N. R.G. 5635/2022
TRIBUNALE ORDINARIO di ANCONA SECONDA CIVILE
VERBALE DELLA CAUSA n. r.g. 5635/2022 tra ATTORE/I CONVENUTO/I Oggi 08/11/2024 ad ore 12:00 innanzi al dott.
NOME COGNOME sono comparsi:
Per ’avv. COGNOME oggi sostituito dall’avv. NOME COGNOME
Per l’avv. COGNOME NOME e NOME COGNOME oggi sostituito dall’avv. NOME COGNOME L’avv. COGNOME precisa le conclusioni come in atti e discute riportandosi alle note conclusive.
L’avv. COGNOME precisa le conclusioni come da atti difensivi, riportandosi ai verbali di causa e alla documentazione già allegata, discute insistendo per l’accoglimento delle conclusioni riportate nella comparsa di costituzione e risposta.
In rito reitera la richiesta di riunione del presente procedimento con il procedimento 5634/2022 instaurato avverso il medesimo decreto ingiuntivo da altro coobbligato.
Il giudice si ritira in camera di consiglio.
All’esito della camera di consiglio, il giudice decide la causa come da sentenza allegata al presente verbale, assenti le parti.
Verbale chiuso alle ore 15.42 Il Giudice dott. NOME COGNOMEatto sottoscritto digitalmente)
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE ORDINARIO di ANCONA RAGIONE_SOCIALE
Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. NOME COGNOME ha pronunciato ex art. 281 sexies c.p.c. la seguente
SENTENZA _N._1918_2024_- N._R.G._00005635_2022 DEL_08_11_2024 PUBBLICATA_IL_08_11_2024
nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 5635/2022 promossa da:
(C.F. , con il patrocinio dell’avv. COGNOME
elettivamente domiciliato in INDIRIZZO 60121 ANCONA ITALIA presso il difensore avv. COGNOME NOME COGNOME OPPONENTE contro (C.F. ), con il patrocinio dell’avv. COGNOME NOME e dell’avv. NOME COGNOME elettivamente domiciliato in INDIRIZZO 19125 LA SPEZIA CONVENUTO OPPOSTO
CONCLUSIONI
Le parti hanno concluso come da verbale d’udienza.
C.F. Concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione Con atto di citazione ritualmente notificato, ha proposto opposizione al decreto ingiuntivo n. 1110/2022 emesso il 29.8.2022 con il quale il Tribunale di Ancona le intimava di pagare in favore di in solido con il coobbligato , la somma di €. 47.084,31 quale saldo debitore del contratto di finanziamento n. 20007767400115 stipulato con la società *** Banca spa.
A sostegno della proposta opposizione, eccepiva in via preliminare la nullità del decreto ingiuntivo per la mancanza di idonea prova scritta, non essendo sufficiente la produzione di un estratto autentico delle scritture obbligatorie, nel merito deduceva l’infondatezza della pretesa creditoria in ragione dell’incertezza sull’ammontare del credito, posto che l’ sosteneva l’erogazione di un importo (€. 32.000,00), a titolo di finanziamento, diverso da quello risultante dal contratto versato in atti (€. 11.000,00), eccepiva, infine, la mancata comunicazione della risoluzione del contratto con la decadenza dal beneficio del termine e la conseguente messa in mora, chiedeva l’accoglimento delle seguenti conclusioni: “in via preliminare:
accertata e dichiarata la nullità per mancanza di prova scritta del decreto ingiuntivo n. 110/2022 del 27.8.2022 a carico di , revocare e/o dichiarare inefficace lo stesso.
In via principale nel merito, in accoglimento della presente opposizione, accertata l’insussistenza e la infondatezza della pretesa fatta valere dalla dichiarare che nulla è dovuto neanche in parte alla da parte della sig.ra e per l’effetto, revocare e/o dichiarare inefficace il decreto ingiuntivo n. 1110/2022 del 27.8.2022 a carico della stessa.
” Si costituiva in giudizio la società la quale rilevava di essere diventata titolare del credito nell’ambito di una operazione di cartolarizzazione ex art. 1 e 4 della legge 130/1999 ed art. 58 Tub.
ritualmente pubblicata sulla G.U., eccepiva la tardività dell’opposizione, in quanto il decreto ingiuntivo era stato notificato in data 21.9 2022 mentre l’atto di citazione in opposizione era stato notificato in data 25.11.2022, quindi oltre il termine di cui all’art. 641 c.p.c., sosteneva che, per mero errore, in sede monitoria era stato prodotto un contratto diverso rispetto a quello per il quale essa società aveva agito, tuttavia, non era in discussione l’erogazione della somma azionata in sede monitoria in quanto parte opponente aveva sottoscritto atto di riconoscimento di debito, concludeva chiedendo il rigetto dell’opposizione con conferma del decreto ingiuntivo opposto.
Senza svolgimento di attività istruttoria, la causa è stata rinviata per la precisazione delle conclusioni e discussione.
Precisate le conclusioni e discussa la causa, il giudice ha emesso sentenza ai sensi dell’art. 281 sexies c.p.c. Con riferimento alla richiesta di riunione, premesso che il provvedimento di riunione, così come la mancata assunzione dello stesso, ha carattere ordinatorio ed è un atto processuale di carattere preparatorio, questo giudice non ravvisa ragioni di opportunità per accogliere la predetta richiesta, non ricorrendo un’ipotesi di litisconsorzio necessario.
Ciò posto, deve preliminarmente delibarsi l’eccezione pregiudiziale svolta da parte opposta, di inammissibilità dell’opposizione per inosservanza del termine di cui all’art. 641 c.p.c. per la proposizione dell’opposizione, intercorrente tra la data della notifica del decreto ingiuntivo e quella della notifica dell’atto di citazione in opposizione.
Secondo la ricostruzione di parte opposta la notifica del ricorso e del decreto ingiuntivo si sarebbe perfezionata in data 21.9.2022, mentre la notifica da parte dell’opponente dell’atto di citazione in opposizione sarebbe avvenuta il 25.11.2022, pertanto, già decorso il termine ultimo per proporre opposizione, individuato nel 31.10.2022.
L’eccezione pregiudiziale di inammissibilità dell’opposizione è fondata e come tale deve trovare accoglimento, dall’esame della documentazione in atti, emerge incontrovertibilmente come l’atto di citazione sia stato notificato in data 25.11.2022 da parte dell’opponente alla pec del legale costituito nel monitorio per l’opposta.
Altrettanto inequivocabilmente risulta come il ricorso per emissione decreto ingiuntivo e il decreto ingiuntivo stesso siano stati ritualmente notificati con perfezionamento della notifica in data 21.9.2022, come chiaramente visibile dalla firma dell’opponente presente sull’avviso di ricevimento, dalla data apposta, nonché dalla data indicata nel timbro, profili rispetto cui parte opponente non ha proposto querela di falso.
Sul punto basti richiamare, ex pluribus, Cass. ord. n. 8082 del 21.3.2019 secondo cui “in tema di notificazione a mezzo del servizio postale, l’avviso di ricevimento, il quale è parte integrante della relata di notifica, avendo natura di atto pubblico, costituisce il solo documento idoneo a provare, in riferimento alla decorrenza dei termini connessi alla notificazione, l’intervenuta consegna del plico con la relativa data e l’identità della persona alla quale è stato recapitato, salvo che detta data manchi o sia incerta, ipotesi nelle quali i termini decorrono dal giorno riportato nel timbro postale, pertanto, la parte che intenda contestarne il contenuto deducendo l’incompatibilità tra la data di ricezione ivi apposta e quella risultante dal menzionato timbro ha l’onere di proporre querela di falso, a meno che dallo stesso contesto dell’atto non emerga in modo evidente che il pubblico ufficiale ha compiuto un mero errore materiale nella sua redazione, il quale ricorre nel caso di indicazione di data inesistente o anteriore a quella della formazione dell’atto notificato o non ancora maturata”.
Ebbene, non essendo stata nel caso di specie proposta querela di falso, non essendovi incertezza sulla data indicata, e non essendovi l’incompatibilità tra la data di ricezione apposta e quella risultante dal timbro, deve necessariamente concludersi per l’individuazione del 21.9.2022 come data a partire dalla quale la ha avuto conoscenza del decreto ingiuntivo e dalla quale doveva presentare opposizione rituale nel termine di quaranta giorni previsto dalla legge.
Da quanto precede discende inevitabilmente la pronuncia di inammissibilità dell’opposizione per tardività della stessa in difetto dei presupposti di cui all’art. 650 c.p.c. (che ne giustificano la tardività).
Fermo quanto precede, deve passarsi a scrutinarsi un secondo profilo, ovvero se la riscontrata tardività dell’opposizione, con la conseguente inammissibilità della stessa, determinando gli effetti di cui all’art. 647 c.p.c. e il passaggio in giudicato del decreto ingiuntivo opposto, precluda ogni altra valutazione da parte del giudicante, o la richieda comunque in presenza di controversia vertente su carattere abusivo delle clausole del contratto stipulato tra professionista e consumatore (quale è nel caso di specie l’oggetto delle doglianze nel merito di parte opponente).
Il profilo è sollevato da parte opponente nelle note di trattazione scritta, laddove parte opponente fa espresso richiamo alla sentenza della Corte di Cassazione sezioni unite del 6.4.2023 n. 9479, secondo cui discenderebbe un obbligo del giudice di verifica d’ufficio della presenza di eventuali clausole abusive nel contratto da cui origina la controversia non appena disponga degli elementi di diritto e di fatto necessari a tal fine.
Orbene, tali rilievi, rispetto ai quali sostanzialmente parte opposta non prende posizione, devono essere necessario oggetto di scrutinio, tanto più alla luce della pronuncia della Suprema Corte a Sezione Unite 6 aprile 2023 n. 9479, che affronta proprio il profilo della riconduzione in seno all’ordinamento nazionale del portato di quattro sentenza, gemelle, del 17 maggio della Corte di Giustizia, relative ad analoghe vicende, inerenti le sorti del giudicato nazionale dinanzi alla normativa eurounitaria qualificata inderogabile dalla CGUE.
Deve, pertanto, verificarsi se l’intervenuta pronuncia della Suprema Corte a sezione unite, pubblicata in materia di questione di massima di particolare importanza e comportante l’enunciazione di principio di diritto nell’interesse della legge, ex art. 363 c.p.c., determini un revirement di non poco momento rispetto ai principi processualcivilistici e alla costante giurisprudenza di legittimità e di merito formatasi sugli artt. 2909 cc e 647 c.p.c..
In forza delle disposizioni da ultimo citate, si rammenta, in presenza di un’opposizione tardiva e in assenza dei presupposti indicati dall’art. 650 c.p.c., il decreto ingiuntivo deve intendersi passato in giudicato ai sensi dell’art. 647 cpc, la causa di opposizione risulta di conseguenza improcedibile e al giudice resta preclusa la disamina nel merito dell’eccezione, di qualunque contenuto
essa sia, pertanto anche in ipotesi di contratti con consumatore e clausole abusive (ex multis Cass. del 6.12.2013 n. 27406:
“decorso inutilmente il termine per proporre l’opposizione ed in assenza di situazioni suscettibili di giustificare l’opposizione tardiva di cui all’art. 650 c.p.c., l’esercizio del detto potere -dovere del giudice è impedito dal passaggio in giudicato del decreto ingiuntivo).
Giova, per ragioni di compiutezza, prendere le mosse dal principio di diritto enunciato dalla Cassazione a sezioni unite, nonché dai principi delle quattro sentenze gemelle del 17.5.2022 della CGUE rispetto cui la Suprema Corte ha inteso prendere posizione: Cass. s.u. 6 aprile 2023 n. 9479:
Fase monitoria Il giudice del monitorio:
a)deve svolgere, d’ufficio, il controllo sull’eventuale carattere abusivo delle clausole del contratto stipulato tra professionista e consumatore in relazione all’oggetto della controversia;
b) a tal fine procede in base agli elementi di fatto e di diritto in suo possesso, integrabili ai sensi dell’art. 640 cpc, con il potere istruttorio d’ufficio da esercitarsi in armonia con la struttura e funzione del procedimento di ingiunzione:
b1) potrà, quindi, chiedere al ricorrente di produrre il contratto e di fornire gli eventuali chiarimenti necessari anche in ordine alla qualifica di consumatore del debitore, b2)ove l’accertamento si presenti complesso, non potendo egli fare ricorso ad un’istruttoria eccedente la funzione e la finalità del procedimento, dovrà rigettare l’istanza di ingiunzione;
c)all’esito del controllo:
c1)se rileva l’abusività della clausola, ne trarrà le conseguenze in ordine al rigetto o all’accoglimento parziale del ricorso;
c2)se, invece, il controllo sull’abusività delle clausole incidenti sul credito azionato in via monitoria desse esito negativo, pronuncerà decreto motivato, ai sensi dell’art. 641 cpc anche in relazione alla anzidetta effettuata delibazione;
c3)il decreto ingiuntivo conterrà l’avvertimento indicato dall’art. 641 cpc nonché l’espresso avvertimento che in mancanza di opposizione il debitore-consumatore non potrà più far valere l’eventuale carattere abusivo delle clausole del contratto e il decreto non opposto diventerà irrevocabile.
Fase esecutiva.
Il giudice dell’esecuzione:
a)in assenza di motivazione del decreto ingiuntivo in riferimento al profilo dell’abusività delle clausole, ha il dovere-da esercitarsi sino al momento della vendita o dell’assegnazione del bene o del credito-di controllare la presenza di eventuali clausole abusive che abbiano effetti sull’esistenza e/o sull’entità del credito oggetto del decreto ingiuntivo;
b)ove tale controllo non sia possibile in base agli elementi di diritto e fatto già in atti, dovrà provvedere, nelle forme proprie del processo esecutivo, ad una sommaria istruttoria funzionale a tal fine;
c)dell’esito di tale controllo sull’eventuale carattere abusivo delle clausole-sia positivo che negativo-informerà le parti e avviserà il debitore esecutato che entro quaranta giorni può proporre opposizione a decreto ingiuntivo ai sensi dell’art. 650 cpc per fare accertare (solo ed esclusivamente) l’eventuale abusività delle clausole, con effetti sull’emesso decreto ingiuntivo;
d)fino alle determinazioni del giudice dell’opposizione a decreto ingiuntivo ai sensi dell’art. 649 cpc non procederà alla vendita o all’assegnazione del bene o del credito, e) se il debitore ha proposto opposizione all’esecuzione ex art. 615 cpc, al fine di far valere l’abusività delle clausole del contratto fonte del credito ingiunto, il giudice adito la riqualificherà in termini di opposizione tardiva ex art. 650 cpc e rimetterà la decisione al giudice di questa, f) se il debitore ha proposto un’opposizione esecutiva per far valere l’abusività di una clausola, il giudice darà termine di 40 giorni per proporre l’opposizione tardiva-se del caso rilevando l’abusività di altra clausola -e non procederà alla vendita o all’assegnazione del bene o del credito sino alle determinazione del giudice dell’opposizione tardiva sull’istanza ex art. 649 cpc del debitore-consumatore. Fase di cognizione.
Il giudice dell’opposizione tardiva ex art. 650 cpc:
a)una volta investito dell’opposizione (solo ed esclusivamente sul profilo di abusività delle clausole contrattuali), avrà il potere di sospendere ex art. 649 cpc l’esecutorietà del decreto ingiuntivo, in tutto o in parte, a seconda degli effetti che l’accertamento sull’abusività delle clausole potrebbe comportare sul titolo giudiziale;
b) procederà, quindi, secondo le forme di rito.
Sentenze CGUE:
una per tutte, la sentenza gemella CGUE del 17.5.2022 C-693/19:
“L’art. 6, par. 1, e l’art. 7 par. 1, della direttiva 93/13/CEE del Consiglio del 5 aprile 1993, concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori, devono essere interpretati nel senso che ostano a una normativa nazionale la quale prevede che, qualora un decreto ingiuntivo emesso da un giudice su domanda di un creditore non sia stato oggetto di opposizione proposta dal debitore, il giudice dell’esecuzione non possa-per il motivo che l’autorità di cosa giudicata di tale decreto ingiuntivo copre implicitamente la validità delle clausole del contratto che ne è alla base, escludendo qualsiasi esame della loro validità-successivamente controllare l’eventuale carattere abusivo di tali clausole. La rassegna giurisprudenziale che precede costituisce il dato giurisprudenziale di partenza sull’interpretazione della direttiva 93/13/CEE concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori, con particolare riferimento alla singola fattispecie concreta in esame.
Ebbene, risulta opportuno esordire dal principio dell’autonomia processuale dell’ordinamento giuridico interno degli Stati membri, rispetto al quale il diritto dell’Unione non ha potere armonizzante, a condizione, tuttavia, che le discipline processuali nazionali non siano meno favorevoli di quelle che disciplinano situazioni analoghe assoggettate al diritto interno (c.d principio di equivalenza), e che non rendano in pratica impossibile o eccessivamente difficile l’esercizio dei diritti conferiti dal diritto dell’Unione (c.d principio dell’effettività).
Si richiama, sul punto, il passaggio di cui al §58 della sentenza della CGUE C-831/19, richiamato al §4.3.3 della pronuncia delle Sezioni Unite, secondo cui il principio dell’autorità di cosa giudicata riveste importanza sia nell’ordinamento giuridico dell’Unione sia negli ordinamenti giuridici nazionali e la stessa tutela del consumatore non è assoluta, non imponendo il diritto dell’Unione di disapplicare le norme processuali interne che attribuiscono autorità di cosa giudicata a una decisione, anche quando ciò permetterebbe di porre rimedio a una violazione di una disposizione, di qualsiasi natura essa sia, contenuta nella direttiva 93/13…fatto salvo tuttavia il rispetto dei principi di equivalenza e di effettività. Osserva, ancora, la Cassazione sul punto che “l’autonomia procedurale degli Stati membri, in materia di armonizzazione minima come quella regolata dalla direttiva 93/13/CEE, è, dunque, un valore che la stessa CGUE si preoccupa di tenere ben fermo, configurandolo come recessivo solo a certe condizioni, ossia per dare piena espansione ai principi di equivalenza ed effettività della tutela giurisdizionale “.
Da quanto precede, consegue, declinata nella fattispecie in esame, che la disapplicazione dei principi di cui agli artt. 2909 cc, 647 cpc e 650 cpc – e dunque nel caso di specie una valutazione nel merito dell’opposizione e dunque del carattere asseritamente abusivo delle clausole-deve essere attuata solamente ove tali principi risultino recessivi rispetto a quelli di equivalenza e di effettività.
Ove così fosse, la tutela rimediale configurata dalla CGUE e fatta propria dalle Sezioni Unite imporrebbe al giudice dell’opposizione l’accertamento d’ufficio sull’abusività delle clausole:
è, infatti, nella sede dell’opposizione a decreto ingiuntivo, a cognizione piena, che fisiologicamente in misura più piena può essere accertato un profilo attinente il merito del contratto ove non oggetto di rilievo da parte del giudice del monitorio.
Risulta, quindi, dirimente determinare il contenuto del principio di effettività, per poter successivamente comprendere se la sua tutela deve andare a discapito dei principi di autorità di cosa giudicata e di limiti all’opposizione tardiva per come usualmente conosciuti e richiamati sino alla pronuncia delle Sezioni Unite.
Il nucleo del principio di effettività è espresso al § 4.3.3.
della pronuncia delle Sezioni Unite, a sua volta richiamante i § 60-63 della sentenza CGUE C-831/19:
“a)esso, pur non potendo supplire integralmente alla completa passività del consumatore interessato, impone di garantire l’effettività dei diritti spettanti ai singoli, nella specie, in base alla direttiva 93/13 ed implica un’esigenza di tutela giurisdizionale effettiva, secondo quanto previsto dal citato art. 7, par. 1, nonché dall’art. 47 CDFUE che si applica, tra l’altro, alla definizione delle modalità procedurali relative alle azioni giudiziarie fondate su tali diritti;
b)in assenza di un controllo efficace del carattere potenzialmente abusivo delle clausole del contratto di cui trattasi, il rispetto dei diritti conferiti dalla direttiva 93/13 non può essere garantito;
c)le condizioni stabilite dalle legislazioni nazionali, alle quali si riferisce l’art. 6, par. 1, della direttiva 93/13 non possono pregiudicare la sostanza del diritto spettante ai consumatori in forza di tale disposizione…di non essere vincolati da una clausola reputata abusiva.
Sulla base di tale principio, la Suprema Corte individua nell’art. 650 cpc, e in una sua interpretazione conforme del primo comma, lo strumento in grado di assicurare effettività della tutela del consumatore per la sua strutturale posizione di debolezza dovuta, non solo, ma in modo significativo, per un deficit informativo superabile solo grazie ad un intervento esterno, quello del rilievo officioso del giudice.
Lo fa ricollegando al mancato avvertimento circa la possibilità di far valere detta abusività da parte del giudice del monitorio, un’ipotesi riconducibile alla previsione normativa del caso fortuito o forza maggiore, in modo tale da consentire di scardinare la finora limitata possibilità di ricorso all’opposizione tardiva.
Premesso, quindi, che l’istituto processuale nell’ambito del quale garantire la tutela del consumatore, in relazione alle clausole contrattuali vessatorie, è l’opposizione tardiva ex art. 650 c.p.c., ogniqualvolta il giudice del monitorio non eserciti il controllo d’ufficio al quale è tenuto o non fornisca un riscontro tramite la motivazione del decreto ingiuntivo), le Sezioni Unite, come sopra esposto, hanno individuato gli “adeguamenti” ai quali la disciplina del codice di rito deve essere sottoposta al fine di garantire il rispetto del diritto eurounitario.
A tal proposito l’adeguamento della disciplina dell’istituto in esame può essere realizzato proprio tramite l’interpretazione conforme del primo della disposizione sopracitata del codice di rito e, in particolare, riconducendo l’ipotesi della mancata motivazione del decreto ingiuntivo, circa l’aspetto relativo all’abusività delle clausole contrattuali alla previsione generale del “caso fortuito o forza maggiore” in presenza della quale, come è noto, è possibile opporre tardivamente il decreto ingiuntivo.
L’opposizione tardiva è individuata come lo strumento che consente al debitore consumatore di recuperare la tutela, piena ed effettiva, di cui non ha potuto usufruire.
Ma precisa la Corte
§8.3.1.
, tale ricorso alla clausola del “caso fortuito o forza maggiore” è funzionale esclusivamente a configurare per il consumatore privo della necessaria informazione per esercitare con piena consapevolezza i propri diritti, una causa non imputabile impeditiva della proposizione tempestiva dell’opposizione e richiama, subito dopo, i concetti di caso fortuito o di forza maggiore per come enucleati nella sentenza della Corte Costituzionale n. 120 del 1976, ovvero con il significato di “causa …non imputabile” o di “circostanze non dipendenti dalla volontà” impeditive dell’esercizio del diritto di azione e difesa in giudizio, in contrapposizione ad una condotta (quella, per l’appunto, di far decorrere inutilmente il termine per proporre opposizione) posta in essere “volontariamente o colposamente”. Ebbene, da tutte le valutazioni che precedono, risulta emergere una visione dell’opposizione ex art. 650 cpc quale rimedio in grado, per le evidenziate caratteristiche, di assicurare ad un superiore livello, la tutela effettiva del consumatore, ma (soltanto) laddove di tale tutela il consumatore non sia stato provvisto.
Giova in proposito osservare che tanto il caso di specie da cui ha preso le mosse la pronuncia n. 9479 della Suprema Corte del 6.4.2023, quanto quella di cui alla sentenza della CGUE nei casi C-593/19 e C- 631/19 riguardano fattispecie in cui l’opposizione non era stata proposta, circostanza da cui risulta desumibile un deficit di tutela del consumatore.
La Suprema Corte è pienamente consapevole tanto della funzione dell’opposizione ex art. 650 cpc quale “risposta coerente rispetto ai dicta della CGUE, giacchè è idonea a rimettere in discussione il risultato di condanna conseguito dal creditore con il decreto ingiuntivo non opposto proprio in ragione del carattere abusivo della clausola del contratto” quanto dell’estensione dell’ampliabilità della clausola generale di cui all’art. 650 cpc che non può arrivare a coprire le ipotesi di causa a sé imputabile” o di “circostanze dipendenti dalla propria volontà”.
In altri termini, ove l’opposizione non sia stata proposta per ragioni di caso fortuito o forza maggiore, pertanto non imputabili all’ingiunto, spetterebbe al giudice l’esame d’ufficio della natura abusiva di una clausola contrattuale, ma ove, invece,, come nel caso in esame, il debitore opponente abbia avuto contezza della circostanza, tanto da proporre opposizione, l’effettività della tutela-che CGUE e Suprema Corte riconoscono quale garanzia da riconoscere al consumatore e che consente l’opposizione tardiva-non deve essere assicurata approntando lo strumento oppositivo, essendo imputabile unicamente all’opponente, che colpevolmente ha tardato nell’opposizione, la mancata tutela dei propri diritti.
La chiara volontà di tutte le richiamate pronunce è di rafforzare la tutela del consumatore, fino al punto di arrivare alla disapplicazione della normativa nazionale, nelle sole ipotesi di vulnus del livello informativo del consumatore, in posizione di strutturale debolezza.
In sintesi, la tutela rafforzata prevista dalla CGUE e dalle Sezioni Unite in favore del consumatore, consistente nella deterrenza di ogni abuso in danno del contraente debole, appare venire meno, con conseguente impossibilità di rilievo d’ufficio, laddove, concretamente, non sia ravvisabile un’effettiva condizione di debolezza del consumatore poiché già a conoscenza dell’eventualità del carattere abusivo della clausola, come nell’ipotesi in cui abbia proposto opposizione.
Alla luce dell’interpretazione che precede deve concludersi che, anche in applicazione delle sentenze richiamate e del recente orientamento della Suprema Corte, al giudice dell’opposizione, in ipotesi di tardiva opposizione, rimane precluso il rilievo d’ufficio della questione della possibile abusività di una clausola contrattuale di un contratto stipulato da un consumatore, non sussistendo in tal caso, in ragione dell’avvenuta presentazione di opposizione, una condizione di debolezza da tutelare alla luce del principio di effettività, principio che, insieme al principio di equivalenza, è l’unico ritenuto dalla giurisprudenza richiamata in grado di giustificare la disapplicazione delle norme processuali interne che attribuiscono autorità di cosa giudicata.
Per le ragioni che precedono alla pronuncia di inammissibilità dell’opposizione per tardività della stessa, non sussumibile nelle ipotesi di caso fortuito e di forza maggiore, non deve seguire l’esame d’ufficio da parte del giudice dell’eventuale carattere abusivo delle clausole contrattuali, né il rilievo dell’assenza del contratto da cui deriva il credito azionato in sede monitoria.
Pertanto, il decreto ingiuntivo opposto va confermato.
Le spese trovano integrale compensazione, in ragione del mutamento della giurisprudenza rispetto a questioni dirimenti.
Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni altra istanza disattesa o assorbita, così dispone:
-dichiara inammissibile l’opposizione, per tardività della stessa per violazione dei termini di cui all’art. 641 cpc ed insussistenza delle ipotesi di cui all’art. 650 cpc;
e per l’effetto:
-conferma il decreto ingiuntivo opposto n. 1110/2022 emesso dal Tribunale di Ancona in data 29.8.2022 e lo dichiara esecutivo ai sensi dell’art. 653 cpc;
-compensa integralmente le spese di lite tra le parti.
Ancona, 8 novembre 2024
Il Giudice dott. NOME COGNOME (atto sottoscritto digitalmente)
La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di
Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.
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