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Opposizione esecuzione immobiliare per mutui

La sentenza chiarisce i principi in tema di perfezionamento del contratto di mutuo, usura e collegamento tra la concessione del credito e la stipula di contratti assicurativi.

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Pubblicato il 13 febbraio 2025 in Diritto Bancario, Diritto Civile, Giurisprudenza Civile

R E P U B B L I C A I T A L I A N A

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE DI APPELLO DI ROMA QUARTA

SEZIONE CIVILE dott. ssa NOME COGNOME presidente rel dott. ssa NOME COGNOME consigliere dott. NOME COGNOME consigliere ha pronunciato la seguente

S E N T E N Z A N._630_2025_- N._R.G._00005345_2022 DEL_30_01_2025 PUBBLICATA_IL_30_01_2025

nella causa civile di secondo grado iscritta al n. 5345/2022 del Ruolo Generale degli Affari Civili Contenziosi, vertente tra (C.F. (C.F. rappresentati e difesi dagli avv.ti COGNOME e COGNOME NOME per procura in calce all’atto di citazione in appello appellanti (C.F. ) in nome e per conto di (C.F. rappresentata e difesa dall’avv. COGNOME NOME per procura in calce alla comparsa di risposta appellata (C.F. rappresentata e difesa dall’avv. COGNOME NOME per procura in calce alla comparsa di risposta appellata C.F. C.F. : appello avverso sentenza del Tribunale di Roma n.5420/2022 pubblicata in data 11/04/2022 IN FATTO E IN DIRITTO § 1. – La vicenda oggetto di causa è così riassunta nella sentenza impugnata:

“Con atto di citazione spedito il 16.08.19 introducevano la fase di merito dell’opposizione promossa il 20.11.18 – classificata come sub 1- dinanzi al G.E. del procedimento R.G.E.1627/2016 cui era stato riunito il procedimento R.G.E. n. 686/17, deducendo la carenza di esecutività dei contratti di mutuo azionati da MPS Spa a causa della usurarietà dei tassi corrispettivi e moratori pattuiti;

la natura condizionata del mutuo del 21.1.08, relativamente al quale non era stata data prova dell’erogazione della somma finanziata;

la nullità dei contratti per carenza di causa stante il collegamento con n. 4 polizze assicurative costituite in pegno, di natura sproporzionata rispetto al debito garantito e quindi altrettanto nulle;

la conseguente nullità della garanzia ipotecaria prestata;

l’illegittimità della segnalazione alla Centrale Rischi della Banca d’Italia;

l’errata indicazione dell’ ISC e del TAEG.

Si è costituita cessionaria di RAGIONE_SOCIALE rappresentata da , che ha chiesto il rigetto dell’opposizione con vittoria di spese contestando puntualmente le deduzioni di parte opponente.

Nel costituirsi la società creditore procedente del procedimento R.G.E. n. 1627-16, ha chiesto il rigetto dell’opposizione con vittoria di spese, evidenziando che il proprio diritto di procedere ad esecuzione forzata non era stato oggetto di alcuna contestazione.

Il tribunale respingeva l’opposizione con la seguente motivazione:

“In linea generale va qui richiamato e ribadito il principio di diritto per il quale il conseguimento della giuridica disponibilità della somma mutuata da parte del mutuatario, può ritenersi sussistente, come equipollente della traditio, nel caso in cui il mutuante crei un autonomo titolo di disponibilità in favore del mutuatario, in guisa tale da determinare l’uscita della somma dal proprio patrimonio e l’acquisizione della medesima al patrimonio di quest’ultimo, ovvero quando, nello stesso contratto di mutuo, le parti abbiano inserito specifiche pattuizioni, consistenti nell’incarico che il mutuatario dà al mutuante di impiegare la somma mutuata per soddisfare un interesse del primo (cfr. già Cass. 12 ottobre 1992, n. 11116 e 15 luglio 1994, n. 6686; nonché Cass. n. 2483 del 2001, Cass. 5 luglio 2001, n. 9074 e 28 agosto 2004, n. 17211; e, da ultimo, Cass. 3 gennaio 2011, n. 14).

Al fine di verificare se un contratto di mutuo possa essere utilizzato quale titolo esecutivo, ai sensi dell’art. 474 c.p.c., occorre valutare, attraverso l’interpretazione di esso integrata con quanto previsto nell’atto di erogazione e quietanza o di quietanza a saldo ove esistente, se esso contenga pattuizioni volte a trasmettere con mutuo e di erogazione, rispettino i requisiti di forma imposti dalla legge (Cass., sez. I, ordinanza 27 ottobre 2017, n. 25132; Cass., sez. III, 27 agosto 2015, n. 17194).

Nel caso in esame, in entrambi i contratti di mutuo azionati, al n. 1) pagina n. 1, si legge testualmente:

<< la Banca RAGIONE_SOCIALE

consegna alla parte mutuataria un mandato emesso sulle casse della banca mutuante stessa contenente l’ordine di versare ad essa parte mutuataria la somma di euro della quale somma la parte mutuataria stessa rilascia con il presente atto quietanza, da avere un unico e medesimo effetto con quella che rilascerà al Cassiere della Banca Mutuante, riconoscendo di aver ricevuto l’intero importo mutuato.

La parte mutuataria riconsegna alla banca mutuante l’intera somma mutuata perché venga costituita in deposito cauzionale infruttifero presso la banca stessa ….

>> Nel contratto, quindi, parte opponente ha dichiarato di aver ottenuto disponibilità giuridica della somma mutuata, rendendo confessione stragiudiziale alla parte opposta, con piena efficacia probatoria, ai sensi degli artt. 2733 e 2735 cod. civ., mancando di indicare l’errore di fatto o la violenza idonei a revocare, a norma dell’art. 2732 cod. civ., la dichiarazione ( Cass., sez. II, 21 febbraio 2014, n. 4196).

L’erogazione della somma a favore dei mutuatari è inoltre riconosciuta tacitamente anche da quest’ultimi nei documenti prodotti da parte opposta nella comparsa di costituzione.

In tali scritture private, che sono state sottoscritte, nelle stesse date della stipula dei due atti di mutuo, dagli stessi , si legge testualmente con pari tenore:

<< in relazione alla odierna erogazione della somma di € … (500.000,00 / 300.000,00 a seconda del contratto cui essa si riferisce) ci è stato oggi corrisposto l’importo di € …. dovuto a titolo di imposta>>.

In altri termini, in esatta corrispondenza alla dichiarazione di ricezione della somma mutuata, i debitori hanno reso una ulteriore dichiarazione, di cui la prima costituiva il necessario ed indefettibile presupposto, di aver ottenuto dalla banca le somme dovute all’erario.

Non provata è poi l’asserita rinegoziazione dei contratti di mutuo ma è allegata al ricorso in opposizione una mera richiesta da parte degli esecutati datata 4.7.14.

Va poi smentita la dedotta usurarietà dei tassi di interesse pattuiti nei contratti azionati.

Con riferimento al contratto di mutuo sottoscritto il 18.12.07, risulta fatto pacifico fra le parti che, alla data della stipula del finanziamento il tasso effettivo medio praticato per le operazioni di mutuo a tasso fisso, quale rilevato ai sensi dell’art. 7 della L. 108/96 con D.M. del Ministero dell’Economia e Finanze in data 20.12.07, era pari al 6,06% su base annua e, quindi, il relativo “tasso soglia” (da determinarsi, a norma dell’art. 2 della L. 108/96 a suo tempo vigente, mediante l’aumento della metà del suddetto tasso medio) era pari al 9,09% su base annua. agli interessi moratori pattuiti, ai fini della verifica dell’usurarietà – qualora il decreto ministeriale di cui all’art. 2, comma 1, della l. n. 108 del 1996, contenga comunque la rilevazione del tasso medio praticato dagli operatori professionali – occorre individuare il tasso-soglia considerando il T.e.g.m. , incrementato della maggiorazione media degli interessi moratori, moltiplicato per il coefficiente in aumento e con l’aggiunta dei punti percentuali previsti, quale ulteriore margine di tolleranza, dal quarto comma dell’art. 2 ( Cass., Ss. , Uu. , 18 settembre 2020, n. 19597).

Nel caso in esame, il T.E.G.M. era pari a 6,06% annuo:

conseguentemente il tasso soglia per gli interessi moratori era pari al 10,16 % ( 6,08 % + 2,1 % ex art. 3 comma IV del D.M. 19 settembre 2007 + 2% ).

È evidente, quindi, che gli interessi moratori pattuiti nel contratto di mutuo del 18.12.07 nella misura del 9,09 % non siano usurari.

Ugualmente deve dirsi, mutatis mutandis, per il contratto di mutuo sottoscritto il 21.02.08.

Il tasso effettivo medio praticato per le operazioni di mutuo a tasso fisso, quale rilevato ai sensi dell’art. 7 della L. 108/96 con d.m. del Ministero dell’Economia e Finanze in data 20.12.07, era pari al 6,08% su base annua e, quindi, il relativo “tasso soglia” (da determinarsi, a norma dell’art. 2 della L. 108/96 a suo tempo vigente, mediante l’aumento della metà del suddetto tasso medio)

era pari al 9,12% su base annua.

Pertanto, il tasso di interesse corrispettivo fisso previsto in contratto del 6,07% nominale annuo era inferiore rispetto al tasso soglia vigente al momento della stipula.

Gli interessi moratori pattuiti nella misura del 9,07 % erano inferiori al tasso soglia calcolato con il metodo sopra descritto pari al 10,18 % (6,08 % + 2,1 % ex art. 3 comma IV del D.M. 20 dicembre 2007 + 2% ).

Il dedotto collegamento con le polizze vita menzionate a pag. n. 11 dell’atto di citazione ed allegate al n. 3 della perizia di parte non incide sull’esecutività dei titoli azionati nel procedimento esecutivo né sulla misura degli interessi corrispettivi e moratori, trattandosi di negozi conclusi con società AXA Assicurazioni e poi costituiti in pegno a favore di MPS S.p.a. .

Infine è rimasta sprovvista di prova l’errata indicazione dell e del che risultano correttamente specificati e quantificati nei rispettivi contratti di mutuo fondiario.

È poi evidente che la segnalazione alla Centrale Rischi della Banca d’Italia sia fondata sull’inadempimento pacifico degli opponenti degli obblighi di restituzione su di loro gravanti.

In definitiva l’opposizione va, quindi, rigettata.

Le spese di lite tra parte opponente e seguono la soccombenza e, in assenza di notula, sono liquidate come in dispositivo in applicazione del D.M. 55/14 spese di lite tra parte opponente e seguono la soccombenza e, in assenza di notula, sono liquidate come in dispositivo in applicazione del D.M. 55/14 con riferimento ai valori minimi previsti per le fasi di studio, introduttiva e decisoria delle cause di valore indeterminabile di media complessità, in ragione della carenza di conflitto tra le parti e l’esigua attività processuale svolta dalla società opposta. ”.

§ 2. – La sentenza è stata impugnata da con un atto di appello contenente sei motivi e volto all’accoglimento delle conclusioni già proposte in primo grado:

“1) Accertare e dichiarare la mancata erogazione del finanziamento di euro 300.000,00 del 21.2.2008;

2) Accertare e dichiarare l’avvenuta rinegoziazione dei finanziamenti con conseguente perdita del requisito di autosufficienza dei titoli azionati nella procedura esecutiva;

3) Accertare e dichiarare l’usurarietà dei contratti di finanziamento oggetto di lite conclusi rispettivamente il 18.12.2007 e il 21.2.2008 e, di conseguenza, applicare l’art. 1815 c.c., II comma, stralciando ogni pretesa avversa relativa agli interessi, che non sono dovuti;

4) Accertare e dichiarare in ogni caso tutti i profili di nullità eccepiti nel presente atto nonché la conseguente nullità di tutti i negozi e delle garanzie collegati ai finanziamenti, per i motivi ampiamente rassegnati;

accertare in ogni caso la violazione del principio di proporzionalità delle garanzie a presidio dei crediti concessi, di cui agli artt. 2872 c.c. e 39, comma 5, TUB, e il correlato abuso dello strumento della cautela da parte della Banca;

5) Accertare e dichiarare l’inesistenza di adempimento degli appellanti alla data di risoluzione di entrambi i finanziamenti;

6) Accertare e dichiarare, a mezzo di CTU di cui si reitera istanza con i quesiti già formulati nel giudizio di prime cure e qui riproposti, la natura usuraria dei finanziamenti e la sussistenza dell’inadempimento alla data di risoluzione dei contratti, ovvero il reale dare avere tra le parti, con condanna alla restituzione – anche eventualmente a titolo di risarcimento del danno – degli importi percepiti in eccesso dalla Banca a mezzo dell’esecuzione forzata;

7) Alla luce di tutti i motivi di cui in atti, accertare e dichiarare l’illegittimità dell’esecuzione intrapresa dalla Banca in assenza di un valido titolo esecutivo ex art. 474 c.p.c.;

8) Sempre per l’effetto, condannare la cessionaria subentrata alla Banca Monte dei Paschi di Siena in seguito alla cessione del preteso credito, alla refusione di tutti i danni, patrimoniali e non, subiti dagli appellanti a seguito della vendita e dell’assegnazione a terzi degli immobili ingiustamente pignorati ed oggetto della esecutiva riunita, ovvero alla diversa somma – maggiore e/o minore accertata nel corso di giudizio o comunque in via equitativa;

9) Condannare altresì al risarcimento del danno per illegittima segnalazione in Centrale dei Rischi, danno la cui quantificazione si richiede in via equitativa;

10) condannare la Banca, in p.l.r.p.t, al pagamento di spese, diritti ed onorari del presente giudizio, anche ai sensi dell’art. 96 capoverso 2 cpc, ovvero alla refusione delle spese di relazione tecnica e delle spese di procedura, ovvero di quelle afferente al giudizio di prime cure ed alla fase cautelare e delle spese tutte sostenute in favore dei procuratori antistatari.

Ogni ripetizione ut supra richiesta da intendersi comprensiva di interessi e rivalutazione monetaria dagli illegittimi addebiti e pagamenti”.

Resistono all’appello rappresentata da che chiedono la conferma della sentenza di primo grado.

La causa è stata trattenuta in decisione all’udienza del 12.7.2024, assegnando alle parti i termini di cui all’art.190 c.p.c..

§ 3. – Il primo motivo è intitolato:

“SULLA MANCATA EROGAZIONE DEL FINANZIAMENTO DEL 21.2.2008 DI EURO 300.000,00;

CON RIFERIMENTO ALLE ARGOMENTAZIONI CONTENUTE NELLA

SENTENZA

, ALLE PAGINE 4-5 (INDICAZIONE DELLE PARTI DEL PROVVEDIMENTO CHE SI INTENDE APPELLARE EX ART. 342 C.P.C).

ERRATA INTERPRETAZIONE DEL QUADRO PROBATORIO ED ERRONEE

CONCLUSIONI

IN PUNTO DI DIRITTO:

VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 2697 C.C., 116 C.P.C. e 474 C.P.C.”.

Gli appellanti criticano la decisione nella parte in cui ha accertato l’erogazione della somma oggetto del mutuo del 23.2.2008, valorizzando la consegna ai mutuatari di un mandato contenente l’ordine di versare la somma di € 300.000,00, senza che vi fosse prova dell’avvenuta esecuzione del mandato stesso;

il tribunale non avrebbe considerato che la natura condizionata del mutuo emergerebbe dall’art.2 del contratto e dell’art.1 del capitolato e che il pagamento dell’imposta sostitutiva e degli stessi interessi era svincolato dal conseguimento dell’effettiva disponibilità della somma da parte dei mutuatari.

In particolare, gli appellanti negano di aver conseguito la disponibilità delle somme oggetto del mutuo in quanto – come si legge all’art.2 del contratto e all’art.1 del capitolato – hanno riconsegnato alla banca mutuante l’intera somma mutuata perché venisse costituita in deposito cauzionale infruttifero presso la banca stessa, finché non fosse stata giustificata alla banca – entro il termine di novanta giorni e con le conseguenze, in difetto, previste al patto n. 1 del capitolato allegato (facoltà della banca di ritenere risolto il contratto per colpa della parte mutuataria e di utilizzare il deposito cauzionale per l’estinzione del mutuo, addebitando ogni ulteriore spesa e l’assicurazione dell’immobile ipotecato come previsto al patto n. 3 del capitolato. Inoltre, evidenziano l’errore in cui sarebbe incorso il giudice nel leggere i documenti prodotti da come allegato n.5 alla comparsa di costituzione e risposta, che sarebbero quietanze rilasciate dalla banca ai mutuatari a fronte del pagamento delle somme da versare all’Erario a titolo di imposta e non quietanze rilasciate dai mutuatari alla banca.

§ 3.1.

– Il motivo è infondato.

La clausola di cui all’art.2 del contratto (corrispondente a quella presente nel precedente contratto del 18.12.2007) non conteneva una condizione sospensiva dell’efficacia del contratto di mutuo e nemmeno una condizione risolutiva, ma prevedeva che i mutuatari, tenuti a rilasciare alla banca mutuante un’ipoteca a garanzia della restituzione della somma mutuata, consegnassero alla banca l’intera somma mutuata a titolo di deposito cauzionale, fino a che non avessero dimostrato di poter offrire la garanzia ipotecaria con il grado di priorità richiesto e l’assicurazione dell’immobile ipotecato. La mancata consegna della documentazione richiesta ai sensi dell’art.2 del contratto avrebbe facoltizzato la banca a provocarne la risoluzione per colpa della parte mutuataria.

Sbagliano gli appellanti nel ravvisare nella costituzione del deposito cauzionale un fatto incompatibile con l’erogazione della somma mutuata, perché è vero il contrario:

in tanto è possibile il versamento di una cauzione in quanto la somma costituita in garanzia sia di proprietà della parte che presta la garanzia, e la titolarità della somma costituta in deposito cauzionale infruttifero era stata da essi conseguita attraverso l’erogazione del finanziamento, quietanzata nel corpo del contratto stesso, come rilevato dal giudice di prime cure.

Infatti ciò che rileva, perché vi sia la traditio del denaro essenziale al perfezionamento del contratto di mutuo, è il trasferimento della titolarità della somma al mutuatario, anche se il potere di disporne sia precluso temporaneamente in forza di obblighi assunti dal mutuatario stesso :

“Ai fini del perfezionamento del contratto di mutuo, avente natura reale ed efficacia obbligatoria, l’uscita del denaro dal patrimonio dell’istituto di credito mutuante, e l’acquisizione dello stesso al patrimonio del mutuatario, costituisce effettiva erogazione dei fondi, anche se parte delle somme sia versata dalla banca su un deposito cauzionale infruttifero, destinato ad essere svincolato in conseguenza dell’adempimento degli obblighi e delle condizioni contrattuali (Cass. ordinanza n.25632 del 27.10.2017, conforme a Cass. sentenza n.6686 del 15.7.1994). Chiarito quanto sopra, rimane assorbito l’ulteriore profilo di censura, che attinge un passaggio della motivazione non essenziale ai fini della decisione.

§ 4. – “SULLE RINEGOZIAZIONI DEL MUTUO;

CON RIFERIMENTO ALLE ARGOMENTAZIONI CONTENUTE NELLA

SENTENZA

, ALLE PAGINE 5 (INDICAZIONE DELLE PARTI DEL PROVVEDIMENTO CHE SI INTENDE APPELLARE EX ART. 342 C.P.C).

ERRATA INTERPRETAZIONE DEL QUADRO PROBATORIO ED ERRONEE

CONCLUSIONI

IN PUNTO DI DIRITTO:

VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 2697 C.C., 116 C.P.C. e 474 C.P.C.”.

Con il secondo motivo gli appellanti contestano la decisione nella parte in cui afferma che non era stata provata l’asserita rinegoziazione dei mutui, ma era stata allegata al ricorso in opposizione una semplice richiesta di rinegoziazione proveniente dai mutuatari e datata 4 luglio 2014.

Osservano che la prova della rinegoziazione sarebbe rinvenibile, oltre che nella mancata contestazione da parte dell’opposta della richiesta di rinegoziazione allegata al ricorso in opposizione, negli avvisi di scadenza delle rate del secondo mutuo e nell’estratto crediti del primo mutuo prodotti dalla stessa banca, che recano fino a una certa data il tasso fisso contrattuale e successivamente il tasso variabile rinegoziato.

Ne conseguirebbe la carenza di certezza e liquidità delle somme richieste dalla banca in forza dei titoli contrattuali azionati.

§ 4.1.

– Il motivo è infondato.

L’appellata ha sempre contestato la dedotta rinegoziazione (vedi comparsa di risposta in primo grado, punto 6) e gli elementi di prova dedotti dagli appellanti hanno al più un valore indiziario, ma sono insufficienti a dimostrare la modifica dei contratti di mutuo, che presupponeva il perfezionamento di contratti modificativi nella forma scritta richiesta ad substantiam dall’art. 1284 terzo comma cod. civ. per il patto di pagamento di interessi in misura ultralegale, oltre che dall’art.117 primo e terzo comma d.lgs. n.385/1993 per tutti i contratti bancari.

§ 5. – “SUL MANCATO RILIEVO DELL’USURARIETA’ DEI FINANZIAMENTI; CON RIFERIMENTO ALLE ARGOMENTAZIONI CONTENUTE NELLA

SENTENZA

, ALLE PAGINE 5-7 (INDICAZIONE DELLE PARTI DEL PROVVEDIMENTO CHE SI INTENDE APPELLARE EX ART. 342 C.P.C).

ERRATA INTERPRETAZIONE DEL QUADRO PROBATORIO, OMESSO ESAME DI CIRCOSTANZE DECISIVE E NON CONTESTATE ED ERRONEE

CONCLUSIONI

IN PUNTO DI DIRITTO:

VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 2697 C.C., 1815 C.C.,115 C.P.C.116 C.P.C. e 474 C.P.C.” Con il terzo motivo gli appellanti lamentano che il tribunale abbia accertato la conformità dei tassi di interesse dei due contratti ai tassi soglia determinati ex L.n.108/1996 senza considerare le polizze che la banca avrebbe preteso per la concessione del credito.

Tali contratti assicurativi, conclusi con il pagamento di premi per € 200.000,00 erano stati dati in pegno alla banca a garanzia delle obbligazioni assunte con i contratti di mutuo, il che dimostrerebbe l’inscindibile collegamento tra Il tribunale avrebbe eseguito la verifica basandosi sul solo tasso nominale di interesse (TAN), mentre la verifica va eseguita sulla base del tasso effettivo globale annuo (TEG) e avrebbe dato una motivazione solo apparente all’affermazione che le polizze assicurative non incidono sulla misura degli interessi, senza considerare che sarebbero state richieste dalla banca quale condizione essenziale per l’erogazione dei finanziamenti e ne rappresenterebbero un costo ulteriore, confluente nella determinazione dei TEG che pertanto, come accertato dal consulente di parte, sarebbe ben al di sopra dei tassi soglia. Sotto altro profilo lamentano che non sia stato accertato il carattere usurario dei tassi di interesse di mora, coincidenti con i tassi soglia ma, se rideterminati tenendo conto dell’anno civile del calcolo contrattualmente previsto, che è di 360 giorni e non di 365, inevitabilmente usurari.

Inoltre i tassi di mora effettivi sarebbero maggiori di quelli nominali perché dovrebbero essere aumentati degli oneri contrattuali aggiunti e si dovrebbe tener conto del fatto che sono computati anche sugli interessi corrispettivi impagati.

§ 5.1.

– Entrambe le censure sono infondate.

E’ vero che il tribunale ha limitato il suo accertamento al tasso nominale di interesse, ma il discorso non cambia se si prende in considerazione l’indicatore sintetico di costo (ISC) che, nella terminologia dei contratti in esame, equivale al tasso effettivo globale (TEG).

Infatti l’ISC indicato nel contratto di mutuo del 18.12.2007 (art.10) è pari al 6,47%, e l’ISC indicato nel contratto di mutuo del 21.02.2008 (art.10) è pari al 6,26%.

In entrambi i contratti l’ è inferiore ai tassi soglia in vigore rispettivamente nell’ultimo trimestre del 2007 (9,09%) e nel primo trimestre del 2008 (9,12%).

Dunque la questione è se l’ indicato nei contratti sia veridico o meno e, in particolare, se debba essere accertato un maggiore ISC tenendo conto dei costi delle polizze assicurative che gli appellanti deducono essere strettamente collegate ai mutui.

E’ vero che, per consolidata giurisprudenza, in base all’art. 644, comma 4, c.p., ai fini della valutazione circa la natura usuraria di un contratto di mutuo, nel tasso di interesse deve essere conteggiato anche il costo dell’assicurazione sostenuto dal debitore per ottenere il credito (Cass.n.29501/2023,.n.3025/2022, n.8806/2017).

L’onere della prova del collegamento grava sul mutuatario che lo deduca, il quale può dimostrarlo con qualunque mezzo di prova;

il collegamento è presunto nel caso di contestualità tra la spesa assicurazione l’erogazione del mutuo (Cass.n.3025/2022, n.8806/2017).

Tanto premesso quanto ai principi generali, occorre però aggiungere che secondo la Corte di Cassazione “la contestualità tra credito e assicurazione – quale espressione indicativa, e presuntiva, del “collegamento” tra questi elementi che è richiesto dall’art. preassemblati (ovvero “a pacchetto”, per rendere il concetto in termini evocativi)” (Cass.n.8806/2017).

Sulla scorta della pronuncia da ultimo citata, l’Arbitro Bancario Finanziario ha ritenuto il collegamento non ravvisabile qualora la prestazione assicurativa non sia legata al debito residuo e il beneficiario sia il cliente (ABF – Collegio di coordinamento, decisione 2462/2023).

Occorre quindi precisare che i costi assicurativi sostenuti dal debitore per ottenere il credito che concorrono a determinare il TEG o sono quelli che vanno a beneficio esclusivo del mutuante e che, come tali, rappresentano per il mutuatario dei meri oneri aggiuntivi.

Diverso è il caso in cui il mutuatario sottoscriva un’assicurazione sulla vita e offra la polizza in pegno alla banca a garanzia del mutuo richiesto.

In tal caso, assicurato è il mutuatario, che rimane titolare del valore di riscatto della polizza, sicché, in caso di regolare esecuzione del contratto di mutuo e di svincolo del pegno, al costo sostenuto per l’acquisto della polizza corrisponderà l’utilità fornita dal contratto assicurativo.

Quindi, se anche la banca avesse preteso di ricevere le polizze in pegno a ulteriore garanzia dei mutui, non si potrebbe comunque affermare che relativi premi rappresentino un costo ulteriore dei finanziamenti da computare nella determinazione dell’ § 5.2.

– Quanto alla seconda censura, si osserva che le rilevazioni dei tassi effettivi globali medi (TEGM) ex art.2 L.n.108/1996 da parte del Ministero dell’Economia si basano sugli interessi praticati dalle banche e dagli intermediari finanziari iscritti negli elenchi tenuti dall’Ufficio italiano dei cambi e dalla Banca d’Italia per categorie di operazioni omogenee, per cui sono riferiti alla periodicità (anno solare o civile) usata dagli istituti finanziatori per quella categoria di operazioni.

Non è quindi possibile che un tasso di interesse conforme alla soglia la superi perché riferito secondo contratto a un arco temporale inferiore a quello del TEGM.

Nemmeno è corretto far confluire nel tasso di interesse di mora, che è distinto dal TEG, le voci di costo che concorrono a determinare quest’ultimo, né cumulare interessi di mora e interessi corrispettivi solo perché i primi si calcolano, necessariamente, anche sui corrispettivi insoluti (sui criteri per accertare l’usura con riferimento ai tassi di interesse di mora cfr. Sezioni Unite n.19597/2020).

§ 6. – “IV.

OMESSA PRONUNCIA;

VIOLAZIONE DEGLI ARTT. 112, 115 e 116 c.p.c.” Gli appellanti lamentano l’omessa pronuncia del tribunale sulle seguenti deduzioni degli appellanti:

a) “Collegamento delle operazioni.

Nullità per assenza di causa” b) “Violazione del principio di proporzionalità delle garanzie che la Banca ha ) “ Illegittima segnalazione alla Centrale Rischi Interbancaria e altre banche dati.

” § 6.1.

– E’ vero che il tribunale non si è pronunciato su tali deduzioni, ma sono tutte palesemente infondate.

Le prime due riguardano una presunta nullità dei contratti di mutuo che deriverebbe dall’eccesso di oneri e di garanzie pretese dalla banca per la concessione di finanziamenti, accresciute anche da fatto che siano stati concessi con due distinti contratti.

Gli appellanti, tuttavia, non deducono alcun fatto specifico che possa dimostrare che la suddivisione del finanziamento in due distinte operazioni, concluse a distanza di due mesi circa l’una dall’altra, sia dipesa dall’arbitrio esercitato dalla banca a loro danno, né il fatto che le garanzie pretese fossero sproporzionate, atteso che la proporzione va valutata con riferimento al merito creditizio del mutuatario.

Infine non spiegano la ragione per cui l’eventuale violazione del canone di buona fede da parte dell’istituto di credito determinerebbe la nullità dei contratti anziché un mero obbligo risarcitorio.

Il rigetto delle prime due censure assorbe le successive, strettamente consequenziali perché presuppongono che si accerti la nullità dei contratti.

§ 7. – Il rigetto dei precedenti motivi assorbe l’ultimo, che consiste nella mera riproposizione delle istanze istruttorie non accolte.

§ 8. – Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate a favore di in nome e per conto di secondo i valori medi di cui alla tabella allegata al D.M.n.55/14, modificata dal D.M.n.147/2022, per le cause di valore compreso tra € 520.000,01 e € 1.000.000,00, salvo il valore minimo per la fase di trattazione che ha avuto minimo svolgimento, quindi per tutte le fasi in € 22.333,00 oltre oneri di legge.

creditore procedente, è stata citata in giudizio anche in questo grado senza che sia stata proposta opposizione all’azione esecutiva da essa intrapresa.

Pertanto se ne rileva il difetto di legittimazione passiva e si liquidano le spese a suo favore secondo i medesimi criteri di cui sopra, ma nei valori minimi per tutte le fasi, attesa l’esigua attività difensiva svolta.

PQM

La Corte, definitivamente pronunciando, sull’appello avverso la sentenza del Tribunale di Roma n.5420/2022 , pubblicata in data 11/04/2022 , così decide:

– rigetta l’appello;

– condanna a rifondere a in nome e per conto di le spese del presente grado di – condanna a rifondere le spese del presente grado di giudizio liquidate in € 13.078,00 per compensi, oltre spese generali ex art.2 D.M.n.55/14, c.a.p.

e i.v.a. come per legge;

– dichiara che vi sono i presupposti per il pagamento da parte dell’appellante dell’importo di cui all’art.13 comma 1 quater D.P.R.n.115/2002.

Così deciso in camera di consiglio in Roma il 29.01.2025 Il presidente est.

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