N.R.G. 869/2022
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE DI ANCONA SEZIONE SECONDA CIVILE
in composizione monocratica, nella persona del giudice NOME COGNOME ha emesso la seguente
SENTENZA N._1951_2024_- N._R.G._00000869_2022 DEL_13_11_2024 PUBBLICATA_IL_13_11_2024
nella causa civile iscritta al n. 869/2022 R.G., promossa (C.F. (C.F. (C.F. , rappresentati e difesi, in forza di procura allegata all’atto di citazione, dagli Avv. e Avv. COGNOME NOME ed elettivamente domiciliati presso il loro studio sito in Ancona, INDIRIZZOA ATTORI-opponenti CONTRO (C.F. ), in giudizio personalmente, domiciliato in Jesi, in INDIRIZZO CONVENUTO- opposto oggetto:
opposizione a decreto ingiuntivo conclusioni:
come precisate con note di trattazione scritta all’ udienza del 02.07.2024 per gli opponenti:
“Voglia il Tribunale di Ancona adìto, contrariis rejectis, C.F. C.F. C.F. – in via principale:
dichiarare prescritto ai sensi dell’art. 2956 n. 2 c.c. il diritto di credito fatto valere dall’Avv. e per l’effetto revocare il decreto ingiuntivo opposto n. 29/2022 del 5.1.2022.
– in via subordinata:
revocare e/o annullare il decreto ingiuntivo opposto n. 29/2022, stante l’inesistenza del diritto di credito dell’Avv. – in via istruttoria:
ammettersi l’interrogatorio formale dell’opposto nonché prova per testi sulla seguente circostanza di fatto:
“Vero che la Dott.ssa è la segretaria dello Studio dell’Avvocato sito in Jesi, INDIRIZZO nonchè sua cognata” Si indica quale teste la dott. , domiciliata a Jesi, INDIRIZZO presso lo Studio Legale Avv. Con vittoria di spese, diritti ed onorari e con distrazione in favore dei difensori antistatari.
” per l’opposto:
“- nel merito, rigettare integralmente l’opposizione avversaria e per l’effetto confermare il decreto ingiuntivo opposto n. 29/2022 D. I.
Con vittoria di spese e compensi di lite e condanna ex art. 96 c. p. c.”.
Antefatto e svolgimento del processo Con atto ritualmente notificato in data 25.02.2022, i Sig.ri in proprio e nella sua qualità di amministratore di sostegno di proponevano opposizione al decreto ingiuntivo n. 29/2022, emesso in data 05.01.2022, (procedimento monitorio R.G. 4997/2021) mediante il quale il Tribunale di Ancona ingiungeva agli stessi di pagare all’Avv. la somma di € 38.191,95, oltre spese e interessi, quale compenso per l’attività professionale espletata in favore degli odierni opponenti nel procedimento civile R.G. 4853/2015 innanzi al Tribunale di Ancona (si trattava, in particolare, di un procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo con istanza ex art. 649 c.p.c. e subprocedimento cautelare ex art. 700 c.p.c., concluso con ordinanza di estinzione del giudizio, a seguito di transazione tra le parti). A sostegno dell’odierna opposizione veniva eccepita la prescrizione presuntiva ex art. 2957, co.2, c.c. ed individuato quale dies a quo prescrizionale la data di sottoscrizione della transazione del giudizio R.G. 4853/2015, intervenuta il 30.12.2016.
Gli opponenti asserivano, infatti, che il primo atto interruttivo fosse la raccomandata inviata dall’Avv. in data 30.01.2020, a prescrizione triennale ormai maturata, rilevando altresì che la precedente e-mail del 17.01.2020 – siccome indirizzata dal legale ad un terzo estraneo al rapporto di mandato professionale – fosse inidonea a interrompere la prescrizione e che, anche a voler considerare la data di pubblicazione dell’ordinanza del Tribunale di Ancona di estinzione del giudizio R.G. 4853/2015 del 25.01.2017, il termine era in ogni caso decorso e la prescrizione presuntiva già maturata. Si costituiva in giudizio l’Avv. , eccependo l’inapplicabilità dell’istituto della prescrizione presuntiva e l’operatività della prescrizione ordinaria decennale in presenza di contratto scritto tra le parti, in particolare rilevando che il conferimento del mandato fosse avvenuto (in quanto accettato espressamente) mediante le procure alle liti conferite dagli odierni opponenti per il giudizio R.G. 4853/2015.
Parte opposta formulava domanda ex art. 96 c.p.c. di condanna per temerarietà della lite, contestando tutti i motivi di opposizione ed avanzando la tesi che il dies a quo prescrizionale ex art. 2957, co.2 c.c. dovesse collocarsi allo scadere dei dieci giorni utili per il reclamo dell’ordinanza di estinzione del giudizio – cioè alla data del 05.02.2017 in cui l’ordinanza era divenuta definitivamente irreclamabile ed irrevocabile – sosteneva, infine, di aver interrotto il decorso della prescrizione presuntiva mediante la raccomandata del 30.01.2020. Concessi i termini di cui all’art. 183, co.6, c.p.c., le parti opponenti allegavano in sede di seconda memoria fatti di pagamento per la somma complessiva di € 20.800,00, asserendo che la cifra (unitamente all’anticipo di euro 1.500,00) fosse integralmente satisfattiva del credito azionato in via monitoria dall’ Avv. e contestualmente producevano agli atti del presente giudizio sei assegni bancari – segnatamente:
assegno bancario n. NUMERO_DOCUMENTO emesso in data 6.5.2016 di euro 1.700,00 (doc. 4, parti opponenti);
assegno bancario n. NUMERO_DOCUMENTO emesso in data 15.10.2016 di euro 1.800,00 (doc. 5, parti opponenti);
assegno bancario n. NUMERO_DOCUMENTO emesso in data 27.11.2016 di euro 3.000,00 (doc. 6, parti opponenti);
assegno bancario n. NUMERO_DOCUMENTO emesso in data 9.3.2017 di euro 5.000,00 (doc. 7, parti opponenti);
assegno bancario n. NUMERO_DOCUMENTO emesso in data 16.6.2017 di euro 7.000,00 (doc. 8, parti opponenti);
assegno bancario n. NUMERO_DOCUMENTO emesso in data 9.9.2017 di euro 2.300,00
(doc. 9, parti opponenti).
L’intestazione dei titoli alla Sig.ra e non anche all’Avv. veniva motivata dagli odierni opponenti con il fatto che la stessa era la segretaria dello studio legale dell’Avv. In ordine ai fatti di pagamento, parte opposta negava che le somme potessero imputarsi al credito monitorio azionato, di € 38.191,95, oltre spese ed interessi, rilevando l’intestazione dei sei titoli a persona diversa dal creditore, nonché producendo a prova contraria documentazione relativa a molteplici rapporti professionali intercorsi tra l’Avv. e le odierne parti opponenti, tutti riferibili al lasso temporale (anni 2011-2017) in cui pure si collocano gli assegni prodotti. Infine, parte opposta asseriva che in punto di diritto la difesa appuntata sull’eccezione di prescrizione presuntiva fosse incompatibile con i fatti di pagamento dedotti in giudizio, qualificandosi il dedotto adempimento parziale quale confessione del mancato maturarsi della prescrizione presuntiva.
Fissata l’udienza di precisazione delle conclusioni a trattazione scritta ex art. 127 ter c.p.c., la causa veniva assegnata allo scrivente Giudice, e quindi trattenuta in decisione assegnando i termini ex art. 190 c.p.c.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Preliminarmente deve osservarsi che compete al giudice il rilievo d’ufficio circa la legittimazione ad agire/contraddire delle parti processuali, scrutinio imprescindibile anche al di là delle eccezioni sollevabili sul punto dalle parti costituite.
In parte qua questo Tribunale rileva che sussiste la legittimazione ad agire (rectius.
contraddire, dato il rovesciamento delle posizioni processuali nel procedimento di opposizione a decreto ingiuntivo) dell’amministratore di sostegno del Sig. , ruolo che emerge dagli atti del giudizio e rivestito dapprima dalla moglie dell’amministrato, sig.ra e successivamente dal figlio, Infatti, stando al combinato disposto degli artt. 411 e 374, n.5, c.c. (applicabile ratione temporis) l’amministratore di sostegno non è munito del potere di promuovere giudizi in assenza di autorizzazione del giudice tutelare, salvo che per ottenere provvedimenti conservativi, categoria nella quale è inclusa l’azione di opposizione al decreto ingiuntivo, secondo la giurisprudenza: “Come noto, l’art. 374 c.c., applicabile anche in caso di amministrazione di sostegno ex art. 411 c.c., prevede una elencazione degli atti eccedenti l’ordinaria amministrazione che necessitano di autorizzazione del giudice tutelare, con la precisazione che, secondo la Suprema Corte, detta elencazione è tassativa ed insuscettibile di applicazione analogica (Cass. Civ. n. 11748/2003).
Nel caso di specie, la proposizione dell’atto di opposizione a decreto ingiuntivo non può essere qualificata quale instaurazione di un nuovo giudizio, ovvero fattispecie per la quale è prevista l’autorizzazione del giudice ex art. 374, n. 9, c.c., in quanto, come affermato dalla consolidata giurisprudenza di legittimità, nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo parte opposta è l’attore in senso sostanziale mentre l’opponente è il convenuto sostanziale (cfr. ex multis, da ultimo, Cass. Civ. Sez. 3 – , Ordinanza n. 27183 del 22/09/2023). L’opposizione prevista dall’art. 645 c.p.c. non è, infatti, un’actio nullitatis o un’azione di impugnativa nei confronti dell’emessa ingiunzione, ma è un ordinario giudizio sulla domanda del creditore che si svolge in prosecuzione del procedimento monitorio, non quale giudizio autonomo, ma come fase ulteriore (anche se eventuale) del procedimento iniziato con il ricorso per ottenere il decreto ingiuntivo (cfr. Cass. civ., sez. un, 13 gennaio 2022, n. 927).
” (Tribunale Catanzaro sez. II, 10/10/2023, n.1638; cfr Tribunale Mantova n. 105/2019)
Infatti, secondo quando affermato dalla Suprema Corte, “L’autorizzazione del giudice tutelare è richiesta a norma dell’art. 374, comma 1, n. 5, del codice civile nell’ipotesi in cui il rappresentante legale intenda rendersi attore per far valere in giudizio una pretesa ricollegabile alla sfera patrimoniale dell’incapace, non anche quando debba resistere all’altrui iniziativa giudiziaria, in vista della conservazione degli interessi del rappresentato, ovvero laddove sia già costituito e soccombente (anche parzialmente ) in primo grado, non necessitando in tali ipotesi l’autorizzazione del giudice tutelare per appellare la relativa sentenza, mancando, diversamente da quella dell’inizio ex novo del giudizio da parte sua, la necessità di compiere la preventiva valutazione in ordine all’interesse ed al rischio economico per l’incapace. ” (Cass. civ., sez. III, 17/05/2022, n.15721) Tanto premesso, muovendo dall’inquadramento del rapporto tra le parti, da cui origina il credito opposto in questa sede, occorre innanzitutto affermare che le procure alle liti conferite all’Avv. in occasione del procedimento R.G. 4853/2015 (doc. 3 e 4 parte opposta) non possono qualificarsi quali contratti di mandato tra i clienti ed il legale ;
esse presuppongono il conferimento del patrocinio, ma non si identificano con esso.
Questo Tribunale aderisce all’orientamento giurisprudenziale di legittimità, formatosi in tema di operatività della prescrizione presuntiva, stando al quale la procura alle liti e il contratto di mandato tra avvocato e cliente sono negozi distinti ed insuscettibili di assimilazione anche al precipuo fine di non porre nel nulla la norma di cui all’ art. 2957, comma 2, c.c. sottraendo – mediante l’identificazione tra i due negozi – ogni prestazione forense dall’operatività dell’istituto della prescrizione presuntiva, e ciò in contrasto con le intenzioni del legislatore. “La giurisprudenza di questa Corte (Cass. n. 11145/2012) ha, infatti, affermato che le prescrizioni presuntive, trovando ragione unicamente nei rapporti che si svolgono senza formalità, dove il pagamento suole avvenire senza dilazione, non operano se il credito trae origine da contratto stipulato in forma scritta.
Tuttavia, il contratto scritto che esclude l’operatività della prescrizione del credito dell’avvocato, ai sensi dell’art. 2956 c.c., n. 2, non può essere individuato nella procura “ad litem”, la quale, essendo negozio unilaterale di investimento della rappresentanza processuale, va tenuta distinta dal contratto di mandato attinente al rapporto interno tra cliente e professionista.
Trattasi di principio che è stato poi ribadito anche di recente (Cass. n. 10379/2018; Cass. n. 29875/2019), sottolineandosi come, sovrapponendo la procura al mandato, e trasferendo a questo il formalismo di quella, la tesi anche qui riproposta dal ricorrente porterebbe ad estromettere ogni prestazione forense giudiziale dal perimetro applicativo della prescrizione presuntiva, istituto che, notoriamente, postula l’informalità del rapporto generatore del credito, e ciò in contrasto col disposto dell’art. 2957 c.c., comma 2, il quale, stabilendo che “per le competenze dovute agli avvocati, ai procuratori e ai patrocinatori legali il termine decorre dalla decisione della lite”, ammette inequivocabilmente la prescrizione presuntiva del credito forense da prestazione giudiziale. ” (Cass. civ., sez. VI, 26/05/2022, n.17133) Posti tali principi generali, fermo restando che nel caso di specie trovano applicazione gli artt. 2956, n. 2 e 2957, co. 2, c.c. – trattandosi del credito forense vantato dall’Avv. in ragione dello svolgimento di prestazione d’opera professionale nei confronti dei clienti, odierni opponenti – dirimente ed assorbente per la soluzione della controversia appare il distinguo tra gli istituti della prescrizione presuntiva ed estintiva, nonché le conseguenze che da tale distinzione scaturiscono in punto di diritto. Le due tipologie di prescrizione non sono sovrapponibili quanto ad effetti:
nella prescrizione estintiva il decorso del tempo e la contestuale inerzia del creditore conducono all’ estinzione dell’ obbligazione, che non è suscettibile di riviviscenza neppure per effetto del pagamento spontaneo da parte dell’obbligato, al più riconducibile ad adempimento di obbligazione naturale, non ripetibile (art. 2034 c.c.);
nella prescrizione presuntiva, invero, il decorso del tempo unitamente all’inerzia creditoria non estinguono l’obbligazione, generando invece la presunzione legale che il credito sia stato soddisfatto.
Nella prescrizione presuntiva, dunque, il credito si presume estinto in quanto esattamente adempiuto.
In altre parole, mentre il decorso del tempo nella prescrizione estintiva incide sul rapporto obbligatorio, estinguendolo, in quella presuntiva esso importa unicamente l’inversione dell’onere probatorio:
il credito si presume soddisfatto ed il debitore che eccepisce la prescrizione presuntiva, essendo tenuto a provare solamente il decorso del termine previsto dalla legge, onera il creditore di dimostrare il mancato soddisfacimento del credito.
La prova dell’inadempimento può essere fornita unicamente mediante deferimento del giuramento decisorio, ovvero avvalendosi dell’ammissione fatta in giudizio dallo stesso debitore che l’obbligazione non è stata estinta.
(ex multis, Cass. civ., sez. III, 16/10/2012, n. 17706; Cass. civ., sez. III, 15/05/2007, n.11195, Cass. civ., sez. II, 27/01/1998, n. 785) La Suprema Corte di Cassazione è costante nell’affermare il distinguo tra le due tipologie di prescrizione:
“E’ principio di diritto consolidato quello in base al quale la parte che eccepisce in giudizio la prescrizione ha l’onere di puntualizzare se intende avvalersi di quella presuntiva o di quella estintiva, poiché si tratta di eccezioni tra loro logicamente incompatibili e fondate su fatti diversi.
Si è infatti chiarito che le varie ipotesi di prescrizione estintiva (ordinaria ed abbreviata) costituiscono un modo di estinzione dell’obbligazione, che può essere posto nel nulla soltanto per effetto dell’adempimento spontaneo del debitore, il quale tuttavia non ha l’effetto di far rivivere l’obbligazione ormai estinta, ma si pone piuttosto sul piano dell’adempimento dell’obbligazione naturale.
La prescrizione presuntiva, invece, costituisce una presunzione legale di estinzione di uno specifico diritto per effetto del decorso del tempo previsto dalla norma, superabile con prova contraria.
Ne deriva che i due istituti – prescrizione presuntiva ed estintiva – non sono tra loro assimilabili poiché si fondano su diversi presupposti e perseguono finalità non sovrapponibili:
all’unico elemento comune del decorso del tempo, quindi, essi ricollegano effetti giuridici tutt’affatto differenti.
Ne discende che le correlative eccezioni non possono essere assimilate.
” (Cass. civ., sez. II, 11/12/2023, n.34464) La ratio della prescrizione presuntiva emerge chiaramente dalla lettera dell’art. 2959 c.c., “L’eccezione è rigettata, se chi oppone la prescrizione nei casi indicati dagli articoli 2954, 2955 e 2956 ha comunque ammesso in giudizio che l’obbligazione non è stata estinta.
” Il legislatore esclude espressamente che il debitore possa tenere ferma l’eccezione di prescrizione presuntiva ed al contempo allegare il pagamento parziale del credito, poiché in tale comportamento processuale, stante la sua contraddittorietà, è ravvisabile la contestazione implicita del credito nel suo ammontare, suscettibile pertanto di far cessare la presunzione che il credito sia stato integralmente soddisfatto.
Sarebbe infatti illogico presumere adempiuto esattamente il credito a fronte della contestazione debitoria delle somme nel corso del giudizio.
Peraltro, come in più occasioni affermato dalla Suprema Corte, l’affermazione di parziale insussistenza del credito equivale all’ammissione giudiziale di mancata estinzione dello stesso:
“l’eccezione di prescrizione presuntiva implica il riconoscimento dell’esistenza del credito nella misura richiesta dal creditore (cfr. Cass. n. 7527/12) ed è incompatibile con qualsiasi comportamento del debitore che importi, sia pure indirettamente, l’ammissione in giudizio che l’obbligazione non è stata estinta (cfr., in tal senso, ex multis, Cass. n. 7883/06, Cass. n. 3186/03 e Cass. n. 193/95);
situazione, questa, che ricorre allorquando il debitore neghi implicitamente l’esistenza, in tutto o in parte, del credito oggetto della domanda.
” (Cass. civ., sez. lav., 02/10/2009, n.21107, Cass.e civile sez. II, 07/04/2005, n.7277; Cass. civ., sez. lav., 14/06/1999, n.5910, Cass. civ., sez. lav., 12/03/1982, n.1599).
Nel caso di specie gli odierni opponenti, nonostante avessero eccepito la prescrizione presuntiva del credito sin dall’atto di citazione in opposizione, in sede di seconda memoria ex art. 183 c.p.c. hanno allegato fatti di pagamento che nell’ammontare si discostano dal credito opposto.
Si rileva che tale difesa è incompatibile – come ampliamente osservato – con l’eccezione di prescrizione, che deve essere rigettata.
Inoltre, si riscontra in atti l’espressa contestazione in giudizio da parte dei debitori dell’importo del credito opposto, stante l’affermazione, contenuta a pag. 3 della seconda memoria ex art. 183 c.p.c. “L’importo totale degli assegni incassati dall’Avv. per il quale non risulta essere stata emessa fattura, sommato a quanto a lui corrisposto dagli opponenti a titolo di fondo spese iniziale di euro 1.500,00 dà un totale di euro 22.300,00 che remunera integralmente l’attività svolta.
” Fermo restando che l’anticipo di €1.500,00 è incontestato tra le parti e fatturato dall’Avv. (doc. 9a, parte opposta), è evidente che l’ammontare dei sei assegni prodotti (doc. 4,5,6,7,8,9, seconda memoria ex art. 183 c.p.c., parti opponenti) per un totale di € 20.800,00 e quindi in misura inferiore alla somma di € 38.757,53 azionata dall’Avv. via monitoria, unitamente all’affermazione che la somma “remunera integralmente l’attività svolta” importa la contestazione dell’ammontare del credito stesso da parte degli opponenti, e dunque il venir meno della presunzione che il medesimo sia stato soddisfatto. Il comportamento processuale tenuto dagli odierni debitori, i quali da un lato invocano a proprio favore la presunzione legale di pagamento del credito ingiunto, e dall’altro deducono elementi fattuali logicamente incompatibili con quelli sui quali la presunzione si fonda, costituisce ulteriore fatto che esclude il presunto soddisfacimento dell’obbligazione.
A fronte di siffatta allegazione da parte dei condebitori, questo Tribunale rileva l’incompatibilità di tali difese con l’eccezione di prescrizione presuntiva, che rigetta secondo l’insegnamento più recente della Suprema Corte:
“L’art. 2956 c.c., n. 2, dispone che il diritto dei professionisti per il compenso dell’opera prestata e per il rimborso delle spese correlative si prescrive nel termine di tre anni.
La norma si fonda sulla presunzione di adempimento dell’obbligazione e implica il riconoscimento dell’esistenza del credito nella stessa misura richiesta dal creditore.
Al fine di superare tale presunzione gli unici mezzi idonei sono, quanto alla posizione del debitore opponente la prescrizione presuntiva, l’ammissione di non avere estinto l’obbligazione, quanto a quella del creditore, il deferimento al debitore del giuramento decisorio (Cass. n. 11195/2007; Cass. n. 19240/2004; Cass. n. 785/1998).
Questa Corte ha chiarito che l’eccezione è incompatibile con le difese che presuppongono il mancato pagamento del credito.
L’ammissione di non aver estinto il debito da parte del debitore (che comporta il rigetto dell’eccezione di prescrizione presuntiva) può risultare anche per implicito dalla contestazione, da parte del debitore stesso, dell’entità della somma richiesta (Cass. n. 3105/2001; Cass. n. 9467/2001; Cass. n. 4015/2002; n. 12771/2012; Cass. n. 11911/2014).
” (Cass. civ., sez. VI, 10/01/2022, n.462) Peraltro, con l’allegazione del fatto di pagamento di una somma di denaro in misura inferiore a quella azionata in sede monitoria dal creditore, gli odierni opponenti hanno reso controversi – e perciò stesso bisognosi di prova – i fatti posti a fondamento dell’avversa pretesa, il che – oltre a costituire motivo di rigetto dell’eccezione di prescrizione presuntiva, a mente dell’art. 2959 c.c. – importa il conseguente ripristino dell’originario riparto dell’onere probatorio. Tanto affermato in punto di diritto – venuta meno la prescrizione presuntiva e la correlata inversione dell’onere probatorio – grava nuovamente sulle parti debitrici l’onere di provare l’adempimento del credito quale fatto estintivo dell’obbligazione, e quindi l’imputazione del pagamento mediante assegni al credito professionale vantato dall’Avv. per l’attività espletata, posto che “non è sufficiente la semplice allegazione di assegni per fornire la prova di un pagamento avente efficacia estintiva se eseguito con riferimento ad un determinato credito. L’onere probatorio in relazione al pagamento con assegni grava in capo al debitore che deve dimostrare il collegamento degli assegni prodotti con i crediti azionati allorché vi sia contestazione da parte del creditore.
” (Cass. civ., sez. II, 25/09/2023, n.27247) Nel caso di specie gli odierni opponenti non hanno adempiuto all’onere probatorio sugli stessi gravante, stante la mera produzione di sei assegni (doc. doc. 4,5,6,7,8,9, seconda memoria ex art. 183 c.p.c. parti opponenti) il cui ammontare, come ribadito, non corrisponde al credito vantato dall’Avv. per l’esercizio dell’attività professionale svolta in R.G. 4853/2015 (opposizione a decreto ingiuntivo, ricorso ex art. 700 c.p.c. e istanza ex art. 649 c.p.c.);
credito ed attività che sono stati ampliamente documentati agli atti del presente giudizio (doc. 09a, 09b, 09c, 09d, parte opposta), anche mediante produzione della parcella vidimata dal COA di Ancona (doc. 09a parte opposta) per la somma di € 38.757,53.
Infine, i sei assegni sono intestati alla Sig.ra , persona diversa dall’odierno creditore, Avv. A tal proposito, neppure dirimente in punto di prova appare il fatto che la Sig.ra fosse – e ciò è pacifico in quanto incontestato – la segretaria dello studio legale dell’Avv. dal momento che nel contestare gli assegni in sede di terza memoria ex art. 183 c.p.c., l’odierno creditore opposto allega e documenta (doc. 10,11,12,13a,13b,13c,13d parte opposta) numerosi altri rapporti professionali oltre a quello per cui è causa, tutti intercorsi con le odierne parti opposte e riferibili all’arco temporale compreso tra gli anni 2011 e 2017 in cui pure si colloca l’emissione degli assegni de qua, datati 2016 e 2017 (doc. doc. 4,5,6,7,8,9, seconda memoria ex art. 183 c.p.c. parti opponenti):
stante il ruolo incontestato di segretaria rivestito dalla sig.ra deve giudicarsi irrilevante, per sua inutilità, la richiesta di prova testimoniale sul punto che, pertanto, va rigettata.
Fermo restando il preliminare rigetto dell’eccezione di prescrizione presuntiva, stante l’evidente difetto di prova circa l’imputabilità degli assegni prodotti dagli odierni opponenti al credito per cui è causa e per conseguenza risultando indimostrato il fatto estintivo dell’adempimento da parte dei debitori, il Tribunale rigetta l’opposizione.
Il fatto costitutivo del credito azionato in via monitoria dall’Avv. è provato ed evincibile dalla documentazione allegata al fascicolo monitorio.
Ne consegue che il decreto ingiuntivo opposto va confermato, ogni ulteriore eccezione respinta.
In ordine alla domanda di risarcimento danni ai sensi dell’art. 96 c.p.c. avanzata dall’opposto si rileva il difetto di prova dell’elemento oggettivo, invece necessaria a corroborare l’ipotesi di cui all’art. 96, co.1, come affermato dalla Suprema Corte, sent. n. 22951/19 (la natura extracontrattuale della responsabilità aggravata per lite temeraria onera la parte che chiede il risarcimento del danno a dedurre e comprovare sia l’an che il quantum);
mentre in riferimento all’ ipotesi di cui al comma 3, art. 96 c.p.c., non si ravvisano gli estremi dell’abuso del diritto.
In applicazione dell’art. 91 c.p.c., le spese di lite seguono la soccombenza e vanno liquidate in applicazione del D.M. n. 147 del 2022, parametri rapportati ai medi (valore scaglione da € 26.001 ad € 52.000) con riduzione del 30% per la fase di istruttoria e trattazione, in ragione della natura documentale della controversia e delle attività effettivamente compiute.
Il Tribunale di Ancona, definitivamente pronunciando nella causa iscritta al N.R.G. 869/2022, ogni ulteriore istanza ed eccezione disattesa o assorbita:
1) rigetta l’opposizione e, per l’effetto, conferma il decreto ingiuntivo n. 29/2022, R.G. n. 4997/2021;
2) condanna (C.F. (C.F. ), e (C.F. , in solido tra loro, al pagamento in favore di (C.F. ) delle spese di lite che si liquidano in € 7.074,20 a titolo di compenso professionale, oltre al 15% a titolo di rimborso forfettario, Iva e Cpa come per legge.
Ancona, 13/11/2024 Il Giudice Dott.ssa NOME COGNOME C.F. C.F. C.F.
La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di
Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.
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