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Codice Civile
Codice Penale

Opposizione a precetto e legittimità clausole mutuo

Il Tribunale ha rigettato l’opposizione a precetto, confermando la validità della cessione del credito e la legittimità delle clausole contrattuali del mutuo, comprese quelle relative agli interessi, al tasso minimo (clausola floor) e al parametro Euribor. La sentenza ha chiarito che il superamento del limite di finanziabilità non comporta la nullità del contratto, ma può comportare conseguenze per l’istituto di credito.

Pubblicato il 14 September 2024 in Diritto Bancario, Diritto Civile, Giurisprudenza Civile

N. R.G. 3806/2020
TRIBUNALE ORDINARIO di RIMINI Sezione Unica CIVILE

VERBALE DELLA CAUSA n. r.g. 3806/2020
tra ATTORE CONVENUTO

Oggi
6 settembre 2024 ad ore 9,00 innanzi al dott. NOME COGNOME sono comparsi:

Per ’avv. COGNOME Per ’avv. COGNOME Preliminarmente il Giudice dà atto di quanto segue:

La presente udienza viene tenuta con modalità da remoto ai sensi degli artt. art 127 3° comma 127 bis cpc e 196 duodecies disp.
Attuaz. Cpc mediante collegamento effettuato tramite il programma Microsoft Teams;
Con decreto del 31.7.24 sono state comunicati ai procuratori delle parti:
giorno, ora e modalità di collegamento per la partecipazione alla presente udienza;
Il giudice ai sensi dell’art 196 duodecies disp. Attuaz. Cpc 96 ha provveduto all’identificazione dei Procuratori delle parti mediante esibizione del tesserino di iscrizione all’Ordine degli Avvocati L’identità delle parti se presenti, come da protocollo di cui al provvedimento n. 12/2020 del Presidente del Tribunale, è stata attestata dai Procuratori delle parti medesime;
Le parti hanno dichiarato al giudice di essere liberamente comparse in udienza mediante collegamento da remoto;
Tutti i presenti si impegnano a mantenere attiva la funzione video per tutta la durata dell’udienza.

Agli stessi è vietata la registrazione dell’udienza in ogni forma anche parziale.

L’udienza viene tenuta con modalità idonee a salvaguardare il contraddittorio e ad assicurare l’effettiva partecipazione delle parti Ciò premesso, il Giudice invita i Procuratori delle parti a dedurre.

I procuratori delle parti si riportano al contenuto dei rispettivi scritti difensivi insistendo nell’accoglimento delle conclusioni ivi rassegnate.

L’Avv. COGNOME in particolare chiede che il Giudice voglia rimettere la causa in istruttoria stante la fondatezza e rilevanza dei mezzi istruttori richiesti.

Dopo breve discussione orale, il Giudice trattiene la causa in decisione ex art. 281 sexies c.p.c. dandone lettura al termine dell’udienza.

Il Giudice on dott. NOME COGNOME Alle ore 18,54 il Giudice procede alla lettura del dispositivo e delle ragioni della decisione dando atto che al momento della lettura nessuna delle parti è presente.
Il Giudice on dott. NOME COGNOME

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE ORDINARIO di RIMINI
Sezione Unica CIVILE
Il Tribunale, nella persona del Giudice on dott. NOME COGNOME ha pronunciato ex art. 281 sexies c.p.c. la seguente

SENTENZA 802_2024_- N._R.G._00003806_2020 DEL_06_09_2024 PUBBLICATA_IL_06_09_2024

nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 3806/2020 promossa da:
(C.F. ), con il patrocinio dell’avv. COGNOME elettivamente domiciliato in INDIRIZZOG 47923 RIMINI presso il difensore avv. COGNOME contro (C.F. ), con il patrocinio dell’avv. COGNOME e dell’avv. COGNOME ( INDIRIZZO 47900 RIMINI;
, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO BRESCIA presso il difensore avv. NOME COGNOME CONVENUTO

CONCLUSIONI

Le parti hanno concluso come da verbale d’udienza.

Concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione

Con atto di citazione in opposizione all’esecuzione ex art. 615 cpc ritualmente notificato la società conveniva in giudizio avanti all’intestato Tribunale la società RAGIONE_SOCIALE rappresentata dalla mandataria rassegnando le seguenti conclusioni:
“… Voglia l’Ill.mo Tribunale adito, contrariis reiectis, previa ogni pronuncia e declaratoria del caso:
IN INDIRIZZO
in accoglimento dell’ formulata ai sensi dell’art. 615, comma 1 c.p.c., concorrendo i gravi motivi esposti in narrativa, sospendere con efficacia immediata e con provvedimento inaudita altera parte l’efficacia esecutiva dei titoli ex adverso azionati, ossia (a) il contratto di mutuo fondiario n. 9655 del 27.10.2004 (Rep. 30.593/Fascicolo 9513);
(b) il contratto di mutuo fondiario n. 9656 del 21.04.2005 (Rep. 31.001/Fascicolo 9675);
(c) il contratto di mutuo ipotecario n. 18253 del 20.12.2013 (Rep. 156.441/Racc. 15.366), nonché del notificato atto di precetto;
C.F.

NEL MERITO:
1. accertare e dichiarare, per quanto esposto in narrativa, la mancanza della legittimazione attiva e/o comunque della legittimazione processuale in capo alle convenute opposte e, per l’effetto, respingere quanto richiesto dalle medesime dichiarando che la società RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE
non hanno diritto a procedere ad esecuzione forzata contro l’attore opponente;
2. accertare e dichiarare la nullità dei contratti di mutuo fondiario stipulati rispettivamente in data 27.10.2004 ed in data 21.04.2005 per violazione dell’art. 38 comma 2 T.U.B. in quanto l’importo erogato era superiore al 80% del valore del bene alla ristrutturazione del quale le somme mutuate erano destinate e, per l’effetto, ridurre l’importo dovuto dalla società eventualmente condannando il titolare del credito alla restituzione delle somme versate in eccedenza rispetto all’importo finanziato;
3. accertare e dichiarare, per quanto esposto in narrativa, la nullità dei contratti di mutuo nella parte in cui si determina la corresponsione degli interessi, attesa la loro evidente usurarietà ab origine, tenendo in considerazione ai fini della verifica di usurarietà degli stessi ogni costo, spesa e remunerazione collegata ai finanziamenti, a qualunque titolo promessa o pattuita, compresi gli interessi di mora e le penali per estinzione anticipata, per le ragioni di cui in narrativa e, per l’effetto, ritenere che detti finanziamenti siano derubricati a prestiti a titolo gratuito ex art. 1815, comma II c.c; in subordine, rideterminare i debiti residui in considerazione del compensato controcredito assunto in capo agli opponenti per l’avvenuto pagamento di interessi non dovuti e rimettere in termini gli stessi, onde consentirgli di adempiere ratealmente al pagamento del capitale residuo;
4. accertare e dichiarare che, quale conseguenza della Decisione C (2013) 8512 del 04.12.2003 9914 della Commissione Antitrust Europea e dell’accertamento della nullità delle quotazioni dell’Euribor da settembre 2005 a maggio 2008, con effetti fino a giugno 2009, le clausole contrattuali di determinazione dei tassi di interesse che rimandano al parametro Euribor sono nulle e/o invalide e/o inefficaci;
per l’effetto condannare l’opponente a restituire gli interessi illegittimamente pattuiti e/o incassati;
5. accertare la presenza nei contratti di mutuo in esame della operatività della cd.
“clausola floor” che prevede un tasso minimo del 4,00% a favore di parte opposta e, per l’effetto, dichiarare detta clausola vessatoria ed in quanto tale nulla o quanto meno eccessivamente onerosa e/o contraria alla buona fede, condannando parte opposta alla restituzione delle somme indebitamente versate in conseguenza del tasso minimo;
6. accertare e dichiarare la nullità e/o inefficacia e/o invalidità dell’atto di precetto opposto per indeterminatezza dell’intimazione ex adverso formulata, con conseguente lesione del diritto di difesa della società 7. in ogni caso con vittoria si spese e compensi del presente giudizio, oltre accessori come per legge.

Più in dettaglio parte opponente deduceva la carenza di legittimazione attiva della società RAGIONE_SOCIALE e della mandataria RAGIONE_SOCIALE posto che RAGIONE_SOCIALE
, e per essa della mandataria RAGIONE_SOCIALE si era dichiara titolare dell’asserito credito nei confronti della a seguito di cessione di crediti pecuniari individuabili “in blocco” stipulata in data 07.03.2019 rappresentando che di detta cessione era stata data notizia mediante pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, parte II, n. 33 del 19.03.2019.

Eccepiva poi la nullità dei mutui fondiari posti a sostegno delle ragioni della creditrice per violazione dell’art. 38 T.U.B. (in collegamento con l’art. 1418 c.c.) per superamento del “limite di finanziabilità” posto dalla norma citata del TUB.

Con il terzo motivo di opposizione lamentava l’eccessiva onerosità l’usurarietà e il superamento del tasso soglia degli interessi applicati.

Eccepiva poi l’erroneità della determinazione dell’indice euribor dal 2005 al 2009.

Deduceva inoltre la presenza di una commissione occulta derivante dalla presenza del cd.
tasso floor.

Infine eccepiva l’indeterminatezza dell’intimazione per mancata specificazione della richiesta delle somme precettate e l’assoluta genericità in ordine all’entità del credito richiesto.

Si costituiva in giudizio RAGIONE_SOCIALE quale procuratrice speciale di RAGIONE_SOCIALE chiedendo il rigetto dell’opposizione, contestando quanto affermato da parte opponente e rassegnando le seguenti conclusioni:
“Voglia l’Ill.mo Tribunale adito, contrariis reiectis, per tutti i motivi espositi:
In via preliminare: rigettare l’istanza di sospensione dell’efficacia esecutiva del titolo in quanto infondata in fatto ed in diritto e per l’effetto confermare l’ordinanza qui reclamata;
In via principale: rigettare l’avverso reclamo perché infondato in fatto e in diritto;
In via subordinata:
– nella denegata e non creduta ipotesi di accoglimento della eccezione di annullamento del titolo esecutivo, dichiarare tenuta e condannare parte opponente alla restituzione della somma erogata, ai sensi e per gli effetti dell’art. 2033 c.c., detratto quanto già dovesse risultare corrisposto in forza delle rate pagate, oltre interessi come per legge;
– nella denegata e non creduta ipotesi di accoglimento dell’eccezione di superamento del limite di finanziabilità ex art. 38, II comma c.p.c., disporre la conversione del mutuo fondiario ai sensi dell’art. 38 e ss. Decreto Legislativo 1 settembre 1993 n. 385, rif.
9655 stipulato in data 27.10.2004 per atti del Notaio Dott.ssa Repertorio n. 30.593 e Fascicolo n. 9.513, munito di formula esecutiva in data 18.11.2004, e del muto fondiario ai sensi dell’art. 38 e ss. Decreto Legislativo 1 settembre 1993 n. 385, rif. 9656 stipulato in data 21.04.2005 per atti del Notaio Dott.ssa Repertorio n. 31.001 e Fascicolo n. 9.675, munito di formula esecutiva in data 10.05.2005, in ipotecario ai sensi dell’art. 1424 c.c.;

In ogni caso, con vittoria di spese e competenze professionali del presente giudizi”.

Quanto alla eccepita carenza di legittimazione attiva rilevava che non vi erano dubbi che, fra i crediti oggetto di cessione, vi fossero i titoli azionati con l’atto di precetto, essendo stati ceduti, fra gli altri, i crediti pecuniari “deteriorati” identificati al punto iv) dell’avviso pubblicato sulla Gazzetta Uffciale avviso “mutui, sorti in periodo intercorrente tra il 31 dicembre 1945 ed il 31 ottobre 2018” e che il credito fosse in sofferenza alla data della cessione come comprovato dalla lettera di risoluzione e messa in mora dalla Cedente in data 04.05.2018. Deduceva che la cessionaria risultava aver notificato alla l’intervenuta cessione di credito e in ogni caso e comunque versava in atti il contratto di cessione debitamente oscurato e la visura della società RAGIONE_SOCIALE
con indicazione dell’annotazione dell’intervenuta cessione dei crediti, in ottemperanza al disposto di cui all’art. 58 T.U.B. Evidenziava poi l’inconsistenza e infondatezza dell’avversa contestazione in punto di violazione dell’art. 38, II comma TUB, e la assoluta mancanza di qualsiasi fondatezza a tale eccezione.

In via subordinata, insisteva perché fosse concessa la conversione del mutuo contestato in mutuo ipotecario, ai sensi dell’art. 1424 c.c., stante la dominante giurisprudenza di legittimità sul punto (cfr. ex multis Cass.Civ. n. 17352/2017).

Rilevava poi l’infondatezza della eccepita gratuità dei mutui per violazione della legge n 108/96.

Quanto al motivo di opposizione attinente alla presunta manipolazione dell’Euribor nel contestarne la fondatezza evidenziava che spettava a parte attrice dimostrare che la banca convenuta avesse partecipato all’intesa anticoncorrenziale.

Deduceva poi la validità della clausola floor trattandosi di pattuizione finalizzata a proteggere l’intermediario da una discesa dei tassi, con la sola finalità di garantire alla banca una remuneratività ritenuta “minima” al finanziamento concesso, quale prezzo del proprio servizio.

Infine contestava l’eccepita indeterminatezza della somma precettata e a tali fine versava in atti le certificazioni del credito provenienti da Banca Malatestiana e più precisamente il Rep. n. 30.593 (riferimento n. 9655), il Piano di ammortamento del Mutuo Rep.
n. 31.001 (riferimento n. 9656) e il Piano di ammortamento Mutuo Ipotecario Rep. n. 156.441 (riferimento 18253).
La causa veniva istruita documentalmente e mediante espletamento di CTU tecnica.

Ciò premesso, preliminarmente, giova ricordare che il giudizio di opposizione all’esecuzione c.d. preventiva (o a precetto) è un ordinario processo di cognizione, nel quale la domanda giudiziale va identificata, nell’aspetto oggettivo, con i suoi elementi costitutivi, del petitum, consistente nella richiesta di un provvedimento giurisdizionale che accerti e dichiari l’inesistenza, in tutto o in parte, del diritto del creditore di procedere ad esecuzione forzata e della causa petendi, che consiste nella situazione giuridica sostanziale dedotta dalla parte istante a fondamento della assunta inesistenza del diritto di procedere in executivis (cfr. già Cass. 3 maggio 1980 n. 2911, nonché Cass. 11 dicembre 2002, n. 17630; 29 aprile 2004, n. 8219; 13 novembre 2009, n. 24047);
dal punto di vista soggettivo, l’opponente, vale a dire il soggetto precettato, ha veste sostanziale e processuale di attore e, specularmente, l’opposto, vale a dire il creditore procedente, ha la posizione del convenuto (cfr. Cass. 9 novembre 2000, n. 14554 ed altre).

Occorre preliminarmente esaminare la questione relativa alla carenza di legittimazione attiva.

Sul punto si rileva che certamente, in ragione della disciplina speciale di cui all’art. 58 T.U.B. in materia di cessioni di credito in blocco da parte di istituti di credito, l’estratto della pubblicazione del relativo avviso di cessione dei crediti sulla Gazzetta Ufficiale – avviso dell’intervenuta operazione di cartolarizzazione (cfr. doc. n. 2 fascicolo parte opposta)
– costituisce una facilitazione per le banche, producendo gli effetti pubblicitari dell’intervenuta cessione nonché di efficacia della stessa cessione in blocco.

In particolare, infatti, la pubblicazione dell’avviso di cessione dei crediti nella Gazzetta Ufficiale costituisce presupposto di efficacia della cessione in blocco dei rapporti giuridici nei confronti dei singoli debitori ceduti, dispensando la banca dall’onere di procedere alle singole notifiche della cessione in relazione ad ognuno dei rapporti acquisiti (cfr. anche Cass. n. 20495 del 29.09.2020).

Sul punto, ci si limita peraltro a richiamare il dettato testuale dell’art. 58 T.U.B. che al comma 4 espressamente prevede che “nei confronti dei debitori ceduti gli adempimenti pubblicitari previsti dal comma 2 producono gli effetti indicati dall’articolo 1264 del codice civile”, nonché il precedente comma 3 per cui “i privilegi e le garanzie di qualsiasi tipo, da chiunque prestati o comunque esistenti a favore del cedente, nonché le trascrizioni nei pubblici registri degli atti di acquisto dei beni oggetto di locazione finanziaria compresi nella cessione conservano la loro validità e il loro grado a favore del cessionario, senza bisogno di alcuna formalità o annotazione”. Con ciò, per quanto di specifico interesse ai fini del decidere la presente causa, si osserva come non è necessaria ai fini dell’efficacia della cessione alcuna ulteriore comunicazione/notificazione nei confronti del debitore ceduto.

Tale norma speciale, al contrario, però, non implica di per sé la perdita della legittimazione sostanziale e processuale della banca cedente, avendo unicamente l’effetto di derogare, nello specifico settore bancario, alla disciplina dettata dal codice civile in tema di opponibilità ai debitori ceduti della cessione dei debiti trasferiti in blocco;
pertanto, in caso di contestazione circa l’effettiva titolarità del credito, spetta pur sempre al cessionario fornire la prova dell’essere stato lo specifico credito di cui si controverte compreso tra quelli compravenduti nell’ambito dell’operazione di cessione in blocco, essendo il fondamento sostanziale della legittimazione attiva legato per il cessionario alla prova dell’oggetto della cessione (cfr. Cass. n. 4116 del 2.03.2016).

Inoltre, è necessario rilevare, sempre in via generale, che la titolarità della posizione soggettiva, attiva o passiva, vantata in giudizio – a differenza della condizione dell’azione costituita dalla legittimazione ad agire ovvero dell’affermazione di essere titolare di un determinato diritto – è un elemento costitutivo della domanda ed attiene al merito della decisione, spettando, quindi, a colui che agisce di allegarla e provarla, salvo il riconoscimento o lo svolgimento di difese incompatibili con la negazione da parte del convenuto (cfr. Cass. n. 2951 del 16.02.2016), nonché, anche in base ad un consolidato orientamento giurisprudenziale, che l’attore, in quanto soggetto agli ordinari criteri sull’onere della prova ex art. 2697 c.c. è esonerato della dimostrazione della titolarità del rapporto solo quando il convenuto ne faccia espresso riconoscimento o la sua difesa sia incompatibile con il disconoscimento, in applicazione del principio secondo cui non egent probatione i fatti pacifici o incontroversi (cfr. Cass. n. 15759 del 10.07.2014). Ancora, sempre in tale senso, si ritiene opportuno richiamare anche i più recenti approdi della giurisprudenza di legittimità per cui “la parte che agisca affermandosi successore a titolo particolare del creditore originario, in virtù di un’operazione di cessione in blocco secondo la speciale disciplina di cui all’art. 58 del d.lgs. n. 385 del 1993, ha anche l’onere di dimostrare l’inclusione del credito medesimo in detta operazione, in tal modo fornendo la prova documentale della propria legittimazione sostanziale, salvo che il resistente non l’abbia esplicitamente o implicitamente riconosciuta” (cfr. Cass. n. 24798 del 5.11.2020, nonché Cass. n. 5617 del 28.02.2020 con specifico riferimento ad un caso di insinuazione al passivo). Sul punto, è peraltro di recente intervenuta la Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 17944/2023.
Sostiene condivisibilmente la SRAGIONE_SOCIALE. che in linea generale, ai fini della cessione di un credito, benché non sia necessaria la prova scritta, non può ritenersi sufficiente la mera notificazione della cessione al debitore ceduto ex art. 1264 c.c., soprattutto quando il debitore abbia compiuto una specifica contestazione, come nella fattispecie in esame, in cui uno dei motivi dell’opposizione in esame è costituito esattamente dalla contestazione della sussistenza della titolarità attiva del rapporto controverso.

Tale principio si applica anche ai casi, come quello in esame, in cui la cessione sia avvenuta nell’ambito di un’operazione di cessione di crediti individuabili in blocco da parte di istituti bancari e della cessione sia stata data notizia mediante pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale, come previsto dall’art. 58 T.U.B. In precedenza, la giurisprudenza di legittimità aveva ritenuto che “in tema di cessione in blocco dei crediti da parte di una banca, ai sensi dell’art. 58 T.U.B., è sufficiente a dimostrare la titolarità del credito in capo al cessionario la produzione dell’avviso di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale recante l’indicazione per categorie dei rapporti ceduti in blocco, senza che occorra una specifica enumerazione di ciascuno di essi, allorché gli elementi comuni presi in considerazione per la formazione delle singole categorie consentano di individuare senza incertezze i rapporti oggetto della cessione” (Cass., 26.6.2019, n. 17110; Cass., 29.12.2017, n. 31188). Secondo tale orientamento, doveva ritenersi che il documento di legittimazione del credito nel caso di cessione di crediti in blocco ex art. 58 co. 2 T.U.B. fosse il testo della Gazzetta Ufficiale con cui era data notizia dell’operazione finanziaria in questione, non essendo necessario il deposito del contratto di cessione o di altro documento riportante il credito specifico oggetto, tenuto conto inoltre che l’onere della prova incombe sulla parte che contesta la riconducibilità della documentazione esibita al cessionario.

La Cassazione nel 2023, aggiungendo un elemento di novità rispetto alle precedenti acquisizioni, ha precisato che si può confermare che, in caso di cessione di crediti in blocco, quando non sia contestata l’esistenza del contratto di cessione, ma soltanto l’inclusione dello specifico credito nell’ambito di quelli rientranti nell’operazione conclusa dagli istituti bancari, l’indicazione delle caratteristiche dei crediti ceduti, contenuta nell’avviso della cessione pubblicata in G.U. ben può costituire adeguata prova della cessione dello specifico credito oggetto di contestazione, ove tali indicazioni siano sufficientemente precise e consentano di ricondurlo tra quelli compresi nell’operazione di trasferimento. Ciò in quanto in caso di mancata contestazione sul contratto di cessione, quest’ultimo non dev’essere dimostrato, mentre il fatto da provare è soltanto quello dell’esatta individuazione dell’oggetto della cessione.

Solo quando sia oggetto di specifica contestazione da parte del debitore ceduto la stessa esistenza del contratto o dei contratti di cessione, allora il contratto dev’essere oggetto di prova.

Ciò non esclude, comunque, che l’avviso di cessione, unitamente ad altri elementi, possa eventualmente essere valutato come indizio dal giudice del merito, sulla base di adeguata motivazione, al fine di pervenire alla prova presuntiva della cessione.

Compiendo una valutazione sugli elementi portati dalla società convenuta opposta alla cognizione di questo Tribunale, deve ritenersi comunque che abbia fornito elementi tranquillizzanti sull’avvenuta cessione del credito e sulla sua titolarità attiva nel rapporto controverso.

Parte opposta ha versato in atti sia il Contratto di cessione sia le raccomandate di intercorsa cessione regolarmente ricevute dalla debitrice ceduta.

In particolare dall’esame del contratto di cessione, si evince che nell’elenco dei crediti ceduti è compreso quello identificato con il numero NUMERO_DOCUMENTO.

La sigla numerica appena indicata è poi inserita anche nella lettera raccomandata con la quale è stata notificata alla l’intervenuta cessione di credito.

Si ritiene che tali produzioni unitamente alla raccomandata di intercorsa cessione del credito ritualmente ricevuta dalla debitrice e alla dichiarazione della Banca Cedente riportino gli elementi essenziali per ricondurre nell’ambito dei crediti ceduti in blocco anche quello oggetto del presente giudizio sulla base del richiamo temporale e della possibilità di qualificare i rapporti come deteriorati.

Non residuando alcuna incertezza circa la prova della titolarità del credito in capo al cessionario l’eccezione non può che essere disattesa.

Quanto all’asserito superamento del limite di finanziabilità (dell’80% del valore dei beni ipotecati ) come noto, sulla questione della sorte del mutuo fondiario che si riveli concesso per un importo eccedente il limite di finanziabilità richiamato dall’articolo 38, secondo comma, t.u.b. è intervenuta, la sentenza delle Sezioni Unite della Cassazione n. 33719 del 16 novembre 2022, destinata (auspicabilmente) a dirimere una volta per tutte il contrasto giurisprudenziale insorto all’indomani della sentenza della S.C. n. 17352/2017 (difforme dai precedenti del 2013 ed in parte ridimensionata da alcuni arresti di legittimità del 2020 e 2021). Il Supremo Organo di nomofilachia ha, anzitutto, premesso che “ai diversi orientamenti interpretativi sviluppatisi in materia sono comuni le affermazioni, senz’altro condivisibili, che escludono la possibilità di configurare una ipotesi di nullità testuale del contratto per superamento del limite massimo di finanziabilità, in mancanza di una espressa previsione normativa in tal senso, non riscontrabile nell’articolo 117, ottavo comma, t.u.b.:
è invece controversa la possibilità di qualificare in termini di nullità virtuale il contratto di mutuo fondiario viziato per superamento del limite di finanziamento”.

L’indagine si è spostata, allora, “sulla verifica in concreto degli indici sintomatici della imperatività della norma, onde consentire al giudice di dichiarare la nullità anche nel silenzio del legislatore” ai sensi dell’art. 1418 co. 1 c.c.

All’esito dell’ampia disamina sul punto 1, le S.U. hanno quindi espresso, nel solco dell’orientamento già delineato nel 2013 e prendendo le distanze dalla tesi inaugurata dalla Prima Sezione della Cassazione nel 2017, i seguenti principi di diritto:
-“in tema di mutuo fondiario, il limite di finanziabilità di cui all’articolo 38, secondo comma, del d.lgs. n. 385 del 1993, non è elemento essenziale del contenuto del contratto, non trattandosi di norma determinativa del contenuto del contratto o posta a presidio della validità dello stesso, ma di un elemento meramente specificativo o integrativo dell’oggetto del contratto;
non integra norma imperativa la disposizione – qual è quella con la quale il legislatore ha demandato all’Autorità di vigilanza sul sistema bancario di fissare il limite di finanziabilità nell’ambito della «vigilanza prudenziale» (cfr. articoli 38, 51 ss. e 53 t.u.b.) – la cui violazione, se posta a fondamento della nullità (e del travolgimento) del contratto (nella specie, del mutuo ormai erogato cui dovrebbe conseguire anche il venir meno della connessa garanzia ipotecaria), condurrebbe al risultato di pregiudicare proprio l’interesse che la norma intendeva proteggere, che è quello alla stabilità patrimoniale della banca e al contenimento dei rischi nella concessione del credito”; – “una volta che si escluda la nullità (totale o parziale) del contratto per superamento del limite di finanziabilità, non è consentito all’interprete intervenire (d’ufficio) sugli effetti legali del contratto per neutralizzarli, facendo applicazione di un diverso modello negoziale (mutuo ordinario) non voluto dalle parti, seppure appartenente alla stessa famiglia o genus contrattuale” In applicazione dei principi sopra esposti, dai quali questo Giudice non intende discostarsi, siccome frutto di approfondita e ineccepibile ricostruzione sistematica degli istituti coinvolti nel quadro normativo di riferimento, deve, dunque, escludersi l’esistenza di una voluntas legis tendente a sanzionare con l’invalidità del sinallagma contrattuale l’esondazione del finanziamento rispetto al valore dell’immobile e alla garanzia prestata, assumendo, piuttosto, rilievo l’invocata previsione normativa di cui all’art. 38 TUB in parte qua sul diverso piano “delle conseguenze disciplinari nei confronti dell’istituto di credito, cui sia imputabile il superamento del limite di finanziabilità”, nel rapporto con l’autorità di vigilanza, che è questione estranea all’oggetto del giudizio (cfr. S.U. cit). Di tal ché, ai fini del decidere, appare all’evidenza superfluo richiamare qualsivoglia accertamento peritale in concreto (‘ora per allora’) del limite massimo finanziabile in relazione agli immobili offerti in garanzia.

Da quanto esposto discende il necessario rigetto di tale motivo di opposizione svolto da parte attrice nei confronti dell’istituto di credito.

Per quanto concerne, in terzo luogo, la lamentata usurarietà dei tassi applicati, la doglianza non pare fondata.

Giova sin da subito rilevare che più volte è stato affermato che spetta solo al giudice di merito individuare le fonti del proprio convincimento, valutare le prove, controllarne l’attendibilità e la concludenza e scegliere altresì tra le risultanze istruttorie quelle ritenute più idonee a dimostrare i fatti in discussione, dando così prevalenza all’uno o all’altro mezzo (v. ex aliis Cass. n. 20518-08;
Cass. n. 22901-05; Cass. n. 15693-04).

Il ragionamento contenuto nella perizia econometrica allegata all’atto introduttivo non pare corretto.

La funzione degli interessi moratori rispetto al superamento del tasso soglia è questione annosa e anche di recente valutata dalla giurisprudenza di legittimità.

È certamente vero che il tasso soglia, inteso come il valore oltre al quale non può spingersi nemmeno l’autonomia negoziale, riguarda anche gli interessi moratori, poiché tale lettura è coerente con il dettato normativo di cui all’art. 1, comma 1, d.l. 394/2000, che fa riferimento agli interessi “a qualunque titolo convenuti”.

Tuttavia è altrettanto indubitabile il fatto che l’accertamento del superamento del tasso soglia debba essere svolto valutando ciascuna tipologia di interessi separatamente, non invece sommando gli interessi corrispettivi a quelli moratori, e ciò perché essi hanno funzioni assolutamente diverse.

Gli interessi corrispettivi rappresentano i frutti civili derivanti dal costo fisiologico del prestito del denaro che l’istituto di credito consegna al mutuatario.

Gli interessi moratori, viceversa, intervengono solo ed esclusivamente in una fase eventuale e patologica del rapporto, ovvero in caso di ritardo nell’adempimento;
hanno dunque una funzione sostanzialmente sanzionatoria.

Su questa premessa la giurisprudenza maggiormente condivisibile ha affermato “l’usurarietà degli interessi corrispettivi o moratori va scrutinata con riferimento all’entità degli stessi, e non già alla sommatoria dei moratori con i corrispettivi, atteso che detti tassi sono dovuti in via alternativa tra loro, e la sommatoria rappresenta un non- tasso od un tasso- creativo, in quanto percentuale relativa ad interessi mai applicati e non concretamente applicabili al mutuatario”, (così, Tribunale Reggio Emilia, 6 ottobre 2015, Tribunale Torino 14 maggio 2015).

Aggiungasi poi che secondo l’orientamento ormai consolidatosi nelle giurisprudenza di merito va i escluso che l’adozione di un piano di ammortamento cd. alla francese possa comportare, di per sé, un’assoluta incertezza sull’entità del tasso ultra legale stabilito nel contratto in violazione dell’art. 1284 c.c.

Tale ipotesi si può verificare solo se le parti nel contratto non abbiano chiaramente precisato (anche con rinvio a fonti extracontrattuali specifiche e oggettive) le modalità per determinare, in caso di tasso variabile, in modo certo e univoco l’entità del tasso da applicare per ciascuna rata in scadenza.

Nel caso in cui ciò avvenga, non potrà aversi alcuna indeterminatezza e, conseguentemente, non potrà trovare applicazione la norma sostitutiva e integrativa di cui all’art. 1284, III comma c.c. (Tribunale di Modena, 11 novembre 2014, in ; Tribunale di Mantova, 11 marzo 2014 in).

E’ noto che l’ammortamento “alla francese” prevede il pagamento, da parte del mutuatario, di una rata (tendenzialmente) fissa, in cui la quota interessi risulta decrescente nel tempo, mentre cresce la quota capitale.

Tale meccanismo non produce tuttavia la capitalizzazione di interessi, poiché questi vengono comunque calcolati sulla quota di capitale via via decrescente per il periodo corrispondente a quello di ciascuna rata, e non anche sugli interessi pregressi.

Inoltre, alla scadenza della rata gli interessi maturati non vengono capitalizzati, ma sono pagati come quota interessi della rata di rimborso del mutuo, essendo tale pagamento periodico della totalità degli interessi elemento essenziale e caratterizzante, dove la rata è costante e la quota capitale rimborsata è determinata per differenza rispetto alla quota interessi, anch’essa predeterminata.

Ed invero, visto che ad ogni rata corrisponde il pagamento, oltre che degli interessi sul capitale a scadere, anche della quota di debito in linea capitale – quota man mano crescente con il progredire del rimborso – a ciò consegue che il pagamento a scadenza del periodo X riduce il capitale che fruttifica nel periodo X+1, ossia si verifica un fenomeno esattamente inverso rispetto a quello sulla capitalizzazione.

La legittimità del sistema di ammortamento alla francese rispetto al divieto di cui all’art. 1283 c.c. è stata riconosciuta dalla pressoché unanime giurisprudenza di merito.

Si richiama, anche ai sensi dell’art. 118 disp. att. c.p.c, sul punto Trib. Bologna 22. 11.2018 (est. Dott. COGNOME che in maniera cristallizza afferma:

“Sia sufficiente, in merito, ribadire che non vi è, in tale metodo, alcuna violazione delle norme in materia di anatocismo, perché non vi è nulla nella sua struttura matematica e finanziaria che porti alla generazione di interessi composti, giacché gli interessi convenzionali sono calcolati unicamente sulla quota di capitale ancora dovuta e per il periodo di riferimento della rata.

È infatti noto che tale sistema prevede il pagamento, da parte del mutuatario, di una rata tendenzialmente fissa, in cui la quota interesse risulta decrescente nel tempo mentre, con un meccanismo inverso, cresce la quota capitale.

Tale meccanismo non produce, tuttavia, una capitalizzazione di interessi, poiché questi vengono comunque calcolati sulla quota di capitale via via decrescente per il periodo corrispondente a quello di ciascuna rata e non anche sugli interessi pregressi.

Inoltre, alla scadenza della rata gli interessi maturati non vengono capitalizzati, ma sono pagati come quota interessi della rata di rimborso del mutuo, ma sono considerati quale quota interessi della rata di rimborso del mutuo.

Ed invero, visto che ad ogni rata corrisponde il pagamento, oltre che degli interessi sul capitale a scadere, anche della quota di debito in linea capitale – quota man mano crescente con il progredire del rimborso – a ciò consegue che il pagamento a scadenza del periodo X riduce il capitale che fruttifica nel periodo X+1, ossia si verifica un fenomeno esattamente inverso rispetto a quello della capitalizzazione.

Non si verifica, pertanto, alcun fenomeno anatocistico e, conseguentemente, la relativa pattuizione deve ritenersi valida e non inficiata da nullità per contrasto con l’art. 1283 c.c., se le clausole contrattuali prevedono in relazione alle singole tate il calcolo degli interessi al tasso pattuito in contratto sul solo capitale complessivo ancora da rimborsa al netto delle rate già scadute.

D’altronde, l’orientamento giurisprudenziale cui questo Tribunale ritiene di aderire, è concorde nello smentire l’illegittimità intrinseca del sistema di ammortamento alla francese (da ultimo, Trib. Perugia, 14 novembre 2017; Trib. Bologna, 24 giugno 2017; Trib.
Ferrara, 12 giugno 2017; Trib. Trento, 26 gennaio 2017; Trib. Monza, 19 giugno 2017; Trib. Udine, 27 giugno 2016; Trib.
Padova, 29 maggio 2016).Rileva in particolare il Tribunale di Roma (14 marzo 2018, n. 5765) ha statuito sul punto che:
“Parimenti infondata è la questione relativa all’esistenza di una ipotesi non consentita di anatocismo nel sistema di ammortamento previsto dal contratto, che è il c.d. sistema di ammortamento alla francese.

Come noto, si tratta di un sistema graduale di rimborso del capitale finanziato in cui le rate da pagare alla fine di ciascun anno sono calcolate in modo che esse rimangano costanti nel tempo (per tutta la durata del prestito).

Le rate comprendono quindi una quota di capitale ed una quota di interessi le quali, combinandosi armoniosamente insieme, mantengono costante la rata periodica per tutti gli anni.

Ciò è possibile in quanto la quota capitale è bassa all’inizio dell’ammortamento per poi aumentare progressivamente man mano che il prestito viene rimborsato.

Viceversa (e da qui la costanza della rata) la quota interessi parte da un livello molto alto per poi scendere gradualmente nel corso del piano di ammortamento, perché gli interessi sono calcolati su un debito residuo inizialmente alto e poi sempre più basso in virtù del rimborso progressivo del capitale che avviene ad ogni rata pagata.

Nel merito, va osservato che la caratteristica del cd. piano di ammortamento alla francese non è quindi quella di operare un’illecita capitalizzazione composta degli interessi, ma soltanto quella della diversa costruzione delle rate costanti in cui la quota degli interessi e quella di capitale variano al solo fine di privilegiare nel tempo la restituzione degli interessi rispetto al capitale.

Gli interessi convenzionali sono quindi calcolati sulla quota capitale ancora dovuta e per il periodo di riferimento della rata, senza capitalizzare in tutto o in parte gli interessi corrisposti nelle rate precedenti.

Né si può sostenere che si sia in presenza di un interesse composto per il solo fatto che il metodo di ammortamento alla francese determina inizialmente un maggior onere di interessi rispetto al piano di ammortamento all’italiana che, invece, si fonda su rate a capitale costante.

In realtà, il piano di ammortamento alla francese risulta più rispettoso del principio di cui all’art. 1194 c.c., in quanto prevede un criterio di restituzione del debito che privilegia, sotto il profilo cronologico, l’imputazione ad interessi rispetto quella al capitale.

In conclusione, ogni rata determina il pagamento unicamente degli interessi dovuti per il periodo cui la rata si riferisce (importo che viene integralmente corrisposto con la rata), mentre la parte rimanente della quota serve ad abbattere il capitale”.

Deve, pertanto, affermarsi, in conformità alla costante giurisprudenza, la piena legittimità del sistema di ammortamento alla francese rispetto al divieto di cui all’art. 1283 c.c., con conseguente infondatezza della doglianza relativa alla pretesa indeterminatezza del tasso di interesse applicabile al mutuo, in ragione dell’effetto ampliativo riconnesso al preteso, ma insussistente, anatocismo”.

L’eccezione deve dunque respingersi.

Quanto alle doglianze in ordine alla scorrettezza del richiamo al parametro Euribor si osserva che le asserzioni di parte opponente pur sostenute da alcune pronunce non possono essere condivise.

L’Euribor è un tasso di riferimento, calcolato giornalmente, che indica il tasso di interesse medio delle transazioni finanziarie in Euro tra le principali banche europee.

Il meccanismo di calcolo dovrebbe garantire che tassi anomali non ne falsino il valore e la stessa comunicazione dei dati avviene su base volontaria per le varie banche, anche se l’Euribor è calcolabile solamente se partecipano alla rilevazione almeno 12 istituti di credito.

La fissazione giornaliera del tasso è affidata ad una associazione di banche, ma avviene sulla base di dati che si assumono come oggettivi.

E’ vero che le singole banche che contribuiscono alla determinazione dell’Euribor possono influenzarne l’ammontare, ma ciò non basta per affermare che l’intero meccanismo è illecito.

La eccepita nullità deriverebbe infatti dalla esistenza di accordi tra le banche interessate dirette ad influenzare la determinazione del tasso attraverso la modifica concordata del tasso di deposito da ciascuna di esse applicato nei rapporti con altri istituti di credito.

Di tali accordi non vi è prova, né una prova in tal senso potrebbe essere acquisita a mezzo di C.T.U. atteso che, la Autorità Antitrust dell’Unione Europea (che ha poteri e strumenti di accertamento delle violazioni della normativa comunitaria a tutela della concorrenza ben maggiori di quelli che potrebbe avere un tecnico incaricato da questo giudice) nutre unicamente dei sospetti sulla esistenza di un cartello finalizzato a manipolare il tasso in questione.

Quanto poi alla asserita presenza di una commissione occulta derivante dalla presenza del c.d. tasso floor si osserva quanto segue.

Al riguardo, è stato evidenziato che la c.d. clausola floor può essere definita come quella “clausola che prevede un limite percentuale al di sotto del quale gli interessi dovuti alle banche nei contratti di mutuo non possono scendere”, con la finalità di contenere i rischi connessi all’oscillazione dell’indice Euribor.

Tale clausola ha una funzione di salvaguardia per l’istituto di credito, dovendo garantire che gli interessi corrispettivi siano almeno pari al valore percentuale individuato dalla clausola stessa, inteso come tasso minimo, anche nei casi in cui, per la variabilità del parametro di riferimento (come l’Euribor), il tasso di interesse calcolato fosse inferiore al tasso (minimo) previsto dalla clausola floor.
Secondo le istruzioni della Banca d’Italia, la presenza della clausola floor è ammessa a condizione che essa sia contenuta in una specifica clausola contrattuale, sia stata approvata dal cliente per iscritto e sia redatta in modo chiaro e ben comprensibile:
in presenza di queste tre condizioni la clausola floor è lecita e non comporta alcuna indeterminatezza del tasso di interesse da applicarsi, con conseguente rispetto delle statuizioni di cui all’ art. 1346 c.c..

Nel caso del contratto di mutuo, si ritiene che la presenza di simili clausole (floor, cap, collar) non alteri la riconducibilità prevalente allo schema caratteristico delle operazioni creditizie e, quindi, alla causa di mutuo o finanziamento, con la conseguenza che la Banca sarebbe tenuta al rispetto della normativa di riferimento rappresentata dal Testo Unico Bancario e dal Provvedimento di Banca d’Italia del luglio 2009 in tema di trasparenza e correttezza nei rapporti tra intermediari e clienti, ma non anche al rispetto del Testo Unico della Finanza (D. Lgs. 58/1998) e delle relative norme secondarie (Regolamenti Consob).

La terminologia adottata nei contratti consente di escludere che sia ravvisabile una clausola floor, in quanto si fa esplicito richiamo ad una quota fissa del tasso corrispettivo (c.d. spread), ma non ad una quota minima al di sotto della quale tale tasso non può mai scendere.

Consegue che dall’analisi delle clausole contrattuali non sono emersi elementi tali da giustificare l’ipotesi che il tasso fisso possa essere considerato come tasso minimo e che quindi sia stata inserita nel contratto una clausola floor, senza che l’istituto di credito l’abbia correttamente pubblicizzata e inclusa nella documentazione di trasparenza e nella modulistica contrattuale.

Va, quindi, esclusa l’ipotesi di una nullità del contratto di mutuo in ragione della previsione di una clausola c.d. “floor”, risultando rispettate le previsioni di determinatezza e specificità del tasso di interesse.

In ogni caso il tasso minimo, o clausola floor (speculare alla clausola cap) non è un derivato implicito, in quanto non aumenta di per sé l’alea contrattuale determinando un conseguente aumento del rischio per il contraente.

È onere di chi eccepisce l’invalidità della clausola, dunque, fornire la prova che la causa in concreto del negozio non sia stata quella propria del contratto di mutuo, ma che, viceversa, le parti abbiano inteso creare uno strumento finanziario.

Detta prova e allegazione allo stato difetta nel caso che ci occupa, in cui parte opponente si limita genericamente ad asserire che la presenza della clausola comporta la presenza di un derivato implicito.

Si condivide, sul punto, quanto osservato dalla giurisprudenza, laddove ha affermato che “La presenza di una clausola di tasso floor non fa assumere automaticamente al contratto cui accede la natura di strumento finanziario, con conseguente applicabilità di tutta la disciplina del c.d. TUF, e in particolare degli obblighi informativi in esso previsti a carico dell’intermediario finanziario;
né può fondatamente ritenersi che, a fronte dell’inserimento di tale clausola, la pattuizione di interessi minimi da corrispondersi da parte del mutuatario al mutuante, quale accessorio dell’obbligo di restituzione e remunerazione per la cessione del capitale, snaturino l’essenza del contratto mutuandone la natura da contratto reale avente causa finanziamento, in strumento finanziario con cui il cliente, controparte dell’istituto di credito mira a realizzare un investimento mobiliare economicamente proficuo, ed ha diritto a ricevere informazioni complete e puntuali in relazione all’effettivo grado di rischio assunto, e sull’equilibrio delle condizioni contrattuali così come effettivamente praticate”, (Tribunale Bologna, sez. III, 6/3/2018, sent. n. 20222).

Deve dunque concludersi, sul punto, che “in tema di mutuo, le clausole floor, sono pienamente valide ed efficaci, anche nei contratti con i consumatori, purché pattuite in modo chiaro e comprensibile.

Infatti, tali clausole rilevano sotto il profilo dell’equilibrio economico del contratto, che non è sindacabile dal giudice nemmeno ai sensi della normativa a tutela dei consumatori”, così, del pari, deve ritenersi che “Con riferimento al tasso minimo contenuto nel contratto di mutuo, deve ritenersi osservato il requisito della determinatezza, laddove si consideri la collocazione di tale previsione contrattuale, ossia in calce all’analitica determinazione del tasso nominale annuo, sicché anche tale tasso minimo non potrà che essere calcolato sulla base dei medesimi parametri indicati”, (così, Tribunale Mantova, sez. II, 30.01.2017, n. 95). ” Quanto infine alle contestazioni inerenti l’indeterminatezza/indeterminabilità delle somme precettate e la corretta quantificazione del quantum precettato, premesso che le stesse risultano chiaramente indicate nell’atto opposto, questo giudice aderisce al consolidato orientamento della giurisprudenza di merito e di legittimità secondo cui l’eventuale errore circa l’importo richiesto non travolge l’atto per l’intero, ma ne determina la nullità o inefficacia parziale per la eventuale somma eccedente.

Si osserva infatti che gli atti di precetto sono chiari nell’indicare la somma il cui pagamento è richiesto distinguendo tra capitale interessi compenso di avvocato e spese, fermo restando che, come ritenuto da costante giurisprudenza, l’intimazione di adempiere l’obbligo risultante dal titolo esecutivo – nel precetto a norma dell’art. 480 cod. proc. civ., comma 1 – non richiede, quale requisito formale richiesto a pena di nullità, oltre alla indicazione della somma domandata in base al titolo esecutivo anche quella del procedimento logico-giuridico e del calcolo matematico seguiti per determinarla (Cass. n. 11281/93). In conclusione tutte le domande proposte dall’opponente vanno respinte.

La natura della causa, nonché la non univocità complessità e novità delle questioni giuridiche trattate giustificano la compensazione delle spese di lite.

Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni altra istanza disattesa o assorbita, così dispone:
respinge l’opposizione;
dichiara compensate tra le parti le spese di lite.
La presente sentenza si intende pubblicata con l’allegazione al verbale d’udienza ai sensi e per gli effetti dell’articolo 281 sexies c.p.c..
Rimini, 6 settembre 2024 Il Giudice on dott. NOME COGNOME

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