TRIBUNALE DI REGGIO CALABRIA
Seconda Sezione Civile
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale civile di Reggio Calabria, Seconda Sezione Civile, in composizione monocratica, nella persona del Giudice, dott.ssa, ha pronunciato la seguente
SENTENZA n. 1139/2019 pubblicata il 12/08/2019
nel procedimento civile iscritto al n. del 2014 R.G.A.C., assegnato in decisione all’udienza del 29 novembre 2018, con i termini di cui all’art. 190 c.p.c. per il deposito di comparse conclusionali e memorie di replica, vertente
TRA
XXX, cod. fisc., elettivamente domiciliato in, presso lo studio dell’avv., dalla quale è rappresentato e difeso, anche disgiuntamente all’avv.to del foro di, giusta procura stesa a margine dell’atto di citazione;
-Attore- E
YYY, cod. fisc., elettivamente domiciliata in, presso lo studio dell’avv.to, congiuntamente e disgiuntamente all’avv.to, in forza di procura stesa in calce alla comparsa di costituzione e risposta;
-Convenuta-
E
ZZZ, cod. fisc., elettivamente domiciliato in, presso lo studio dell’avv.to, dal quale è rappresentato e difeso in virtù di mandato ad litem steso in calce alla comparsa di costituzione e risposta;
-Convenuto- Udienza di precisazione delle conclusioni (29.11.2018):
Le parti presenti si riportavano alle conclusioni rassegnate negli scritti difensivi e nei verbali di causa.
MOTIVI DELLA DECISIONE
1.- Con atto di citazione ritualmente notificato, XXX conveniva in giudizio ZZZ e YYY, rappresentando: che in data 27.8.2009, il dott. ZZZ, chirurgo estetico, aveva eseguito in, sulla persona dell’attore un intervento di autotrapianto di capelli presso la per il corrispettivo di euro 2.500,00; che, nel periodo successivo, si era sviluppato uno stato di malattia cagionato dall’intervento, protratto sino al maggio 2010, con conseguenti significativi danni patrimoniali e non; egli, a distanza di meno di una settimana dall’intervento, aveva comunicato al ZZZ la comparsa della prima sintomatologia della malattia e, nei mesi di settembre e ottobre 2009, si era consultato con il predetto che gli aveva consigliato l’assunzione di alcuni farmaci, ma senza esiti risolutivi; nel novembre 2010, egli aveva promosso un giudizio di risarcimento danni innanzi al Tribunale di Roma nei confronti del ZZZ e della Casa di Cura, pendente per precisazione conclusioni e nel corso del quale si era svolta una CTU con esito favorevole all’attore; nelle more del giudizio, egli aveva eseguito una visura sui beni immobili di proprietà del ZZZ dalla quale era risultato che costui aveva costituito, in data 11.11.2009 unitamente alla moglie YYY, un fondo patrimoniale in cui era confluito il suo unico immobile di proprietà costituito da un’abitazione sita in, via riportato al Catasto Urbano del detto Comune Sezione RC, Foglio, Particella, Subalterno, parco, P. T-1-2-S1, Zona Censuaria, Categoria, Classe, Vani, Rendita Catastale euro; aveva interesse ad ottenere la revocatoria del fondo patrimoniale al fine di soddisfare il proprio credito. Chiedeva, pertanto, di disporre la revocatoria dell’atto di costituzione del fondo patrimoniale in data 11.11.2009 tra ZZZ e YYY per rogito notaio in, rep., racc. n., registrato a il al n., Serie e trascritto presso la Conservatoria dei RR.II. di il al n. d’ordine e al n. di formalità avente ad oggetto l’immobile di cui sopra e, per l’effetto, dichiarare inefficace l’atto.
All’udienza del 11.3.2015, il Giudice disponeva il rinnovo delle notifiche nei confronti dei convenuti per nullità delle stesse.
A seguito del rinnovo, si costituiva, in data 22.7.2015, YYY eccependo, in via preliminare, la prescrizione dell’azione revocatoria in quanto la citazione era stata notificata nei suoi confronti in data 28.3.2015, mentre l’atto impugnato risaliva all’11.11.2009, né rilevava la nullità della prima notifica, atteso che l’atto interruttivo doveva ritenersi avere natura recettizia. Nel merito, deduceva che l’atto di disposizione era anteriore al sorgere del credito, ancora oggetto di accertamento; ella era del tutto estranea al fatto lesivo denunciato dal XXX nei confronti del ZZZ da cui era peraltro separata; era insussistente il requisito del consilium fraudis; non vi era certezza in ordine alla sussistenza del nesso causale tra l’intervento eseguito dal ZZZ ed i danni subiti dall’attore; non vi era prova che il patrimonio del primo non fosse sufficiente a tutelare le ragioni creditorie. Concludeva chiedendo il rigetto della domanda.
Si costituiva in data 24.7.2015 ZZZ, eccependo in via preliminare la prescrizione per le medesime ragioni dedotte dall’altra convenuta. Nel merito, deduceva che l’atto di disposizione era anteriore al sorgere del credito, ancora oggetto di accertamento; era insussistente il consilium fraudis inteso come dolosa preordinazione al fine di pregiudicare il soddisfacimento del creditore; era incerto il credito vantato dal XXX, atteso l’esito della CTU eseguita nel procedimento per l’accertamento del credito; non vi era prova che le pretese ragioni creditorie non sarebbero state soddisfatte all’esito del giudizio.
All’udienza del 17.9.2015 parte attrice produceva sentenza del Tribunale di Roma del 30.7.2015, già depositata telematicamente, con cui il ZZZ e la Casa di Cura erano stati condannati in solido al pagamento della somma di euro 82.240,73, oltre interessi ed al pagamento delle spese processuali, ed il Giudice assegnava i termini di cui all’art. 183 co. 6 c.p.c.
All’udienza del 2.3.2016, le parti davano atto che era in corso procedura esecutiva per l’assegnazione al creditore XXX delle somme dovute in forza della detta sentenza ed il Giudice rinviava per la definizione bonaria della controversia.
All’udienza del 9.11.2016, parte attrice dava atto che il credito era stato soddisfatto da parte della Casa di Cura, ma che permaneva l’interesse al giudizio, atteso che quest’ultima aveva proposto appello avverso la sentenza emessa dal Tribunale di Roma e chiedeva disporsi la sospensione del giudizio. Alla successiva udienza le parti convenute chiedevano il rigetto dell’istanza di sospensione ed il rinvio per la precisazione delle conclusioni.
Con ordinanza del 24.5.2017, il G.I. revocava la precedente ordinanza del 17.9.2015 con cui era stata ritenuta la tardività della costituzione dei convenuti; riservava al merito la decisione sull’eccezione di prescrizione e rigettava l’istanza di sospensione, non sussistendo i presupposti di legge, rinviando per la precisazione delle conclusioni.
All’udienza del 29.11.2018, la causa veniva trattenuta in decisione, sulle rispettive conclusioni delle parti previa assegnazione dei termini per comparse conclusionali e memorie di replica.
2. – In via preliminare, deve essere rigettata l’eccezione di prescrizione dell’azione revocatoria (pur ammissibile in quanto proposta con la comparsa di costituzione tempestivamente depositata per le ragioni esposte con ordinanza del 24.5.2017 a cui occorre fare integrale rinvio).
Quanto al dies a quo per il decorso della prescrizione dell’azione revocatoria, avuto specifico riguardo alla costituzione del fondo patrimoniale, occorre premettere che, per giurisprudenza consolidata, “la disposizione dell’art. 2903 c.c., laddove stabilisce che l’azione revocatoria si prescrive in cinque anni dalla data dell’atto, deve essere interpretata, attraverso il coordinamento con la regola contenuta nell’art. 2935 c.c., nel senso che la prescrizione decorre dal giorno in cui dell’atto è stata data pubblicità ai terzi, in quanto solo da questo momento il diritto può esser fatto valere e l’inerzia del titolare protratta nel tempo assume effetto estintivo. (Nella specie, la S.C. ha confermato la sentenza di merito che, su un’azione revocatoria ordinaria di costituzione del fondo patrimoniale, ha ritenuto la decorrenza della prescrizione non dalla stipula dell’atto, ma dal giorno dell’annotazione dell’atto stesso nei registri dello stato civile) (Cass. Civ., Sez. 3, Sentenza n. 5889 del 24/03/2016; Cass. Civ., Sez. 3, Sentenza n. 11758 del 15/05/2018; Cass. Civ., Sez. 3, Sentenza n. 1210 del 19/01/2007).
Inoltre, come già argomentato nell’ordinanza istruttoria del 24.5.2017, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione (Sez. Un., Sentenza n. 24822 del 09/12/2015), risolvendo un precedente contrasto giurisprudenziale, hanno statuito che, in forza del principio di scissione degli effetti della notificazione per il notificante e per il destinatario, applicabile nei casi in cui il diritto non può essere esercitato se non a mezzo di un’azione giudiziale, la prescrizione dell’azione revocatoria ordinaria è interrotta dalla consegna dell’atto introduttivo del giudizio all’Ufficiale Giudiziario per la notifica e non dalla ricezione dell’atto medesimo da parte del destinatario.
Applicando tali principi al caso di specie, si rileva che l’atto di costituzione del fondo patrimoniale per cui è azione risulta rogato in data 11.11.2009, registrato preso l’Agenzia delle Entrate il 27.11.2009, trascritto presso i registri immobiliari il 30.11.2009 e notificato all’Ufficiale di Stato civile del Comune competente in data 10.12.2009, termine da cui decorre la prescrizione dell’azione revocatoria.
Di contro, l’atto di citazione risulta consegnato all’Ufficiale Giudiziario per la notifica in data 11.11.2009 e, nella medesima, data l’U.G. aveva eseguito il primo tentativo di notifica presso l’indirizzo risultante dal certificato di residenza dei convenuti, ove essi non erano rinvenuti per irreperibilità.
A nulla rileva che tale notifica sia stata dichiarata invalida dal G.I., in quanto l’Organo notificante aveva annotato l’irreperibilità dei destinatari – effettivamente residenti presso abitazione contrassegnata da numero civico diverso da quello risultante dal certificato di residenza – trattandosi di circostanza non imputabile alla parte attrice, né essa era tenuta notificare presso l’indirizzo dell’immobile oggetto di revocatoria come risultante dall’atto di costituzione del fondo, non risultando che esso costituisse la residenza dei convenuti.
Peraltro, l’eccezione di prescrizione sarebbe comunque infondata anche a far decorrere la stessa dalla data di stipula dell’atto impugnato, in quanto la consegna dell’atto interruttivo all’U.G. avveniva proprio in coincidenza con la scadenza del quinquennio dalla stipula medesima.
3. – Nel merito, ai sensi dell’art. 2901 c.c., i presupposti per l’azione revocatoria di un atto a titolo gratuito consistono: nella qualità di creditore, nel pregiudizio per le ragioni creditorie arrecato dall’atto di disposizione (eventus damni) e nella conoscenza, in capo al disponente, del pregiudizio stesso (consilium fraudis).
Deve precisarsi la natura di atto a titolo gratuito della costituzione del fondo patrimoniale, sia nel caso in cui essa venga effettuata mediante conferimento ad opera di un solo coniuge o di un terzo, sia quando provenga da entrambi, sia nel caso in cui i coniugi conferiscano beni di proprietà comune, atteso che anche in tale ipotesi non si ha alcun corrispettivo per i costituenti (cfr. ex multis, Cass. Civ. ord. 10 febbraio 2015, n. 2530; sent. 8 agosto 2013 n. 19029).
Deve sottolinearsi che l’atto costitutivo pur non essendo traslativo, presenta una chiara attitudine a pregiudicare i diritti del creditore, in quanto consente l’aggressione dei beni conferiti solo alle condizioni determinate dall’art. 170 c.c., riducendo in tal modo la garanzia generale spettante ai creditori sul patrimonio del costituente (si veda fra le altre, Cass. Civ., sent. 17.01.2007, n. 966).
3.1 – Tanto premesso, innanzitutto vi è la prova del credito per cui l’attore ha agito in giudizio, il quale può pacificamente consistere anche in un credito litigioso e, dunque, non accertato con pronuncia giudiziale, tantomeno definitiva (Cass. Civ., Sez.Un. sent. n. 9440/2004; Cass. Civ, sent. n. 5619/2016).
Difatti, l’azione revocatoria può essere proposta non solo a tutela di un credito certo, liquido ed esigibile, ma, in coerenza con la sua funzione di conservazione dell’integrità del patrimonio del debitore quale garanzia generica delle ragioni creditizie, anche a tutela di una legittima aspettativa di credito.
Nel caso di specie, il credito, pari ad oltre 80.000,00 euro più accessori e spese legali, risulta accertato in forza della sentenza del Tribunale di Roma pubblicata in data 30.7.2015 (prodotta da parte attrice), pur non definitiva.
Non rileva che, nel frattempo, il credito sia stato soddisfatto a seguito di procedura esecutiva in danno del soggetto coobbligato in solido, Casa di Cura.
Infatti, detta parte risulta avere proposto appello avverso la sentenza di condanna, deducendo il proprio difetto di legittimazione passiva rispetto all’azione risarcitoria e, dunque, ragioni autonome da quelle portate avanti dal ZZZ.
Pertanto, un eventuale accoglimento per tali ragioni dell’appello promosso dalla Casa di Cura esporrebbe l’odierno attore all’obbligo di restituire alla detta parte le somme conseguite coattivamente ed egli rimarrebbe privo della garanzia patrimoniale generica dell’odierno convenuto, dott. ZZZ, qualora l’appello promosso da questi non trovasse accoglimento da parte del Giudice dell’impugnazione; mentre l’odierno convenuto non patirebbe alcun pregiudizio dall’accoglimento dell’azione revocatoria che rimarrebbe priva di effetti in caso di esito a lui favorevole del giudizio di gravame in ordine alla sussistenza del credito.
In proposito, appare utile richiamare il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità secondo cui “qualora uno solo tra più coobbligati solidali compia atti di disposizione del proprio patrimonio, è facoltà del creditore promuovere l’azione revocatoria, ai sensi dell’art. 2901 c.c. – ricorrendone i presupposti – nei suoi confronti, a nulla rilevando che i patrimoni degli altri coobbligati siano singolarmente sufficienti a garantire l’adempimento” (ex multis Cass. Civ, Sez. 3, Sentenza n. 8315 del 31/03/2017). In motivazione, la Suprema Corte precisava che “al fine della revocatoria degli atti dispositivi posti in essere dal debitore, l’art. 2901 cod. civ. richiede che essi si traducano in una menomazione del patrimonio del disponente, sì da pregiudicare la facoltà del creditore di soddisfarsi sul medesimo, mentre non esige, quale ulteriore requisito, anche l’impossibilità o difficoltà del creditore di conseguire aliunde la prestazione, avvalendosi di rapporti con soggetti diversi”.
3.2 – L’attore, poi, ha dato prova dell’eventus damni, ossia del pregiudizio recato alle ragioni creditorie.
In ordine al detto pregiudizio, deve rilevarsi che, a fondamento dell’azione revocatoria ordinaria, non è richiesta la totale compromissione della consistenza patrimoniale del debitore, ma soltanto il compimento di un atto che renda più incerto o difficile il soddisfacimento del credito, che può consistere non solo in una variazione quantitativa del patrimonio del debitore, ma anche in una modificazione qualitativa di esso.
Tale rilevanza quantitativa e qualitativa dell’atto di disposizione deve essere provata dal creditore che agisce in revocatoria, mentre è onere del debitore, per sottrarsi agli effetti di tale azione, provare che il suo patrimonio residuo sia tale da soddisfare ampiamente le ragioni del creditore (Cass. Civ., sent. n. 7767/2007; Cass. Civ., sent. n. 1896/12; Cass. Civ., sent. n. 1902/2015).
E’ appena il caso di rilevare che la sostituzione di un immobile con il denaro derivante dalla compravendita comporta di per sé una rilevante modifica qualitativa della garanzia patrimoniale, in considerazione della maggiore facilità di cessione del denaro (Cass. Civ., sent. n. 1896/2012).
Nel caso di specie, parte attrice ha dedotto che il cespite per cui è azione costituisce l’unico bene immobile intestato al convenuto, producendo ispezione ipotecaria (all. 20) e tale affermazione non risulta specificamente contestata dalle parti convenute, le quali non hanno indicato alcun bene utilmente aggredibile, limitandosi genericamente a ricordare l’onere probatorio incombente sull’altra parte, né il ZZZ, libero professionista, risulta titolare di pensioni o stipendi.
La giurisprudenza di legittimità ha precisato che “nel caso di vendita contestuale in favore di un terzo di una pluralità di beni del debitore, ovvero di vendita dell’unico bene immobile di proprietà del debitore, l’esistenza e la consapevolezza del debitore e del terzo acquirente del pregiudizio patrimoniale che tali atti recano alle ragioni del creditore, ai fini dell’esercizio da parte di questi dell’azione pauliana, possono ritenersi in re ipsa” (Cass. Sez. 2, Sentenza n. 7507 del 27/03/2007).
Tale orientamento è evidentemente applicabile pure nel caso in cui l’unico bene immobile sia oggetto di altro atto di disposizione a titolo gratuito, quale la costituzione del fondo in esame.
3.3 – Quanto all’elemento soggettivo in capo al debitore, esso coincide con la sola consapevolezza del pregiudizio arrecato al debitore non essendo necessario l’accertamento della “dolosa preordinazione” prevista dall’ultima parte dell’art. 2901 comma 1 n. 1) c.c., in quanto si tratta, nella fattispecie, di atto di disposizione posteriore al sorgere del credito.
Deve precisarsi che l’anteriorità del credito va valutata con riferimento al momento della sua effettiva insorgenza e non a quello del suo accertamento giudiziale (Cass. Civ. sent. n. 8013/1996; Cass. Civ. sent. n. 12678/2001; Cass. Civ. sent. n. 3981/2003; Cass. Civ. sent. n. 2748/2005; Cass. Civ. sent. n. 17356/2011).
Con riferimento alla responsabilità aquiliana, la giurisprudenza ha avuto modo di precisare che l’insorgenza del credito deve ritenersi coincidere con la data in cui è avvenuto il fatto illecito fonte della detta responsabilità (Cass. Civ. sent. n. 1968 del 2009, non massimata).
Nella fattispecie, il credito deve ritenersi sorto in data 27.8.2009, quando il ZZZ eseguiva l’intervento chirurgico produttivo di danni o, al più, nei successivi mesi di settembre ottobre 2009, quando si verificavano i primi pregiudizi in capo al XXX, il quale provvedeva a comunicare al medico la sintomatologia della malattia sofferta (circostanze allegate dall’attore e non specificamente contestate).
Pertanto, esso risulta antecedente all’atto di costituzione del fondo patrimoniale, risalente all’11.11.2009.
Dunque, quanto al consilium fraudis, non è necessario accertare se il trasferimento del bene – in quanto avvenuto a titolo gratuito – sia stato preordinato a recare nocumento alla pretesa creditoria dell’attore in quanto, come precisato dalla giurisprudenza “in tema di revocatoria ordinaria, ai fini della configurabilità del consilium fraudis, per gli atti di disposizione a titolo gratuito compiuti dal debitore successivamente al sorgere del credito, non è necessaria l’intenzione di nuocere ai creditori, ma è sufficiente la consapevolezza, da parte del debitore stesso (e non anche del terzo beneficiario), del pregiudizio che, mediante l’atto di disposizione, sia in concreto arrecato alle ragioni del creditore, consapevolezza la cui prova può essere fornita anche mediante presunzioni” (Cass. Civ., Sez. 2, Sentenza n. 14727/1999).
Al riguardo è stato ulteriormente puntualizzato in giurisprudenza che “l’azione revocatoria ordinaria di atti a titolo gratuito non postula che il pregiudizio arrecato alle ragioni del creditore sia conosciuto, oltre che dal debitore, anche dal terzo beneficiario, il quale ha comunque acquisito un vantaggio senza un corrispondente sacrificio e, quindi, ben può vedere il proprio interesse posposto a quello del creditore” (Cass. Civ., Sez. 2, Sentenza n. 12045/2010).
La conoscenza del pregiudizio arrecato alle ragioni creditorie può desumersi in base a presunzioni qualora gravi, precise e concordanti.
Nel caso de quo agitur, si è già evidenziato che l’elemento soggettivo in capo al debitore può ritenersi in re ipsa in caso di alienazione dell’unico cespite immobiliare in capo al ZZZ.
Inoltre, il consilium fraudis può essere desunto, per presunzioni, dalla stretta coincidenza temporale tra la comunicazione al convenuto da parte del XXX dei danni a lui cagionati dall’intervento chirurgico (settembre-ottobre 2009) con la data di costituzione del fondo patrimoniale il successivo 11.11.2009, peraltro a distanza di circa 8 anni dalla separazione dei coniugi (doc. 3 fasc. ZZZ).
4. – Deve, pertanto, essere dichiarata l’inefficacia nei confronti di XXX dell’atto di costituzione del fondo patrimoniale avente ad oggetto l’immobile citato in precedenza, con provvedimento da trascriversi a cura della competente Conservatoria.
5. – Le spese di lite seguono la soccombenza e devono essere liquidate, ai sensi del D.M. 55/2014, e successive modifiche, in complessivi euro 5.635,00 di cui euro 1.215,00 per la fase di studio, euro 775,00 per la fase introduttiva, euro 1.620,00 per la fase di trattazione/istruzione, euro 2.025,00 per la fase decisoria, avuto riguardo allo scaglione di valore applicabile corrispondente all’entità del credito per cui si agisce e non al valore dell’atto impugnato (cfr. Cass. Civ., 9.5.2014, n. 10089), alla complessità della causa, all’assenza di attività istruttoria ed all’impegno difensivo.
Parte convenuta deve a parte attrice € 592,30 per spese documentate.
P.Q.M.
Il Tribunale di Reggio Calabria, definitivamente pronunciando, nella causa iscritta al n. /2014 R.G.A.C., disattesa ogni diversa istanza, eccezione e deduzione, così provvede:
1. Dichiara inefficace ai sensi dell’art. 2901 c.c. nei confronti di XXX, l’atto di costituzione del fondo patrimoniale in data 11.11.2009 intercorso tra ZZZ e YYY per rogito notaio in, rep., racc. n., registrato a il al n., Serie e trascritto presso la Conservatoria dei RR.II. di il al n. d’ordine e al n. di formalità avente ad oggetto l’immobile adibito a civile abitazione sito in, via, riportato al Catasto Urbano del detto Comune Sezione, Foglio, Particella, Subalterno, parco, P. T-1-2-S1, Zona Censuaria, Categoria, Classe, Vani, Rendita Catastale euro;
2. Condanna i convenuti ZZZ e YYY, in solido tra loro, alla rifusione delle spese del presente giudizio in favore di XXX, che liquida in euro 6.227,30, di cui € 592,30 per spese ed € 5.635,00 per compensi, oltre al rimborso per spese generali pari al 15% sui compensi.
Così deciso in Reggio Calabria, 12 Agosto 2019
Il Giudice istruttore
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