TRIBUNALE DI MODENA SEZIONE LAVORO
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale di Modena, in persona del Giudice del Lavoro dott., ha pronunciato la seguente
SENTENZA n. 285/2022 pubblicata il 19/07/2022
nella causa di I° grado iscritta al N. 216/2021 R.G.
promossa da
XXX (C.F:)
RICORRENTE
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE – RISCOSSIONE (P. IVA:)
RESISTENTE
contro
ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE (INPS) (C.F.)
RESISTENTE
Avente ad oggetto: estratto di ruolo – opposizione – avviso di addebito – notifica – decadenza – prescrizione
CONCLUSIONI
Il procuratore della ricorrente conclude come da ricorso dell’11.03.2021: “In via principale
Annullare ovvero dichiarare nulle o comunque inefficaci tutti gli avvisi di addebito indicati in narrativa, unitamente ai ruoli ed agli estratti di ruolo per omessa o carente notifica degli stessi con conseguente estinzione del titolo. In ogni caso Accogliere il ricorso accertando e dichiarando l’intervenuta decadenza della cartella n., sancendo la loro irricevibilità da parte dell’Ente.
Accogliere il ricorso accertando e dichiarando l’intervenuta la prescrizione delle pretese creditorie portate dall’avviso di addebito n. oggetto del presente giudizio e di specifica impugnazione, il tutto per decorrenza del termine di cinque anni previsto per i contributi previdenziali ed assistenziali, sancendo la loro irricevibilità da parte dell’Ente.
Con vittoria di spese, diritti ed onorari di causa e con distrazione a favore del sottoscritto procuratore.”
Il procuratore dell’Agenzia delle Entrate-Riscossione conclude come da note finali del 06.06.2022: “voglia l’Ill.mo Tribunale, in funzione di Giudice del Lavoro, respinta ogni contraria istanza, eccezione o difesa, rigettare, respingere e/o dichiarare inammissibile il ricorso per le motivazioni sopra esposte e le richieste nelle stesso formulate perché infondate in fatto ed in diritto dichiarando la legittimità dell’attività compiuta dall’Agente della Riscossione e lasciandola indenne da ogni eventuale pregiudizio causato da atti o omissioni imputabili all’Ente impositore.
Spese e compensi del giudizio da distrarre ex art. 93 cpc. Salvo ogni diritto.”
Il procuratore dell’INPS conclude come da memoria difensiva del 28.12.2021:
“disattesa ogni contraria istanza, chiede il rigetto del ricorso avversario. Spese come per legge.”
RAGIONI DI FATTO E DI DIRITTO DELLA DECISIONE
1. Con ricorso in opposizione dell’11.03.2021, XXX chiedeva accertarsi la nullità e comunque l’inefficacia degli avvisi di addebito n. (€. 702,75), n. (€. 1.269,84), n. (€. 352,82), n. (€. 1.351,85) e n. (€. 94,68), per carente o omessa notifica, conseguentemente dichiararsi non dovute le pretese contributive oggetto dei predetti ruoli. Essa deduceva che, in data 23.02.2021, si recava presso gli sportelli dell’Agenzia delle Entrate-Riscossione per verificare l’esistenza di pendenze a suo carico e nell’occasione veniva a conoscenza dei predetti atti impositivi, ammontanti a complessivi €. 3.792,49, richiamati dall’estratto di ruolo consegnato dall’agente della riscossione, atto autonomamente impugnabile dinanzi all’autorità giudiziaria come stabilito dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 1974/2015.
La ricorrente lamentava: a) l’omessa notifica degli avvisi di addebito; b) il mancato rispetto delle forme e delle modalità prescritte dagli artt. 137 c.p.c. e 26 e 60, D.P.R. n. 602/1973; c) l’intervenuta decadenza dall’iscrizione a ruolo, ai sensi dell’art. 25, comma 1, D. Leg. n. 46/1999, limitatamente all’avviso di addebito n. 37020170001858909000; d) la prescrizione quinquennale dei contributi oggetto dall’avviso di addebito n..
Nelle note scritte del 28.01.2022, la difesa attorea eccepiva la nullità della notificazione dell’Agenzia delle Entrate-Riscossione, “perché effettuata mediante un servizio postale privato privo dell’autorizzazione speciale rilasciata dal ministero e necessaria per la notifica degli atti tributari.”
2. L’Agenzia delle Entrate-Riscossione, tempestivamente costituitasi in giudizio, contestava le deduzioni/eccezioni attoree e instava per il rigetto del ricorso; la convenuta eccepiva: a) la carenza di legittimazione passiva per le questioni attinenti al merito delle pretese contributive; b) l’inammissibilità dell’opposizione per carenza di interesse ad agire ex art. 100 c.p.c., stante la non impugnabilità dell’estratto di ruolo; c) l’inammissibilità del ricorso, perché non proposto nel termine di quaranta giorni ex art. 24, D. Leg. n. 46/1999 e nel termine di venti giorni fissato dall’art. 617 c.p.c.; d) l’infondatezza dell’eccezione di prescrizione, in quanto il termine era stato interrotto dalle intimazioni di pagamento.
3. L’INPS, depositata tempestiva memoria di costituzione, contestava le eccezioni attoree e rilevava che gli avvisi di addebito erano stati regolarmente notificati e non impugnati nei termini di legge.
4. Sull’eccezione di decadenza
L’art. 25, comma 1 del D. Lgs. n. 46/1999, nel disciplinare l’iscrizione a ruolo dei crediti degli enti previdenziali assoggettati al relativo sistema di riscossione, dispone: “I contributi o premi dovuti agli enti pubblici previdenziali sono iscritti in ruoli resi esecutivi, a pena di decadenza:
a) per i contributi o premi non versati dal debitore, entro il 31 dicembre dell’anno successivo al termine fissato per il versamento; in caso di denuncia o comunicazione tardiva o di riconoscimento del debito, tale termine decorre dalla data di conoscenza, da parte dell’ente;
b) per i contributi o premi dovuti in forza di accertamenti effettuati dagli uffici, entro il 31 dicembre dell’anno successivo alla data di notifica del provvedimento ovvero, per quelli sottoposti a gravame giudiziario, entro il 31 dicembre dell’anno successivo a quello in cui il provvedimento è divenuto definitivo.”
L’avviso di addebito n. è relativo ai contributi previdenziali del periodo 3/2015 – 9/2015 (da versarsi entro il 16 febbraio 2016). L’istituto ha iscritto a ruolo il credito previdenziale entro il 31 dicembre dell’anno successivo al termine fissato per il versamento, poiché l’avviso di addebito è stato emesso in data 09.09.2017. [1] Non si è quindi perfezionata la decadenza di legge, con conseguente diritto a procedere all’esecuzione forzata.
In ogni caso, la decadenza ex art. 25 non osta all’esame del merito della pretesa, atteso che per pacifica giurisprudenza (cfr. Cass. n. 19708/2017; Cass. n. 15211/2017; Cass. n. 5963/2018):
– l’iscrizione a ruolo è solo uno dei meccanismi che la legge accorda all’INPS per il recupero dei crediti contributivi, ferma restando la possibilità che l’istituto agisca nelle forme ordinarie;
– un eventuale vizio formale della cartella o il mancato rispetto del termine di decadenza previsto ai fini dell’iscrizione a ruolo comporta soltanto l’impossibilità, per l’istituto, di avvalersi del titolo esecutivo, ma non lo fa decadere dal diritto di chiedere l’accertamento in sede giudiziaria dell’esistenza e dell’ammontare del proprio credito;
– l’art. 25 cit. d.lgs. n. 46 del 1999 prevede in sostanza una decadenza processuale e non sostanziale e ciò è dimostrato: dal tenore testuale della norma, che parla di decadenza dall’iscrizione a ruolo del credito e non di decadenza dal diritto di credito o dalla possibilità di azionarlo nelle forme ordinarie; dall’impossibilità di estendere in via analogica una decadenza dal piano processuale anche a quello sostanziale; dalla non conformità all’art. 24 Cost. di un’opzione interpretativa che negasse all’istituto la possibilità di agire in giudizio nelle forme ordinarie; dalla ratio dell’introduzione del meccanismo di riscossione coattiva dei crediti previdenziali a mezzo iscrizione a ruolo, intesa a fornire all’ente un più agile strumento di realizzazione dei crediti (v. Corte cost. ord., n. 111/07), non già a renderne più difficoltosa l’esazione imponendo brevi termini di decadenza; dal rilievo che la scissione fra titolarità del credito previdenziale e titolarità della relativa azione esecutiva (quest’ultima in capo all’agente della riscossione) mal si concilierebbe con un’ipotesi di decadenza sostanziale.
5. Sull’inammissibilità dell’opposizione
5.1. Secondo il pacifico insegnamento del giudice di legittimità, qualora la cartella di pagamento sia stata regolarmente notificata, è inammissibile per carenza d’interesse ad agire l’opposizione proposta avverso l’estratto di ruolo contributivo, difettando una minaccia attuale di atti esecutivi (Cass. n. 6723/2019). Cass. n. 5443/2019 ha statuito che “L’estratto di ruolo non è autonomamente impugnabile, in quanto atto interno all’amministrazione ed improduttivo di effetti nella sfera del destinatario, il quale ha l’onere di impugnare la cartella cui esso di riferisce, con le forme e nei termini di legge. Tale principio non si pone in contrasto con quello secondo cui il contribuente può far valere immediatamente le sue ragioni avverso la cartella esattoriale non notificata o invalidamente notificata, della cui esistenza sia venuto a conoscenza solo attraverso un estratto di ruolo rilasciato su sua richiesta, trattandosi – in quest’ultimo caso – di tutela anticipatoria giustificata dall’esigenza di recuperare gli strumenti di impugnazione avverso la cartella esattoriale non utilmente attivabili in precedenza a causa della assenza o invalidità della notifica.” Dunque, l’impugnazione della cartella esattoriale, la cui esistenza risulti da un estratto di ruolo rilasciato dal concessionario per la riscossione su richiesta del debitore, è ammissibile a prescindere dalla notificazione di essa congiuntamente all’estratto di ruolo soltanto se il contribuente alleghi e dimostri di non aver mai avuto conoscenza in precedenza della cartella per un vizio di notifica, e quindi solo in funzione recuperatoria. Anche recentemente Cass. n. 3005/2020 ha ribadito che “l’intimazione di pagamento che faccia seguito ad un atto impositivo divenuto definitivo per mancata impugnazione non integra un nuovo ed autonomo atto impositivo, con la conseguenza che, in base all’art. 3, comma 3, del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, esso resta sindacabile in giudizio solo per vizi propri e non per questioni attinenti all’atto impositivo da cui è sorto il debito. Ne consegue che tali ultimi vizi non possono essere fatti valere con l’impugnazione dell’intimazione di pagamento, salvo che il contribuente non sia venuto a conoscenza della pretesa impositiva solo con la notificazione dell’intimazione predetta (cfr., con riguardo a cartella di pagamento facente seguito ad avviso di accertamento divenuto definitivo, tra le altre, Cass. n. 16641 del 29/07/2011 e Cass. n. 8704 del 10/04/2013). Ne deriva che la questione della prescrizione del credito tributario, che avrebbe potuto essere fatta valere solo con l’impugnazione della cartella esattoriale, potrebbe essere esaminata solo nel caso in cui si accertasse che al contribuente la cartella stessa non è stata notificata» (Cass. n. 23046 del 2016)”.
5.2. Nella specie, emerge per tabulas che gli avvisi di addebito sono stati regolarmente notificati, mediante raccomandata a/r, presso la residenza di XXX, in (cfr. avvisi di ricevimento [2]). Segnatamente:
– l’avviso di addebito n. risulta notificato in data 04.06.2016;
– l’avviso di addebito n. risulta notificato in data 29.12.2016;
– l’avviso di addebito n. risulta notificato in data 10.01.2018.
La ricorrente era perfettamente a conoscenza dei ruoli e dei crediti vantati dall’INPS, ciononostante essa non ha proposto tempestiva opposizione ex art. 24, D. Leg. n. 46/1999. Deve pertanto escludersi l’ammissibilità dell’opposizione in funzione recuperatoria, posta la decadenza in cui è incorsa l’attrice. L’accertamento amministrativo è divenuto irretrattabile per decorso del termine di quaranta giorni ex art. 24, D. Leg. n. 46/1999. Come statuito da Cass. n. 22946/2016, “diversamente opinando, e cioè ammettendo l’azione di mero accertamento negativo del credito risultante dalla cartella o dal ruolo tutte le volte in cui il contribuente si procuri un estratto di ruolo in cui essa sia riportata si produrrebbe l’effetto distorto di rimettere in termini il debitore rispetto alla possibilità di impugnare la cartella anche in tutti i casi in cui (come il presente) egli fosse già stato ben a conoscenza, in precedenza, della sua esistenza”.
XXX avrebbe potuto ottenere il risultato di eliminare gli atti impositivi ancora iscritti a ruolo, la cui riscossione a suo avviso non era più esigibile per l’intervenuta prescrizione quinquennale, attivandosi in via amministrativa, richiedendo agli enti previdenziali lo sgravio, in via di autotutela, dei contributi asseritamente prescritti. In difetto di una attività esecutiva dell’agente della riscossione, la ricorrente non avrebbe dovuto seguire la strada dell’azione di accertamento negativo del credito. In tal senso il consolidato insegnamento del giudice di legittimità: “L’impugnazione diretta del ruolo esattoriale da parte del debitore che chieda procedersi ad un accertamento negativo del credito dell’amministrazione ivi risultante deve ritenersi inammissibile per difetto di interesse non prospettandosi tale accertamento come l’unico strumento volto ad eliminare la pretesa impositiva dell’amministrazione : ben avrebbe potuto infatti il debitore, rivolgersi direttamente all’amministrazione, in via amministrativa, chiedendo l’eliminazione del credito in via di autotutela (il c.d. sgravio). Avendo egli uno strumento per eliminare la pretesa dell’amministrazione a cui far ricorso, ciò rende non percorribile, per difetto di interesse, la proposizione di un’azione di mero accertamento” (Cass. n. 22946/2016).
Alla stregua del principio della cd. “ragione più liquida” (cfr. Cass. n. 30745/2019, Cass. S.U. n. 11799/2017), l’accoglimento dell’illustrato profilo di censura assorbe ogni valutazione in ordine alle ulteriori eccezioni dei convenuti.
5.3. Parte attrice ha eccepito la nullità della notifica degli AVA n. e n., “stante la mancata sottoscrizione da parte dell’incaricato al recapito dell’avviso di ricevimento, nonché del timbro recante data certa”. Tuttavia, la nullità conseguente alle violazioni denunciate è sanata dal raggiungimento dello scopo, posto che gli atti sono stati ritirati direttamente da XXX (circostanza non contestata).
Si appalesano, infine, inconferenti le eccezioni relative ai vizi delle notifiche, così come formulate nel ricorso introduttivo. Parte ricorrente lamenta la violazione delle disposizioni dettate in materia di riscossione coattiva ex d.p.r. n. 602/1973 ma l’agente della riscossione non ha eseguito alcuna notifica dei ruoli. L’Ente impositore ha provveduto, autonomamente, alla notificazione degli avvisi di addebito per mezzo del servizio postale. Da qui il rigetto di tutte le doglianze aventi ad oggetto la violazione delle modalità prescritte dagli artt. 26 e 60, D.P.R. n. 602/1973.
5.4. L’INPS non ha fornito prova documentale della notifica degli avvisi di addebito n. e n.. Quanto al primo AVA, si rileva come non siano state prodotte le PEC di consegna all’indirizzo della ricorrente (messaggi xml in originale), né i documenti in atti riportano i dati indentificati dell’atto notificato con posta elettronica certificata. [3] Tale documentazione è inidonea a comprovare l’intervenuta notifica degli atti impositivi, con conseguente ammissibilità dell’opposizione in funzione recuperatoria.
Come noto, poi, l’opposizione all’avviso di addebito dà origine ad un ordinario giudizio di cognizione su diritti ed obblighi inerenti al rapporto previdenziale obbligatorio, con la conseguenza che l’accertamento di tale rapporto deve avvenire secondo le ordinarie regole di ripartizione dell’onere della prova, alla stregua delle quali grava sull’ente previdenziale l’onere di provare i fatti costitutivi dell’obbligo contributivo e sulla controparte l’onere di contestare tali fatti. Per tutte Cass. n. 22862/2010: “In tema di riparto dell’onere della prova ai sensi dell’art. 2697 cod. civ., l’onere di provare i fatti costitutivi del diritto grava sempre su colui che si afferma titolare del diritto stesso ed intende farlo valere, ancorché sia convenuto in giudizio di accertamento negativo, con la conseguenza che la sussistenza del credito contributivo dell’INPS, preteso sulla base di verbale ispettivo, deve essere comprovata dall’Istituto con riguardo ai fatti costitutivi rispetto ai quali il verbale non riveste efficacia probatoria” (cfr. Cass. n. 22862/2010, Cass. n. 12108/2010).
La pretesa contributiva è priva di qualsiasi supporto probatorio; non vi sono in atti documenti comprovanti i fatti costitutivi del credito INPS. Vanno quindi annullati i predetti avvisi di addebito.
6. Sulle spese di lite
Con la sentenza n. 77/2018, la Corte Costituzionale ha dichiarato costituzionalmente illegittimo l’art. 92, comma 2 c.p.c. nella parte in cui non consente di compensare parzialmente o per intero le spese di lite ove ricorrano gravi ed eccezionali ragioni, diverse da quelle tipizzate dal legislatore. Secondo la Corte, devono ritenersi riconducibili alla clausola generale delle “gravi ed eccezionali ragioni” tutte quelle ipotesi analoghe a quelle tipizzate espressamente nell’art. 92 comma 2 c.p.c., ovvero che siano di pari o maggiore gravità ed eccezionalità, con la conseguenza che “l’assoluta novità della questione trattata” e il “mutamento della giurisprudenza rispetto alle questioni dirimenti” assumono la sola funzione di parametro di riferimento per la determinazione dell’area di operatività della norma e non un ruolo tipizzante esclusivo.
L’accoglimento parziale del ricorso giustifica la compensazione parziale delle spese di lite nella misura del 50%. La restante quota del 50% deve essere posta a carico di XXX in forza del principio della soccombenza ex art. 91 c.p.c., da liquidarsi secondo i parametri del D.M. n. 55/2014 (lo scaglione di riferimento è quello fino a €. 5.200,00).
P.Q.M.
Il Tribunale di Modena, in persona del Giudice del Lavoro dott. Vincenzo Conte, definitivamente decidendo, ogni contraria istanza, domanda ed eccezione respinta: 1) DICHIARA inammissibile l’opposizione proposta avverso gli avvisi di addebito n., n. e n.;
2) ANNULLA gli avvisi addebito n. e n.;
3) CONDANNA XXX al pagamento del 50% delle spese di lite in favore dell’Agenzia delle Entrate-Riscossione, che liquida nella complessiva somma di €. 1.000,00 – già ridotta del 50% -, oltre rimborso spese generali ex art. 2, D.M. n. 55/2014 nella misura del 15%, I.V.A. (se dovuta), e C.P.A.; dispone la distrazione delle spese di lite in favore del procuratore dichiaratosi antistatario;
4) CONDANNA XXX al pagamento del 50% delle spese di lite in favore dell’INPS, che liquida nella complessiva somma di €. 1.000,00 – già ridotta del 50% -, oltre rimborso spese generali ex art. 2, D.M. n. 55/2014 nella misura del 15%, I.V.A. (se dovuta), e C.P.A.;
5) FISSA termine di giorni sessanta per il deposito della motivazione. Modena, 30 giugno 2022
Il Giudice del Lavoro
La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di
Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.
Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?
Prenota un appuntamento.
La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.
Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.
Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.
Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.