R.G. n. 606/2023
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
CORTE DI APPELLO DI SALERNO Prima Sezione Civile La Corte di Appello di Salerno, nelle persone dei seguenti magistrati:
dott.ssa NOME COGNOME Presidente dott. NOME COGNOME Consigliere dott. NOME COGNOME Consigliere rel.
riunita in camera di consiglio, ha emesso la seguente
SENTENZA N._985_2024_- N._R.G._00000606_2023 DEL_11_11_2024 PUBBLICATA_IL_12_11_2024
nella causa civile in grado di appello iscritta al n. 606 del Ruolo generale degli affari contenziosi civili dell’anno 2023, vertente TRA nato rappresentati e difesi dall’avv. NOME COGNOME per procura allegata all’atto di appello;
– appellanti – nato a Vibonati il 02/08/1956 , nato a Cetraro (Cs) il 24/02/1963 rappresentati e difesi dall’avv. NOME COGNOME per procure allegate alla comparsa di risposta;
– appellati –
OGGETTO: appello avverso la sentenza del Tribunale di Salerno n. 2020/2023, pubblicata il 09/05/2023.
CONCLUSIONI
Per gli appellanti:
“- in via principale e nel merito, accogliere per i motivi tutti C.F. C.F. C.F. 09/05/2023 resa inter partes dal Tribunale di Salerno accogliere tutte le conclusioni avanzate nel giudizio di primo grado che qui si riportano:
“1) accertare e dichiarare che l’immobile di proprietà dei sigg.ri , in riferimento alla cantinola pertinenziale, presenta vizi tali da renderla inidonea all’uso al quale è destinata;
2) accertare e dichiarare che le parti condominiali relative all’immobile di proprietà dei sigg.ri presentano vizi e difetti strutturali;
3) accertare e dichiarare, ai sensi e per gli effetti dell’art. 1490 c.c. la sussistenza della obbligazione di garanzia per i vizi della cosa venduta;
4) accertare e dichiarare, ai sensi e per gli effetti dell’art. 1494 c.c. la responsabilità dei sigg.ri per il risarcimento dei danni ingiustamente subiti dai sigg.ri in conseguenza dei vizi della cosa compravenduta ed in ragione delle spese per il ripristino della normale utilizzabilità della cosa compravenduta in riferimento alla cantinola pertinenziale;
5) accertare e dichiarare, ai sensi e per gli effetti dell’art. 1337 c.c., la mala fede dei sigg.ri nel corso delle trattative aventi ad oggetto la compravendita dell’immobile per cui è causa e, per l’effetto, 6) condannare, ai sensi e per gli effetti dell’art. 1490 – 1494 e/o 1337 c.c.i sigg.ri , in proprio ovvero in solido tra loro, al risarcimento di ogni e qualsiasi danno ingiustamente subito dai sigg.ri nella misura di circa euro 25.000,00 ovvero nella misura maggiore o minore che sarà accertata in corso di causa, anche in ragione della quantificazione delle spese necessarie per il ripristino della normale funzionalità della cantinola pertinenziale e delle parti condominiali dell’immobile compravenduto. 7) con vittoria di spese e competenze professionali e con attribuzione in favore del sottoscritto procuratore antistatario”.
Per gli appellati:
“I – Rigettare l’appello in uno a tutti i motivi di gravame proposti, essendo lo stesso, per le ragioni e le motivazioni tutte sopra riportate, inammissibile ed in ogni caso infondato e, per l’effetto, confermare integralmente l’impugnata sentenza.
II- Condannare parte appellante al pagamento delle spese e delle competenze anche del presente grado di giudizio, oltre rimborso S.G., CPA ed IVA se dovuta, con conferma della statuizione in ordine alle spese del primo grado di giudizio”.
acquirenti di un appartamento sito in Salerno alla INDIRIZZO, proponevano l’azione di garanzia, ex art. 1490 c.c., nei confronti dei venditori ( per i vizi della cantinola pertinenziale e delle parti condominiali, interessate da fenomeni di infiltrazioni di acqua.
Deducevano, altresì, la responsabilità precontrattuale dei venditori, ai sensi dell’art. 1337 c.c., per aver taciuto in mala fede l’esistenza dei vizi nel corso delle trattative di vendita.
Chiedevano, a norma dell’artt. 1490-1494 e 1337 c.c., la loro condanna al risarcimento dei danni nella misura di circa € 25.000,00 ovvero nella misura maggiore o minore che sarà accertata in corso di causa, anche in ragione della quantificazione delle spese necessarie per il ripristino.
All’esito, la sentenza in oggetto rigettava le domande, esponendo che l’azione per il risarcimento dei danni ex art. 1494 c.c. si è prescritta nel termine previsto dall’art. 1495 c.c. (un anno dalla consegna del bene), indipendentemente dalla scoperta del vizio, dal momento che il contratto di compravendita è stato stipulato il 5.2.2014, mentre, pur volendo ritenere valido atto di interruzione la diffida stragiudiziale, la prima denuncia dei vizi risale a data non anteriore al mese di aprile 2015 ed il procedimento di mediazione è stato promosso con deposito dell’istanza in data 26.5.2015; che l’azione di responsabilità precontrattuale è ammissibile anche in caso di contratto validamente concluso quando, all’esito di un accertamento di fatto, alla parte sia imputabile l’omissione, nel corso delle trattative, di informazioni rilevanti le quali avrebbero altrimenti, con un giudizio probabilistico, indotto ad una diversa conformazione del contratto stesso (Cass., 23.3.2016, n. 5762);
che, tuttavia, gli attori hanno allegato la mala fede degli alienanti, i quali sarebbero stati a conoscenza dei vizi dell’immobile compravenduto ed avrebbero evitato di far visionare la cantinola ai potenziali acquirenti, ma “non hanno tuttavia circostanziato come la mala fede addebitata ai convenuti abbia portato alla conclusione del contratto a quelle condizioni, e non hanno allegato alcunché su quali sarebbero potuti essere i differenti esiti della trattativa qualora non fosse stata connotata dalla (ritenuta) mala fede dei venditori”; che non risulta sufficientemente provato che gli acquirenti non abbiano mai visionato la cantina, né che non si siano resi conto dello stato in cui versavano i locali condominiali e, comunque, non appare credibile che si sarebbero determinati ad acquistare quel dato immobile proprio in virtù del locale cantina ed abbiano, invece, addirittura concluso propongono appello avverso la sentenza, con cui avversano, sia la maturazione del termine di prescrizione previsto dall’art. 1495 c.c., sia l’omissione di allegazione dei fatti costitutivi dell’azione risarcitoria ex art. 1337 e 1338 c.c. Deducono che è infondata l’eccezione di prescrizione ex art. 1495 c.c., trattandosi di vizi, non solo occulti, ma anche in mala fede occultati nel corso delle trattative e fino alla stipula del contratto di compravendita; che la scoperta dei vizi della cantinola e dello stabile condominiale è avvenuta solo dopo l’acquisto e dopo la partecipazione alle assemblee condominiali, allorquando hanno appreso che l’intero stabile condominiale risentiva di gravissime infiltrazioni dovute alla falda acquifera sulla quale esso insiste e che occorrevano ingenti lavori di manutenzione straordinaria;
che la prima assemblea alla quale hanno partecipato è quella del 11.6.2014, ove si è discusso del fenomeno di infiltrazione di acqua nelle cantine;
che nelle successive assemblee tenute nel corso dell’anno 2014 hanno avuto piena cognizione della gravità dei vizi e li hanno denunciati ai venditori con missiva del 5.3.2015;
che i vizi rendevano del tutto inutilizzabili la cantinola e le parti condominiali interessate dal fenomeno delle infiltrazioni, in particolare il “vano caldaia”, nel quale si infiltrano le acque della falda e le acque scure della rete fognaria;
che la cantinola non era semplicemente “ammalorata”, ma costantemente allagata;
che i vizi sono stati taciuti in mala fede agli acquirenti, ai quali è stato impedito di visionare la cantina di pertinenza e le parti condominiali interessate dalle infiltrazioni di acqua, non consegnando loro le chiavi;
che gli odierni appellanti hanno adeguatamente sviluppato il “tema” della mala fede degli alienanti, ai fini della loro responsabilità ex art. 1337 e 1338 c.c., avendo dimostrato che i venditori hanno partecipato alle assemblee condominiali aventi ad oggetto le gravissimi infiltrazioni di acqua nell’immobile condominiale e nelle cantine, senza nulla riferire agli acquirenti;
che nel corso dell’assemblea del 14.9.2012, proprio , in quanto geologo, aveva assunto l’incarico tecnico di accertare le cause delle infiltrazioni di acqua nel locale cantina;
che gli appellanti hanno scoperto i vizi ed hanno avuto piena cognizione della loro gravità solo dopo le indagini complesse, anche di natura tecnica, compiute in seguito a deliberazioni di assemblee condominiali;
che, in particolare, la perizia giurata dell’ing. ha accertato che il livello dell’acqua di almeno 50 cm dal terreno di falda superficiale (acque pulite) e alla percolazione di acque putrescibili provenienti dalla fognatura condominiale e la presenza delle acque di falda hanno reso tutto il locale interrato, sede delle cantinole, inservibile, pieno di muffe e con intonaci decadenti e marcescibili;
che le dichiarazioni rese dai testimoni di parte convenuta, , i quali hanno riferito di un cantina come “vuota”, “asciutta e priva di acqua”, sono false, contraddittorie e smentite dalla documentazione allegata;
che, al contrario, le testimonianze di confermano l’inutilizzabilità delle cantine, la mancata consegna delle chiavi della cantina e le “scuse” accampate per evitare che il locale potesse essere visionato dagli odierni appellanti, nonostante le loro insistenze;
che, in tal senso sono false anche le dichiarazioni del teste in merito alla consegna delle chiavi della cantina a parte attrice.
, costituitisi, rispondono che la consegna formale dell’immobile è avvenuta in data 5.2.2014, contestualmente alla stipula dell’atto di compravendita, mentre la prima denuncia dei presunti vizi alla cantinola è del 18.3.2015, ovvero ben oltre il termine di otto giorni previsto dall’art. 1495 c.c. ed il termine di prescrizione di un anno;
che nella diffida del 18.3.2015 si legge testualmente “Con la presente i sig.ri denunciano i gravissimi vizi di inutilizzabilità della cantina completamente distrutta da infiltrazioni d’acqua e perennemente allagata, oltre che ricoperta dalla presenza di muffe su tutte le pareti”;
che lo stesso teste indicato da parte attrice, ha dichiarato testualmente “Ricordo che subito dopo (l’atto di compravendita) accompagnai mia sorella a visionare la cantina”;
che, se nella denuncia dei vizi la cantinola risultava “completamente distrutta e perennemente allagata” non si può certo parlare di vizi occulti che avrebbero necessitato di qualche accertamento tecnico per verificarne le cause e, pertanto, andavano denunciati al venditore immediatamente e non “allorquando i coniugi avessero acquisito la certezza obiettiva del vizio non essendo sufficiente il semplice sospetto”;
che lo stesso discorso vale con riferimento a presunti vizi strutturali alle parti comuni, per i quali, inoltre, la richiesta di risarcimento è stata avanzata per la prima volta con la notifica dell’atto di citazione del settembre 2016, due anni e mezzo dopo la compravendita;
che tali vizi, infatti, non sono stati denunciati, né con la diffida del 18.3.2015, né con la domanda di mediazione del 16.6.2015;
che gli appellanti tentano di aggirare le decadenze in cui l’affare si è effettivamente concluso, al risarcimento dell’interesse negativo, rappresentato sia dalle spese inutilmente sopportate nel corso delle trattative in vista della conclusione del contratto, sia dalla perdita di ulteriori occasioni per la stipulazione con altri di un contratto altrettanto o maggiormente vantaggioso;
che è stato provato nel giudizio di primo grado (testimonianza di ) che le chiavi della cantinola pertinenziale sono state consegnate ben prima della stipula dell’atto definitivo ed i coniugi avevano avuto tutto il tempo di visionarla e di trovarla di proprio gradimento, in quanto priva di allagamento come confermato all’esito dell’istruttoria;
che l’edificio è esente da qualsivoglia rischio di staticità e, a distanza di 8 anni dall’intentata azione giudiziaria, nessun intervento di messa in sicurezza è stato eseguito sulle parti condominiali, mentre le cantine vengono regolarmente utilizzate dai condomini;
che ben quattro testimoni, indifferenti alle parti in causa, hanno confermato che la cantina era perfettamente asciutta al proprio interno ( che gli appellati non hanno legittimazione passiva rispetto alle presunte problematiche alle parti condominiali, le quali consistono in semplici problemi di infiltrazione d’acqua provenienti dal vano caldaia, assolutamente noti alla parte acquirente, sulle quali l’assemblea condominiale si è sempre riservata di individuare le cause ed eventualmente intervenire;
che l’ing. ha effettuato, per conto del , un sopralluogo nel 2013 e quantificato i lavori da eseguire in € 10.000,00, salvo poi quantificare gli stessi nella abnorme somma di € 240.200,00 nella perizia di parte del 2016;
che la relazione geologica redatta dal geol. , commissionata dal , non evidenzia alcun problema strutturale all’immobile e afferma la compatibilità idrogeologica e la stabilità dell’area del cortile ai fini della costruzione di box auto;
che anche nella documentazione fotografica dell’arch. non si riscontrano allagamenti ma semplici ammaloramenti delle parti comuni, dovuti probabilmente a fenomeni di risalita capillare e percolazione di acque nere degli scarichi condominiali.
Osserva la Corte che i vizi strutturali dell’immobile compravenduto, su cui gli acquirenti cumulano l’azione di garanzia ex art. 1490 e ss. c.c. e l’azione di responsabilità precontrattuale, sono stati rappresentati per relationem, con riferimento all’allegata perizia di parte dell’ing. la quale indica due difetti strutturali.
Il primo difetto è dato dalla quota delle fondazioni dell’edificio al creato un ostacolo al deflusso delle acque ed il conseguente aumento del livello di falda a monte della strada, che corrisponde al terreno fondale del fabbricato).
La presenza delle acque di falda – precisa il perito – determina l’allagamento del locale interrato, sede delle cantinole, rendendolo pieno di muffa e con intonaci decadenti e marcescibili.
Il secondo difetto è una perdita della fognatura condominiale posta a tergo del muro del locale interrato, che determina la percolazione di acque putrescibili.
In sostanza, secondo la perizia di parte la cantinola degli appellanti è interessata da un fenomeno di infiltrazioni di acque di falda e di acque di fogna a causa di difetti strutturali di parti comuni dell’edificio (le fondazioni e la fognatura condominiale).
Rispetto ad entrambi i vizi strutturali dell’edificio, gli acquirenti fanno valere la garanzia ex art. 1490 e ss. c.c., optando (non per la risoluzione del contratto, né per la riduzione del prezzo, ex art. 1493 c.c., ma solo) per il risarcimento del danno, ex art. 1494 c.c., nella misura delle “spese necessarie per il ripristino della normale funzionalità della cantinola pertinenziale e delle parti condominiali dell’immobile compravenduto”.
L’azione risarcitoria presuppone, non solo che i vizi siano ignorati al momento della vendita, ma anche che la mancata conoscenza dei vizi sia incolpevole, dovendo trattarsi di vizi occulti e di non facile riconoscibilità.
Dal momento della loro scoperta decorre un termine di decadenza del diritto alla garanzia (otto giorni entro i quali denunziare i vizi al venditore, salvo che questi abbia riconosciuto i vizi o li abbia occultati).
In ogni caso, l’azione di garanzia si prescrive in un anno dalla consegna del bene (art. 1495, comma 3, c.c.).
Rispetto alla decorrenza del termine di prescrizione, che ha inizio con la consegna effettiva del bene anche se il vizio non era ancora conosciuto, non hanno alcuna pertinenza i motivi di impugnazione che sostengono la natura occulta dei vizi, la mala fede dei venditori per averli occultati durante le trattative (con il pretesto di non trovare le chiavi della cantinola) e la loro scoperta avvenuta solo dopo la vendita in sede di assemblea condominiale.
La scoperta successiva dei vizi vale solo ai fini della decorrenza del termine di decadenza (otto giorni entro i quali denunciare i vizi), ma non per la decorrenza del termine di prescrizione dell’azione, il quale, indipendentemente dalla natura occulta o palese dei vizi e dalla loro conoscenza o meno, ha inizio nel momento in cui il compratore instaura la relazione materiale con il bene mediante la sua consegna da parte del venditore.
essendo intervenuto alcun atto interruttivo entro un anno dalla consegna del bene, avvenuta alla stipula del contratto di compravendita (5.2.2014).
Il primo atto potenzialmente interruttivo è, infatti, la lettera racc.ta a.r. di denunzia dei vizi recante la data del 5.3.2015, spedita il 12.3.2015 e consegnata il 18.3.2015, allorquando il termine prescrizionale era già decorso.
Il medesimo danno è risarcibile, secondo gli attori, odierni appellanti, anche a titolo di responsabilità precontrattuale per “mala fede nelle trattative, ex art. 1337 c.c.” per avere i venditori taciuto l’esistenza dei vizi nella fase delle trattative e “costantemente evitato che gli attori visionassero la cantinola, adducendo come motivazione l’indisponibilità delle chiavi di accesso al locale pertinenziale e così dichiarandone l’esistenza solo sulla base della documentazione catastale relativa l’immobile”.
Anche sotto tale aspetto è insindacabile l’argomento del primo giudice, che non esclude, in punto di diritto, la configurabilità della responsabilità precontrattuale in presenza di un contratto validamente concluso, ma la ritiene infondata perché gli attori non hanno assolto all’onere di allegare il danno risarcibile, che corrisponde alle diverse condizioni alle quali sarebbe stato stipulato il contratto se i venditori non avessero taciuto l’esistenza dei vizi.
La responsabilità ex art. 1337 c.c. era in passato concepibile solo in presenza del mancato perfezionamento dell’accordo, ovvero nel caso di contratto invalido, previsto dall’art. 1338 c.c., mentre, una volta concluso il contratto, l’unica ferma di responsabilità configurabile era quella contrattuale ed eventuali scorrettezze precontrattuali potevano rilevare solo se si traducevano in inadempimento.
Superando questa impostazione tradizionale, che la riteneva preclusa dalla intervenuta conclusione di un valido contratto, la giurisprudenza di legittimità ammette da tempo che possa configurarsi una responsabilità precontrattuale anche nelle ipotesi in cui l’accordo tra le parti, pur valido, si sarebbe formato a condizioni diverse se la parte non avesse tenuto un comportamento contrario alla buona fede (Cass., 29.9.2005, n. 19024), venendo meno, con comportamenti maliziosi o anche solo reticenti, al dovere di trattare in modo leale. Per quanto riguarda la determinazione del danno da contratto valido ed efficace ma sconveniente per comportamenti precontrattuali illegittimi, si è affermato che il danno risarcibile deve essere ragguagliato al minor vantaggio o al maggiore responsabilità della parte alla quale sia imputabile il comportamento scorretto o l’omissione, nel corso delle trattative, di informazioni rilevanti le quali avrebbero altrimenti, con un giudizio probabilistico, indotto ad una diversa conformazione del contratto stesso (Cass., 14.2.2022, n. 4715). Nella specie, anche volendo riconoscere una maggiore attendibilità ai testi indicati da parte attrice rispetto ai testi dei convenuti ed ammettere che gli appellanti abbiano dimostrato, attraverso le loro dichiarazioni, che i vizi siano stati occultati dal comportamento sleale dei venditori, in ogni caso manca la prova che gli acquirenti avrebbero ricavato condizioni economiche migliori se avessero conosciuto l’esistenza dei vizi taciuti dalla controparte.
Il danno risarcibile è il ristoro delle migliori condizioni economiche che gli acquirenti avrebbero conseguito da un comportamento leale della controparte contrattuale e, queste condizioni migliori, dovrebbero consistere, stante il contenuto della domanda risarcitoria, in una riduzione del prezzo della vendita in misura corrispondente alle “spese necessarie per il ripristino della normale funzionalità della cantinola pertinenziale e delle parti condominiali dell’immobile compravenduto”.
Ma non si può presumere che gli acquirenti avrebbero posto sul tavolo delle trattative le spese occorrenti per ovviare ai vizi strutturali delle parti comuni del fabbricato e che le parti si sarebbero accordate per portare tali spese per intero in riduzione del prezzo.
Anche ammessa una condotta sleale dei venditori nella fase delle trattative, non vi prova che a tale condotta sia causalmente riconducibile un pregiudizio consistente nell’aver pagato un prezzo del bene superiore a quello che avrebbero effettivamente pagato se i contraenti avessero stabilito il prezzo tenendo conto dei vizi strutturali delle parti condominiali e delle spese occorrenti per ovviarvi, tanto più che gli acquirenti non hanno fatto valere, entro il termine prescrizionale, la garanzia per i vizi per ottenere la riduzione del prezzo del bene (actio quanti minoris). Di qui il rigetto dell’appello e la condanna degli appellanti al rimborso delle spese processuali di secondo grado, che si liquidano come in dispositivo, tenuto conto dei parametri stabiliti con decreto del Ministro della Giustizia 13 agosto 2022, n. 147 (valore indeterminabile modesto).
Il rigetto integrale dell’impugnazione comporta l’attestazione della sussistenza del presupposto processuale per il pagamento da parte degli appellanti di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per La Corte di Appello di Salerno, prima sezione civile, definitivamente decidendo in grado di appello nella causa civile iscritta al R.G. n. 606/2023, così provvede:
1. rigetta l’appello;
2. condanna in solido tra loro, al rimborso delle spese processuali del grado di appello in favore di , che liquida in € 5.000,00 per onorari di difesa, oltre il rimborso delle spese forfettarie nella misura del 15% degli onorari, Cnap ed Iva come per legge.
Dà atto, a norma dell’art 13, comma 1 quater, del d.P.R. 115/02, della sussistenza del presupposto processuale per il pagamento, da parte degli appellanti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione.
Salerno lì 08/11/2024
Il Consigliere estensore Il Presidente (dott. NOME COGNOME (dott.ssa NOME COGNOME
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