REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
CORTE DI APPELLO DI CATANZARO
Seconda Sezione Civile
Riunita in camera di consiglio da remoto e composta dai seguenti magistrati:
ha emesso la seguente
SENTENZA n. 1435/2022 pubblicata il 19/12/2022
nella causa civile n.149/2021 RGAC, trattenuta in decisione all’udienza del 14.9.2022 con la concessione dei termini di cui all’art. 190 cpc, vertente
TRA
XXX, rappresentato e difeso, come da procura in atti, dall’Avv.
Appellante
E
Amministrazione Provinciale di Vibo Valentia, in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e difesa, come da procura in atti, dall’Avv.
Appellata E
Comune di Vibo Valentia
Appellato contumace
Conclusioni:
Per l’appellante: “Voglia l’Ecc.ma Corte di Appello di Catanzaro, disattesa e respinta ogni contraria istanza, deduzione e domanda, dichiarata l’ammissibilità dell’appello ai sensi degli artt. 348 bis e ter cpc, così provvedere:
1) In via pregiudiziale e cautelare, sospendere e/o revocare la provvisoria esecutorietà della sentenza impugnata sussistendo i gravi e fondati motivi tutti dedotti nel presente atto. Tali motivi si evincono per un verso dalla delibazione sommaria della fondatezza della presente impugnazione che si basa su questioni di fatto e di diritto inopinatamente disattesi dal giudice di prime cure, in virtù della elevata probabilità di riforma della decisione appellata per palesi errori logici e tecnici individuati nei motivi di appello e per altro verso nella valutazione del pregiudizio patrimoniale che il soccombente in primo grado può subire a causa dell’esecuzione della sentenza impugnata in merito alle spese di lite in favore di parte convenuta costituita liquidate in € 4.835,00 , oltre iva, c.p.a. e rimborso forfettario per la manifesta e macroscopica eccessività o sproporzione della condanna, rispetto ai parametri e al fatto che la causa non è stata neanche istruita e tenuto conto delle contrapposte esigenze delle parti da valutare unitamente alla peculiarità delle attività svolte. 2) Accogliere l’appello proposto con il presente atto e per l’effetto riformare l’impugnata sentenza n. 337/2020 emessa dal Giudice Dr del Tribunale di Vibo Valentia, pubblicata il 23.06.2020, mai notificata, nella causa iscritta al n. 625/2018 R.G. , per come indicato e richiesto anche con riferimento alla condanna di parte attrice al pagamento delle spese e competenze di lite del giudizio di primo grado. 3) Accogliere tutte le conclusioni già avanzate nel giudizio di primo grado, che qui si hanno per integralmente riportati e trascritti e, conseguentemente, previi i provvedimenti di rito e di merito, rigettare le domande originariamente proposte dall’odierna appellata perché inammissibili ed infondate in fatto e diritto per tutti i motivi esposti. 4) Previo accertamento della proprietà della strada Via nella Frazione di Piscopio (VV), all’altezza della stradina comunale che porta alla sorgente Varelli, luogo del sinistro per cui è causa, riconoscere e dichiarare che l’incidente meglio descritto nella narrativa del presente atto, avvenuto il 17 luglio 2010, verso le ore 11:30, si è verificato per esclusiva responsabilità del Comune di Vibo Valentia, in persona del legale rappresentante p.t. e/o dell’ Amministrazione Provinciale di Vibo Valentia, in persona del legale rappresentante p.t., in ragione della rispettiva proprietà e custodia della strada. 5) Dichiarare i convenuti responsabili di tutti i danni subiti dal signor XXX in occasione del sinistro per cui è causa. 6) Condannare i convenuti Comune di Vibo Valentia e Amministrazione Provinciale di Vibo Valentia, in persona dei rispettivi legali rappresentanti p.t., a risarcire al signor XXX i danni materiali, biologico, morali dallo stesso subiti in seguito al sinistro di cui in premessa e per le causali di cui in narrativa, danni che ammontano alla complessiva somma di € 25.999,00 e/o comunque, a qualunque altra somma maggiore o minore ritenuta di giustizia, per i danni patrimoniali, morali, biologico, esistenziale, alla vita di relazione e per quant’altro dovuto o emergente dagli atti o dalla istruttoria svolta, oltre rivalutazione monetaria e agli interessi legali , dal dì dell’evento e sino al soddisfo. Con vittoria di spese e competenze professionali del giudizio di primo e di secondo grado da distrarsi a favore del procuratore costituito ex art. 93 c.p.c. che dichiara di avere anticipato le prime e non riscosso le seconde.”
Per l’appellata: “… SI CHIEDE che codesta Ecc.ma Corte voglia accogliere le seguenti CONCLUSIONI
1°) – In via cautelare, rigettare la richiesta di sospensione dell’efficacia esecutiva della sentenza n. 337/2020 del 23/06/2020 Tribunale Vibo Valentia.
2°) – Dichiarare inammissibile e/o infondato e, in ogni caso, rigettare l’appello proposto e confermare la sentenza di 1^ grado.
3°) – Nell’inverosimile ipotesi di accoglimento dei motivi di gravame proposti dall’appellante, in via preliminare e in rito, accertare e dichiarare il difetto di legittimazione passiva dell’Amministrazione Provinciale di Vibo Valentia e, per l’effetto, disporre l’estromissione della stessa dal presente giudizio.
4°) – Nell’inverosimile ipotesi di accoglimento dei motivi di gravame proposti dall’appellante, in subordine, riconoscere e dichiarare il concorso colposo dell’appellante ex art. 1227 cc.
5°) – Regolare le spese di giudizio come per legge.
6°) – Emettere ogni altra statuizione di legge o giustizia.”
FATTO E DIRITTO
§ 1. La sentenza impugnata e il giudizio di secondo grado
1.1. Con sentenza ex art 281 sexies cpc del 23.6.2020 il Tribunale di Vibo Valentia ha rigettato l’azione risarcitoria proposta da XXX nei confronti del Comune e/o della Provincia di Vibo Valentia per sentire dichiarare la responsabilità ex art 2051 cc dell’ente proprietario e custode della strada sulla quale si è verificato il sinistro stradale occorso in data 17.7.2010, alle ore 11.30 circa, allorquando, mentre circolava a bordo del motociclo Honda la Via Varelli – fraz. di Piscopio con direzione Vibo Valentia – centro, all’altezza di una curva sinistrosa, aveva perso il controllo del mezzo a causa di una striscia di olio presente sull’asfalto ed era rovinato a terra riportando gravi lesioni con postumi invalidanti (8%) e danni al motoveicolo, quantificati nella misura complessiva di € 23.787,29.
In sintesi, il Tribunale, applicato il principio della ragione più liquida e disattese le richieste istruttorie reiterate in sede di discussione orale in quanto superflue, ha ritenuto che il sinistro si fosse verificato per caso fortuito consistito nell’improvviso riversamento da parte di terzi di olio al centro della carreggiata e nella condotta imprudente del XXX per non avere circolato mantenendo la destra come prescritto dall’art 143 c.d.s.
1.2. Il XXX ha proposto appello affidato ai motivi che saranno di seguito esaminati. La Provincia di Vibo Valentia si è costituita per chiedere il rigetto del gravame e per riproporre l’eccezione del proprio difetto di legittimazione passiva, essendo la strada di proprietà comunale.
Rigettata la richiesta d’inibitoria formulata avverso la statuizione di condanna alle spese di lite, rigettata la richiesta di prova testimoniale e rimessa al merito la richiesta di consulenza medico legale, la causa è stata rinviata per la precisazione delle conclusioni all’udienza del 14.9.2022. Espletato l’incombente mediante il deposito di note di trattazione scritta, la causa è stata trattenuta in decisione con assegnazione dei termini di cui all’art 190 cpc .
Entrambe le parti in causa hanno depositato comparsa conclusionale.
§ 2. Le valutazioni della Corte
2. 1.In via preliminare va dichiarata la contumacia del Comune di Vibo Valentia al quale l’appello è stato notificato a mezzo p.e.c. in data 21.1.2021.
2.2. Il primo motivo di gravame attinge la sentenza nella parte in cui ha rigettato la richiesta di prova testimoniale sulla dinamica del sinistro con la seguente motivazione “Sulla richiesta di esperimento dell’istruttoria al completo, si deve necessariamente evidenziare che sarebbe stato defaticante e processualmente inutile sentire i testimoni e disporre la CTU nel momento in cui, come nel caso di specie, l’esclusione della responsabilità del convenuto emerge direttamente dall’atto di citazione”
Il motivo non è fondato poiché, in disparte la considerazione che la dinamica del sinistro così come descritta nell’atto introduttivo trova riscontro nel verbale redatto dalla Polizia Municipale intervenuta nell’immediatezza del sinistro, il Tribunale non ha dato correttamente sfogo alla prova orale poiché ha ritenuto di escludere la responsabilità dell’ente proprietario della strada sulla base della stessa dinamica prospettata dall’attore, ovvero la caduta provocata dalla presenza di una striscia d’olio al centro della carreggiata sulla quale il XXX stava circolando a bordo di un motoveicolo.
2.3. Con il secondo motivo parte appellante si duole dell’errata applicazione del principio della ragione più liquida. In realtà, il primo giudice non è incorso in alcun errore giacché l’applicazione di tale principio, desumibile secondo la Suprema Corte dagli artt. 24 e 111 Cost e funzionale alla tutela dell’esigenza di celerità dei giudizi e di economia processuale, ha consentito al Tribunale di decidere il merito della domanda, ritenuto di più agevole soluzione e avente carattere assorbente rispetto alla questione del difetto di legittimazione passiva sollevata dall’amministrazione provinciale la quale avrebbe richiesto ulteriori e superflui approfondimenti istruttori mirati a individuare l’ente pubblico (provincia o comune) proprietario della strada pubblica cui imputare, in tesi, la responsabilità del sinistro ex art 2051 cc.
2.4. Il terzo motivo attinge la sentenza nella parte in cui ha posto a fondamento della statuizione di rigetto della domanda risarcitoria la seguente motivazione: la responsabilità degli enti deve essere esclusa in quanto questi ultimi, neppure con la condotta più diligente, avrebbero potuto evitare che la macchia d’olio provocasse il sinistro. Infatti, per stessa dichiarazione sul luogo intervenivano i mezzi del soccorso stradale e della Polizia Municipale ove si comprende che l’olio poteva essere stato disperso da un veicolo che aveva preceduto il sig. XXX. Inoltre, si deve considerare che la macchia d’olio si trovava al centro della corsia in salita e, per logica, questo significa che la stessa poteva essere evitata mantenendo la destra, come del resto prescritto dal codice della strada all’art. 143. Questa circostanza è rilevante e consente di affermare che se il sig. XXX avesse prestato l’ordinaria diligenza richiesta nell’osservare le norme sulla circolazione stradale allora non sarebbe caduto con il suo motociclo. Tutte queste considerazioni portano ad affermare l’interruzione del nesso di causalità.
Secondo parte appellante il Tribunale sarebbe incorso in errore laddove ha ritenuto:
1) l’assenza di responsabilità degli enti convenuti, che neppure con la condotta più diligente, avrebbero potuto evitare che la macchia d’olio provocasse il sinistro; 2) che dall’intervento della polizia municipale e dei mezzi di soccorso si comprende che l’olio poteva essere stato disperso da un veicolo che aveva preceduto il XXX;
3) che trovandosi la macchia d’olio al centro della corsia in salita, per logica, questo significa che la stessa poteva essere evitata mantenendo la destra;
4) che il XXX non ha prestato l’ordinaria diligenza nell’osservare le norme sulla circolazione stradale.
Ciò premesso, pare utile ricordare che la responsabilità di cui all’art. 2051 c.c. ha carattere oggettivo, e non presunto, essendo sufficiente per la sua configurazione la dimostrazione da parte dell’attore del nesso di causalità tra la cosa in custodia e il danno, mentre sul custode grava l’onere della prova liberatoria del caso fortuito, rappresentato da un fatto naturale o del danneggiato o di un terzo, connotato da imprevedibilità e inevitabilità.
Inoltre, con specifico riguardo all’incidenza della condotta della vittima nel dinamismo del danno, l’orientamento costante della Suprema Corte è nel senso di ritenere “ la condotta del danneggiato, che entri in interazione con la cosa, si atteggia diversamente a seconda del grado di incidenza causale sull’evento dannoso, in applicazione – anche ufficiosa – dell’art. 1227, comma 1, c.c., richiedendo una valutazione che tenga conto del dovere generale di ragionevole cautela, riconducibile al principio di solidarietà espresso dall’art. 2 Cost., sicché, quanto più la situazione di possibile danno è suscettibile di essere prevista e superata attraverso l’adozione da parte del danneggiato delle cautele normalmente attese e prevedibili in rapporto alle circostanze, tanto più incidente deve considerarsi l’efficienza causale del comportamento imprudente del medesimo nel dinamismo causale del danno, fino a rendere possibile che detto comportamento interrompa il nesso eziologico tra fatto ed evento dannoso, quando sia da escludere che lo stesso comportamento costituisca un’evenienza ragionevole o accettabile secondo un criterio probabilistico di regolarità causale, connotandosi, invece, per l’esclusiva efficienza causale nella produzione del sinistro” (Cass. 2480/2018).
Dunque, secondo la Suprema Corte, l’imprevedibilità dell’evento – quale elemento idoneo a interrompere il nesso causale tra la cosa in custodia e il danno – non va inteso in termini soggettivi, ma oggettivi ponendosi cioè nell’ottica della causalità adeguata rispetto alla quale l’evento assuma, indipendentemente dalla colpa del custode, caratteristiche d’inverosimiglianza.
Di tanto non è risultato avvertito il giudice di primo grado laddove ha ravvisato (anche) nella condotta del motociclista gli estremi del caso fortuito (seconda ratio decidendi) giacché la condotta non rispettosa delle norme del codice della strada non è un fattore imprevedibile da parte del custode. Nel caso specifico la circostanza che il XXX circolasse al centro della strada, evidentemente per meglio abbordare la curva sinistrosa in leggera salita, anziché mantenere rigorosamente la sua destra, non è un fatto del tutto anomalo e abnorme sussumibile nella nozione di caso fortuito, ma un fatto che, in astratto, al più poteva essere valorizzato ai fini di un eventuale concorso di colpa ex art 1227 cc.
Passando a esaminare la prima e principale ratio decidendi , da sola sufficiente a sorreggere la statuizione di rigetto della domanda risarcitoria, il Tribunale ha ritenuto che l’evento dannoso non possa essere imputato all’ente proprietario della strada sul rilievo che la macchia d’olio presente sull’asfalto non fosse oggettivamente eliminabile dalla PA neppure con il massimo sforzo di diligenza.
La sentenza in parte qua non si presta a critiche.
Il Tribunale, in sostanza, si è allineato all’orientamento giurisprudenziale espresso in Cass. n. 6826/2021 in una fattispecie analoga – che il collegio condivide – secondo il quale la P.A. è liberata dalla responsabilità civile ex art. 2051 c.c., con riferimento ai beni demaniali, ove dimostri che l’evento è stato determinato da cause estrinseche ed estemporanee create da terzi, non conoscibili né eliminabili con immediatezza, neppure con la più diligente attività di manutenzione, ovvero che l’evento stesso ha esplicato la sua potenzialità offensiva prima che fosse ragionevolmente esigibile l’intervento riparatore dell’ente custode. (In applicazione del principio di cui in massima, la S.C. ha dichiarato inammissibile il ricorso contro la decisione di appello di rigetto della domanda risarcitoria del conducente di un motociclo che aveva perso il controllo del veicolo asseritamente a causa di una sostanza oleosa presente sul manto stradale). Erra parte appellante quando assume che il Tribunale avrebbe dovuto imputare il sinistro all’ente proprietario della strada non avendo assolto l’onere della prova liberatoria e neppure provato che la macchia d’olio fosse di recente formazione sì da ritenere inesigibile un tempestivo intervento riparatore del custode. Le due obiezioni non colgono nel segno perché parte appellante trascura di considerare che il caso fortuito, inteso come fattore che esclude la responsabilità del responsabile, può essere rilevato anche dal giudice e che ai fini di detto accertamento può essere utilizzato qualsiasi prova (anche indiziaria) anche non proveniente dalla parte a tanto onerata e ciò per il principio di acquisizione della prova. La Suprema Corte, infatti, nella sentenza n. 12392/2016 ha chiarito che il principio dell’onere della prova non implica affatto che la dimostrazione dei fatti debba ricavarsi esclusivamente dalle prove offerte da colui che è gravato dal relativo onere, senza poter utilizzare altri elementi probatori acquisiti al processo, poiché nel vigente ordinamento processuale opera il principio di acquisizione (che trova fondamento nella costituzionalizzazione del principio del giusto processo), secondo il quale le risultanze istruttorie, comunque ottenute e quale che sia la parte ad iniziativa o ad istanza della quale sono formate, concorrono tutte, indistintamente, alla formazione del convincimento del giudice, senza che la diversa provenienza possa condizionare tale formazione in un senso o nell’altro e, quindi, senza che possa escludersi l’utilizzazione di una prova fornita da una parte per trarne elementi favorevoli alla controparte (tra le tante, Cass., 25 settembre 1998, n. 9592; Cass., 25 settembre 2013, n. 21909).
Nel caso specifico il primo giudice, valorizzando il verbale redatto dalla Polizia Municipale intervenuta sul luogo del sinistro nell’immediatezza del fatto (doc.n 11 del fascicolo di parte attrice), dal quale si ricava che la striscia di olio “ dispersa da veicolo non identificato” al centro della carreggiata è stata visivamente riscontrata dagli agenti intervenuti, ha desunto che “ l’olio poteva essere stato disperso da un veicolo che aveva preceduto il XXX” ovvero poco prima del suo passaggio sul tratto di strada in questione. Del resto, che la macchia fosse di recente formazione così da non consentire al custode della strada d’intervenire con immediatezza lo si desume dalla prova logica; difatti, se fosse vero che il materiale oleoso sia stato riversato sulla strada molto tempo prima del sinistro, gli agenti della Polizia Municipale avrebbero dovuto riscontrare solo la presenza di una macchia sull’asfalto e non anche il materiale oleoso sul quale, invece, il motociclista è scivolato e tanto in considerazione del fatto che notoriamente l’olio tende ad essere velocemente assorbito dal materiale poroso usato per asfaltare le strade. In buona sostanza, la situazione di fatto esistente al momento del sinistro come accertata dalla Polizia Municipale induce ragionevolmente a ritenere che lo scarto temporale tra la dispersione di olio sull’asfalto e il sinistro sia stato breve e che, di conseguenza, il custode non sia stato nelle condizioni d’intervenire con la tempestività esigibile per mettere in sicurezza la strada ove poi si è verificato il sinistro.
2.5. Quanto, infine, alle spese di lite ritenute eccessive dall’appellante si osserva che il giudice ha applicato i valori medi dello scaglione tariffario di riferimento e ha considerato correttamente tutte le fasi processuali, compresa la fase istruttoria la quale, notoriamente, comprende non solo l’attività istruttoria in senso stretto, come assume parte appellante, ma anche tutta l’attività processuale a essa prodromica (richiesta di prova, esame del provvedimento del giudice che ammette o rigetta, come nel caso di specie, le richieste istruttorie).
La sentenza di primo grado va, quindi, confermata e la richiesta di consulenza medico legale va rigettata.
§ 3 Le spese di lite
Le spese processuali per le fasi espletate nel presente grado (studio, introduttiva, trattazione, decisionale) seguono la soccombenza e vengono liquidate in dispositivo secondo i parametri stabiliti dai DD.MM. nn. 55/2014 e 147/2022 (in vigore dal 23.10.2022) applicando i valori medi dello scaglione di riferimento ( da € 5.201 a € 26.000), ridotti della metà in ragione della scarsa complessità delle questioni trattate in questo grado.
Il rigetto dell’appello comporta l’obbligo per l’appellante di versare un ulteriore contributo unificato ex art 13, comma 1 quater, DPR 115/2002.
PQM
La Corte d’Appello di Catanzaro, Seconda Sezione Civile, definitivamente decidendo sull’appello proposto da XXX, con atto di citazione notificato il 21.1.2021, avverso la sentenza n. 337/20 emessa dal Tribunale di Vibo Valentia in data 23.6.2020, non notificata, così provvede:
1. Dichiara la contumacia del Comune di Vibo Valentia.
2. Rigetta l’appello.
3. Conferma l’impugnata sentenza.
4. Condanna l’appellante al pagamento delle spese di lite in favore dell’Amministrazione Provinciale di Vibo Valentia che liquida in € 2.905,00 per compensi professionali, oltre rimborso spese generali nella misura del 15%, iva e cpa.
5. Dà atto che ricorrono i presupposti per imporre all’appellante di versare un ulteriore contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione.
Così deciso nella camera di consiglio da remoto del 12.12.2022
Il Presidente est
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Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.
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