazione abusiva, invece di denunciare all’autorità di Polizia l’occupazione ed ogni altro comportamento illecito, abbia comunicato, nello stesso mese di febbraio, la cessione di fabbricato in favore della , in “comodato d’affitto”, per poi ripetere la comunicazione nel successivo mese di settembre, in favore del figlio di lei, (doc. 9 fascicolo + altri, e doc. 3 e 4 fasc. in primo grado).

In sintesi, il avrebbe subito minacce e pressioni, per oltre quattro anni, presentando denuncia ai Carabinieri di Poggio Mirteto solo il 9 ottobre 2012 (doc. 5), dopo la denuncia del figlio della , nel precedente mese di febbraio (doc. 8 fascicolo + altri in primo grado), relativa a continue richieste di stipulare un contratto di locazione rimaste inevase e seguita dagli accertamenti di cui agli allegati, nello stesso fascicolo di parte, contraddistinti dal numero 10, 11 e 12;
ha poi agito, ai sensi dell’art. 702 bis cpc, per ottenere il rilascio dell’immobile, solo nel giugno 2013, dopo la richiesta di registrazione del contratto di locazione, avanzata dalla , nel gennaio 2013 (doc. 4 fascicolo fascicolo + altri, in primo grado).

In altri termini, il ha adito l’autorità giudiziaria, dopo cinque anni dalla pretesa occupazione, quando avrebbe potuto farlo ben prima, non essendo state nemmeno dedotte circostanze sopravvenute che avrebbero reso possibile un’azione giudiziaria, solo dopo tanto tempo:
nel ricorso, si legge di comportamenti aggressivi e violenti protrattisi negli anni, che avrebbero dovuto indurre ad agire immediatamente, per ottenere la tutela giudiziaria;
invece, lo stesso deduce di aver agito solo quando il figlio della , con l’atteggiamento, già descritto, avrebbe avanzato la pretesa di ottenere 40.000,00 euro, per lasciare l’immobile.

In conclusione, la stessa prospettazione dei fatti consente di ritenere dimostrata l’esistenza di un contratto di locazione, in forma verbale, imposto dal proprietario dell’immobile, peraltro, dagli accertamenti allegati agli atti, risultato abusivo quanto alla destinazione ad uso abitativo.

L’art. 13, comma 5, lg. 431/1998, nell’originaria formulazione, prevedeva, in deroga al principio generale della nullità assoluta del contratto di locazione in forma verbale, una nullità relativa di protezione in favore del conduttore, che abbia subito l’abuso del proprietario in posizione dominante.

La norma è stata successivamente modificata con legge 208/2015, in modo più favorevole per il conduttore ampliando le ipotesi di nullità relativa.

Secondo la Suprema Corte, “Il riferimento, ritenersi applicabili le disposizioni di cui al precedente comma 6 del medesimo art. 13, va inteso secondo i criteri di interpretazione dettati dall’art. 12 delle preleggi come riguardante la data di entrata in vigore della legge modificata (l. n. 431 del 1998) e non di quella modificante (l. n. 208 del 2015).

Ne deriva che i contratti di locazione ad uso abitativo stipulati a decorrere dall’entrata in vigore della l. n. 431 del 1998, per i quali il locatore non abbia provveduto alla prescritta registrazione del contratto nel termine indicato al comma 1 dell’art. 13 citato, sono affetti da nullità relativa di protezione, a prescindere dal fatto che siano stati conclusi o meno in forma scritta ed ancorché i correlati giudizi siano stati introdotti prima della modifiche apportate dal richiamato art. 1, comma 59, allo stesso art. 13; causa di nullità, pertanto, denunciabile dal solo conduttore, ricorrendo uno dei casi nei quali quest’ultimo ha la facoltà di domandare “la riconduzione del contratto a condizioni conformi”.
sent. n. 9475/2021.

Il conduttore, nella fattispecie, ha opposto il contratto da esso tardivamente registrato, alle nuove condizioni relative alla decorrenza dalla data di registrazione ed ad un minor canone in misura pari al triplo della rendita catastale, chiedendo, innanzi al tribunale, il rigetto della domanda attrice, con la condanna al risarcimento danni “secondo equità”;
in appello, ha modificato la domanda, in violazione dell’art. 345 cpc, chiedendo l’accertamento dell’esistenza di un originario contratto di locazione ad uso abitativo, per il quale è stato corrisposto un canone di 650,00 da febbraio 2008 al mese di gennaio 2010 e 500,00 euro, da febbraio 2010 al mese di dicembre del 2012 e 67 euro, da gennaio 2013, con ogni conseguenziale provvedimento.

Dovendo esaminare l’eccezione, occorre precisare che la normativa richiamata è a protezione del conduttore, che, nella fattispecie, ha opposto il reiterato rifiuto del locatore alla registrazione del contratto, ma non ha fornito prova della regolarità dei pagamenti.
ha ammesso, in ricorso, di aver ricevuto solo saltuariamente l’importo di 500,00 euro al mese, contestando i pagamenti regolari, indicati dal figlio della , alla Guardia di Finanza di Poggio Mirteto.

La situazione non muta, pur volendo leggere tale affermazione unitamente a quanto dichiarato nella denuncia presentata ai Carabinieri, ovvero di aver ricevuto 500,00 euro al mese, determinate unilateralmente dalla , da agosto 2011 a giugno 2012, tranne il mese di maggio 2012, ed al vaglia telegrafico, relativo al mese di ottobre 2010 (altri non sono leggibili o sono coincidenti con il periodo già indicato dal ricorrente).

I vaglia telegrafici in atti (doc. 2 fascicolo + altri, in primo grado), diversamente da quanto sostenuto dai resistenti ( cpv 2 in comparsa innanzi al tribunale), non provano i pagamenti regolari, nei tempi, modi ed ammontare indicati e richiesti con le raccomandate in atti e in questo giudizio.

un consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità secondo cui “la parte che si sia vista rigettare dal giudice le proprie richieste istruttorie ha l’onere di reiterarle, in modo specifico, quando precisa le conclusioni, senza limitarsi al richiamo generico dei precedenti atti difensivi, poiché, diversamente, le stesse devono ritenersi abbandonate e non potranno essere riproposte in sede di impugnazione” Cass. ord. 36134/2021.

Ne consegue che, in mancanza, la parte non è nemmeno comparsa all’udienza di precisazione conclusioni, è preclusa la riproposizione in appello.

La parte decaduta dalla possibilità di richiedere la prova – in ogni caso, aveva chiesto di dimostrare, attraverso i testimoni, la regolarità dei pagamenti del canone, per l’intero periodo, pur avendo dedotto che i versamenti erano avvenuti attraverso vaglia telegrafici, prodotti solo in minima parte – assume di aver dimostrato i fatti attraverso la produzione della registrazione del contratto, la mancata contestazione, da parte del locatore, sia della regolarità dei pagamenti che delle continue richieste di registrazione del contratto, ed, infine, a riprova, la mancata comparizione del all’udienza fissata per l’interrogatorio formale. La regolarità dei pagamenti è stata contestata sin dal ricorso, innanzi al tribunale, ed andava dimostrata dal conduttore, che ha prodotto una documentazione del tutto insufficiente.

Di conseguenza, in un quadro così incerto, non può assumere un rilievo decisivo il comportamento del che non si è presentato a rendere l’interrogatorio formale.

Piuttosto, emerge un comportamento del conduttore inadempiente, esponendosi ad una morosità a fronte della mancata registrazione del contratto ed iniziando a pagare regolarmente (almeno per quanto prospettato e non puntualmente contestato) solo dopo la registrazione del contratto, a condizioni sicuramente più favorevoli.

In questo ambito, non si può ritenere che il conduttore abbia subito l’abuso del proprietario, in posizione dominante, non avendo corrisposto regolarmente il canone di locazione ed avendo registrato il contratto solo dopo cinque anni dall’inizio del rapporto, a condizioni ben pi più favorevoli.

§ Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo, tenendo conto della nota spese e del valore indeterminabile della controversia di media complessità e facendo ricorso ai valori minimi, in ragione dell’effettiva portata della linea difensiva (esclusa la fase istruttoria del tutto mancata).
.
Q. M. Il Collegio, definitivamente pronunciando, a conferma dell’ordinanza emessa dal Tribunale di Rieti, a conclusione del procedimento ex art. 702bis cpc, n. 1104/2013, – rigetta l’appello;
– condanna in solido tra loro, al pagamento delle spese processuali, in favore di controparte, liquidate, per questo grado di giudizio, in € 3600,00, oltre spese generali ed accessori di legge;
Sussistono i presupposti per il versamento, da parte degli appellanti, di un ulteriore somma pari al contributo unificato.
Roma, 3.7.2024 IL PRESIDENTE

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