6 aprile 2018, n. 8582, richiamando analoga conclusione di Cass. 25 ottobre 2016, n. 21517, ha affermato che dalla mancata presentazione per oltre tre anni consecutivi del bilancio annuale, da cui consegue la cancellazione d’ufficio, non emerge un’inequivoca volontà abdicativa della posizione attiva da parte della società.
Va detto che Cass. 6 aprile 2018, n. 8582, richiamando analoga conclusione di Cass. 25 ottobre 2016, n. 21517, ha affermato che dalla mancata presentazione per oltre tre anni consecutivi del bilancio annuale, da cui consegue la cancellazione d’ufficio, non emerge un’inequivoca volontà abdicativa della posizione attiva da parte della società.
La Corte ha inteso dare continuità a tale indirizzo, anche alla luce della considerazione che nel caso di cancellazione officiosa per l’omissione reiterata nel triennio non è possibile scorgere, dietro alla cancellazione, un’univoca manifestazione di volontà di rinuncia, come potrebbe invece astrattamente essere nel caso in cui con la cancellazione volontaria la società abbia scelto di addivenire all’immediata estinzione.
Al riguardo va precisato quanto segue.
Sulla base dei due piani sopra evidenziati (processuale e sostanziale) ed alla luce di quanto osservato, il fatto noto rappresentato dall’omissione del liquidatore non è sussumibile nella figura normativa della presunzione semplice e non può dunque costituire la premessa dell’inferenza presuntiva.
Qualora il giudice di merito sussuma erroneamente sotto i tre caratteri identificativi della presunzione (gravità, precisione e concordanza) fatti concreti che non sono invece rispondenti a quei requisiti, il relativo ragionamento è censurabile in base all’articolo 360 c.p.c., n. 3, competendo alla Corte di cassazione, nell’esercizio della funzione di nomofilachia, controllare se la norma dell’articolo 2729 c.c., oltre ad essere applicata esattamente a livello di proclamazione astratta, lo sia stata anche sotto il profilo dell’applicazione a fattispecie concrete che effettivamente risultino ascrivibili alla fattispecie astratta (Cass. 26 giugno 2008, n. 17535; 4 agosto 2017, n. 19485; 16 novembre 2018, n. 29635).
Considerando invece il piano di diritto sostanziale, deve concludersi nel senso che il mero contegno omissivo in discorso, senza ulteriori circostanze caratterizzanti il caso concreto, non è qualificabile come negozio di remissione del debito (ad analoghe conclusioni, con riferimento alla mancata evidenziazione nel bilancio di società estinta dei crediti, giungono Cass. 26 gennaio 2021, n. 1724 e 14 dicembre 2020, n. 28439).
Anche nel caso del contegno concludente (qui di carattere omissivo) opera un meccanismo inferenziale (alla stessa stregua della presunzione quale mezzo di prova nel processo), perché si tratta di inferire da un comportamento un determinato significato, oggettivo e socialmente riconoscibile, come affermato da una classica dottrina (che, al riguardo, richiama il criterio posto dall’articolo 476 per l’accettazione tacita dell’eredità).
La mera omissione di deposito del bilancio in fase di liquidazione per oltre tre anni consecutivi non è qualificabile come comportamento negoziale abdicativo del credito per l’assenza dell’inferenza necessaria di una volontà in tale senso, diretta al debitore, sul piano tipico della valutazione astratta e generale.
Corte di Cassazione, Sezione Terza, Sentenza n. 13534 del 18 maggio 2021
La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di
Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.
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