N. R.G. 1106/2022
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE ORDINARIO di BRESCIA
SEZIONE LAVORO Il Tribunale, nella persona del Giudice dott.ssa NOME COGNOME ha pronunciato la seguente
SENTENZA N._860_2024_- N._R.G._00001106_2022 DEL_04_11_2024 PUBBLICATA_IL_04_11_2024
nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 1106/2022 promossa da:
in persona del legale rappresentante pro tempore con l’avv. COGNOME NOME COGNOME RICORRENTE contro in persona del legale rappresentante pro tempore con l’avv. NOMECOGNOME COGNOME NOME Avente ad oggetto:
Obbligo contributivo del datore di lavoro
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con ricorso del 22.06.2022 ha proposto opposizione avverso l’avviso di addebito n. NUMERO_CARTA con il quale ha intimato il pagamento di euro 90.589,90 a titolo di contributi asseritamente dovuti e non versati presso la RAGIONE_SOCIALE con lavoratori dipendenti, nel periodo 2/2021 – 3/2022.
A sostegno delle proprie ragioni ha preliminarmente dedotto l’esistenza di vizi nella notifica telematica effettata dall’istituto, per trasmissione da indirizzo non inserito in pubblici registri in violazione degli artt. 6-bis e 57-bis d.lgs. 82/2005 nonché per l’assenza di firma digitale sul file trasmesso, imposta dall’art. 23-ter d.lgs. 82/2005.
Nel merito ha rappresentato:
a) di aver proposto, in data 2.12.2021, istanza di rateizzazione dei versamenti contributivi relativi al periodo 7/2021-10/2021, accolta il 6.12.2021 (cd. rateizzazione principale);
b) di aver proposto altresì, in data 25.02.2022, ulteriore istanza di rateizzazione (cd. rateizzazione breve) avente ad oggetto i contributi del periodo 11/2021-1/2022 e accolta in data 1.03.2022;
c) di aver ricevuto, in data 21.03.2022, comunicazione di revoca della dilazione principale per presunta omissione di pagamento della prima rata della dilazione breve, che aveva comportato la definizione negativa di entrambe;
d) di essere stato, di conseguenza, raggiunto dagli avvisi di addebito n. NUMERO_CARTA e n. NUMERO_CARTA rispettivamente riferiti ai periodi 11/2021-01/2022 e 9/2021-10/2021, entrambi impugnati davanti all’intestato Tribunale;
e) di aver sostenuto in particolare, in sede giurisdizionale, il pagamento della prima rata della dilazione breve nei termini prescritti, con conseguente illegittimità dell’operato dell’istituto e dei provvedimenti opposti;
f) di aver chiesto, nelle more della definizione dei contenziosi, rilascio di Durc provvisorio, rigettata dall’ (nonostante la sospensione della provvisoria esecuzione dei due avvisi di addebito) il quale aveva altresì provveduto a formare nuovo avviso di addebito n. NUMERO_CARTA relativo alle mensilità di febbraio e marzo 2022;
g) di aver ricevuto comunicazione di annullamento in autotutela dei provvedimenti di cui al punto d), peraltro con contestuale invito a regolarizzare i pagamenti delle dilazioni ripristinate entro 5 giorni, nonché a versare gli importi indicati nell’avviso di cui al punto f), quali condizioni per l’ottenimento del Durc;
h) di aver chiesto, sia in via amministrativa (senza successo) sia mediante ricorso ex art. 700 c.p.c., l’emissione del Durc, in assenza del quale non era possibile incassare numerosi pagamenti e così provvedere al versamento di quanto richiesto;
i) di aver ricevuto, infine, l’avviso di addebito oggetto di impugnazione.
Ha sostenuto l’illegittimità di tale provvedimento in quanto emesso nelle more della definizione dei contenziosi aventi ad oggetto la medesima pretesa contributiva, in violazione dell’art. 24, comma 3, d.lgs. 46/99.
Ha dedotto altresì la violazione dell’art. 97 cost. , che impone il divieto di intenzionali vessazioni da parte di ogni pubblico funzionario.
In ordine a tale ultimo aspetto ha evidenziato in particolare che le scelte dell’ erano state improntate ad ostacolare l’ottenimento del di cui aveva diritto ai sensi dell’art. 3 D.M. 30.01.2015 e che le avrebbe consentito di ottenere i pagamenti dalle proprie committenti e di evitare l’allontanamento, a partire dall’aprile 2022, di ben 42 dipendenti da diversi cantieri;
con conseguente possibilità di regolarizzazione dei pagamenti di febbraio e marzo 2022, rimasti invece inevasi.
Ha aggiunto, infine, che la prova della sussistenza dei presunti crediti ricadeva sulla controparte, che non aveva invece prodotto alcuna documentazione.
Con memoria di costituzione ritualmente depositata ha confermato la trasmissione degli atti indicati dalla società, specificando peraltro che la revoca della dilazione principale era avvenuta in quanto, alla data del 21.03.2022, controparte non aveva trasmesso prova dell’avvenuto pagamento della prima rata della dilazione breve, la cui scadenza – valevole anche ai fini dell’accettazione della rateizzazione – era fissata all’11.03.2022.
Ha precisato che, a fronte della documentale conferma del pagamento nei termini – peraltro nell’ultimo giorno consentito – aveva ritenuto di provvedere in autotutela ripristinando le dilazioni e annullando gli avvisi di addebito aventi ad oggetto i relativi importi;
i contenziosi instauratisi, infatti, si erano conclusi con dichiarazione di cessazione della materia del contendere.
Ha rappresentato che, successivamente all’invito a regolarizzare i pagamenti delle dilazioni ripristinate e della contribuzione cd. corrente dei mesi di febbraio e marzo 2022, la ricorrente non aveva versato alcunché.
Ha sostenuto, pertanto, la correttezza della propria condotta, alla luce di tali omissioni, nonché l’infondatezza di tutte le eccezioni inerenti la notifica dell’avviso di addebito opposto e la violazione dell’art. 24, comma 3, d.lgs. 46/99.
Ha aggiunto, in ordine a tale punto, l’irrilevanza dell’asserita violazione, considerando la necessità di procedere comunque ad un accertamento sul merito della pretesa.
Ha concluso chiedendo il rigetto integrale delle avversarie domande.
*** Pacifica l’emissione, da parte dell’ente, dei provvedimenti e delle comunicazioni descritte nell’atto introduttivo del giudizio, unica questione in contesa attiene alla legittimità dell’avviso di addebito opposto e alla correttezza della condotta dell’istituto.
In via preliminare devono essere rigettate le eccezioni di carattere formale proposte da Contrariamente a quanto sostenuto da quest’ultima, nessuna norma dell’ordinamento impone alle pubbliche amministrazioni la notificazione degli atti esclusivamente mediante un indirizzo iscritto nei pubblici registri.
L’art. 57-bis d.lgs. 82/2005 citato è stato abrogato dall’art. 64, comma 1, lett. j) d.lgs. 179/2016, mentre l’art. 6-bis del medesimo decreto si limita a definire l’indice nazionale dei domicili digitali delle imprese e dei professionisti e ad imporre l’utilizzo degli stessi, per le comunicazioni e le notifiche, con riferimento al solo destinatario.
L’unica disposizione che impone anche al mittente l’utilizzo di un indirizzo pec iscritto in un registro pubblico per la validità delle notifiche è l’art. 3-bis l. 53/94, dedicato alle notificazioni di atti civili, amministrativi e stragiudiziali da parte di avvocati e procuratori legali.
La natura speciale di tale previsione conferma che, in tutte le altre ipotesi, sia indifferente l’indirizzo pec del mittente, essendo rilevante solo quello del destinatario, nel caso di specie pacificamente iscritto nei pubblici registri.
A tutto ciò si aggiunga che, in ogni caso, la Suprema Corte, pronunciatasi a Sezioni Unite, ha recentemente affermato il seguente principio di diritto, applicabile anche al caso di specie:
“In tema di notificazione a mezzo PEC, la notifica del ricorso per cassazione effettuata dalla Procura Generale della Corte dei Conti, utilizzando un indirizzo di posta elettronica istituzionale, rinvenibile sul proprio sito “internet“, ma non risultante nei pubblici elenchi, non è nulla, ove la stessa abbia consentito, comunque, al destinatario di svolgere compiutamente le proprie difese, senza alcuna incertezza in ordine alla provenienza ed all’oggetto, tenuto conto che la più stringente regola, di cui all’art. 3-bis, comma 1, della l. n. 53 del 1994, detta un principio generale riferito alle sole notifiche eseguite dagli avvocati, che, ai fini della notifica nei confronti della P.A., può essere utilizzato anche l’Indice di cui all’art. 6-ter del d.lgs. n. 82 del 2005 e che, in ogni caso, una maggiore rigidità formale in tema di notifiche digitali è richiesta per l’individuazione dell’indirizzo del destinatario, cioè del soggetto passivo a cui è associato un onere di tenuta diligente del proprio casellario, ma non anche del mittente” (Cassazione civile sez. un., 18/05/2022, n.15979). Non vi sono dubbi sul fatto che, nel caso in esame, il destinatario della notifica sia stato posto nelle condizioni di svolgere compiutamente le proprie difese – considerato il complessivo contenuto del ricorso – e, pertanto, l’eccezione risulta priva di pregio.
Analoghe considerazioni valgono per l’argomentazione relativa all’omessa firma digitale sull’avviso di addebito trasmesso.
Il richiamo all’art. 23-ter d.lgs. 82/2005, nella parte dedicata alle “copie su supporto informatico di documenti formati dalla pubblica amministrazione su supporto analogico” è del tutto inconferente, considerando:
– che, nel caso di specie, il file trasmesso è un documento PDF cd. nativo informatico e non analogico;
– che, ai sensi del combinato disposto dell’art. 30 d.l. 78/2010 e dell’art. 3, comma 2, d.lgs. 39/93, è ammessa l’emanazione di atti amministrativi attraverso sistemi informatici o telematici, con sostituzione della firma autografa mediante l’indicazione a stampa del nominativo del soggetto responsabile (correttamente avvenuta nel caso in esame, cfr doc. C fascicolo ricorrente).
Ancora, in via preliminare, deve rigettarsi la domanda di annullamento dell’atto impugnato per violazione dell’art. 24, comma 3, d.lgs. 46/99 considerando che oggetto del giudizio innanzi al Tribunale ordinario è l’accertamento nel merito della fondatezza della pretesa contributiva.
*** Tanto premesso, la contestata prova del credito azionato risulta evidente dal fatto che trattasi di avviso di addebito emesso sulla base delle comunicazioni uniemens trasmesse dalla stessa società che, infatti, aveva consapevolmente formulato istanza di rateizzazione breve avente ad oggetto proprio il debito contributivo per cui è causa (11/2021-1/2022), in data 25.02.2022.
In altri termini, considerando che è stata proposta dalla ricorrente istanza di dilazione di pagamento del debito in esame, senza riserve di controlli o rettifiche, risulta al limite del pretestuoso contestare in questa sede, all’esito del ripristino della procedura, disposto su richiesta della stessa società, la fondatezza del credito.
Quanto alle ulteriori considerazioni, è pacifico che non abbia adempiuto ai versamenti concordati nell’ambito della procedura di rateizzazione breve, a seguito del ripristino comunicato in data 3.05.2022 (doc. 16 fascicolo ricorrente);
ne consegue che sono certamente dovute le somme divenute oggetto, a seguito di detto inadempimento, dell’avviso di addebito impugnato.
Né possono incidere su tale situazione le doglianze esposte in relazione alla mancata emissione del Durc.
Innanzitutto si osserva che non vi è alcuna prova di una connessione causale tra il mancato possesso del e le omissioni contributive.
Parte ricorrente ha infatti solo genericamente dedotto di essere stata “ingiustamente privata del Durc e, quindi, della possibilità di incassare dalle committenti ingenti somme dovute” (pag. 8 del ricorso) e di non aver versato, incolpevolmente, quanto richiesto da per i mesi di febbraio e marzo 2022 “a causa dell’illegittimo diniego del DURC e della conseguente impossibilità di ricevere pagamenti dalle proprie committenti” (pag. 10).
Ha aggiunto che i propri dipendenti, in assenza del Durc “sono stati allontanati dai cantieri con conseguente sospensione dello stato di avanzamento dei lavori”.
Tralasciando le valutazioni circa la rilevanza di tali circostanze, in ogni caso si evidenzia che non è stato prodotto alcunché a conferma delle stesse, né sono state formulate istanze istruttorie sul punto.
In ogni caso, contrariamente a quanto sostenuto in ricorso (pag. 10), non è stata l’emissione degli avvisi di addebito nn. NUMERO_CARTA e NUMERO_CARTA – poi annullati d’ufficio – a determinare l’irregolarità contributiva, bensì il mancato pagamento della contribuzione cd. corrente relativa ai mesi di febbraio e marzo 2022, i cui termini scadevano rispettivamente il 16 marzo e il 16 aprile 2022 ai sensi dell’art. 18 d.lgs. 241/1997.
Già al momento della revoca della rateizzazione (21.03.2022) e della ricezione degli avvisi di addebito impugnati (29.03.2022), dunque, la società era irregolare dal punto di vista previdenziale, per mancato versamento dei contributi relativi al mese di febbraio 2022.
Con la conseguenza che, anche ammettendo che l’assenza di abbia inciso sulle possibilità economiche di soddisfare il credito esaminato in questa sede, l’irregolarità contributiva era stata determinata dalla condotta inadempiente della società posta in essere ben prima dell’operato di contestato nei giudizi 562 e 563 del 2022.
Anche tali argomentazioni contenute nell’atto introduttivo del giudizio, dunque, non possono essere condivise e il ricorso deve pertanto essere integralmente rigettato.
Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo, secondo i parametri di cui al D.M. 55/2014, tenendo conto dell’effettivo valore della controversia nonché dello svolgimento del giudizio.
Definitivamente pronunciando, ogni contraria istanza ed eccezione disattesa:
rigetta il ricorso;
condanna alla rifusione, in favore di , delle spese di lite che liquida in € 4.201,00 per compensi, oltre spese generali al 15%, IVA e CPA se dovuti come per legge.
Fissa il termine di giorni 60 per il deposito della sentenza.
Sentenza provvisoriamente esecutiva.
Così deciso in Brescia, lì 15/07/2024 Il Giudice NOME COGNOME
La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di
Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.
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