REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
La Corte di Appello di Firenze Sezione II civile così composta:
NOME COGNOME Presidente rel.est.
NOME COGNOME Consigliere NOME COGNOME Consigliere ha pronunziato la seguente
SENTENZA N._572_2025_- N._R.G._00000525_2021 DEL_26_03_2025 PUBBLICATA_IL_26_03_2025
nella causa civile iscritta a ruolo il 22.3.2021 al n. 525 del Ruolo Affari Civili Contenziosi dell’anno 2021 avente ad oggetto:
Contratti bancari promossa da:
(già corrente in Pistoia, elettivamente domiciliata in Prato, presso e nello studio dell’avv. NOME COGNOME che la rappresenta e difende come da mandato allegato all’atto di citazione in primo grado, APPELLANTE contro corrente in elettivamente domiciliata in Pistoia, presso e nello studio dell’avv. NOME COGNOME che la rappresenta e difende come da mandato allegato alla comparsa di costituzione e risposta in appello, APPELLATA E APPELLANTE INCIDENTALE All’udienza del 10-12.9.2024, celebrata secondo il modello di trattazione scritta, le parti precisavano le seguenti conclusioni: “Voglia l’Ill.ma Corte, in riforma dell’impugnata sentenza, accogliere la domanda attrice e, per gli effetti:
accertare e dichiarare che le somme indicate nei saldi dei conti correnti per cui è causa non risultano corrette per i motivi indicati in narrativa, accertando conseguentemente le somme effettivamente risultanti a seguito del corretto calcolo del saldo dei c/c per cui è causa per i motivi indicati in premessa, con condanna della convenuta ad eseguire la relativa annotazione sui conti correnti e, in caso di chiusura dei rapporti, condannare conseguentemente la convenuta al pagamento delle somme che risultassero dovute all’attrice all’esito degli accertamenti sopra indicati, oltre interessi legali dalla domanda, respingendo l’avversa eccezione prescrizione ovvero riducendone periodo applicazione nei termini esposti nel presente appello; con vittoria di spese e compensi di entrambi i gradi di giudizio da distrarsi in favore del procuratore antistatario”.
Per “Piaccia all’Ecc.ma Corte di Appello di Firenze, ogni contraria istanza, deduzione ed eccezione reietta:
accertare dichiarare l’inammissibilità l’infondatezza dei motivi di appello principale, delle conclusioni, domande, eccezioni ed istanze tutte proposte dalla Società appellante con l’atto di citazione in appello notificato il 16/03/2021, perché del tutto inammissibili ed infondati, in fatto ed in diritto, per le eccezioni ed i motivi tutti proposti da e, conseguentemente, rigettare integralmente l’appello e le domande tutte ivi II) in accoglimento integrale dei motivi di appello incidentale proposti da ed in riforma parziale della sentenza n. 775/2020 emessa dal Tribunale Pistoia, composizione monocratica, in persona della Dott.ssa NOME COGNOME in data 09/10/2020, pubblicata e comunicata il 14/10/2020, registrata il 17/03/2021 al n. 1129 serie 4 e non notificata, rigettare integralmente, perché del tutto inammissibili ed infondate, in fatto ed in diritto, le azioni e le domande tutte proposte dalla Società appellante per le eccezioni ed i motivi tutti proposti da III) Con vittoria di spese, anche di CTU, e compensi difensivi sia del primo, in accoglimento dell’appello incidentale, che del presente grado di giudizio”. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Sulle conclusioni delle parti, come riportate in epigrafe, la causa di appello, iscritta al n.r.g. 525/2021 di questa Corte (avente ad oggetto:
appello avverso la sentenza del Tribunale di Pistoia n. 775 del 14.10.2020;
parti:
già , quest’ultima altresì appellante incidentale), esperiti gli adempimenti ex artt. 350 e 352 c.p.c. e sulle produzioni documentali delle parti, stata trattenuta in decisione all’esito dell’udienza del 10- 12.9.2024, celebrata secondo il modello di trattazione scritta, e sono stati concessi i termini di cui all’art. 190 c.p.c. riportano, per comodità esposizione, motivazione e dispositivo della sentenza impugnata:
denunciate in narrativa relativamente ai conti corrente n. 18558.38, n. 633331.39 (ex n. 24804.61 n. 25798.96, n. 633644.79 (ex n. 69012.51) e n. 10599P (ex con condanna della convenuta ad eseguire la conseguente annotazione su c/c e, in caso di chiusura dei rapporti, pagamento delle somme che risultassero dovute all’attrice, oltre interessi legali dalla domanda.
Assume parte attrice di non aver ricevuto dalla copia di tutta la documentazione inerente i conti corrente oggetto di contenzioso, nonostante la rituale richiesta di essa ante causam;
in ogni caso, di aver verificato dai documenti in proprio possesso la sussistenza di plurime irregolarità parte dell’istituto bancario (come elencazione di cui a pag. 7 atto di citazione:
interessi usurari e anatocistici, interessi ultralegali non pattuiti, indeterminatezza di c.m.s.
, illegittima applicazione del regime delle valute e della tecnica di girocontazione delle competenze dei rapporti anticipi n. 25798.96 e n. 633644.79 sul conto ordinario collegato n. 633331.39, mancata prova del credito di cui al saldo dei c/c), invocando altresì la necessaria applicazione ai rapporti in essere della condizioni di legge, in assenza del testo contrattuale.
costituisce giudizio parte convenuta, preliminarmente eccependo la prescrizione in ordine a tutte le movimentazioni di conto ante-decennio rispetto alla data di notifica dell’atto citazione (28.4.2016), nonché decadenza di controparte ai sensi dell’art. 1832 c.c. e, da ultimo, l’inammissibilità dell’azione di ripetizione avendo parte attrice fondato la propria domanda su asseriti addebiti illegittimi senza fornir prova di pagamenti intercorsi in conseguenza di tali addebiti e non avendo chiarito se e quali rapporti di c/c siano stati chiusi prima dell’introduzione del giudizio; nel merito, deduce l’infondatezza delle doglianze attoree di cui chiede l’integrale rigetto.
Concessi i termini di cui all’art. 183 co. 6 c.p.c., la causa viene istruita a mezzo ordine di esibizione ex art. 210 c.p.c. rivolto all’istituto bancario convenuto e c.t.u. tecnico-contabile (con relativa integrazione) per l’accertamento di talune illegittimità fra quelle lamentate ex parte actoris.
All’udienza del 21.5.2020, celebrata in modalità c.d. cartolare ai sensi dell’art. 83 co. 7 lett. h) d.l. n. 18/2020 come prorogato dall’art. 36 d.l. n. 23/2020, le parti hanno precisato rispettive conclusioni come epigrafe riportate, con assegnazione dei termini di legge per il deposito di scritti conclusivi.
****** II.
All’esito dell’istruttoria esperita in corso di causa, la domanda attorea è risultata solo parzialmente fondata, nei limiti e per le ragioni che si vengono a esporre.
II.1.
Occorre, in primo luogo, esaminare le eccezioni preliminari svolte dalla convenuta, da dimettere nel senso che ha invero assolto il proprio onere allegativo semplicemente denunciando l’altrui inerzia all’esercizio del proprio diritto:
tal senso, deve darsi continuità alla giurisprudenza, di legittimità e di merito, confermata di recente da autorevole pronunciamento a Sezioni Unite (n. 15895/2019) affermativo del seguente principio di diritto:
“L’onere di allegazione gravante sull’istituto di credito che, convenuto giudizio, voglia opporre l’eccezione prescrizione al correntista che abbia esperito l’azione di ripetizione di somme indebitamente pagate nel corso del rapporto di corto corrente assistito da un’apertura di credito, è soddisfatto con l’affermazione dell’inerzia del titolare del diritto e la dichiarazione di volerne profittare, senza che sia anche necessaria l’indicazione di specifiche rimesse solutorie” (conf. Cass. ord. n. 7013/2020). Il principio è ovviamente applicabile anche nell’ambito delle azioni di mero accertamento – ove si dovesse ritenere inammissibile l’actio ripetitoria esercitata da parte attrice, per cui v. infra sub c) – le quali costituiscono il presupposto, e sono necessariamente ricomprese, nelle azioni di ripetizione svolte dal correntista anche se promosse in via autonoma ovvero in separato (e precedente) giudizio.
In ogni caso, è da osservare come nel presente contenzioso la abbia anche indicato le specifiche rimesse solutorie così assolvendo pienamente e, in certo qual modo (cfr. la giurisprudenza richiamata supra), oltre misura al proprio onere allegativo (cfr. elenco delle rimesse solutorie di cui all’allegato 10 alla consulenza tecnica di parte, prodotta sub doc. 3 fasc. convenuta).
Ferma comunque la sufficienza dell’allegazione della in ordine all’altrui inerzia, costituisce allora onere del correntista indicare e provare la natura delle singole rimesse:
prova nella specie assente, con l’effetto che l’eccezione di prescrizione sollevata dalla risulta fondata siccome non superata da contrarie allegazioni e dimostrazioni attoree.
Ad ogni modo, l’aspetto in questione è stato fatto oggetto di indagine peritale, essendo stato incaricato il c.t.u. anche di chiarire la natura delle singole rimesse sui c/c per cui è lite, con conseguente calcolo delle poste prescritte:
l’ausiliario del giudice ha quindi proceduto ad un doppio calcolo, l’uno senza considerare gli effetti della prescrizione e l’altro considerando la prescrizione, dunque a partire dall’anno 2006 (cfr. pag. 65 relazione c.t.u. in atti e in particolare prospetto 10, nonché i chiarimenti resi dal c.t.u. a verbale d’udienza 25.11.2019 con riguardo alla relazione peritale integrativa), avendo avuto il consulente cura di precisare, in adesione ai rilievi del c.t.p. di parte convenuta, che (cfr. pag. 56 relazione c.t.u. in atti) che “il calcolo delle rimesse solutorie ha determinato l’impossibilità di ripetizione degli indebiti maturati anteriormente al decennio dalla data di instaurazione del giudizio in quanto indirizzo della giurisprudenza di legittimità per il quale la mancata contestazione dell’estratto conto rende inoppugnabili le operazioni in esso annotate sotto il profilo meramente contabile, ma non sotto quello della validità ed efficacia dei rapporti obbligatori sottostanti avverso i quali è ben possibile formulare censure ad opera del correntista (cfr. Cass. ord. n. 30000/2018, Cass. n. 11626/2011, Cass. n. 3574/2011, Cass. n. 6514/2007, Cass. n. 11749/2006 et al.). Né, a ben vedere, risulta conferente al riguardo la pronuncia della Suprema Corte n. 11543/2019 citata da parte convenuta, atteso che la stessa richiama il disposto dell’art. 1832 c.c. solo al fine di enunciare il principio per cui “in assenza di contestazioni specifiche dirette alla contestazione delle singole operazioni, deve ritenersi che il conto abbia avuto lo svolgimento indicato nei predetti documenti”:
ciò che viene contestato dal correntista, infatti, non siffatto svolgimento posto, anzi, base delle censure illegittimità invalidità delle condizioni economiche applicate al rapporto – ossia la veridicità delle risultanze contabili degli estratti conto, quanto il fatto che dette risultanze costituiscano il portato di pattuizioni ab origine invalide ovvero di condotte illecite della che nel tempo avrebbe applicato al conto condizioni economiche contra legem;
c) circa l’eccezione di inammissibilità della domanda di ripetizione, essa merita accoglimento:
gli attori infatti non hanno dato prova di intervenuti spostamenti patrimoniali in assenza dei quali alcuna azione ripetitoria ex art. 2033 c.c. è esperibile, sottendendo la stessa l’avvenuta traditio di denaro ossia l’esistenza di un pagamento effettivo, non ravvisabile in mere annotazioni contabili ovvero, ex parte correntista, nelle mere annotazioni a debito effettuate dalla Banca.
principio consolidato giurisprudenza, discendendo direttamente dalla stessa disciplina codicistica dell’art. 2033 c.c., ed ha ricevuto l’avallo delle Sezioni Unite sin dalla pronuncia 24418/2010 oggi non sconfessata sul punto, ove la Suprema Corte ha asserito “Occorre considerare che, con tutta ovvietà, perché possa sorgere diritto alla ripetizione pagamento indebitamente eseguito, tale pagamento deve esistere ed essere ben individuabile.
Senza indulgere in inutili disquisizioni sulla nozione di pagamento nel linguaggio giuridico e sulla sua assimilazione o distinzione dalla più generale nozione di adempimento, appare indubbio che il pagamento, per dar vita ad un’eventuale pretesa restitutoria di chi assume di averlo indebitamente effettuato, debba essersi tradotto nell’esecuzione di una prestazione da parte di quel medesimo soggetto (il solvens), con conseguente spostamento patrimoniale in favore di altro soggetto (l’accipiens) ”.
Inoltre, nella vicenda qui sub iudice la fondatezza dell’eccezione parte convenuta deriva anche dalla circostanza dell’essere in buona parte ancora aperti i c/c di cui alla domanda ripetitoria:
a quest’ultimo proposito, Sezioni Unite n. 24418/2010 per le quali l’azione di ripetizione è inammissibile in ipotesi di conto corrente aperto mancando il requisito fondante dell’effettiva traslatio di denaro, posto che di pagamento asseritamente indebito può parlarsi solo una volta che, chiuso il conto, la Banca abbia esatto dal correntista il relativo saldo finale.
Siffatti principi, basati sul contenuto e sulla ratio di cui all’art. 2033 c.c., non paiono ragionevolmente confutabili:
così come deve assentirsi con l’interpretazione che ritiene rilevante, nella prospettiva qui in esame e per l’individuazione dell’avvenuta chiusura meno del conto, momento introduttivo del giudizio, dovendosi qualificare la chiusura del rapporto come condizione di ammissibilità e non di procedibilità della domanda, dal che l’irrilevanza del fatto che il conto venga chiuso a procedimento giudiziario in corso.
Resta sempre possibile, invece, anche a conto aperto l’azione di mero accertamento in quanto, per un verso, lo strumento previsto e disciplinato dall’art. 1832 c.c. attiene a singole annotazioni sul conto e non alle intere risultanze di questo non ponendosi dunque quale alternativa valida alla domanda accertativa e, per altro verso, non può dirsi mancante l’interesse del correntista art. 100 c.p.c. cristallizzare in un dato momento la propria situazione contabile (debitoria creditoria) far accertare illegittimità consumate in corso di rapporto dall’istituto bancario, sia ciò funzionale a successive azioni ripetitorie ovvero a giudizi risarcitori o di altro tipo. II.2.
Venendo al merito delle questioni versate in giudizio dalle parti, è in primo luogo da chiarire come in forza dei principi disciplinanti riparto dell’onere probatorio, qualora ad agire in giudizio sia il correntista è a suo carico la prova sia dell’andamento del rapporto contestato (estratti conto), sia della fondatezza delle censure mosse a questo, sia – come detto, in caso di azione di ripetizione – dell’avvenuto trasferimento di denaro in favore della in forza di pattuizioni o condotte illegittime asseritamente tenute dall’istituto di credito. Nella vicenda de qua, in punto di produzioni documentali è stato in primis disposto ordine ex art. 210 c.p.c. nei confronti della convenuta avendo il correntista attore dato prova dell’avvenuta richiesta ante iudicium della documentazione bancaria inerente i conti per cui è lite ai sensi dell’art. 119 T.U.B., richiesta cui la non aveva (interamente) ottemperato:
è evidente, tuttavia, che le lacune eventualmente persistenti anche a seguito dell’ottemperanza all’ordine ex art. 210 c.p.c. non possono che tornare in danno della parte agente in giudizio, non essendovi spazio per una deroga (oltre quanto già permesso dall’art. 119 T.U.B. in sede stragiudiziale e dall’art. 210 c.p.c. in sede processuale) al principio fondante di cui all’art. 2697 c.c..
In una situazione di tal genere, qualora manchi la serie completa degli estratti conto, se attore in giudizio è il efficacemente massimata nel senso che “Nei rapporti di conto corrente bancario, il correntista che agisca in giudizio per la ripetizione dell’indebito è tenuto alla prova degli avvenuti pagamenti e della mancanza di una valida “causa debendi” essendo, altresì, onerato della ricostruzione dell’intero andamento del rapporto, con la conseguenza che non può essere accolta la domanda di restituzione se siano incompleti gli estratti conto attestanti le singole rimesse suscettibili di ripetizione. (Nel caso di specie, la RAGIONE_SOCIALE ha cassato la sentenza della corte d’appello che, in presenza del primo estratto conto disponibile con saldo negativo per il correntista, aveva calcolato i rapporti di dare e avere con la previo azzeramento di detto saldo perché ritenuto non provato con la produzione degli estratti conto risalenti alla data di apertura del rapporto)”;
cfr. anche Cass. n. 11543/2019, Cass. ord. n. 24049/2019 e Cass. ord. n. 2435/2020, tutte opportunamente richiamate dalla difesa di parte convenuta).
Non può invece convenirsi con la prospettazione della convenuta laddove ritiene inammissibile lo stesso espletamento di consulenza tecnica in presenza di serie incompleta di estratti conto, ritenendosi in materia di condividere l’orientamento giurisprudenziale per cui ammissibile la c.t.u. contabile anche in caso di produzione incompleta degli e/c in base a quanto emergente dalla documentazione disponibile giudizio:
riguardo richiama Cass. ord. n. 31187/2018 “In materia di conto corrente bancario il cliente, il quale agisca in giudizio per la ripetizione dell’indebito, è tenuto a fornire la prova dei movimenti del conto, tuttavia, qualora limiti l’adempimento ad alcuni aspetti temporali dell’intero andamento del rapporto, il giudice può integrare la prova carente, sulla base delle deduzioni svolte dalla parte, anche con altri mezzi di cognizione disposti d’ufficio, in particolare disponendo una consulenza contabile”, nonché Cass. n. 14074/2018 la quale ha affrontato expressis verbis la questione affermando che “è vero … che nei rapporti bancari in conto corrente, una volta che sia stata esclusa la validità, per mancanza dei requisiti di legge, della pattuizione di interessi, la rideterminazione del saldo del conto deve avvenire attraverso i relativi estratti a partire dalla data della sua apertura, così effettuandosi l’integrale ricostruzione del dare e dell’avere …; e tuttavia non è men vero che non è vietato al giudice del merito (come evidenziato da Cass. n. 5091-16) svolgere un accertamento tecnico contabile al fine di rideterminare il saldo del conto in base a quanto comunque emergente dai documenti prodotti in giudizio;
in tal caso la tematica si riduce alla verifica di attendibilità dell’esito della c.t.u., che è come tale una questione di fatto” chiosando, con precisazione del tutto sovrapponibile al presente contenzioso e ad essa pienamente applicabile, che “nella specie il tribunale ha disposto una consulenza tecnica d’ufficio che, ritenuto affidabile espressione del saldo di conto corrente risultante dall’inefficacia delle predette clausole anatocistiche”, né – sempre a detta della Corte – può parlarsi in detti frangenti di natura esplorativa della c.t.u., per la ragione che “quando la parte chieda una consulenza contabile sulla base di una produzione documentale, il giudice non può qualificare come esplorativa la consulenza senza dimostrare che la documentazione esibita sarebbe comunque irrilevante” e che “possiede natura esplorativa la consulenza finalizzata alla ricerca di fatti circostanze o elementi non provati dalla parte che li allega … non anche invece la consulenza intesa a ricostruire l’andamento di rapporti contabili non controversi nella loro esistenza”, essendo del resto “consentito derogare finanche al limite costituito dal divieto di compiere indagini esplorative quando l’accertamento di determinate situazioni di fatto, o il loro sviluppo effettuale, possa effettuarsi soltanto con l’ausilio di speciali cognizioni tecniche (cfr. tra le tante Cass. n. 3191-06, Cass. n. 10202-08)”. Nel contenzioso in essere, il consulente nominato ha ben chiarito (cfr. pag. 55 relazione c.t.u. in atti) di aver operato sulla base della documentazione contabile disponibile e che, “nel momento in cui alcuni documenti erano mancanti, così come ben specificato e evidenziato anche negli allegati alla relazione, ho ritenuto di ricostruire (quando questo risultasse possibile), con un procedimento matematico, i dati necessari ed i movimenti utili a rispondere al quesito, ben evidenziando metodologia utilizzata trimestre per trimestre, fatto peraltro non contestato”: ed in effetti, a parte la censura “generale” di inammissibilità tout court della c.t.u., nessuno dei consulenti di parte ha mosso specifiche contestazioni al metodo matematico e di calcolo utilizzato dal consulente, con l’effetto che sul punto la modalità di svolgimento della perizia e i conseguenti risultati devono ritenersi accettati dalle parti.
Pertanto, torna del tutto confacente alla presente vicenda valutazione conclusiva resa dalla citata Cass. n. 14074/2018, ossia che pur essendosi in presenza di un metodo di calcolo “indiretto” lo stesso non può dirsi né manifestamente incongruente né manifestamente implausibile, essendosi basato su un “criterio matematico avente come base di partenza l’analisi dati effettivi risultanti dai documenti depositati”.
Tanto premesso, passando a dettagliare le singole censure attoree e tenuto conto delle risultanze della c.t.u. svolta in corso di causa – alle quali può guardarsi come valido riferimento tecnico per la decisione giudiziale apparendo la perizia esperita con rigore logico e metodologico e nel pieno rispetto del contraddittorio peritale, avendo il c.t.u. peraltro fornito adeguato risposta, anche tramite perizia integrativa, alle osservazioni critiche mosse dai c.t. di parte – si osserva:
a) circa l’avvenuta applicazione di interessi usurari pattuizione o in presenza di clausola indeterminata, si è concentrata l’analisi del consulente tecnico d’ufficio che ha provveduto al ricalcolo del saldo di tutti i conti (c/c e conti anticipi) azionati in giudizio riportando ai criteri di legge gli addebiti operati sulla base di pattuizioni invalide o mancanti.
Sulla tematica è stata esperita anche integrazione all’indagine peritale sul corretto rilievo di parte convenuta per cui, limitatamente al c/c n. NUMERO_DOCUMENTO.45 (essendo il n. 19180 stato chiuso oltre il decennio antecedente la notifica dell’atto di citazione), la pratica anatocistica a partire dal 30.6.2000 fosse da ritenere legittima anche in assenza di espressa pattuizione fra la Banca e il correntista, risultando dagli e/c l’avvenuto adeguamento della Banca alla delibera CICR 9.2.2000 nel senso della pari periodicità nella capitalizzazione degli interessi a debito e a credito e risultando tale modifica contrattuale – benché unilateralmente imposta dall’istituto bancario – in favore del correntista e pertanto senz’altro applicabile, andando così esente da illegittimità di alcun tipo (cfr. di recente, conforme, C. App. Milano n. 4113/2018). Anche nella perizia integrativa il consulente ha operato due ipotesi di calcolo, chiarendo (cfr. verbale d’udienza 25.11.2019) come l’una concernesse il saldo del c/c n. NUMERO_DOCUMENTO.45 senza considerare prescrizione l’altra considerando invece prescritte movimentazioni ante 28.4.2006:
quest’ultima ipotesi senz’altro quella preferire, alla luce di tutto quanto sopra detto e argomentato in ordine alla fondatezza dell’eccezione di prescrizione sollevata da parte convenuta;
d) per quel che attiene alle altre asserite illegittimità denunciate ex parte actoris a pag. 7 dell’atto di citazione (illegittima applicazione del regime delle valute, illegittima applicazione della tecnica di girocontazione, mancata prova del credito reclamato nel saldo dei c/c) si tratta di censure del tutto generiche, al limite dell’inammissibilità, tanto vero che non sono state fatte oggetto di alcun quesito peritale.
Richiamando i ben noti e già rievocati principi in tema di onere probatorio, posto che onus probandi incumbit ei qui dicit gravava certamente sulla società attrice non solo dedurre specificamente, ma anche documentare e comprovare i propri assunti, ciò che non ha fatto né relativamente al c.d. regime delle valute né quanto alla girocontazione delle risultanze dei conti anticipi sui conti ordinari, tecnica della quale non si comprende neppure l’illegittimità lamentata considerato che i conti anticipi sono generalmente meri conti tecnici le cui risultanze rientrano nei conti ordinari, trattandosi del normale modo di funzionamento di siffatta tipologia di conti; mentre la doglianza finale di “mancata prova del credito reclamato nel saldo dei c/c” dà conto apertamente dell’erronea prospettazione attorea, non potendo certo lamentare una mancanza di prova ex adverso proprio la assunti e dunque la infondatezza del credito vantato dalla Nel quadro complessivo ora delineato, avendo mente ai vari prospetti di calcolo proposti dal c.t.u. e dovendo assumere come validi per la decisione quelli che considerano, da un lato, la prescrizione delle poste ante-decennio antecedente la notifica dell’atto di citazione e, dall’altro lato, la legittimità della pratica anatocistica sul c/c n. 18558.45 a partire dal 30.6.2000, deriva l’accertamento di un saldo totale a credito della correntista pari a euro 39.642,94 risultante dalla combinazione del prospetto 10 di cui a pag. 65 relazione c.t.u. in atti (assumendo come validi gli importi derivanti dai calcoli operati applicando la prescrizione degli addebiti pre-28.4.2006) e del prospetto 2 pag. 12 relazione c.t.u. integrativa ritenendo valido ricalcolo della capitalizzazione considerato l’operare della prescrizione pre- 28.4.2006, nonché espungendo totalmente le poste relative al c/c n. 19180 in quanto già chiuso in epoca precedente al 28.4.2006. III.
L’accoglimento solo in parte tanto delle eccezioni preliminari della convenuta, quanto delle domande attoree (inammissibile la domanda di ripetizione;
infondata la domanda di accertamento con riguardo a molteplici aspetti sollevati da parte attrice, es. illegittima applicazione di tassi usurari, del regime delle valute, della girocontazione dei conti anticipi sui c/c ordinari) porta a ritenere congruo e conforme a giustizia disporre, in punto di spese di lite, la compensazione integrale delle stesse fra le parti.
Parimenti e per i medesimi motivi, a carico di entrambe le parti in via solidale e con eguale ripartizione interna (50%) vanno poste le spese di c.t.u., già liquidate con separata ordinanza.
Il Tribunale di Pistoia in composizione monocratica, definitivamente pronunciando, ogni contraria o diversa domanda ed eccezione disattesa, così provvede:
1) dichiara inammissibile la domanda di ripetizione azionata da parte attrice;
2) accoglie l’eccezione di prescrizione sollevata da parte convenuta con riferimento alle movimentazioni anteriori al decennio decorrente dalla data di notifica dell’atto di citazione introduttivo del presente giudizio;
3) accerta un saldo complessivo a credito della società attrice, in relazione ai rapporti di c/c ordinario e c/c anticipi azionati nel presente giudizio, pari euro 39.642,94;
4) compensa integralmente fra le parti le spese del presente giudizio;
5) pone definitivamente a carico solidale delle parti, con eguale ripartizione nei rapporti interni (50% ciascuna), le spese di c.t.u. già liquidate con separata ordinanza“.
proposta impugnazione riforma dell’appellata decisione, di sentire:
“accertare e dichiarare che le somme indicate nei saldi dei conti correnti per cui è causa non risultano corrette per i motivi indicati in narrativa, accertando conseguentemente le somme effettivamente risultanti a seguito del corretto calcolo del saldo dei c/c per cui è causa per i motivi indicati in premessa, con condanna della convenuta ad eseguire la relativa annotazione sui conti correnti e, in caso di chiusura dei rapporti, condannare conseguentemente la convenuta al pagamento delle somme che risultassero dovute all’attrice all’esito degli accertamenti sopra indicati, oltre interessi legali dalla domanda, respingendo l’avversa eccezione prescrizione ovvero riducendone periodo applicazione nei termini esposti nel presente appello; con vittoria di spese e compensi di entrambi i gradi di giudizio da distrarsi in favore del procuratore antistatario”.
Si è costituita, resistendo all’avversario appello e proponendo altresì appello incidentale, a sua volta concludendo per sentire “I) accertare dichiarare l’inammissibilità l’infondatezza dei motivi di appello principale, delle conclusioni, domande, eccezioni ed istanze tutte proposte dalla Società appellante con l’atto di citazione in appello notificato il 16/03/2021, perché del tutto inammissibili ed infondate, in fatto ed in diritto, per le eccezioni ed i motivi tutti proposti da e, conseguentemente, rigettare integralmente l’appello e le domande tutte ivi II) in accoglimento integrale dei motivi di appello incidentale proposti con la presente comparsa da ed in riforma parziale della sentenza n. 775/2020 emessa dal Tribunale di Pistoia, in composizione monocratica, in persona della Dott.ssa NOME COGNOME in data 09/10/2020, pubblicata e comunicata il 14/10/2020, registrata il 17/03/2021 al n. 1129 serie 4 e non notificata, rigettare integralmente, perché del tutto inammissibili ed infondate, in fatto ed in diritto, le azioni e le domande tutte proposte dalla Società appellante per le eccezioni ed i motivi tutti proposti da III) Con vittoria di spese, anche di CTU, e compensi difensivi sia del primo, in accoglimento dell’appello incidentale, che del presente grado di giudizio”.
MOTIVI DELLA DECISIONE
L’appello principale deve ritenersi ammissibile, essendo stati sufficientemente esplicitati i profili di critica avverso l’impugnata decisione e la ricostruzione della soluzione alternativa proposta, con ciò avendo consentito alla parte appellata l’esercizio del diritto di difesa.
Il primo motivo di appello – con cui, in sintesi, viene mossa censura all’impugnata decisione circa la data avvenuta interruzione della prescrizione l’individuazione delle rimesse coperte dalla prescrizione – è infondato.
Il doc. 1 allegato all’atto di citazione di primo grado – con cui parte appellante assume essere stata sottoscrizione nonché di attestazione, munita di data quanto meno attendibile, di avvenuti invio e ricezione e non può quindi alcun modo sortire effetti interruttivi.
Corretta è quindi la collocazione temporale dell’atto interruttivo della prescrizione nella domanda giudiziale, notificata il 28.4.2016, con conseguente prescrizione della domanda di riaccredito di tutti gli invocati indebiti natura solutoria avvenuti nel periodo anteriore al decennio precedente.
Anche il motivo di appello nella parte concernente l’individuazione dell’arco temporale coperto prescrizione, che l’appellante, in ragione dell’invocata avvenuta concessione di affidamento sui conti correnti e della natura meramente ripristinatoria delle rimesse costituenti indebiti, ritiene non maturata, con conseguente decorrenza del periodo prescrizionale dalla chiusura dei conti, è infondato.
Deve in via generale osservarsi che al fine di vincere l’eccezione di prescrizione sollevata dalla Banca – che, secondo il noto orientamento giurisprudenziale può limitarsi a rappresentare la sola avvenuta collocazione temporale degli indebiti in periodo anteriore al decennio precedente l’avversario atto interruttivo:
così Cass., Sez. Unite, 13 giugno 2019 n. 15895 – non è sufficiente per il correntista opporre puramente e semplicemente che sia stato comunque affidamento sul conto, occorrendo quanto meno la deduzione, e la dimostrazione, che l’affidamento sia precedente agli atti qualificati come indebiti.
Nel caso qui in esame il problema si pone per il conto n. 18558/45 e per il conto 633331/39 (già 24804 maturazione per quest’ultimo della prescrizione anche secondo l’ipotesi più benevola per società correntista.
Vi è in proposito in atti prova di due formali affidamenti (datati 25.1.1994 e 1.9.1998 rispettivamente per allora lit. 25.000.000 e lit. 100.000.000) non riferiti ad alcun conto e aperti presso e di altri affidamenti datati 25.1.1994, 13.4.1994 e 25.7.1995 riferiti al conto 24804 di (poi trasformato nel c/c n. NUMERO_DOCUMENTO di ) e rispettivamente per gli importi di allora lit. 150.000.000, lit. 25.000.000 e lit. 150.000.000 che non attribuiscono tuttavia natura ripristinatoria alle rimesse, effettuate su passività sempre superiori ai livelli di fido di volta in volta esistenti (vd. All. C alla c.t.u. – Ricostruzione cc NUMERO_CARTA poi NUMERO_CARTA per valuta).
Prova di altro formale affidamento (questa volta concesso da e riferito sia al conto n. 18558/45 che al conto 633331/39) per l’importo di Euro 300.000,00 reca invece la data del 5.11.2014, che ricade in periodo pacificamente non coperto dalla prescrizione.
Non vi sono inoltre elementi per ritenere che il conto n. 18558/45 e il conto 24804 poi 633331/39 abbiano beneficiato in data anteriore al decennio precedente l’atto interruttivo della prescrizione di c.d. fido di fatto, con ciò dovendosi intendere quello comprovato da inequivoca e coerente condotta di Banca e correntista che al superamento di ben individuati livelli di esposizione abbiano avuto cura la prima di intimare e soprattutto il secondo di accondiscendere all’immediato rientro al di sotto di una ipotetica soglia tacitamente concordata. Corretta è quindi l’individuazione del periodo non coperto prescrizione quello successivo 28.4.2006.
Con il secondo motivo di appello viene, in sintesi, mossa censura all’impugnata decisione nella parte in cui questa non ha operato la ricostruzione dei conti secondo il c.d. saldo zero e non ha riconosciuto la natura indebita degli interessi anatocistici anche per il periodo successivo all’entrata vigore della Deliberazione CICR del 9.2.2000, sul presupposto della sufficienza fini dell’applicazione dell’allora previsto nuovo regime di reciprocità temporale della sola pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale.
Il motivo è infondato quanto al primo profilo e fondato quanto al secondo.
In ordine al primo profilo, pur non condividendo la premessa in diritto operata dal primo Giudice (per la quale sostanzialmente l’inottemperanza della all’ordine di esibizione resterebbe comunque priva di sanzione), questa Corte osserva in fatto come dalla documentazione in atti, sia pure incompleta ma risalente sin dalla data costituzione dei rapporti, l’incaricato consulente tecnico d’ufficio sia stato posto in grado di ricostruire l’andamento dei conti, senza alcun pregiudizio per la parte attrice ed odierna appellante. In particolare il consulente tecnico è riuscito a colmare, per quanto interessa ai fini della presente lite, l’incompletezza dei conti scalari sulla base della prima parte degli estratti conto che risulta essere stata comunque prodotta.
Quanto al secondo profilo deve condividersi la fondatezza del motivo in ragione del costante principio laddove si tratti – come nel caso di specie – di contratti stipulati anteriormente al 1° luglio 2000, per quali vige nullità qualsiasi forma capitalizzazione passiva, la comunicazione inviata dalla banca al cliente, anche a mezzo degli estratti conto, dell’avvenuta pubblicazione in G.U. è inidonea a rendere valida l’applicazione della capitalizzazione trimestrale, essendo invece necessaria la pattuizione per iscritto della relativa clausola (cfr. anche la più recente Cass., sez I, sent., 4.11.2024, n. 28215 che, a sua volta, esamina Cass., sez. I, sent., 19.5.2020, n. 9140, richiamata dal primo Giudice, nonché i precedenti ad essa conformi “che hanno escluso la possibilità per le banche di procedere mediante la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale e la comunicazione al correntista non già in ragione di una valutazione comparativa espressiva del carattere peggiorativo delle nuove condizioni rispetto a quelle precedenti, esito della nullità di queste ultime e, dunque, dell’assenza di una valida ed efficace pattuizione anatocistica, quanto virtù della impraticabilità di una siffatta comparazione discendente proprio dalla mancanza di uno dei termini di raffronto a causa della nullità della relativa previsione negoziale”, e, al contempo, critica l’orientamento contrario dettato dalle altrettanto recenti, sebbene isolate, ordinanze della Suprema Corte nn. 5054 e 5064 del 2024 che propendono invece per la possibilità di un adeguamento automatico alle nuove condizioni mediante pubblicazione in G.U. e comunicazione al correntista sulla base di una “valutazione relazionale tra le nuove e le vecchie condizioni del contratto, non anche invece … tra le nuove condizioni e quelle anteriori epurate da ogni forma di Deve inoltre farsi applicazione del principio per il quale il divieto di anatocismo previsto dall’art. 120, comma 2, del D.Lgs. 385/1993, come sostituito dall’art. 1, comma 629, della L. n. 147 del 2013, decorre dal 1° gennaio 2014 operante indipendentemente dall’adozione, da parte del CICR, della delibera, ivi prevista (e poi adottata il 3.8.2016 con il n. 343), circa le modalità e i criteri per la produzione di interessi nelle operazioni poste in essere nell’esercizio dell’attività bancaria (vd. sul punto Cass., Sez. 1, Sentenza n. 21344 del 30/07/2024, alle cui specifiche argomentazioni si rimanda). Con il primo motivo di appello incidentale la appellata muove sua volta censura all’impugnata decisione nella parte in cui questa è giunta alle sue conclusioni sotto l’aspetto più strettamente contabile, denunciandone l’incomprensibilità dei criteri adottati.
Osserva questa Corte come l’importo indicato nella sentenza appellata a credito della società attrice, in relazione ai rapporti di c/c ordinario e c/c anticipi azionati in giudizio, pari ad Euro 39.642,94, e in motivazione dedotto dalla combinazione del prospetto 10 di cui a pag. 65 della relazione c.t.u. (assumendo come validi gli importi derivanti dai calcoli operati applicando la prescrizione degli addebiti pre- 28.4.2006) e del prospetto 2 di pag. 12 relazione c.t.u. integrativa (ritenendo valido ricalcolo della capitalizzazione considerato l’operare della prescrizione pre-28.4.2006, nonché espungendo totalmente le poste relative al c/c n. 19180 in quanto già chiuso in epoca precedente al 28.4.2006), risulta dalla somma dei seguenti importi: volta ottenuto dalla differenza fra il saldo ricalcolato dal 28.4.2006 (per Euro 128.728,97) meno gli interessi passivi da non capitalizzare dal 28.4.2006 (per Euro 110.279,98) più gli interessi attivi da non capitalizzare dal 28.4.2006 (per Euro 1.195,35) – Euro 18.497,65 quanto al saldo del c/c NUMERO_DOCUMENTO/NUMERO_DOCUMENTO a credito di cui al prospetto 2 di pag. 12 del supplemento di c.t.u., a sua volta ottenuto per effetto dello storno tutti movimenti interessati dal periodo prescrizione e ridotto anche rispetto ai conteggi della perizia in forza della capitalizzazione operata – Euro 1.500,95, ottenuti, quanto ai conti anticipi sbf n. 25798/96 e 633644.79 (già 69012/60) dalla somma algebrica seguente: Deve tuttavia in proposito osservarsi:
– quanto al c/c NUMERO_DOCUMENTO che il ricalcolo (dal 28.4.2006 al 3.6.2015, data quest’ultima di chiusura del conto) per Euro 128.728,97 è al lordo dell’accredito di Euro 299.647,10 derivanti da erogazione di finanziamento;
non è dato evincere dagli atti chi sia stato il soggetto finanziatore ed in particolare se si sia in presenza di finanziamento c.d. solutorio derivante dalla medesima presso cui era acceso il rapporto di c/c (come l’assenza di indicazione nel prodotto estratto conto del nominativo del soggetto erogante lascerebbe tuttavia intendere);
ogni buon conto, poiché saldo debito della società correntista (rispetto al saldo della banca alla medesima data di Euro -299.704,65) e tenuto altresì conto di due accrediti risultanti nel periodo 14.4.2015-3.6.2015 per complessivi Euro 62,89, il saldo ricalcolato finale deve indicarsi in Euro 128.728,97 (anziché in Euro 4,94 come dall’estratto conto bancario) a credito della società correntista al lordo del suddetto finanziamento e in Euro -170.918,13 a debito della società correntista al netto del suddetto finanziamento (anziché in Euro 299.642,16 come dall’estratto conto bancario); in entrambi i casi non vi deve essere alcuna detrazione di interessi passivi da non capitalizzare, stante l’accertata illegittimità del fenomeno anatocistico quanto c/c 18558/45 deve prendersi considerazione l’importo di Euro 21.358,14, al 31.3.2016, data di chiusura ultimo trimestre disponibile, derivante dalla somma di * Euro 18.497,65 risultante dall’importo di cui al prospetto 2 di pag. 12 del supplemento di c.t.u., preso in considerazione dal primo Giudice * Euro 3,43 di interessi anatocistici attivi che devono essere comunque accreditati * Euro 2.857,06, derivanti da interessi anatocistici passivi successivi 28.4.2006 che devono essere riaccreditati ottenuti dalla differenza delle corrispondenti voci di Euro 18.853,25 di cui al prospetto 2 di pag. 12 del supplemento di c.t.u. ed Euro 16.014,61 di cui al prospetto 1 di pag. 11 del supplemento di c.t.u. con l’aggiunta degli interessi anatocistici attivi di cui al prospetto 1 per Euro 18,42 che devono essere comunque accreditati (il calcolo suddetto, che riguarda importi tutti maturati successivamente 28.4.2006, tiene conto dell’accertata prescrizione) – quanto ai conti anticipi sbf n. 25798/96 e 633644.79 (già 69012/60) dell’importo di Euro 1.500,95 al 3.6.2015 (ultima data disponibile), non fatto oggetto di specifica contestazione. Essendo emersi importi che nel loro complesso sono comunque maggiormente favorevoli per società appellante rispetto a quelli presi in considerazione dal primo Giudice e comunque dalla contabilità della Banca appellata, l’appello sul primo motivo appello incidentale formulato dalla deve essere rigettato e deve essere per contro parzialmente accolto il secondo motivo dell’appello principale formulato dalla società correntista.
Non può pervenirsi ad alcun formale provvedimento di condanna alla restituzione di somme in favore della società appellante, non essendovi prova, in ragione dell’incertezza circa origine ed esito del finanziamento erogato sul conto 633331/39 e dell’assenza di prova circa la chiusura di tutti i conti, che vi sia una complessiva e definitiva posizione creditoria a favore della società odierna appellante.
Il conseguente secondo motivo di appello incidentale sulla ripartizione delle spese del giudizio di primo grado deve essere, per le medesime ragioni di cui sopra, dichiarato infondato.
Le spese seguono la soccombenza della appellata sono liquidate come dispositivo (valore indeterminabile, complessità media;
aliquote medie ed esclusa la fase istruttoria per il presente grado), con Viene confermata l’appellata sentenza quanto alla ripartizione delle spese di c.t.u. di primo grado, resasi in ogni caso necessaria.
Vi è sussistenza dei presupposti di cui all’art. 13, comma 1-quater, primo periodo, D.P.R. 115/2002 nei confronti dell’appellante incidentale
la Corte definitivamente pronunciando, disattesa ogni diversa istanza eccezione, sull’appello principale sull’appello incidentale rispettivamente proposti da (già avverso la sentenza del Tribunale di Pistoia n. 775 del 14.10.2020, in parziale accoglimento dell’appello principale 1. ridetermina al 3.6.2015 il saldo del c/c NUMERO_DOCUMENTO in importo pari ad Euro 128.728,97 a credito della società correntista al lordo del finanziamento di Euro 299.647,15 erogato il 14.4.2015 e in Euro -170.918,13 a debito della società correntista al netto del suddetto finanziamento; 2. ridetermina al 31.3.2016 il saldo del c/c 18558/45 in importo pari ad Euro 21.358,14 a credito della società correntista;
3. ridetermina al 3.6.2015 il saldo dei conti anticipi sbf n. 25798/96 e 633644.79 (già 69012/60) in importo pari ad Euro 1.500,95 a credito della società correntista;
4. rigetta l’appello incidentale proposto da 5. dichiara tenuta e condanna di lite del primo grado di giudizio da quest’ultima sopportate che vengono liquidate in Euro 10.346,00 per compensi di avvocato ed Euro 560,00 per spese, oltre spese generali, CAP IVA come per legge, con distrazione favore dell’officiato procuratore antistatario;
6. conferma per il resto l’appellata sentenza;
7. dichiara tenuta e condanna alla refusione in favore di (già delle spese di lite del presente grado di giudizio da quest’ultima sopportate che vengono liquidate in Euro 8.066,00 per compensi di avvocato ed Euro 777,00 per spese, oltre spese generali, CAP IVA come per legge, con distrazione favore dell’officiato procuratore antistatario;
8. dichiara la sussistenza dei presupposti di cui all’art. 13, comma 1-quater, primo periodo, D.P.R. 115/2002 nei confronti dell’appellante incidentale Così deciso in Firenze il 26 marzo 2025.
Il Presidente rel.est.
La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di
Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.
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