REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE CIVILE DI ROMA
XI SEZIONE CIVILE
in composizione monocratica, in persona del Giudice onorario dott.ssa ha pronunciato la seguente
SENTENZA 15351/2019 pubblicata il 22/07/2019
nella causa civile iscritta al n. del ruolo generale per gli affari contenziosi dell’anno 2015 assunta in decisione all’udienza in data 24 aprile 2019 e vertente
TRA
XXX SRL (P.IVA:), in persona del legale rappresentante pro-tempore, con sede in ed ivi elettivamente domiciliata in, presso lo studio dell’avv. che la rappresenta e difende, giusta delega apposta in calce all’atto di citazione in opposizione a decreto ingiuntivo.
OPPONENTE
E
YYY SRL (C.F. e P.IVA:), in persona del legale rappresentante pro-tempore, con sede in ed ivi anche elettivamente domiciliata, presso lo studio dell’avv. che lo rappresenta e difende in virtù di procura speciale rilasciata in calce alla comparsa di costituzione e risposta.
OPPOSTA CONCLUSIONI
All’udienza di precisazione delle conclusioni del 24 aprile 2019, i procuratori delle parti concludevano come da relativo verbale in atti.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto di citazione ritualmente notificato, XXX s.r.l., proponeva opposizione, chiedendone la revoca, avverso il decreto ingiuntivo n. /15 (r.g.n. /15), emesso dal Tribunale di Roma in data 11.04.2015, con il quale le era stato ingiunto il pagamento, in favore di YYY s.r.l., della somma di € 97.239,15, oltre interessi e spese del procedimento monitorio, per il mancato pagamento dell’attività di consulenza in materia fiscale, amministrativo – contabile, contrattuale e giuslavoristica svolta in favore della medesima opponente.
XXX s.r.l., a sostegno della propria opposizione, eccepiva preliminarmente, l’intervenuta prescrizione di parte dei crediti azionati in via monitoria e contestava, nel merito, la mancanza di un mandato scritto nonché l’omessa prova in ordine all’espletamento delle attività effettivamente svolte in suo favore dalla società opposta.
Si costituiva in giudizio YYY s.r.l. la quale chiedeva il rigetto dell’opposizione avversaria perché infondata in fatto e in diritto nonchè la condanna della società opponente ai sensi dell’art. 96 c.p.c..
Esaurita l’istruttoria, nel corso della quale veniva disposta una c.t.u., all’udienza del 24 aprile 2019, i procuratori delle parti precisavano le conclusioni, come da relativo verbale in atti e la causa veniva, pertanto, trattenuta in decisione, concessi i termini di legge, ex art 190 cod. proc. civ., per il deposito delle comparse conclusionali e delle repliche.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Occorre in primo luogo esaminare l’eccezione di prescrizione sollevata da parte opponente nell’atto di citazione in opposizione a decreto ingiuntivo; essa è infondata e deve essere, pertanto, respinta.
Orbene, le prescrizioni presuntive, trovando ragione unicamente nei rapporti che si svolgono senza formalità, dove il pagamento suole avvenire senza dilazione, non operano se il credito trae origine da contratto stipulato in forma scritta (Cass. 04 luglio 2012 n. 11145), come, appunto, nella fattispecie che interessa (vedi doc. n. 5 fascicolo di parte opposta).
Nel merito, l’opposizione risulta parzialmente fondata e va, per quanto di ragione, accolta nella misura e per le considerazioni di seguito precisate.
Il giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo non è ristretto alla verifica delle condizioni di ammissibilità o di validità del decreto medesimo ma si estende all’accertamento dei fatti costitutivi del diritto in contestazione con riferimento alla situazione di fatto esistente al momento della pronuncia della sentenza e non già solo a quella anteriore all’emissione del decreto ingiuntivo.
Da ciò consegue che il giudice, qualora riconosca fondata, anche solo parzialmente, la eccezione di pagamento formulata dall’opponente con l’atto di opposizione o nel corso del giudizio, deve revocare totalmente il decreto opposto, sostituendo all’originario decreto ingiuntivo la sentenza di condanna al pagamento dei residui importi del credito.
Tale principio trova, del resto, testuale riscontro nell’articolo 653, comma 2°, c.p.c., secondo cui “se l’opposizione è accolta solo in parte, il titolo esecutivo è costituito esclusivamente dalla sentenza” (Cass. civ. n. 6514/2007).
E’ pacifico che in data 10.05.2010 le parti sottoscrissero un contratto di consulenza ed assistenza in materia fiscale, amministrativo – contabile, contrattuale e giuslavorista e che la prestazione richiesta dallo studio opposto consisteva in una assistenza nelle predette materie per la quale veniva concordato tra le parti anche il relativo compenso.
Parte opponente deduce che le fatture azionate in via monitoria si riferiscono ad un periodo compreso tra il 2012 ed il 2014 quando il rapporto tra le parti era, a suo avviso, concluso.
All’esito della c.t.u. espletata, le cui conclusioni, essendo immuni da vizi tecnicoargomentativi, devono essere interamente condivise, è risultato, in primo luogo, comprovato che “l’attività di prestazione di servizi per l’anno 2014 appare non eseguita” (vedi pg. 14 c.t.u.) giungendo alla conclusione che il totale dei compensi per l’attività effettivamente prestata ammonta, secondo quanto previsto dal contratto richiamato, ad “€ 55.570,58 + IVA” (vedi pg. 23 c.t.u.).
In tale situazione di fatto, considerato che: “Il compenso per prestazioni professionali va determinato in base alla tariffa ed adeguato all’importanza dell’opera solo nel caso in cui esso non sia stato liberamente pattuito, in quanto l’art. 2233 cod. civ. pone una garanzia di carattere preferenziale tra i vari criteri di determinazione del compenso, attribuendo rilevanza in primo luogo alla convenzione che sia intervenuta fra le parti e poi, solo in mancanza di quest’ultima, e in ordine successivo, alle tariffe e agli usi e, infine, alla determinazione del giudice, mentre non operano i criteri di cui all’art. 36, primo comma, Cost., applicabili solo ai rapporti di lavoro subordinato. La violazione dei precetti normativi che impongono l’inderogabilità dei minimi tariffari (quale, per gli ingegneri ed architetti, quello contenuto nella legge 5 maggio 1976, n. 340) non importa la nullità, ex art. 1418, primo comma, cod. civ., del patto in deroga, in quanto trattasi di precetti non riferibili ad un interesse generale, cioè dell’intera collettività, ma solo ad un interesse della categoria professionale.” (cfr. Cass. Sez. 2, 24 giugno 2013, n. 15786 e n. 17222, dell’11 agosto 2011), deve ritenersi che la somma concordata sia congrua e dovuta alla società opposta secondo quanto precisato dal consulente.
Per quanto riguarda le contestazioni relative alle prestazioni effettivamente svolte da YYY s.r.l., è, dunque, emerso che quest’ultima abbia maturato il diritto alle competenze così come accertate dal consulente nominato e secondo quanto concordato tra le parti, in relazione all’attività espletata in favore della XXX s.r.l..
Può pertanto liquidarsi in favore di YYY s.r.l., per l’attività dalla medesima prestata in favore della società opponente, la somma di € 55.570,58 + IVA.
Ne consegue che il decreto ingiuntivo de quo, risulta illegittimo e deve, pertanto, essere revocato.
Tanto premesso, XXX s.r.l. deve essere condannata al pagamento, in favore della società opposta, della minor somma di € 55.570,58, oltre IVA ed oneri di legge.
Le spese del giudizio seguono la soccombenza e vengono liquidate come da dispositivo, escluse quelle occorse per la c.t.u..
P.Q.M.
accoglie, l’opposizione di XXX s.r.l., avverso il decreto ingiuntivo n. /15 (r.g.n. /15), emesso dal Tribunale di Roma in data 11.04.2015, revocandolo.
Condanna XXX s.r.l. al pagamento, in favore di YYY s.r.l., della somma di € 55.570,58, oltre IVA ed oneri di legge;
Condanna XXX s.r.l. alla rifusione delle spese processuali, in favore di YYY s.r.l. che liquida in complessivi € 7.795,00 per competenze, oltre I.V.A. e C.P.A.; pone le spese occorse per la c.t.u. definitivamente a carico di entrambe le parti in solido, nella misura del 50% ciascuna.
Così deciso in Roma in data 21 luglio 2019.
il Giudice onorario
La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di
Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.
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