REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE ORDINARIO di COSENZA
Prima Sezione Civile
Il Tribunale di Cosenza, prima sezione civile, in composizione monocratica, nella persona della dott.ssa, ha pronunciato la seguente
SENTENZA n. 1073/2020 pubblicata il 19/06/2020
Nella causa civile in grado di appello iscritta al n. del Ruolo Generale Affari Contenziosi dell’anno 2014, pendente
TRA
XXX, titolare dell’omonima ditta individuale, rappresentato e difeso dall’avv., in virtù di procura a margine della comparsa di costituzione e risposta del giudizio di opposizione a D.I. n. /12 RG,;
– appellante –
E
YYY, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’avv., in virtù di procura in calce alla comparsa di costituzione di nuovo difensore depositata in data 9.1.2020;
– appellata – avente ad oggetto: appello a sentenza del Giudice di Pace di Cosenza n. /2014.
Conclusioni: come in atti.
FATTO E DIRITTO
Con atto di citazione ritualmente notificato, l’YYY proponeva opposizione avverso il decreto ingiuntivo n. /2012 emesso dal Giudice di Pace di Cosenza in data 23.4.2012, con il quale le veniva ingiunto il pagamento, in favore di XXX, quale titolare dell’omonima ditta individuale, della somma complessiva di € 3.508,68 oltre interessi e spese, quale corrispettivo della fornitura di materiali di ferramenta di tipologia varia, risultante dalle fatture n. 08/2007, n.63/2007, n. 81/2007, n. 113/2007, n. 2/2008, n. 3/2008, n. 4/2008, n. 5/2208, n.109/2008, n.207/2008.
A fondamento dell’opposizione, l’YYY contestava la sussistenza del credito ingiunto, sul presupposto che alcune delle fatture fossero state già pagate e che altre non risultassero dalla contabilità dell’azienda sanitaria; eccepiva, altresì, l’intervenuta prescrizione dei crediti.
Chiedeva, quindi, che il decreto ingiuntivo opposto fosse revocato e/o dichiarato nullo.
Si costituiva in giudizio XXX, quale titolare dell’omonima ditta individuale, che contestava la fondatezza dell’opposizione, deducendo che il materiale era stato regolarmente fornito all’YYY, secondo le quantità indicate nelle fatture, e che la debitrice non aveva sollevato alcuna contestazione sull’avvenuto adempimento della fornitura; che alcun pagamento era stato dimostrato dall’opponente, trattandosi di mera documentazione di contabilità interna; che il decorso del termine prescrizionale era stato interrotto dal deposito del ricorso monitorio.
Concludeva chiedendo il rigetto dell’opposizione e la conferma del decreto ingiuntivo opposto.
Con sentenza n. /2014 del 6-20.6.2014, il Giudice di Pace di Cosenza dichiarava cessata tra le parti la materia del contendere in ordine alle somme di cui alle fatture n. 8/2007 e 63/2007 per intervenuto pagamento ed accoglieva l’opposizione in ordine alla restante somma di €. 3.232,32, revocando il decreto ingiuntivo opposto e compensando le spese e competenze del giudizio tra le parti.
Con atto di citazione ritualmente notificato XXX, quale titolare dell’omonima ditta individuale, proponeva appello avverso la predetta sentenza, deducendo l’erroneità della decisione emessa dal Giudice di prime cure che aveva qualificato il rapporto tra le parti non quale compravendita, bensì quale contratto d’opera manuale ex art. 2222 c.c., evidenziando che, nella fattispecie in esame, si configurava la vendita di materiali di ferramenta di tipologia varia, consegnati direttamente al mittente, non sussistendo i presupposti né gli elementi costitutivi del contratto d’opera manuale; contestava, altresì, la decisione del giudice di prime cure che aveva ritenuto che fosse maturata la prescrizione triennale del diritto al corrispettivo, ai sensi dell’art. 2956 c.2 c.c., in luogo di quella decennale ordinaria, di cui all’art. 2946 c.c., non compiuta per l’interruzione del relativo termine.
Concludeva chiedendo che, in accoglimento dell’appello, fosse riformata la sentenza di primo grado, con conseguente rigetto dell’opposizione e condanna dell’YYY al pagamento della somma di € 3.232,32.
Si costituiva in giudizio l’YYY che contestava la fondatezza dell’appello, rilevando che correttamente il giudice di primo grado avesse qualificato giuridicamente il rapporto intercorso tra le parti, ravvisando la prescrizione del credito azionato in fase monitoria.
Concludeva chiedendo il rigetto dell’appello e la conferma della decisione di primo grado.
Espletati gli incombenti di rito, all’udienza del 20.01.2020, sulle conclusioni precisate dai procuratori delle parti, la causa veniva trattenuta in decisione, con concessione dei termini per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica.
L’appello proposto da XXX, quale titolare dell’omonima ditta individuale, è fondato e deve essere accolto.
L’oggetto della presente controversia riguarda la legittimità della pretesa di pagamento della somma di € 3.508,68, oggetto del decreto ingiuntivo n. /2012 emesso dal Giudice di Pace di Cosenza in data 23.4.2012, quale corrispettivo della fornitura di materiali di ferramenta di tipologia varia eseguita in favore dell’YYY e risultante dalle fatture n. 08/2007, n.63/2007, n. 81/2007, n. 113/2007, n.2/2008, n. 3/2008, n.4/2008, n.5/2208, n.109/2008, n.207/2008.
Occorre premettere che l’opposizione a decreto ingiuntivo introduce un processo ordinario di cognizione, il quale non costituisce un autonomo e distinto procedimento rispetto alla fase sommaria, bensì una ulteriore fase di svolgimento a cognizione piena ed in contraddittorio tra le parti.
Da tale premessa derivano i due seguenti corollari.
Sul piano sostanziale, la qualità di attore è propria del creditore che ha richiesto l’ingiunzione, con la conseguenza che, in base ai principi generali in materia di prova, incombe a lui l’onere di provare l’esistenza del credito, mentre spetta, invece, all’opponente quello di provarne i fatti estintivi, modificativi o impeditivi.
Il giudice dell’opposizione non valuta più soltanto la sussistenza delle condizioni di legge per l’emanazione del decreto ingiuntivo, ma deve ampliare il proprio esame e verificare la fondatezza o meno della pretesa creditoria dell’attore opposto sulla base dell’intero materiale probatorio acquisito in corso di causa.
Inoltre, secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, in tema di prova dell’inadempimento di una obbligazione, il creditore che agisca per la risoluzione contrattuale, per il risarcimento del danno ovvero per l’adempimento deve soltanto provare la fonte (negoziale o legale) del suo diritto ed il relativo termine di scadenza, limitandosi alla mera allegazione della circostanza dell’inadempimento della controparte, mentre il debitore convenuto è gravato dell’onere della prova del fatto estintivo dell’altrui pretesa, costituito dall’avvenuto adempimento (cfr. ex plurimis, Cass. Civ., n. 9351 del 19.4.2007; Cass. Sez. Un. n. 13533 del 30.10.2001).
Orbene, nel caso di specie, il creditore XXX ha allegato, a dimostrazione delle sue ragioni di credito, le fatture n. 08/2007, n.63/2007, 113/2007, n.2/2008, n. 3/2008, n.4/2008, n.5/2208, n.109/2008, n.207/2008, deducendo di avere effettuato le forniture di materiali di ferramenta in favore dell’YYY, per un corrispettivo complessivo di € 3.508,68.
In ordine alla qualificazione giuridica del rapporto, non appare condivisibile l’orientamento espresso dal giudice di primo grado, atteso che, sulla scorta dell’oggetto e delle concrete caratteristiche della fattispecie, si ritiene che sia ravvisabile una compravendita, avente ad oggetto il trasferimento della proprietà dei materiali di ferramenta dalla ditta fornitrice all’YYY dietro corrispettivo in denaro, nella quale la consegna della merce forma oggetto dell’obbligazione del venditore, ai sensi dell’art. 1476 c.c.
Ciò posto, nel caso di specie, non risulta invocabile la prescrizione presuntiva triennale prevista dall’art. 2956 comma 1 c.c. per i prestatori di lavoro, dovendosi applicare l’ordinaria prescrizione decennale ex art. 2946 c.c., osservandosi, peraltro, che l’YYY nel giudizio di primo grado non ha sollevato una specifica eccezione.
Al riguardo, la Suprema Corte ha chiarito che “La parte che eccepisce in giudizio la prescrizione ha l’onere di puntualizzare se intende avvalersi di quella estintiva, nelle forme alternative, ordinaria ed abbreviata, o di quella presuntiva, poiché si tratta di eccezioni tra loro logicamente incompatibili e fondate su presupposti diversi; in difetto, spetta al giudice del merito procedere all’interpretazione della volontà delle parti ed il relativo giudizio non è utilmente censurabile in cassazione, posto che esso si colloca sul terreno dell’ermeneusi della domanda giudiziale, trovando solo il limite della corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato” (cfr. Cass. Civ., n. 29822 del 18.11.2019).
Non risulta, quindi, maturata la prescrizione ordinaria del credito azionato dalla ditta XXX in forza del decreto ingiuntivo opposto, non essendo decorso il termine decennale tra la data di emissione delle fatture ed il deposito e la notificazione del decreto ingiuntivo alla debitrice.
Quanto, poi alla prova del credito di € 3.508,68 oggetto del decreto ingiuntivo opposto, il creditore ha allegato le fatture n. 08/2007, n.63/2007, n. 81/2007, n. 113/2007, n.2/2008, n. 3/2008, n.4/2008, n.5/2208, n.109/2008, n.207/2008 inerenti la fornitura di materiali di ferramenta di tipologia varia effettuate in favore dell’YYY ed annotate nelle scritture contabili.
In relazione al valore probatorio della fattura, l’orientamento senz’altro prevalente è nel senso di ritenere che le semplici fatture possano costituire prova dei crediti in questione limitatamente alla fase di emissione del decreto ingiuntivo o dell’ordinanza-ingiunzione ex art.186 ter c.p.c., e fatta salva ogni ulteriore valutazione del materiale probatorio nel successivo giudizio a cognizione piena (cfr. Cass. n.3090/79; Cass. n.3261/79).
D’altra parte, la giurisprudenza riconosce che la fattura commerciale, avuto riguardo alla sua formazione unilaterale ed alla sua funzione di far risultare documentalmente elementi relativi all’esecuzione di un contratto (come l’elenco delle merci, il loro prezzo, le modalità di pagamento ed altro), si inquadra fra gli atti giuridici a contenuto partecipativo, consistendo nella dichiarazione indirizzata all’altra parte di fatti concernenti un rapporto già costituito, sicché quando tale rapporto sia contestato fra le parti la fattura, ancorché annotata nei libri obbligatori, non può assurgere a prova del negozio ma costituisce al più un mero indizio (cfr. Cass. Civ., n. 9593 del 20.4.2004).
Nella fattispecie in esame, l’YYY ha genericamente contestato l’idoneità delle fatture a fornire la prova dell’effettivo espletamento delle forniture ivi indicate, senza mettere in dubbio, tuttavia, l’esistenza del rapporto contrattuale tra le parti.
Nel caso di specie, la ditta creditrice ha prodotto, a dimostrazione del credito vantato nei confronti dell’YYY opponente, le fatture contenenti l’elencazione dei materiali acquisiti nonchè la firma del destinatario e l’estratto del registro delle fatture di vendita.
Orbene, va osservato che l’effettiva fornitura dei materiali di ferramenta – oltre a non essere specificamente contestata dall’YYY – trova conferma nell’avvenuta sottoscrizione delle fatture comprovanti la consegna della merce (cfr. fatture allegate al fascicolo monitorio recanti la sottoscrizione del destinatario, nonché, quanto ad alcuni documenti, anche il timbro dell’YYY).
Appare, quindi, evidente, in ragione delle argomentazioni fin qui svolte, che il Giudice di Pace abbia errato nel ritenere prescritto il credito vantato da XXX e che, avuto riguardo alla ripartizione dell’onere della prova tra le parti, la ditta opposta abbia fornito adeguata prova del credito sotteso al provvedimento monitorio, essendo emersa l’effettiva consegna della merce di cui fatture poste a fondamento del provvedimento monitorio.
Va, peraltro, osservato che il Giudice di pace ha rilevato l’avvenuto pagamento delle somme di cui alle fatture n. 81/2007 e 63/2007, da parte dell’YYY, e come comprovato dall’ordinativo di pagamento n. 6969 del 13.12.2007, sicchè risulta residuare un debito di €. 3.232,32.
Consegue che, tenuto conto dei pagamenti parziali eseguiti, il decreto ingiuntivo deve essere revocato, ma che, in accoglimento dell’appello ed in riforma della sentenza impugnata, va pronunciata la condanna dell’YYY al pagamento, in favore di XXX, quale titolare dell’omonima ditta, della residua somma di € 3.232,32 oltre interessi, al tasso legale, dalla scadenza delle singole fatture fino al soddisfo.
Orbene, va osservato che, ad avviso del consolidato orientamento giurisprudenziale, Nel procedimento per decreto ingiuntivo, la fase che si apre con la presentazione del ricorso e si chiude con la notifica del decreto non costituisce un processo autonomo rispetto a quello che si apre con l’opposizione, ma dà luogo ad un unico giudizio, nel quale il regolamento delle spese processuali, che deve accompagnare la sentenza con cui è definito, va effettuato in base all’esito della lite: ne consegue che, ove la somma chiesta con il ricorso sia riconosciuta solo parzialmente dovuta, non contrasta con gli artt. 91 e 92 cod. proc. civ. la pronuncia di compensazione delle spese processuali, in quanto l’iniziativa processuale dell’opponente, pur rivelandosi necessaria alla sua difesa, non ha avuto un esito totalmente vittorioso, così come quella dell’opposto, che ha dovuto ricorrere al giudice per ottenere il pagamento della parte che gli è riconosciuta. (cfr. Cass. Civ., n. 19120 del 3.9.2009).
Inoltre, “Il giudice di appello, allorché riformi in tutto o in parte la sentenza impugnata, deve procedere d’ufficio, quale conseguenza della pronuncia di merito adottata, ad un nuovo regolamento delle spese processuali, il cui onere va attribuito e ripartito tenendo presente l’esito complessivo della lite poiché la valutazione della soccombenza opera, ai fini della liquidazione delle spese, in base ad un criterio unitario e globale” (cfr. Cass. Civ., n. 9064 del 12.4.2018).
Orbene, alla stregua di tali principi, va osservato che può essere compiuta una valutazione complessiva ed unitaria in punto di regolamentazione delle spese della fase monitoria e dei due gradi di giudizio, sicchè le spese di entrambi i gradi di giudizio vanno poste a carico dell’appellata soccombente, nella misura liquidata in dispositivo, in applicazione dei parametri minimi previsti dal D.M. n. 55/2014 (tabella n. 1 e 2), in relazione allo scaglione di valore compreso tra € 1.100,01 ed € 5.200,00, con esclusione della fase istruttoria in ragione della natura documentale del giudizio.
P.Q.M.
definitivamente pronunciando sull’appello proposto da XXX, quale titolare dell’omonima ditta avverso la sentenza n. 1059/2014 emessa dal Giudice di Pace di Cosenza in data 6-20.6.2016, così provvede:
1) accoglie l’appello proposto da XXX, quale titolare dell’omonima ditta e, per l’effetto, in riforma della sentenza n. 1059/2014 emessa dal Giudice di Pace di Cosenza in data 6-20.6.2014, revoca il decreto ingiuntivo n. /2012 emesso dal Giudice di Pace di Cosenza in data 23.4.2012 e condanna l’YYY al pagamento, in favore di XXX, quale titolare dell’omonima ditta, della residua somma di € 3.232,32 oltre interessi, al tasso legale, dalla scadenza delle singole fatture fino al soddisfo;
2) condanna l’appellata alla rifusione, in favore della parte appellante, delle spese delle spese di entrambi i gradi di giudizio che si liquidano in complessivi € 1.427,00, di cui € 182,00 per esborsi ed € 1.245,00 per compensi professionali (di cui € 435,00 per compensi del giudizio di primo grado ed € 810,00 per compensi del presente giudizio), oltre rimborso forfettario spese generali in misura del 15%, i.v.a. e c.p.a. come per legge. Cosenza, 19.6.2020
Il Giudice
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Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.
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