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Piano di ammortamento alla francese: la Cassazione fa chiarezza

La Corte d’Appello di Ancona ha confermato la sentenza di primo grado che aveva rigettato l’opposizione a un decreto ingiuntivo emesso nei confronti di alcuni debitori per il pagamento di un mutuo. La Corte ha stabilito che:
– L’onere della prova del credito in un contratto di mutuo spetta al mutuante, il quale deve dimostrare l’erogazione della somma e l’inadempimento del debitore.
– Nel caso di specie, la banca ha assolto all’onere probatorio producendo il contratto di mutuo, il piano di ammortamento e la certificazione notarile delle scritture contabili.
– Non è necessaria la produzione di un estratto conto certificato ai sensi dell’art. 50 TUB.
– L’eccezione di superamento del tasso soglia degli interessi è stata dichiarata inammissibile per genericità.
– Il piano di ammortamento alla francese non è nullo per indeterminatezza dell’oggetto o per violazione della normativa sulla trasparenza bancaria, come chiarito dalla Cassazione a Sezioni Unite con la sentenza n. 15340/2024.
– Non sussiste alcun meccanismo anatocistico nel piano di ammortamento alla francese.
– È stata accolta la domanda di manleva proposta da uno dei fideiussori nei confronti di un altro soggetto che si era impegnato a tenerlo indenne.

Pubblicato il 25 June 2024 in Diritto Bancario, Giurisprudenza Civile

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Corte D’Appello di Ancona PRIMA SEZIONE CIVILE II
COLLEGIO Composta dai seguenti magistrati:
dr. NOME COGNOME Presidente rel.
dr. NOME COGNOME Consigliere dr.
NOME COGNOME Consigliere ha pronunciato la seguente

SENTENZA N._863_2024 – N._R.G._00001018_2021 DEL_03_06_2024 PUBBLICATA IL_03_06_2024

nella cause in grado di appello riunite iscritte ai n° 1018/2021 e 1086/2021 del ruolo generale e promosse ”, (C.F. ), in persona del suo legale rappresentante pro- tempore, sig.
(C.F. ) e (C.F. ), tutti rappresentati e difesi dall’Avvocato NOME COGNOME del Foro di L’Aquila, elettivamente domiciliati presso le studio del predetto legale in L’Aquila – appellante- (c.f. ) rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME ed elettivamente domiciliata presso lo studio del predetto legale in L’Aquila Appellante incidentale C.F. C.F. C.F. CONTRO (c.f.:
, rappresentato e difeso dall’Avvocato NOME COGNOME del Foro di L’Aquila, elettivamente presso lo studio del predetto legale in L’Aquila Appellato incidentale (già iscritta nel registro delle imprese ufficio di Torino al n. aderente al Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi rappresentata e difesa, dall’avv. NOME COGNOME ed elettivamente domiciliata presso lo studio dell’Avv. NOME COGNOME in Teramo alla – appellata principale- iscritta al Registro delle Imprese di Treviso-Belluno al n. , con il medesimo numero di Codice Fiscale e di Partita Iva, e per essa C.F. e P.IVA , rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME ed elettivamente domiciliata presso lo studio del predetto legale in Roma al -intervenuta- Oggetto: Appello avverso la sentenza n. 994/2021 emessa dal Tribunale di Ancona in data in data 27 Luglio 2021, pubblicata il 28 Luglio 2021, non notificata, in materia di opposizione a decreto ingiuntivo

Conclusioni:

Le parti hanno concluso come da note telematiche depositate per l’udienza di precisazione delle conclusioni.

IN FATTO E DIRITTO DELLA DECISIONE

Con la sentenza n. 994/2021 il Tribunale di Ancona ha rigettato l’opposizione proposta da (quale debitore principale) (quali fideiussori) al decreto ingiuntivo emesso nei loro confronti in favore di ora per il pagamento della complessiva somma di € € 41.926,86 quale debito residuo alla data del 31.12.2017 derivante dal contratto di prestito finanziario di originari € 170.000,00 rimborsabile in 20 rate trimestrali, posticipate e costanti al tasso annuo in misura fissa al 4,70 %, mutuo stipulato in data 29 luglio 2004; analoga opposizione veniva proposta da (quale garante del debito della , che chiedeva altresì di essere manlevata da e dai fideiussori in forza di accordo datato 12.10.2007.

In particolare il primo giudice:

– ha rigettato l’eccezione di incompetenza territoriale del tribunale di Ancona sollevata dalla qualificatasi consumatore, avendo escluso detta qualifica in capo all’attrice in quanto socia al 48% della all’epoca del rilascio della fideiussione;
– ha rigettato l’eccezione di nullità del mutuo per l’illegittimità del computo degli interessi operato dalla banca attraverso piano di ammortamento degli interessi c.d. “alla francese”;
– ha rigettato l’eccezione di superamento del tasso soglia con riguardo alle condizioni economiche applicate;
– ha ritenuto la validità delle fideiussione prestate;
– ha accolto la domanda di manleva, condannando ed i sigg.ri solido tra di loro a tenere indenne dalle conseguenze pregiudizievoli derivanti dalla emessa sentenza.

Con atto di citazione notificato in data 06/10/2021 hanno proposto appello articolando i motivi esposti nel prosieguo della presente decisione.

Si è costituita svolgendo difese di sostanziale adesione al gravame, rappresentando di avere proposto appello avverso la medesima sentenza.
[… sono costituite in giudizio , succeduta ad per fusione societaria, e cessionaria del credito, tramite la mandataria he hanno resistito al gravame, chiedendone il rigetto.

Al presente giudizio è stato riunito quello iscritto al 1086/2021, promosso da avverso la ed avverso aggredendo la sentenza sia con censure attinenti al credito azionato, sia con censura relativa all’omessa pronuncia sulla richiesta manleva nei confronti – anche – di si è costituito nel detto procedimento, proponendo appello incidentale adesivo all’appello svolto da avverso la nulla osservando in merito alla manleva:

in particolare ha eccepito in via pregiudiziale l’improcedibilità della azione per omesso esperimento della mediazione da parte di ai sensi dell’art. 5 del D.L. 28/2010, affermando che detta eccezione è stata formulata a pagina nr.
17 della comparsa di costituzione e risposta depositata in primo grado nell’opposizione, poi riunita, svolta dalla Va innanzitutto chiarito che l’eccezione di improcedibilità (rectius: in questa fase, di nullità della sentenza per omesso esperimento della mediazione obbligatoria) è inammissibile;
muovendo dalle premesse della sua natura di eccezione in senso stretto, deve essere rilevato che detta eccezione non è stata richiamata dalla società proponente in sede di precisazione delle conclusioni in primo grado, non è stata richiamata nella comparsa conclusionale di primo grado, sicchè deve intendersi ormai rinunciata, e quindi non può essere spesa come motivo di appello incidentale.

Nel giudizio di primo grado, la convenuta ha eccepito tempestivamente l’improcedibilità della domanda per il mancato esperimento del procedimento di mediazione obbligatoria;
sul rilievo dell’omesso esperimento della mediazione obbligatoria il giudice dell’opposizione a decreto ingiuntivo nulla ha disposto;
la parte proponente aveva quindi l’onere processuale di insistere, in sede di precisazione delle conclusioni, sulla improcedibilità della domanda con conseguente revoca del decreto ingiuntivo opposto.

Quanto alla carenza di legittimazione attiva della cessionaria del credito RAGIONE_SOCIALE, contestata dalla appellante incidentale  atti nel primo atto difensivo successivo alla costituzione di RAGIONE_SOCIALE, sul rilievo della insufficienza probatoria dell’avviso pubblicato in Gazzetta Ufficiale del 12.12.2020, in assenza di produzione del contratto di cessione La censura è fondata, atteso che la cessionaria RAGIONE_SOCIALE non ha depositato nemmeno l’avviso in G.U., né ha preso posizione sulla difesa spesa dall’appellante incidentale, in nessuno degli atti successivi al rilievo. Va quindi dichiarata la carenza di legittimazione attiva di RAGIONE_SOCIALE non avendo dimostrato la propria qualità di cessionaria del credito in contestazione.

Col primo motivo di gravame di parte appellante principale e col secondo motivo dell’appellante incidentale si eccepisce l’erroneità della sentenza gravata in punto di distribuzione dell’onere probatorio;

allegano che la quale attore in senso sostanziale, ha l’onere di provare il credito azionato ossia il residuo credito a titolo di restituzione del prestito finanziario;
deducono l’inidoneità probatoria dl documento denominato estratto conto certificato ex art. 50 D. Lgs. 385/93 nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, trattandosi in realtà di una mera certificazione notarile del “ libro giornale “ e dei “ registri e schede contabili di “da cui“ risulta il saldo del conto pratica n. , anagrafica, L’Aquila”;
stigmatizzano l’omesso deposito degli estratti conto, necessari per ricostruire, nello sviluppo temporale del rapporto, la sussistenza del credito fatto valere con il ricorso per ingiunzione.

Il motivo è infondato.

’ indiscusso che il credito azionato riguarda il pagamento delle rate insolute del prestito finanziario oggetto di giudizio.

A sostegno della pretesa creditoria, la banca opposta ha prodotto il contratto di prestito finanziario e il relativo documento di sintesi, l’elenco rate (doc. 2 fascicolo del monitorio) riportante le rate scadute e non pagate, il piano di ammortamento, attestante l’avvenuta erogazione della somma concessa a mutuo (doc. 3 fascicolo del monitorio), la certificazione notarile delle scritture contabili a firma Dott. (doc. 4 fascicolo del monitorio).

La società opposta ha dunque correttamente adempiuto all’onere della prova su di essa gravante, in qualità di attore in senso sostanziale, in ordine agli elementi costitutivi del diritto di credito vantato, fornendo piena prova scritta del credito, nel rispetto di quanto statuito dalle Sezioni Unite sul punto:
“il creditore, sia che agisca per l’adempimento, per la risoluzione o per il risarcimento del danno, deve dare la prova della fonte negoziale o legale del suo diritto e, se previsto, del termine di scadenza, mentre può limitarsi ad allegare l’inadempimento della controparte:
sarà il debitore convenuto a dover fornire la prova del fatto estintivo del diritto, costituito dall’avvenuto adempimento” (Cass. civ. Sez. Un. 30 ottobre 2001 n. 13533).

Per contro, gli opponenti non hanno offerto né la prova di ulteriori pagamenti, né altri elementi di prova idonei ad infirmare l’attendibilità dei documenti avversi, limitandosi ad esprimere perplessità sull’esatto ammontare della pretesa.
In realtà, l’onere probatorio gravante sul mutuante prescinde dalla produzione di un estratto conto certificato ai sensi dell’art. 50 t.u.b.

La ratio di questa norma trae origine dalla necessità di ricavare la prova del saldo negativo del conto corrente che la banca intende azionare in via monitoria in danno del correntista, in relazione ad un rapporto che per definizione è “aperto” e suscettibile di variegate vicende negoziali, ma tali esigenze non si ravvisano nei contratti di mutuo, che sono contratti reali e, dunque, si perfezionano con l’erogazione della somma danaro, della cui prova è onerato il creditore;
come detto il mutuante deve provare il titolo negoziale e allegare l’inadempimento mentre spetta al debitore provare di aver adempiuto alla obbligazione , dimostrando i pagamenti intervenuti, ovvero provare una diversa quantificazione degli importi, per essere gli stessi non dovuti o già corrisposti.

Col secondo motivo di gravame e nella sezione sub d) del medesimo motivo, la parte appellante principale stigmatizza l’omessa indagine, a mezzo di CTU, sulla eccezione di nullità del prestito per superamento del tasso soglia;
afferma di avere richiesto l’approfondimento istruttorio già con l’atto di citazione, “al fine di accertare e determinare i tassi effettivi applicati al contratto di mutuo, sia con riferimento al tasso moratorio, sia con riferimento al tasso corrispettivo, in tutte le applicazioni contrattuali pattuite e, in caso di riscontrato superamento della soglia di usura, depurare il piano di ammortamento originario dalla quota interessi, determinando, in base ai pagamenti effettuati, la somma complessivamente versata in eccesso, determinando altresì il nuovo piano di ammortamento vincolante per il soggetto finanziato e per il soggetto finanziante, oltre a verificare qualsivoglia ulteriore anomalia del mutuo; deduce pertanto l’erroneità della sentenza gravata nella parte in cui il giudice ha stigmatizzato l’omesso deposito da parte di essi opponenti delle memorie istruttorie ex art. 183 c.p.c., osservando che comunque la consulenza era stata già richiesta.

Il motivo di gravame è infondato.

Il giudice di prime cure ha negato la consulenza contabile in merito al superamento del tasso soglia, in quanto ha ritenuto la richiesta esplorativa per genericità della relativa eccezione impeditiva. Secondo Cass. Sent. S.U. n. 19597 del 19 settembre 2020, la parte che eccepisce il superamento dei tassi soglia degli interessi ha un onere di allegazione specifico relativamente a tale eccezione:
“il debitore…ha l’onere di dedurre il tipo contrattuale, la clausola negoziale, il tasso moratorio in concreto applicato, l’eventuale qualità di consumatore, la misura del T.e.g.m. nel periodo considerato, con gli altri elementi contenuti nel decreto ministeriale”.

Nel caso di specie l’appellante non risulta aver allegato quale fosse il decreto ministeriale di riferimento, la misura del TEGM rispetto il tipo contrattuale, i tassi, debitore e moratorio in concreto applicati, le voci di costo previste nel contratto e concorrenti a determinare il tasso annuo effettivo, non adempiendo già per tali motivi all’onere di allegazione specifico richiesto dalla Suprema Corte;
la parte appellante infatti si è limitata a riportare che il contratto di prestito finanziario stipulato il 29 maggio 20004 per originarie € 170.000,00, rimborsabile in n. 20 rate trimestrali posticipate e costanti, prevede il tasso annuo nella misura fissa del 4,70%, ed interessi di mora pari al tasso annuo nominale applicato al finanziamento maggiorato di 2,00 punti percentuali.
Invero nel motivo di gravame si fa riferimento ad analisi contabili effettuate, per la verifica della conformità del contratto di mutuo, si afferma che “dalla richiamata consulenza contabile” sarebbe emerso “l’oggettivo sforamento del tasso d’interesse pattuito”:
tuttavia detta consulenza di parte non risulta essere stata depositata nel giudizio di appello.

2 a) la parte appellante principale eccepisce l’indeterminatezza delle condizioni economiche, stante la contraddittoria ed incomprensibile formula negoziale contenuta nella fonte della obbligazione, tale da prevedere, in sostanza, un piano di ammortamento, a rate costanti, ma con effetti anatocistici;
afferma che un contratto di mutuo che preveda la restituzione dell’importo finanziato secondo un piano di ammortamento per essere legittimo deve disporre che, in relazione alle singole rate, il calcolo degli interessi al tasso pattuito in contratto (sia esso fisso che variabile) abbia effetto sul solo capitale complessivo ancora da rimborsare al netto delle rate già scadute, deve indicare le modalità per determinare l’entità del tasso variabile da applicare in riferimento alla singola rata in scadenza, da calcolarsi sul capitale ancora da restituire; deduce che in un contratto di mutuo a tasso fisso, in cui sia prevista la restituzione graduale del capitale in applicazione del sistema di rate costanti, l’interesse applicato al mutuatario non è l’interesse semplice, ma l’interesse composto, per cui il costo effettivo del prestito è maggiore del tasso indicato nel contratto;

tale divergenza, per un verso, importa violazione del divieto di anatocismo e, per altro verso, essendo incerta la stessa indicazione numerica del tasso di interesse, determina la nullità della relativa previsione, con la conseguenza che il piano va 2 b) la parte appellante lamenta la violazione delle regole di trasparenza e corretta informazione da parte della che non aveva spiegato ai contraenti l’effettiva portata della formula negoziale unilateralmente imposta.

In definitiva la parte appellante contesta la validità delle condizioni economiche del contratto di mutuo sia sotto il profilo della indeterminatezza (l’ammortamento alla francese non indica la formula con cui si determina il tasso annuo effettivo;
l’ammortamento alla francese crea un costo occulto rilevante sia sotto il profilo della determinatezza dell’oggetto che delle regole di trasparenza bancaria) sia sotto il profilo della contrarietà a norma imperativa di legge (l’ammortamento alla francese cela una illegittima capitalizzazione, atteso altresì che il tasso moratorio è calcolato sull’intera “rata”, la quale è composta da capitale e da interessi), sia infine sotto il profilo del difetto di trasparenza ex art. 117 TUB.

Il motivo è infondato, alla luce di Cassazione Civile SS.UU. sentenza n. 15340 del 29 maggio 2024, che ha statuito il seguente principio di diritto:

In tema di mutuo bancario, a tasso fisso, con rimborso rateale del prestito regolato da un piano di ammortamento alla francese di tipo standardizzato tradizionale, non è causa di nullità parziale del contratto la mancata indicazione della modalità di ammortamento e del regime di capitalizzazione composta degli interessi debitori per indeterminatezza indeterminabilità dell’oggetto del contratto, né per violazione della normativa in tema di trasparenza delle condizioni contrattuali e dei rapporti fra gli istituti di credito e i clienti. La stessa sentenza affronta anche la questione relativa all’insito anatocismo del piano di ammortamento c.d. alla francese, statuendo che detta tipologia non prevede alcun meccanismo anatocistico degli interessi, richiamando precedenti ove la cassazione ha stabilito che tale particolare modalità di rimborso del prestito, caratterizzato dalla presenza di una rata (proprio come verificatosi nel caso di specie) ad importo costante formata da una duplice componente (una quota di interessi via via decrescente ed un’altra, in linea capitale, invece progressivamente crescente). Si afferma infatti nella sentenza delle Sezioni Unite che il maggior carico di interessi del prestito non dipende da un fenomeno di produzione di interessi su interessi, cioè di calcolo degli interessi sul capitale incrementato di interessi, né su “interessi scaduti” (propriamente anatocistici), ma dal fatto che nel piano concordato fra le parti la restituzione del capitale è ritardata per la necessità di assicurare la rata costante (calmierata nei primi anni) in equilibrio finanziario, il che comporta la debenza di più interessi corrispettivi da parte del mutuatario a favore del mutuante per il differimento del termine per la restituzione dell’equivalente del capitale ricevuto. Va quindi confermato che:

a) nel metodo dell’ammortamento alla francese, gli interessi sono calcolati sul debito residuo e non sugli interessi pregressi;
b) in ogni rata è garantito il pagamento di tutti gli interessi dovuti a quel momento;
c) gli interessi sulla rata con scadenza successiva riguardano unicamente il capitale residuo;
d) la formula matematica (definita di regime composto) che presiede all’applicazione di tale ammortamento che consente di individuare la quota capitale da restituire in ciascuna delle rate prestabilite, così che la somma dei valori capitale compresi in tutte le rate del piano di ammortamento sia uguale al capitale mutuato, ma non va ad incidere sul separato conteggio degli interessi, che risponde alle regole dell’interesse semplice, venendo conteggiato ad ogni rata sul solo capitale che residua dopo la restituzione del capitale effettuato tramite le e) l’applicazione, rispetto al diverso metodo dell’ammortamento all’italiana, di interessi risulta giustificata dal fatto che le rate computate comprendono da subito una quota capitale maggiore; f) il sistema così congegnato risulta aderente al disposto di cui all’art. 1194 cod civ.;
g) a difettare è quindi il presupposto stesso dell’anatocismo, vale a dire la presenza di un interesse giuridicamente definibile come scaduto sul quale operare il calcolo dell’interesse composto ex art. 1283 c.c..

Quanto alla violazione delle regole di trasparenza bancaria, la Suprema Corte fa una ampia disamina della normativa primaria e secondaria di settore per affermare che dette regole non impongono di indicare nel contratto il regime di ammortamento, essendo sufficiente la consegna del piano di ammortamento.

Del resto le disposizioni della Banca d’Italia del 29 luglio 2009 impongono agli istituti di credito di fornire l’informativa precontrattuale ai clienti mediante riepilogo puntuale delle somme dovute alle varie scadenze tramite un piano redatto in modo chiaro e comprensibile che indichi la periodicità e composizione delle rate, precisando se si prevede il rimborso periodico del solo capitale, dei soli interessi o di entrambi, anziché mediante ricorso a formule lessicali o a espressioni matematiche che vorrebbero spiegare le modalità di calcolo degli interessi ma la cui esigenza di precisione si scontra con un livello di tecnicismo che sfugge alla comprensione dei più. Risulta in tal modo soddisfatta la possibilità per il mutuatario di conoscere agevolmente l’importo totale del rimborso mediante una semplice sommatoria conoscenza che egli difficilmente potrebbe avere sviluppando autonomamente una complessa formula matematica attraverso la quale il piano di ammortamento e sviluppato una volta scelta la rata sostenibile determinato il tasso di interesse.

Le considerazioni svolte impongono il rigetto integrale dell’appello principale, degli appelli incidentali svolti da avverso la Banca, con piena conferma della sentenza impugnata.

Quanto all’appello incidentale proposto da avverso l’appellante lamenta che la sentenza aggravata omette di pronunciarsi in ordine alla domanda di manleva svolta nei confronti di pure ritualmente convenuto nel giudizio di primo grado, nel quale era rimasto contumace;
argomenta che dalla documentazione prodotta (allegato 3 fascicolo di primo grado) si evince che anche il era obbligato a tenere indenne l’odierna appellante dalle conseguenze derivanti dal mancato adempimento delle obbligazioni assunte con il prestito concesso alla società RAGIONE_SOCIALE

Il motivo è fondato, emergendo l’obbligo di garanzia dalla scrittura del 12.10.2007, sottoscritta anche dal In definitiva, dichiarata la carenza di legittimazione attiva di vanno rigettati l’appello principale e l’appello incidentale svolto da mentre va accolto l’appello incidentale svolto da nei confronti di Le spese del presente grado di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo in base ai valori medi indicati nelle tabelle allegate al d.m.
n. 55 del 2014 per le cause del relativo scaglione di valore;
vanno tuttavia compensate fra le parti le spese di lite nel rapporto processuale con avendo solo spiegato intervento e non avendo quindi dato causa al giudizio di secondo grado.
Stante la soccombenza integrale degli appellanti principali e dell’appellante incidentale ricorrono nei loro confronti i presupposti per l’applicazione dell’art. 1, .

P.Q.M.

La Corte d’Appello di Ancona, definitivamente pronunciando sull’appello proposto da avverso sull’appello incidentale di avverso sull’appello incidentale di avverso con l’intervento di per la riforma della sentenza in epigrafe, così decide:
dichiara la carenza di legittimazione attiva di compensa fra le parti le spese di lite del grado;

rigetta l’appello principale proposto da avverso accoglie parzialmente l’appello incidentale proposto da per l’effetto, in parziale riforma della sentenza impugnata, dichiara e condanna in solido con , a tenere indenne da ogni conseguenza pregiudizievole che le possa derivare dalla presente sentenza;

condanna al rimborso in favore di delle spese di lite del grado, che si liquidano in euro 804,00 per spese, euro 6.946,00 per compensi oltre spese forfettarie nella misura del 15% IVA e CPA come per legge;
rigetta per il resto l’appello incidentale di condanna al rimborso in favore di delle spese di lite del grado, che si liquidano in euro 6.946,00per compensi oltre spese forfettarie nella misura del 15% IVA e CPA come per legge;
dichiara quale parte appellante principale, quale appellante incidentale, tenuti pagamento di una pari a quella già versata a titolo di contributo unificato ex art. 1, comma 17, L. 228/2012.

Così deciso nella camera di consiglio in data 28.05.2024 Il Presidente est. dr.
NOME COGNOME

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