REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE D’APPELLO DI L’AQUILA
riunita in camera di consiglio e composta dai seguenti Magistrati:
ha pronunciato la seguente
SENTENZA n. 1886/2020 pubblicata il 23/12/2020
nella causa civile di appello n. / 2019 RG , discussa e decisa ex art. 281 sexies cpc in esito all’udienza con trattazione scritta del 23.12.2020; promossa da XXX, domiciliata anche elettivamente in, presso l’Avv. che lo rappresenta e difende giusta procura in atti; appellante
contro
YYY, ZZZ , KKK, rappresentati e difesi dagli avvocati, presso lo studio dei quali sono elettivamente domiciliati in, in forza della procura in atti; appellati
avverso
ordinanza di incompetenza territoriale del Tribunale di Vasto, depositata il 25.9.2019 nel giudizio iscritto al n. /2019 RG,
FATTO E DIRITTO
XXX conveniva in giudizio gli appellati in epigrafe davanti al Tribunale di Vasto per sentirli condannare al pagamento dei danni materiali subiti da ***, che le aveva ceduto il relativo credito risarcitorio, nella misura di Euro 144.000,00 sia disgiuntamente che in solido, nonché per sentirli analogamente condannare al pagamento della ulteriore somma di Euro 100.000,00 a titolo di rimborso dei danni morali pure patiti dalla ***; detti danni venivano lamentati come conseguenza del mancato rispetto di obblighi assunti dai convenuti e relativi al mantenimento della ***, che aveva loro ceduto un immobile ubicato in L’Aquila in cambio, appunto, del loro impegno a mantenerla vita natural durante.
I convenuti YYY-ZZZ, costituitisi, eccepivano l’incompetenza territoriale del Tribunale adito per essere competente quello di L’Aquila; resistevano , di poi, in punto di merito.
Il giudice del Circondario all’udienza di comparizione del 10.9.2019 riservava ordinanza, assegnando alle parti termine per note illustrative in relazione all’eccezione di incompetenza per territorio sollevata dai convenuti.
Detta eccezione poggiava sul rilievo che essi erano residenti a L’Aquila, ove pure era stato stipulato il contratto di compravendita , avente per oggetto la nuda proprietà dell’immobile della *** in cambio dell’obbligo alimentare, contratto dal quale traevano origine i diritti ceduti dalla *** alla XXX e posti a base delle domande risarcitorie fatte valere.
Con ordinanza depositata in data 25.9.2019 il Giudice unico dichiarava l’incompetenza territoriale del Tribunale di Vasto, dovendo la controversia essere incardinata dinanzi al foro di L’Aquila, e condannava l’attrice al pagamento delle spese di lite, nella misura di € 5200,00, in favore dei convenuti.
La XXX, quindi, ha proposto appello avverso detta ordinanza sostenendo che essa, avendo statuito sulle spese di lite, ha valore di sentenza ed è quindi appellabile, di poi assumendo che con detta ordinanza non poteva pronunciarsi statuizione alcuna in ordine alle spese, che nessuna argomentazione i convenuti avevano speso per illustrare l’eccepita incompetenza.
Il tutto per concludere come in epigrafe.
I YYY-ZZZ hanno resistito in rito e in merito al gravame.
La causa è stata discussa mediante deposito di note di trattazione scritta in vista della odierna udienza ex art. 281 sexies cpc.
L’appello è inammissibile.
Il Tribunale, invero, ha statuito sulla competenza con ordinanza in ossequio al disposto di cui all’ art. 44 c.p.c.: tale statuizione avrebbe potuto e dovuto essere impugnata unicamente mediante regolamento di competenza, non proposto; nè l’appellante ha provveduto alla riassunzione del giudizio dinanzi al Tribunale di L’Aquila nel termine di due mesi fissato nell’ordinanza.
Ed invero: “… il rilievo di parte ricorrente secondo cui il Giudice pronunciando sulla competenza non avrebbe potuto condannare alle spese ex art. 91 c.p.c., presupponendo tale condanna un provvedimento definitivo adottato nella “forma della sentenza”, è destituito di pregio, tenuto conto: a) che la condanna alle spese ex art. 91 c.p.c. implica la soccombenza e questa si determina in relazione all’esito della “decisione del giudizio”: ne segue che è alla natura sostanziale e non alla forma del provvedimento giurisdizionale che occorre avere riferimento, atteso che, se il provvedimento risulta idoneo a definire il giudizio, rivestendo pertanto i caratteri della decisorietà e definitività (cfr. Corte cass. Sez. 3, Sentenza n. 21697 del 20/10/2011; id. Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 23727 del 19/11/2015; id. Sez. 3 -, Sentenza n. 3122 del 07/02/2017; id. Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 7010 del 17/03/2017), insorge allora l’obbligo del Giudice di condannare la parte soccombente alla rifusione delle spese di lite, in tal senso dovendo intendersi il riferimento alla “sentenza che chiude il processo” contenuto nell’art. 91 c.p.c., comma 1 a seguito della soppressione del periodo “eguale provvedimento emette nella sua sentenza il giudice che regola la competenza” operata dalla L. n. 69 del 2009, art. 45, comma 10, ai soli fini di coordinamento con la forma di ordinanza prevista a seguito delle modifiche disposte dalla stessa legge all’art. 42 e art. 279 c.p.c., comma 1, (Corte cass. Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 23359 del 09/11/2011; id. Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 21565 del 18/10/2011); b) la forma della “ordinanza” espressamente individuata dall’art. 279 c.p.c., comma 1, per la pronuncia sulla questione pregiudiziale di competenza, non impedisce affatto di riconoscere al provvedimento declinatorio della competenza dal Giudice adito natura decisoria, come peraltro chiaramente evincibile dalla stessa norma processuale laddove distingue nettamente le ordinanze che attengono alla “istruzione del giudizio” con le quali il Giudice provvede “senza definire il giudizio”, dalle ordinanze concernenti la competenza con le quali il Giudice “decide” sulla questione pregiudiziale definendo il giudizio – in tal caso dovendo regolare le spese di lite ex art. 91 c.p.c. – ovvero, se non definisce il giudizio (in quanto rigetta la eccezione ed afferma la propria competenza), impartisce i provvedimenti necessari alla ulteriore istruzione; c) la natura decisoria della ordinanza che dichiara la incompetenza del Giudice adito è palesata inequivocamente dalla collocazione del rimedio del regolamento di competenza tra i mezzi di impugnazione in senso stretto ex art. 323 c.p.c., e dalla efficacia cd. panprocessuale ex art. 44 c.p.c. che esplica la declaratoria di incompetenza non impugnata con regolamento; d) nè sussiste la difficoltà pratica prospettata dalla parte ricorrente secondo cui la parte soccombente sulla pronuncia declinatoria della competenza, rivelatasi errata all’esito del giudizio per regolamento necessario, non potrebbe più recuperare le spese alle quali era stata condannata dal Giudice a quo: ed infatti, secondo i principi propri del giudizio impugnatorio, alla parte che abbia impugnato con regolamento di competenza la ordinanza di incompetenza, con esito favorevole, dovranno comunque essere riliquidate, dal Giudice di merito – dichiarato competente ed avanti al quale prosegue il giudizio riassunto – le spese dell’intero giudizio: essendo appena il caso di rilevare come la liquidazione delle spese di lite contenuta nel provvedimento di incompetenza annullato costituisca mera “statuizione dipendente” che viene travolta con l’annullamento del provvedimento impugnato (cfr. Corte Cass. Sez. UU, Ordinanza n. 14205 del 06/07/2005; Sez. 1, Sentenza n. 10636 del 09/05/2007, Sez. VI, Sentenza 09/04/2018, n.8611).
Ed ancora, da ultimo: (Cass. Civile Ord. Sez. 3 N. 10826 Anno 2020 del 05/06/2020 )” L’ordinanza dichiarativa di incompetenza è un provvedimento col quale il giudice chiude il processo dinanzi a sé, e nel quale pertanto il giudicante deve provvedere sulle spese, in base al combinato disposto degli artt. 91 e 279 c.p.c., come ripetutamente affermato da questa Corte (Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 7010 del 17/03/2017, Rv. 643682 – 01; Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 21565 del 18/10/2011, Rv. 620369 – 01). E la condanna alle spese contenuta nell’ordinanza dichiarativa dell’incompetenza ratione valoris, così come quella contenuta in qualsiasi provvedimento conclusivo del giudizio, ha sempre efficacia esecutiva (Sez. 3, Sentenza n. 7551 del 01/04/2011, Rv. 617515 – 01; Sez. 3, Ordinanza n. 1283 del 25/01/2010, Rv. 611054 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 11877 del 22/05/2007, Rv. 596718 – 01; Sez. 3, Sentenza n. 21367 del 10/11/2004, Rv. 581366 – 01). “
Dal carattere decisorio dell’ordinanza di incompetenza, dunque, discende la necessità del giudicante di provvedere anche sulle spese di lite.
Ma tale carattere decisorio della ordinanza di incompetenza non attiene al merito della causa, non affrontato in alcun modo dal Tribunale di Vasto nel provvedimento impugnato.
Nè l’appellante, a tutto voler concedere, adduce alcunchè sul merito della questione; essa si limita ad asserire che i convenuti nulla avrebbero dedotto a supporto dell’eccezione, il che è smentito per tabulas dall’esame dei loro scritti difensivi; ancor meno si dice sulla motivazione del Tribunale, per la quale l’attrice non risiedeva nel Circondario di Vasto e i convenuti erano residenti in L’Aquila, luogo in cui era stato sottoscritto il contratto fatto valere in giudizio, sicchè nessun criterio di collegamento era ravvisabile con il Tribunale di vasto.
Da ciò consegue la necessaria applicazione del disposto dell’art. 42 CPC con ulteriore conseguente inammissibilità dell’appello , proposto invece dell’istanza di regolamento di competenza che sarebbe dovuta, necessariamente, essere proposta nelle forme di cui all’art. 47 CPC avanti alla Suprema Corte di Cassazione.
E in ogni modo, la mancata impugnazione nel merito e la mancata presentazione di conclusioni su detto merito , ossia sul risarcimento danni, comporta che il mezzo di impugnazione avrebbe dovuto essere il regolamento di competenza anche ex art. 43 cpc e non l’appello, che si appalesa inammissibile sotto ogni profilo.
L’appello deve essere dichiarato, quindi, inammissibile e tale esito comporta l’applicazione (come al dispositivo) della sanzione di cui all’ art. 13 comma quater DPR 115/2002, posto che detta sanzione si applica ai procedimenti iniziati dal trentesimo giorno successivo alla data di entrata in vigore della legge 228/2012, che ha introdotto il suddetto comma, ossia nello specifico alle impugnazioni proposte in epoca successiva al 31.1.2013.
Spese secondo soccombenza liquidate al dispositivo in base al valore della condanna alle spese di cui al provvedimento impugnato ( 5200 euro); sussiste anche ogni ragione per condannare l’appellante , come sollecitato dalle controparti, ex art. 96/3 cpc al pagamento di somma pari a quella del compenso alla luce della non comune fragilità del gravame.
P.Q.M.
La Corte, definitivamente pronunciando nella causa in epigrafe, ogni diversa istanza, eccezione e deduzione disattesa e reietta, così provvede:
1) dichiara inammissibile l’appello;
2)condanna l’appellante alla refusa delle spese del grado in favore delle parti appellate, liquidate in € 1830,00 oltre accessori di legge;
3)condanna la medesima appellante al pagamento di ulteriori € 1830,00 in favore degli appellati ex art.96/3cpc;
4) dichiara che la parte appellante è tenuta al pagamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato in misura pari a quello già dovuto per l’impugnazione.
Così deciso in camera di consiglio il 23.12.2020
Il Cons. rel.
La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di
Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.
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