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Opposizione ad avviso di addebito Inps

Il Tribunale ha rigettato l’opposizione ad una cartella esattoriale INPS per contributi non versati, affermando che la prescrizione era stata interrotta e che l’azienda datrice di lavoro è l’unica responsabile del pagamento dei contributi previdenziali.

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Pubblicato il 22 gennaio 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

TRIBUNALE DI NAPOLI

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Giudice unico di Napoli, in funzione di giudice del lavoro, dott.ssa NOME COGNOME all’esito del deposito di note scritte ha pronunciato la seguente

SENTENZA N._193_2025_- N._R.G._00022536_2022 DEL_10_01_2025 PUBBLICATA_IL_10_01_2025

nella causa iscritta al n. 22536 R.G. per l’anno 2022 vertente TRA nella persona del legale rappresentante pro tempore, amministratrice unica, , rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME giusta procura in calce al ricorso, con cui elettivamente domicilia presso lo studio legale in Pollena INDIRIZZO 80040 (NA) al INDIRIZZO

– ricorrente in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in Napoli alla INDIRIZZO presso l’avv. NOME COGNOME che lo rappresenta e difende giusta procura generale alle liti per notar del 23.01.2023 (REP NUMERO_DOCUMENTO).

resistente Oggetto: opposizione ad avviso di addebito -eccedenza massimale

FATTO E DIRITTO

Con ricorso del 7 dicembre 2022, la (d’ora in avanti opponente o società), ha adito il Tribunale in funzione di giudice del lavoro affinchè, previa sospensione inaudita altera parte dell’esecutività dell’avviso di addebito n. NUMERO_DOCUMENTO NUMERO_CARTA NUMERO_DOCUMENTO, notificato il 30.10.2022 a mezzo pec dall’ per l’importo di € 198.853,20, dovuto a titolo di contributi IVS e correlate sanzioni civili da omissione, di pertinenza della Gestione Aziende con lavoratori dipendenti ed afferenti al periodo dal 12/2015 al 01/2021 venisse dichiarata la inesistenza e/o inammissibilità e/o nullità e/o improcedibilità e/o improponibilità e/o inefficacia e/o invalidità e/o infondatezza e/o illegittimità e/o annullare e/o fosse revocato il predetto avviso di addebito; -in subordine, in ipotesi di accertamento della legittimità delle pretese contenute nell’avviso di addebito in oggetto, venisse dichiarata la anche in proprio e tra loro in solido, tenuta a garantire, tenere indenne e/o manlevare da ogni pregiudizio e/o provvedimento alla medesima sfavorevole;

– venisse quindi condannata l’ e il socio accomandatario anche in proprio, in solido tra loro, a corrispondere direttamente tutte le somme che risulteranno dovute all’ o comunque a rifondere all’opponente, anche a titolo di risarcimento danni, tutte le somme che eventualmente la stessa sarà tenuta a corrispondere all’ per capitale, somme aggiuntive, sanzioni, rivalutazione monetaria e interessi legali e spese legali e quant’altro;

– condannare gli opposti ed i chiamati in causa al pagamento delle spese e competenze di giudizio con l’attribuzione al sottoscritto procuratore anticipatario.

Ha esposto che contributi incorporati nell’avviso di addebito si riferiscono alla posizione di tre lavoratori:

i sig.ri tuttavia illegittimamente, in quanto gli stessi hanno un’ anzianità assicurativa anteriore al 1996 e non avevano comunicato all’ l’opzione per il sistema contributivo.

Ha eccepito vizi formali inficianti la notifica a mezzo pec dell’avviso di addebito, la mancata prova dell’esistenza del credito, la prescrizione, altresì, sostenendo che l’ non avrebbe chiarito i valori numerici e criteri utilizzati per il calcolo dei contributi e delle sanzioni civili;

inoltre, ha chiesto all’adito Tribunale di essere autorizzata alla chiamata in garanzia dell’ ciò in quanto tale società era stata incaricata, in base ad apposita convenzione, di gestire dal punto di vista amministrativo e contabile i rapporti di lavoro di essa ricorrente, sicché ad essa sarebbe ascrivibile l’illegittima valorizzazione del campo “eccedenza massimale” delle denunce contributive.

Sospesa l’esecutività dell’avviso di addebito, si sono costituiti tempestivamente l’ , resistendo e confutando le avverse argomentazioni e insistendo per il rigetto;

in via gradata, per il rigetto della domanda di accertamento negativo del credito e declaratoria di debenza delle somme per i crediti incorporati nel titolo opposto, con condanna del ricorrente al relativo pagamento.

Vittoria di spese.

All’udienza di discussione, istruita la causa in via documentale , autorizzato il deposito di note difensive, la causa è stata decisa mediante separata sentenza dopo il deposito di note scritte.

L’opposizione è ammissibile perché tempestiva a norma dell’art.24, comma 5 D.lgs.n.46/99 risultando l’avviso di addebito notificato il 30.10.2022 ed il ricorso in opposizione depositato entro il quarantesimo giorno dalla notifica, ossia il 7.12.2022.

Inesistenza notifica dell’avviso di addebito La dedotta inesistenza /nullità assoluta della notifica dell’avviso di addebito integra un vizio formale che andava fatto valere nel termine perentorio di 20 giorni trattandosi di opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c. Senonchè il termine è spirato ben prima del deposito in cancelleria dei ricorso, avvenuto soltanto il 7.12.2022.

Sotto altro profilo, e solo per completezza di motivazione, si osserva che la difesa dell’opponente società dimostra di aver avuto piena conoscenza dell’avviso di addebito tanto da aver predisposto una difesa che rivela la consapevolezza sia della provenienza della richiesta ( sia del tenore della richiesta stessa.

tanto si ha conferma dal fatto che, nel proporre il ricorso introduttivo, la Società ha allegato anche l’avviso di addebito che quindi è ormai entrato nella sua piena disponibilità.

Ne consegue che un’eventuale ipotesi di nullità della notifica effettuata 30.10.2022 è stata certamente sanata per raggiungimento dello scopo, una volta che l’atto impugnato è entrato nella sua disponibilità.

Si aggiunga che “la Corte di cassazione, a sezioni unite, nella sentenza n. 15979 del 2022, in tema di notificazione a mezzo PEC, la notifica (del ricorso per cassazione effettuata dalla Procura Generale della Corte dei Conti) avvenuta utilizzando un indirizzo di posta elettronica istituzionale, rinvenibile sul proprio sito “internet“, ma non risultante nei pubblici elenchi, non è nulla, ove la stessa abbia consentito, comunque, al destinatario di svolgere compiutamente le proprie difese, senza alcuna incertezza in ordine alla provenienza ed all’oggetto tenuto conto che la più stringente regola, di cui all’art. 3-bis, comma 1, della l. n. 53 del 1994, detta un principio generale riferito alle sole notifiche eseguite dagli avvocati, che, ai fini della notifica nei confronti della P.A., può essere utilizzato anche l’Indice di cui all’art. 6-ter del D.Lgs. n. 82 del 2005 e che, in ogni caso, una maggiore rigidità formale in tema di notifiche digitali è richiesta per l’individuazione dell’indirizzo del destinatario, cioè del soggetto passivo a cui è associato un onere di tenuta diligente del proprio casellario, ma non anche del mittente. ”( così da ultimo Cassazione civile sez. trib., 28/02/2024, n.5263) Merito Nel merito, la vertenza va qualificata quale azione di accertamento negativo del credito.

La questione controversa attiene al recupero di contributi IVS e correlate sanzioni civili da omissione, di pertinenza della Gestione Aziende con lavoratori dipendenti ed afferenti il periodo dal 12/2015 al 01/2021, la cui origine deriva da una illegittima valorizzazione del campo “eccedenza massimale” delle denunce contributive.

E’ accaduto che, per tre lavoratori (sig.ri ), con anzianità assicurativa anteriore al 1996 e che mai avevano comunicato all’ l’opzione per il sistema contributivo, i contributi sono stati calcolati sulle quote di retribuzione che, con le denunce contributive relative ai periodi in contestazione, erano state esposte nel campo “eccedenza massimale” imponibile e pensionabile di cui all’art 2 co.18 L335/1995.

L’art. 2 comma 18 L 335/1995 prevede:

“…Per i lavoratori, privi di anzianità contributiva, che si iscrivono a far data dal 1 gennaio 1996 a forme pensionistiche obbligatorie e per coloro che esercitano l’opzione per il sistema contributivo, ai sensi del comma 23 dell’articolo 1, è stabilito un massimale annuo della base contributiva e pensionabile di lire 132 milioni, con effetto sui periodi contributivi e sulle quote di pensione successivi alla data di prima , ovvero successivi alla data di esercizio dell’opzione.

Detta misura è annualmente rivalutata sulla base dell’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati, così come calcolato dall’ISTAT..

” Con norma di interpretazione autentica l’art. 1, comma 280, della legge 28 dicembre 2015, n. 208 è stato stabilito espressamente che:

“Il comma 18 dell’articolo 2 della legge 8 agosto 1995, n. 335, si interpreta nel senso che i lavoratori assunti successivamente al 31 dicembre 1995 ai quali siano accreditati, a seguito di una loro domanda, contributi riferiti a periodi antecedenti al 1° gennaio 1996 non sono soggetti all’applicazione del massimale annuo della base contributiva e pensionabile, di cui alla medesima disposizione, a decorrere dal mese successivo a quello di presentazione della domanda”.

Il massimale è il limite di retribuzione oltre il quale i contributi non sono più dovuti.

Di esso possono avvalersi o coloro che si iscrivono dal 1^.1.1996 a forme pensionistiche obbligatorie oppure ,ed è il caso dei tre lavoratori di cui si è detto, se hanno anzianità anteriore al gennaio 1996 a condizione che abbiano esercitato l’opzione per il sistema contributivo.

Nella specie è pacifico che i tre lavoratori ( benchè con anzianità lavorativa anteriore al gennaio 1996 non hanno mai esercitato l’opzione sicchè la datrice di lavoro non poteva avvantaggiarsi del c.d. massimale contributivo.

E’ incontestato, oltrechè documentato, che l’ abbia ripetutamente diffidato l’azienda a mezzo pec per ben sei volte, prima della notifica dell’avviso di addebito , con ciò interrompendo la prescrizione in relazione ai periodi 12.2015-2016, 2017, 2018, 2019, 2020, 2021 segnalando che nelle denunce mensili fosse stato illegittimamente valorizzato il campo “eccedenza massimale” Ne deriva che i crediti pretesi sono dovuti e non estinti per la tempestiva interruzione dei termini prescrizionali.

E’ documentato e non adeguatamente e tempestivamente contestato che la stessa Società ha esposto nelle denunce mensili contributive ( importi erroneamente indicati come “eccedenze” rispetto al massimale contributivo.

Il massimale contributivo di cui all’articolo 2, comma 18, legge 8 agosto 1995, n. 335) costituisce il limite di valore annualmente rivalutato oltre il quale la retribuzione non deve essere assoggettata al prelievo di contributi previdenziali e riguarda i lavoratori privi di anzianità contributiva riferibile a periodi anteriori al 1° gennaio 1996, ovvero coloro che abbiano optato per il regime contributivo.

Con il messaggio 31 dicembre 2020, n. 5062 l’Istituto riassume il quadro normativo, riepilogando le circolari più rilevanti relative alla disciplina del massimale contributivo, e comunica che sono in corso controlli sulla corretta esposizione in dell’imponibile eccedente il massimale.

Nel caso in esame non è in discussione che per tutte le annualità e i periodi indicati vi è prova che i tre dipendenti , avessero un ‘anzianità riferibile a periodi anteriori al ?^.1.1996 come si evince dagli estratti contributivi prodotti dall’ .

Inoltre, è incontestato che nessuno dei tre abbia optato per il regime contributivo.

Ciò ha comportato l’impropria esposizione di somme come “eccedenti “ il massimali contributivo e perciò sottratte , indebitamente, alla contribuzione.

Come detto, la prescrizione è stata interrotta ed in ogni caso vale rammentare che essa decorre da quando il diritto può essere fatto valere e poiché la scadenza dei contributi corrisponde al giorno 16 del mese successivo a quello di riferimento (inteso come periodo di svolgimento della prestazione), quella è la data da prendere per il calcolo della prescrizione.

Va peraltro considerato il periodo di sospensione dei termini di prescrizione dei contributi previdenziali di cui all’articolo 37 del decreto-legge n. 18/2020, che al comma 2 dispone :

“I termini di prescrizione delle contribuzioni di previdenza e assistenza sociale obbligatoria di cui all’articolo 3, comma 9, della legge 8 agosto 1995 n. 335, sono sospesi, per il periodo dal 23 febbraio 2020 al 30 giugno 2020 e riprendono a decorrere dalla fine del periodo di sospensione.

Ove il decorso abbia inizio durante il periodo di sospensione, l’inizio stesso è differito alla fine del periodo”.

Va del pari disattesa la censura , del tutto generica circa i conteggi effettuati dall’ sol che si osservi che sia nelle note di rettifica ricevute, sia nella memoria difensiva dell’ sono riportati in dettaglio le cifre dovute per i singoli periodi in relazione ai singoli lavoratori.

L’assoluta genericità e la mancata specifica contestazione della difesa dell’Ente rendono inaccoglibile l’eccezione.

Similmente ciò vale anche le sanzioni.

Conclusivamente l’opposizione va respinta.

Chiamata in garanzia L’opponente ha chiesto di essere autorizzata a chiamare in garanzia la cui essa perché tenga indenne la quest’ultima rivolta alla prima perchè gestisse i profili contabili e amministrativi della società, donde la riferibilità ad essa di condotte scorrette e inadempienti sul piano contributivo.

La richiesta è stata disattesa poiché l’unico debitore dei contributi è l’azienda datrice di lavoro che curerà, eventualmente mediante separate e distinte azioni legali il recupero di somme, che sarà tenuta a versare in favore dell’ nei confronti del terzo restando questo un rapporto professionale di consulenza che si mantiene su un piano del tutto distinto dal ed estraneo al rapporto intercorrente ex lege tra datore di lavoro ed Ente previdenziale Le spese processuali seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo ai valori medi senza la fase decisionale che è mancata stante la modalità di trattazione scritta. La presente sentenza va comunicata alle parti a cura della Cancelleria.

Il Giudice unico di Napoli, in funzione di giudice del lavoro, definitivamente pronunciando, ogni altra istanza,domanda, eccezione disattesa.

così provvede:

a)rigetta l’opposizione e dichiara dovute le poste creditorie recate dall’avviso di addebito di cui in motivazione;

b) condanna la Società al pagamento delle spese processuali liquidate in complessivi € 8080,00

oltre rimborso spese generali iva e cpa come per legge;

Si comunichi.

Così deciso in Napoli il 10 gennaio 2025

Il Giudice dott.ssa NOME COGNOME

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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