REPUBBLIC ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DI APPELLO DI NAPOLI
Sez. III civ., riunita in camera di consiglio nelle persone dei magistrati:
nel procedimento nr. 5580/2017, all’esito della camera di consiglio, ha emesso la seguente
SENTENZA n. 1846/2022 pubbl. il 02/05/2022
tra
XXX (),
APPELLANTE
E
YYY
APPELLATO
Conclusioni
Per l’appellante: 1) accogliere l’appello proposto avverso la decisione del Tribunale di Avellino n.1566/2017 e, in totale riforma della stessa, dichiarare infondata la domanda di pagamento di cui al decreto ingiuntivo opposto di YYY, e dichiarare inammissibile e improcedibile la domanda riconvenzionale spiegata dall’opposto (odierno appellato) ed in ogni caso respingerla per totale infondatezza, con annullamento e revoca dell’ingiunzione n.1190/2007 del Tribunale di Avellino; 2) accogliere invece le domande riconvenzionali di risoluzione del contratto di appalto inter partes e di risarcimento del danno, e, per l’effetto, condannare l’impresa appellata al risarcimento del danno da liquidarsi, anche equitativamente, nella misura di € 25.000,00 ovvero in quella minore, ritenuta di giustizia dalla ecc.ma Corte adita in esito al grave inadempimento dell’appaltatore, sulla scorta della copiosa documentazione in atti, delle risultanze della prova orale e delle valutazioni tecniche del ctp ***; 3) condannare parte appellata alle spese e competenze del doppio grado di giudizio, maggiorate di IVA e CAP e spese generali con clausola attributiva nonché alla rifusione integrale delle spese di CTU.
Per l’appellato: 1) dichiarare inammissibile e comunque rigettare, perché destituito di fondamento giuridico e fattuale, l’appello proposto da XXX avverso la sentenza n. 1566/2017, resa dal Tribunale di Avellino; rigettare i motivi di gravame, infondati e pretestuosi; 2) così statuire: “rigetta l’appello perché infondato in fatto e diritto e conferma integralmente la sentenza impugnata, n. 1566/2017 che ha rigettato l’opposizione proposta in primo grado ed ha dichiarato esecutivo il decreto ingiuntivo; ha accolto la domanda dell’opposto e condannato XXX a pagare a YYY la somma di € 5.238,47, oltre iva ed interessi dalla messa in mora al soddisfo, e le spese di lite come liquidate dal primo giudice; che ha posto a carico dell’opponente le spese della CTU 3) rigettare la immotivata domanda di sospensione della esecutività della impugnata sentenza; 4) condannare XXX, ai sensi del comma 2 e 3 dell’art 96 c.p.c., per temerarietà della resistenza alla giusta domanda attorea e della proposizione del gravame, agendo con mala fede, somma da liquidare a discrezione. Vinte le spese del giudizio di questo grado, diritti, onorari, oltre rimborso forfetario 15% e accessori, come per legge, da liquidare ai procuratori antistatari.
MOTIVI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE
§.1. Con il Decreto Ingiuntivo n. 1190/07 YYY ingiunse a XXX il pagamento della somma di € 16.710,52, oltre interessi e spese della procedura, a titolo di saldo del II SAL relativo ai lavori di ricostruzione del fabbricato sito in Prata ***.
1.1. L’ingiunto si oppose, eccependo che l’impresa, di cui l’opposto era titolare aveva, senza alcuna idonea giustificazione, interrotto i lavori, rifiutandosi di portarli a termine, e chiese, proponendo domanda riconvenzionale, la risoluzione del contratto per inadempimento ed il risarcimento dei danni subiti a causa dell’abbandono del cantiere.
1.2. Costituitosi, YYY chiese il rigetto dell’opposizione. In particolare, contestò le eccezioni relative alla pattuizione di uno sconto sul corrispettivo dovuto e affermò che il committente aveva accettato il recesso dal contratto di appalto, dovuto a cessazione dell’attività di impresa per motivi di salute, consegnando subito il cantiere ad altra impresa. Sostenne, inoltre, che il committente aveva effettuato la denuncia di alcuni vizi solo per sottrarsi al pagamento del compenso a lui dovuto. Infine, propose domanda riconvenzionale per ottenere il pagamento dell’ulteriore somma di € 5.238,47, oltre IVA, a titolo di aggiornamento dei prezzi dei lavori all’anno di erogazione del buono contributo.
1.3. Il Tribunale rigettò l’opposizione e confermò il decreto ingiuntivo opposto, ritenendo il contratto di appalto risolto per recesso dell’appaltatore, dovuto a causa a lui non imputabile, comunicato ed accettato dal committente, tramite la redazione dello stato dei lavori. Accolse, invece, la domanda riconvenzionale dell’opposto relativa alla richiesta di applicazione dell’aggiornamento dei prezzi dei lavori, ritenendola ammissibile in quanto conseguente alla domanda riconvenzionale di risarcimento dei danni proposta dall’opponente.
§.2. La sentenza n. 1566/2017 emessa dal Tribunale di Avellino è stata impugnata da XXX. La Corte di Appello, all’udienza del 10.11.2021, ha trattenuto la causa in decisione, previa concessione alle parti dei termini di cui all’art. 190 c.p.c. (60+20).
2.1. L’appellante lamenta, con il primo motivo di gravame, un error in iudicando per violazione degli artt. 1453, 1455 e 1460 c.c. e un error in procedendo per vizio di ultrapetizione ed errata valutazione delle risultanze probatorie documentali e orali. L’appellante deduce che, dopo la sospensione dei lavori nell’ottobre 2002, l’impresa incaricata, senza comunicare alcunché al committente, abbandonò il cantiere e non riprese mai i lavori, nemmeno dopo la diffida ai sensi del D.L.. Dal 31/03/2003; inoltre l’impresa cessò la propria attività, senza comunicare tale scelta né al committente né al D.L. Ancora, l’impresa opposta non contestò la lettera di risoluzione inoltrata dal legale del committente, né oppose il proprio recesso unilaterale. Ugualmente, l’opposta non documentò i dedotti motivi di salute, in quanto la comunicazione di avvenuta cessazione di attività, diretta alla Regione Campania, costituiva un atto burocratico, di natura amministrativa, insuscettibile di integrare uno strumento di conoscenza privatistica. Pertanto, il Tribunale aveva errato nel ritenere provato il recesso non colpevole dell’appaltatore e non provato il grave inadempimento di quest’ultimo, per non aver completato l’opera senza nessuna valida giustificazione.
2.2. Con il secondo motivo, l’appellante contesta il mancato riconoscimento dei danni da risoluzione per inadempimento ex artt. 1454 co. 2 c.c. e 1655 c.c., per gravi vizi costruttivi. Questi ultimi sarebbero stati ampiamente dimostrati dalla lettera di risoluzione inviata dal legale del committente, dal ritardo di dieci mesi nella ripresa dei lavori, assegnati poi ad altra impresa, dalla prova testimoniale e dalla CTP, non confutata dalla CTU.
2.3. Con il terzo e ultimo motivo, l’appellante deduce un error in procedendo e in iudicando per l’accoglimento della domanda riconvenzionale dell’opposto di aggiornamento dei prezzi. Sostiene che, nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, l’opposto, rivestendo la posizione sostanziale di attore, non può avanzare domande diverse da quelle fatte valere con l’ingiunzione. A tale principio può derogarsi solo quando, per effetto di una riconvenzionale formulata dall’opponente, parte opposta si ritrovi nella posizione processuale di convenuto, cui non può essere negato il diritto di difesa. Nel caso di specie, l’appellante evidenzia che la domanda riconvenzionale dell’opposto è da ritenersi inammissibile, atteso che l’aggiornamento dei prezzi poteva essere richiesto già con il ricorso per decreto ingiuntivo, non costituendo conseguenza diretta della riconvenzionale dell’opponente.
2.4. Costituitosi, YYY ha eccepito l’infondatezza e la pretestuosità dei motivi di gravame, ritenendoli ampiamente sconfessati dalle risultanze istruttorie del primo grado, insistendo per il rigetto dell’appello e l’integrale conferma della sentenza impugnata. Ha chiesto, inoltre, la condanna di XXX, ai sensi del comma 2 e 3 dell’art. 96 c.p.c., per temerarietà della resistenza alla giusta domanda attorea e della proposizione del gravame, agendo con mala fede.
§.3. L’appello è infondato è va rigettato per le ragioni che seguono.
3.1. L’appellante lamenta la non idoneità, ai fini della conoscenza legale da parte della committenza, della sottoscrizione da parte dello stesso XXX, nella qualità di sindaco e non di committente, della comunicazione di cessazione attività effettuata per la Regione Campania, Commissione Provinciale per l’artigianato presso la Camera di Commercio.
Orbene lo scioglimento dal vincolo contrattuale effettuato da YYY non necessitava di una forma particolare, potendo essere effettato anche oralmente; pertanto, giustamente il primo giudice ha ritenuto che la predetta sottoscrizione fosse idonea a provare la conoscenza da parte di XXX della cessazione dell’attività d’impresa da parte di YYY. La circostanza poi che il DL avesse comunicato alla committenza che la redazione dello stato dei lavori al II SAL era necessaria in considerazione del fatto che l’impresa avrebbe interrotto definitivamente la propria attività e che la committenza avesse sottoscritto il detto SAL comprova l’accettazione da parte della committenza della cessazione da parte della ditta YYY del contratto di appalto per motivi di salute.
3.2. Il secondo motivo, relativo agli inadempimenti contestati a YYY in ragione dell’avvenuto abbandono del cantiere, resta assorbito dal rigetto del primo, essendo accertato che non si trattò di abbandono, ma di cessazione del contratto di appalto per motivi di salute.
3.3. Anche l’ultimo motivo di appello è infondato. In merito la Corte intende uniformarsi alla recente giurisprudenza di legittimità che ha affermato che “In tema di opposizione a decreto ingiuntivo, il convenuto opposto può proporre con la comparsa di costituzione e risposta tempestivamente depositata una domanda nuova, diversa da quella posta a fondamento del ricorso per decreto ingiuntivo, anche nel caso in cui l’opponente non abbia proposto una domanda o un’eccezione riconvenzionale e si sia limitato a proporre eccezioni chiedendo la revoca del decreto opposto, qualora tale domanda si riferisca alla medesima vicenda sostanziale dedotta in giudizio, attenga allo stesso sostanziale bene della vita e sia connessa per incompatibilità a quella originariamente proposta, ciò rispondendo a finalità di economia processuale e di ragionevole durata del processo e dovendosi riconoscere all’opposto, quale attore in senso sostanziale, di avvalersi delle stesse facoltà di modifica della domanda riconosciute, nel giudizio ordinario, all’attore formale e sostanziale dall’art. 183 c.p.c..” (cfr. Cass. 9633/2022).
3.4. Non sussistono i presupposti per la condanna dell’appellante ex art. 96 c.p.c., non essendovi prova della malafede dello stesso nell’agire in giudizio. §.4. In definitiva, l’appello va rigettato e le spese di lite, liquidate come in dispositivo, nei valori medi, con esclusione della fase istruttoria, non tenutasi, e della fase di trattazione, risoltasi in un mero rinvio, seguono la soccombenza; sussistendo altresì per l’appellante, ai sensi dell’art. 13 co. 1quater dpr 115/2002, i presupposti per il versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.
P.Q.M.
La Corte d’Appello di Napoli, definitivamente pronunciando, sull’appello proposto da XXX nei confronti di YYY, avverso la sentenza n. 1566/2017 emessa dal Tribunale di Avellino, così provvede:
1. Rigetta l’appello.
2. Condanna XXX al pagamento, in favore di YYY, delle spese di lite, che liquida in complessivi € 3.777,00 per compensi ed € 60,00 per spese, oltre iva, cpa e spese generali al 15%, con attribuzione ai procuratori antistatari.
3. Dà atto, ai sensi dell’art. 13 co. 1-quater dpr 115/2002, che sussistono i presupposti per il versamento da parte dell’appellante dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la stessa impugnazione.
Così deciso in Napoli, il 26.4.2022
Il Cons. Est. Il Presidente
La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di
Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.
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