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Pluralità di immobili, concetto di comoda divisibilità

Pluralità di immobili costituenti il compendio ereditario, concetto di comoda divisibilità dei beni, la valutazione deve avere esclusivo riguardo al complesso delle cose comuni.

Pubblicato il 05 October 2021 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE ORDINARIO di TERNI
SEZIONE UNICA CIVILE

Il Tribunale, in composizione collegiale nelle persone dei seguenti magistrati:

Giudice ha pronunciato la seguente

SENTENZA n. 746/2021 pubblicata il 17/09/2021

nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. /2014 promossa da:

XXX (C.F.), con il patrocinio dell’avv.

ATTORE/I contro

YYY (C.F.), con il patrocinio dell’avv.

           ZZZ                (C.F. )             KKK                      (C.F.), quest’ultima anche in proprio quale eredi di ***, con il patrocinio dell’avv.

CONVENUTI

OGGETTO; azione di riduzione e divisione.

CONCLUSIONI: come da verbale di udienza del 18.3.2021 da intendersi integralmente richiamate e trascritte.

Con atto di citazione ritualmente notificato il sig. XXX conveniva in giudizio ***, YYY e KKK per sentire; accertare e dichiarare la propria qualità di erede legittimo di >>> per la quota di 1/3 relativamente a tutti i beni per i quali la stessa non ha disposto per testamento; accertare e dichiarare che XXX è erede testamentario di >>> relativamente a tutti i beni indicati nel testamento olografo pubblicato il 05.03.2008 con condanna di *** a restituire ad esso istante tutti i beni indicati nel testamento e azienda agricola; condannare *** a restituire a XXX tutti i frutti dei beni dalla data di apertura della successione sino alla effettiva restituzione dei singoli beni, da calcolarsi, quanto agli immobili; accertare e dichiarare che XXX è erede legittimario di >>> per la quota di 2/9 e che è stata lesa la sua quota e conseguentemente, ridurre la quota di eredità di ***, previa ricostituzione fittizia dell’intero asse ereditario, e reintegrare, quindi, XXX dei beni, se possibile in natura, ovvero in denaro, previa divisione ed eventuale vendita, fino al raggiungimento del valore corrispondente alla sua quota, pari a 2/9 dell’intero; ordinare la restituzione di detti beni; condannare ***, e KKK al pagamento, in favore di esso istante, della quota di 1/3 del canone di affitto dell’azienda agraria, pari ad € 137,72, dall’11.11.94, data di decorrenza dell’affitto, fino all’effettivo rilascio, oltre agli interessi legali maturati dalle singole scadenze (30 novembre di ogni anno) al saldo; ordinare a ***, il rendiconto della gestione dell’azienda agraria dalla data di apertura della successione all’effettivo rilascio; condannare *** e KKK al pagamento, in favore di XXX, della quota di 1/3 dei proventi ottenuti dall’azienda agricola dalla data di apertura della successione;- disporre, in ogni caso, lo scioglimento della comunione e divisione dei beni, con attribuzione a XXX della quota di sua appartenenza, ove possibile in natura, ovvero, in caso di indivisibilità dei beni, in denaro, previa vendita degli stessi; il tutto con vittoria di spese e competenze del giudizio da distrarsi per dichiarato anticipo.

A sostegno della domanda assumeva; che in data 09.02.2008 decedeva in la Sig.ra >>> madre di esso istante;- che risultavano eredi i suoi tre figli XXX, *** e YYY;- che la de cuius possedeva al momento del decesso numerosi beni – meglio indicati in atti; – che in data 05.03.2008 veniva pubblicato il testamento olografo della Sig.ra **** recante le disposizioni di assegnazione dei vari beni; che tutti i predetti beni, ad eccezione della casa di sita in Via erano nel possesso di ***; – che il testamento nulla disponeva circa l’azienda agraria sulla quale esso istante ha diritto alla quota di 1/3; – che i Sig.ri *** e KKK non hanno ancora rilasciato l’azienda agricola nonostante il termine indicato in sentenza – reso all’esito di ricorso presso la Sezione Agraria – sia decorso, continuando a percepirne i frutti; – di voler essere riconosciuto erede e ottenere la restituzione dei beni indicati nel testamento nonché di vedersi riconosciuta la quota di 1/3 per i beni non indicati nel testamento e ottenerne la restituzione; – di pretendere la restituzione dei frutti percepiti da *** dalla data di apertura della successione con riferimento ai beni a lui spettanti e non posseduti; – che le disposizioni testamentarie summenzionate ledono le quote che la legge riserva ai legittimari; – di voler agire per ottenere la riduzione dell’eredità lasciata al fratello *** e l’attribuzione di beni fino al raggiungimento del valore corrispondente alla sua quota.

Si costituiva in giudizio YYY che esplicava domanda riconvenzionale volta ad accertare la propria qualità di erede legittimo di >>> per la quota di 1/3 relativamente a tutti i beni per i quali la stessa non ha disposto per testamento – meglio indicati in atti – accertare e dichiarare che YYY è erede testamentario di >>> relativamente a tutti i beni indicati in suo favore nel testamento olografo pubblicato il 05.03.2008 con condanna di *** a restituire al comproprietario YYY l’azienda agricola; accertare e dichiarare che YYY è erede legittimario di >>> per la quota di 2/9 e che è stata lesa la quota legittima con riduzione della quota di eredità di ***, previa ricostituzione fittizia dell’intero asse ereditario, e reintegrare se possibile in natura, ovvero in denaro, previa divisione con condanna alla restituzione dei frutti dei beni che reintegrano la quota riservata a quest’ultimo come legittimario, dalla data di apertura della successione sino all’effettiva restituzione dei singoli beni ed ordinare a ***, il rendiconto della gestione dell’azienda agraria dalla data di apertura della successione all’effettivo rilascio e condanna al pagamento della quota di 1/3 dei proventi ottenuti dall’azienda agricola dalla data di apertura della successione fino all’effettivo rilascio,  in ogni caso, lo scioglimento della comunione e divisione dei beni, con attribuzione a YYY della quota di sua appartenenza, con vittoria di spese e competenza del giudizio.

Si costituivano in giudizio *** e KKK che preliminarmente eccepivano l’inammissibilità per litispendenza ex art. 39 c.p.c., l’incompetenza del Giudice adito in favore delle sezioni specializzate agrarie e , subordinatamente, la necessità di sospensione del giudizio ex art. 295 c.p.c. in attesa della definizione di altra controversia pendente presso la Corte di Appello di Perugia, e nel merito in via principale instavano perché fossero rigettate tutte le domande attoree in quanto infondate in fatto ed in diritto ed in via subordinata nel caso in cui dovesse ritenersi sussistente una  lesione della quota di legittima eventualmente spettante all’attore compensare il valore della residua quota ereditaria che dovesse essere ritenuta spettante al sig. XXX, con il maggiore valore dell’indennità che lo stesso sarà tenuto ad erogare al Sig. ***, in ragione delle ingentissime opere di miglioramento fondiario eseguite dallo stesso, unitamente alla moglie KKK, il tutto con vittoria di spese e competenze del giudizio.

Quindi la causa espletata la trattazione nel corso della quale veniva acquisita documentazione, interrotto e successivamente riassunto il giudizio a seguito dell’intervenuto decesso del sig. ***, disposta consulenza tecnica d’ufficio, all’esito del mancato raggiungimento dell’accordo tra le parti sebbene preliminarmente concordato, sulle conclusioni precisate all’udienza del 18.3.2021 era riserva per la decisione con concessione dei termini ex art. 190 c.p.c..

Preliminarmente riguardo all’eccezione di incompetenza la stessa, come già disposto con ordinanza resa nel corso del giudizio, deve ritenersi infondata avendo il presente giudizio ad oggetto domanda di riduzione per lesione della legittima nonché divisione dei beni caduti in comunione ereditaria.  Sempre in via preliminare ed in termini generali salvo le seguenti considerazioni occorre dichiarare inammissibile la domanda riconvenzionale esplicata dai convenuti *** e KKK – giudizio successivamente riassunto dagli eredi – siccome tardivamente esplicata per essersi costituiti all’udienza di prima comparizione ed avente ad oggetto l’eventuale compensazione di quanto eventualmente dagli stessi dovuto per la lesione della legittima con quanto dagli stessi speso a titolo di ingenti migliorie sui beni facenti parte dell’asse ereditario.

Posto ciò, riguardo al rendiconto, ancorché per il disposto dell’art. 723 c.p.c. costituisca operazione contabile che deve necessariamente precedere la divisione, in quanto preliminare alla determinazione della quota spettante a ciascun condividente, non si pone tuttavia in rapporto di pregiudizialità con la proposizione della domanda di divisione giudiziale, ben potendosi richiedere la divisione giudiziale ex art. 1111 c.c. a prescindere dal rendiconto, a tanto potendosi e dovendosi provvedere nel corso del giudizio di divisione. Il giudice non può peraltro disporre il rendiconto senza istanza delle parti, le quali devono indicare i presupposti di fatto del relativo obbligo; con la conseguenza che la detta istanza non può non essere soggetta al regime di cui all’art. 345 c.p.c. (Cass 1458/2002).

Ed ancora all’atto di scioglimento della comunione il possessore del cespite ereditario ha l’obbligo di rendere il conto in relazione ai frutti maturati prima della divisione, giacché il coerede che abbia goduto in via esclusiva dei beni ereditari è obbligato, per il fatto oggettivo della gestione, sia al rendiconto che a corrispondere i frutti agli altri eredi a decorrere dalla data di apertura della successione (o dalla data posteriore in cui abbia acquisito il possesso dei beni stessi), senza che abbia rilievo la sua buona o mala fede. Il presupposto della resa dei conti è la gestione di affari altrui condotta da uno dei partecipanti, restando irrilevante, quanto al relativo obbligo, la condotta disinteressata del coerede escluso dal possesso (Cass. 13619/2017).

Passando alla domanda principale di lesione della legittima esplicata dall’attore nonché dal convenuto YYY premesso che non risulta contestata la provenienza del testamento olografo del de cuius >>> e le parti hanno concordemente chiesto la divisione del patrimonio della predetta, veniva disposta consulenza tecnica d’ufficio al dine di accertare l’effettiva consistenza del patrimonio ereditario nonché, appunto, l’eventuale lesione della quota di legittima.

Occorre altresì dare atto che nonostante i tentativi di bonario componimento le parti non sono addivenute ad una composizione bonaria della lite; al riguardo le parti avevano nel corso del giudizio raggiunto un accordo del quale veniva dato riscontro in una mera bozza priva dei requisiti tali da  qualificarla quale accordo transattivo o di negozio di mero accertamento; in tal senso appare decisiva, anche alla luce dei canoni interpretativi di cui all’art. 1362 e ss. la terminologia usata dalle parti nonché la riserva di ulteriormente addivenire ad una successiva formalizzazione.

Afferma al riguardo la consolidata giurisprudenza di legittimità che ”A differenza della transazione, che postula una reciprocità di concessioni tra le parti in modo che ciascuna di esse subisca un sacrificio, e della rinuncia, che postula l’esistenza di un diritto acquisito e la volontà abdicativa volta a dismettere il diritto medesimo, il negozio di accertamento ha la funzione di fissare il contenuto di un rapporto giuridico preesistente con effetto preclusivo di ogni ulteriore contestazione al riguardo; esso non costituisce fonte autonoma degli effetti giuridici da esso previsti, ma rende definitivo ed immutabile situazioni effettuali già in stato di obiettiva incertezza, vincolando le parti ad attribuire al rapporto precedente gli effetti che risultano dall’accertamento, e precludendo loro ogni pretesa, ragione od Azione in contrasto con esso” (ex multis Cass. 161/1983, 2634/82, 6001/81, 2976/80, 1427/80).

Tanto premesso come sopra detto veniva disposta una prima consulenza tecnica d’ufficio alla quale occorre necessariamente riportarsi laddove la seconda consulenza tecnica pure disposta nel corso del giudizio non aveva seguito avendo le parti nelle more raggiunto una preliminare forma di accordo che poi non ha più avuto corso; il ctu con valutazioni condivisibili ha formulate le seguenti considerazioni e formulato il progetto divisionale di seguito richiamato.

l contraddittorio fra le stesse – quella resa in questo giudizio
Sul punto in ordine all’eccezione di inutilizzabilità della ctu per aver il consulente conoscenza degli immobili siccome oggetto di perizia resa in altro giudizio in fase esecutiva è agevole rilevare che il giudice civile, ai fini del proprio convincimento, può autonomamente valutare, nel contraddittorio tra le parti, ogni elemento dotato di efficacia probatoria e, dunque, anche le prove raccolte in un altro processo e, segnatamente, la consulenza tecnica che ove ripetizione di altra resa dal medesimo consulente è stata comunque espletata ne tale da farla rientrare nella categoria delle prove atipiche, su cui il Giudice civile è legittimato a fondare la decisione, o quantomeno valutare tale relazione secondo il suo “prudente apprezzamento” ai sensi dell’articolo 116 del codice di rito, anche al fine di trarre argomenti e/o elementi utili al suo convincimento.

Dunque il consulente rilevava che “in successione legittima dello ++++ e nell’allegato 17 il quadro delle attuali intestazioni dei beni andati in successione testamentaria della >>>. Sulla base dei quadri sopra citati, è possibile quantificare economicamente i valori di quota ad oggi assegnati agli eredi ++++ e >>>, sull’intera massa ereditaria, come di seguito riassunto: – *** beni assegnati riassunti nell’allegato 18 per complessivi € 708.395,00; – XXX beni assegnati riassunti nell’allegato 19 per complessivi € 189.407,67; – YYY beni assegnati riassunti nell’allegato 20 per complessivi € 273.007,00. Fatta 100 l’intera massa ereditaria, le quote ad oggi assegnate incidono per le seguenti percentuali: – *** 60,5% – XXX 16,2% – YYY 23,3% Pertanto una ipotetica equa divisione procapite del 33,3% tra gli eredi imporrebbe le seguenti variazioni: – *** – 27,2% – XXX +17,1% – YYY +10% laddove non si tenesse conto della volontà testamentaria della ***. Per effetto del testamento olografo della >>>, un terzo della propria massa ereditaria poteva essere liberamente assegnata, quindi il quadro generale si modifica come segue: – massa ereditaria della >>> (vedi allegato 8) attuale € 1.080.615,22 – terzo disponibile € 360.205,07 da poter assegnare volontariamente – quota riservata € 720.410,15 da dividersi equamente tra i tre figli eredi con quota pro-capite pari ad € 240.136,72. A ciò si deve aggiungere, per ogni figlio erede, la quota parte spettante agli stessi proveniente dalla successione di Viscardo ammontante ad € 30.064,82. In sintesi quindi ad ogni figlio erede spetterebbe una quota pro-capite pari ad € 270.201,53 proveniente da entrambe le successioni legittime dei genitori oltre a quota parte degli € 360.205,07 quale espressione della libera volontà testamentaria della Stentella. Andando a paragonare la quota legittima spettante ad ognuno degli eredi (€ 270.201,53) con la quota effettivamente assegnata le differenze di valore sono le seguenti: – *** € 438.193,47 – XXX – € 80.793,86 – YYY € 2.805,47 dove le somme positive indicano una quota assegnata maggiore di quanto di spettanza, mentre quelle negative un’ammanco di valore di spettanza.”.

Dunque deve rilevasi ai sensi dell’art. 542, I comma c.c. la lesione della quota di legittima.

Proprio a tal fine il consulente ha indicato  “Come sopra descritto e quantificato l’intera massa ereditaria Stentella ammonta ad € 1.080.615,22 di cui 2/3 riservata per € 720.410,15 ed 1/3 disponibile per € 360.205,07.”

Proseguendo il ctu nel formare i lotti ha svolto considerazioni di carattere personale volte ad un’interpretazione dell’intento della de cuius per come evincibile dall’effettiva attribuzione dei beni; orbene al di là di ogni interpretazione della volontà negoziale in quanto valutazione giuridica non rimessa evidentemente al ctu, tuttavia le conclusioni appaiono condivisibili sull’assunto della non comoda divisibilità ovvero per essere l’azienda agricola anche se non più attiva un unicum da un punto di vista economico. A tali considerazioni deve inoltre aggiungersi che sia la parte attrice che il convenuto YYY hanno formulato domanda di riduzione ed in via subordinata  attribuzione della quota di spettanza o in caso di indivisibilità conguaglio in denaro.

Ciò posto in termini generali giova, preliminarmente, osservare in diritto che ai sensi dell’art. 718 c.c. lo scioglimento della comunione tende a garantire l’attribuzione in natura dei beni in proporzione delle rispettive quote dei condividenti.

Tuttavia, laddove rilevino una pluralità di beni immobili il diritto ad ottenere una porzione in natura dei beni non importa la necessaria realizzazione del frazionamento dei singoli beni, ben potendo il predetto diritto trovare attuazione mediante una proporzionale divisione dei beni compresi nella categoria dei beni immobili (Cass., n. 15105/2000; cfr. anche Cass., n. 708/1964: “E’ principio fondamentale, in materia di divisione, seguire il criterio di attribuire alle quote, preferibilmente, i beni nella loro intera consistenza e per intero, senza dar luogo a spezzettamenti”).

In altri termini, nel caso di pluralità di immobili costituenti il compendio ereditario, come nel caso in esame, il concetto di comoda divisibilità dei beni deve essere adattato nel senso che la suddetta valutazione non deve avere esclusivo riguardo ai singoli beni ma, piuttosto, al complesso delle cose comuni ed il requisito ricorre laddove gli immobili, singolarmente o congiuntamente considerati, siano suscettibili di formare distinte porzioni di valore pressoché uguale alle quote (Cass., n. 372/1957).

Quindi, ai fini della comoda o incomoda divisibilità degli immobili occorre fare riferimento alla massa dei beni da dividere in rapporto al numero dei condividenti e, in particolare, alla possibilità di ricavare porzioni omogenee rispetto al numero dei condividenti.

In tale prospettiva assume rilievo il requisito di proporzionalità del conguaglio eventualmente necessario ai fini della verifica del rispetto del presupposto della omogeneità delle porzioni.

Difatti, posto che il conguaglio si sostanzia nella corresponsione da parte del soggetto tenuto al pagamento della differenza tra il maggior valore della porzione attribuita rispetto al valore della quota spettante, laddove l’ammontare del conguaglio compensativo sia, rispettivamente, notevolmente superiore o inferiore al valore dei beni ricevuti in natura non può correttamente ritenersi attuata una divisione in natura dei beni poiché risulta alterata la proporzione dei beni assegnati, di talché sussiste l’indivisibilità dei beni stessi (cfr. App. Brescia, 21 febbraio 1962, in Corti Brescia, Venezia e Trieste 1962, 407; Cass., n. 1281/1943).

Nelle ipotesi in cui sussista la possibilità di ricavare porzioni omogenee rispetto al numero dei condividenti e le quote siano uguali troverà applicazione il sorteggio ex art. 729 c.c. la cui ratio deve essere ravvisata nella necessità di prevenire ogni possibile favoritismo (Cass., n. 810/1960: “L’estrazione a sorte nella divisione, quale garanzia contro ogni possibile favoritismo, è preveduta dalla legge (art.729 cod.civ.) solo per l’assegnazione dei lotti, nell’ipotesi in cui questi siano equivalenti”).

Laddove venga in rilievo l’impossibilità di formare distinte porzioni di valore pressoché uguale alle quote si applicherà la disciplina prevista nel caso di beni indivisibili e, quindi, il giudice dovrà valutare prioritariamente la possibilità di attribuzione dell’intero al coerede che ne abbia fatto richiesta anche nella ipotesi di quote uguali. Nel caso in cui nessun coerede richieda l’attribuzione dei beni dovrà trovare applicazione la vendita all’incanto (Cass., n. 320/1982: “In tema di divisione ereditaria, l’art. 720 cod. civ. prevede la vendita all’incanto degli immobili non divisibili come ultima ratio, cui ricorrere quando nessuno dei condividenti possa o voglia giovarsi della facoltà di attribuzione dell’intero, con i conseguenti addebiti, e detta il criterio dell’attribuzione dei beni suindicati per quota maggiore non come tassativo, ma in linea di massima”; Cass., n. 2335/1995: “L’art. 720 cod. civ. prevede la vendita all’incanto degli immobili non divisibili come rimedio residuale cui ricorrere quando nessuno dei coeredi voglia avvalersi della facoltà di domandare l’attribuzione dell’intero con addebito dell’eccedenza. Pertanto, detti immobili debbono essere preferibilmente compresi per intero nella porzione di uno degli aventi diritto alla quota maggiore, secondo il criterio di massima indicato dall’art. 720 cod. civ., il quale non impedisce peraltro l’esercizio da parte del giudice della facoltà di procedere all’assegnazione, anche quando le quote dei condividenti siano eguali”).

Appare evidente, poi, che nel caso di pluralità di beni indivisibili e di richiesta di attribuzione di uno solo di tali beni da parte di un condividente, l’attribuzione non può essere separata dalla distribuzione finale e produce i suoi effetti esclusivamente nel momento finale dell’iter divisorio quando il giudice distribuisce l’intero compendio (bene indivisibile e ricavato dei beni venduti) nelle varie porzioni.  Ne deriva che deve ritenersi quanto affermato dal consulente in risposta al quesito n. 2 che dopo premessa metodologica ha concluso che “Operando in termini di media dei valori della parte terreni (colonna 3) di € 81.076,00 ed andando a redistribuire i valori in modo da avvicinarsi al valore medio, significherebbe togliere alla quota *** € 63.954,00 e redistribuirne quanto ad € 25.960,00 alla quota XXX ed € 37.634,00 alla quota YYY. Operando sui mappali riportati in colonna 5 un quadro bilanciato è il seguente, ove nella colonna 5 è riportata la situazione post-ridistribuzione di quote parte terreni.” con allegata tabella ed indicazione delle relative particelle (cfr. pagg. 35-36 consulenza in atti da intendersi integralmente richiamata).

Tanto detto, ritiene tuttavia questo Giudice in considerazione della circostanza che l’azienda agraria non è più attiva, che gravano altresì delle ipoteche contratte al fine di ottenere l’erogazione dei mutui per come dedotto dalle parti nel corso del giudizio, si debba procedere alla individuazione di tale ipotesi divisionale quale formazione di tre distinti lotti; stante il disposto dell’art. 791 c.p.c., il quale prevede che l’estrazione dei lotti non possa avvenire se non in presenza di un accordo tra tutte le parti o di sentenza passata in giudicato, a seguito della presente sentenza – che assume natura di sentenza definitiva in considerazione del carattere meramente amministrativo ed esecutivo di dette operazioni – si procederà all’attribuzione diretta in caso di reiterazione dell’istanza di assegnazione – non potendosi qualificare tale quella  oppure al sorteggio tra le parti dei lotti relativi come individuati dal CTU, quando si sarà realizzata la condizione di legge per procedere a tale adempimento.

A ciò consegue che ove vi sia accordo tra le parti ovvero la presente sentenza passi in giudicato, potrà essere avanzata al Tribunale istanza per la fissazione dell’udienza onde procedere a dette operazioni ed all’emissione del relativo decreto di attribuzione definitiva, mentre nel caso di impugnazione della sentenza e conseguente modifica della stessa, tale attribuzione dei beni dovrà avvenire necessariamente in sede di impugnazione.

L’esito e la natura della causa rendono equo compensare interamente tra le parti le spese di lite, ponendo definitivamente a carico delle parti in solido tra loro le spese di CTU già liquidate in corso di causa.

P.Q.M.

Il Tribunale di Terni in composizione collegiale definitivamente pronunciando, così provvede:

1.   ACCERTA la qualità di erede legittimario di XXX e YYY aventi diritto alla quota di riserva, ex art. 537 c.c. e, per l’effetto, determina le quote di loro spettanza nella misura di 2/9 e la restante parte di 5/9 in favore della parte eredi *** e KKK  in qualità di erede testamentario;

2.   DISPONE lo scioglimento della comunione esistente sugli immobili facenti parti della massa;

3.   DISPONE che l’assegnazione tra le parti dei lotti, come sopra individuati, sia effettuata a seguito di apposita istanza, ove si siano verificate le condizioni precisate in motivazione;

4.   COMPENSA interamente tra le parti le spese del presente giudizio;

5.   PONE definitivamente a carico solidale delle parti le spese della consulenza tecnica.

Terni, 17 settembre 2021

Il Presidente/est

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