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Prestito e il valore probatorio delle dichiarazioni rese da testimoni

La sentenza chiarisce l’onere della prova in tema di prestito e il valore probatorio delle dichiarazioni rese da testimoni ‘de relato actoris’ rispetto a quelli ‘de relato’.

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Pubblicato il 11 febbraio 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile

R E P U B B L I C A I T A L I A N A

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE DI APPELLO DI ROMA Terza

Sezione Civile composta dai signori magistrati Dott.ssa NOME COGNOME Presidente, Dott.ssa NOME COGNOME Consigliere Dott.ssa NOME COGNOME Consigliere rel. ha pronunciato la seguente

S E N T E N Z A N._613_2025_- N._R.G._00002340_2021 DEL_30_01_2025 PUBBLICATA_IL_30_01_2025

nella causa civile di II ° grado iscritta al n. 2340/2021 del Ruolo Generale degli Affari Civili Contenziosi, riservata in decisione in data 1.10.2024 all’esito della trattazione scritta disposta ai sensi degli artt. 127, terzo comma e 127-ter e vertente tra (RAGIONE_SOCIALEf. ), elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’avv. NOME COGNOMEc.f. , che la rappresenta e difende giusta procura estesa a margine dell’atto di citazione in appello

– appellante –

CRAGIONE_SOCIALEF. ), che lo rappresentano e difendono giusta procura estesa a margine dell’atto di citazione in appello – appellato ed appellante in via incidentale – Oggetto: Appello sentenza n. 15141/2020 emessa dal Tribunale di Roma, pubblicata in data 30.10.2020 (Indebito soggettivo – indebito oggettivo).

CONCLUSIONI

DELLE PARTI:

Parte appellante:

“Voglia la Ecc.ma Corte di Appello di Roma, in parziale riforma della sentenza impugnata, per i motivi esposti in narrativa, – rigettare tutte le domande spiegate nell’atto di citazione del giudizio di primo grado.

Con vittoria di spese competenze ed onorari del doppio grado di giudizio da distrarsi in favore dell’Avv. NOME COGNOME che se ne dichiara anticipataria e distrattaria.

” Parte appellata:

“Voglia l’Ecc.ma Corte d’Appello adita, contrariis reiectis, accogliere le seguenti conclusioni:

1) Rigettare l’avversa richiesta di sospensione dell’efficacia esecutiva della sentenza appellata essendo chiaramente insussistente il fumus boni iuris, nonché inconsistente e irrilevante il periculum in mora gravante dall’eventuale esecuzione della sentenza;

2) Dichiarare inammissibile l’appello proposto dalla Sig.ra per tutti i motivi ex ante rappresentati;

3) Rigettare nel merito il gravame in quanto infondato in fatto e in diritto;

4) Riformare la sentenza di primo grado nella parte in cui statuisce la condanna del Sig. a titolo di risarcimento danni nei confronti della Sig.ra al versamento della somma di € 600,00 e nella parte in cui prevede a carico del il pagamento della metà delle spese di CTU che andranno rimborsate a quest’ultimo dalla Sig.ra , cui dovranno essere poste interamente a carico;

5) Con vittoria di spese e compensi oltre rimborso forfettario per spese generali, I.V.A. e C.P.A. come per legge del doppio grado di giudizio.

” SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La sentenza appellata ha così riportato i fatti di causa e la decisione adottata:

“Con atto di citazione, ritualmente notificato, il sig. , citava in giudizio la sig.ra al fine di sentir condannare quest’ultima, alla restituzione della somma di euro 8.424,38 oltre spese, interessi legali e rivalutazione monetaria, fino all’effettivo soddisfo.

A fondamento della domanda parte attrice argomentava di aver intrapreso con la convenuta una relazione affettiva (terminata nel C.F. obbligandosi nel contempo alla restituzione di detta somma.

Tuttavia, secondo l’attore, l’obbligazione veniva adempiuta parzialmente, avendo parte convenuta restituito solo la somma di euro 2.000 con bonifico del 16.01.2012.

Evidenziava altresì l’attore che vani erano risultati i tentativi di recuperare la residua somma ancora dovuta (doc. 2, 3 e 4) ai quali la convenuta replicava in data 21.05.2013 (doc.5) sostenendo il suo completo adempimento all’obbligazione assunta.

Si costituiva in giudizio la signora contestando tutto quanto ex adverso eccepito, dedotto e formulato, concludendo:

– in via principale per il rigetto della domanda formulata in ragione del totale adempimento all’obbligazione restitutoria lamentata dall’attore avente titolo in un prestito gratuito avvenuto con accredito del 24.02.2011 di euro 10.000, somma restituita in parte (euro 2000) con bonifico del 16.01.2012 in parte (euro 8.000) in contanti, disconoscendo comunque formalmente la scrittura privata depositata del 28.10.2011;

– in via riconvenzionale per l’accertamento di una aggressione avvenuta in capo alla stessa ad opera dell’attore in data 9.04.2011, data di cessazione della relazione, per la quale la stessa si recava al Pronto Soccorso dell’Ospedale INDIRIZZO di Roma solo in data 11.04.2011, tacendo sull’autore dell’aggressione – in quanto minacciata dall’attore sul punto, visto il ruolo di sottoufficiale da lui ricoperto – e per la quale le veniva diagnosticato ” trauma non commotivo.

Contusioni multiple del dorso e del torace” con prognosi di tre giorni clinici salvo rivalutazione, chiedendo conseguentemente la condanna di questo al pagamento dei danni patrimoniali e non derivanti da tale condotta, quantificati complessivamente in euro 21.426,70, oltre al rimborso delle spese occorse durante la convivenza (affitto, utenze, condominio, ecc.) per euro 4.000,00.

Nel corso della prima udienza del 27 maggio 2014, previa contestazione dei procuratori delle parti delle avverse domande ed eccezioni, in particolare la convenuta il giudice concedeva i termini ex art. 183, VI comma, c.p.c. Successivamente con ordinanza del 9.03.2015, veniva disposto interrogatorio formale e prova testimoniale nei limiti ivi indicati.

Espletate le prove all’udienza del 14 luglio 2017, dopo deposito dell’originale della scrittura privata del 28.10.2011 la signora dichiarava di riconoscere la propria sottoscrizione ma non il contenuto della Successivamente con provvedimento del 23.07.2017 veniva disposta CTU medico legale per accertamento del danno biologico subito dalla convenuta.

A seguito di nuova assegnazione del procedimento in esame veniva rivolta alle parti proposta conciliativa ex art. 185 bis c.p.c., rifiutata da parte convenuta.

Pertanto la causa veniva rinviata alla data odierna ex art. 281 sexies, c.p.c. ove i procuratori delle parti concludevano come da note depositate.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Partendo dall’esame della domanda attorea di richiesta di restituzione di una somma di denaro avente titolo su un prestito gratuito effettuato alla convenuta la stessa risulta fondata.

Il creditore che agisce per il pagamento infatti ha l’onere di provare il titolo del suo diritto, non anche il mancato pagamento, giacché il pagamento integra un fatto estintivo, la cui prova incombe al debitore che l’eccepisca.

Parte convenuta non contesta peraltro di aver ottenuto dal sig. la somma di euro 10.000 il 24.02.2011 ritenendo tuttavia di aver estinto la propria obbligazione restitutoria in parte, per una somma minore (euro 2000), con bonifico e la restante, la maggior somma (euro 8000), in contanti.

Ora, la scrittura del 28.10.2011, la cui sottoscrizione è stata riconosciuta dalla convenuta, nulla aggiunge quanto alla prova della esistenza del titolo dell’obbligazione, il prestito gratuito, in quanto questo non è oggetto di contestazione.

Riguardo a tale scrittura parte convenuta ha sostenuto tuttavia di disconoscerne il contenuto che, per quanto sopra detto, risulterebbe dunque sconfessato limitatamente ai termini e alla modalità della restituzione, ma non alla sua effettiva esistenza.

Al riguardo si osserva che in merito alla tutela in caso di abusivo riempimento di un foglio in bianco la giurisprudenza ha stabilito che colui che contesta il contenuto della scrittura è tenuto a proporre la querela di falso soltanto se assume che il riempimento sia avvenuto “absque pactis”;

qualora, invece, il sottoscrittore si dolga del riempimento della scrittura in modo difforme da quanto pattuito, ha l’onere di provare la sua eccezione di abusivo riempimento “contra pacta” e, quindi, di inadempimento del mandato “ad scribendum” in ragione della non corrispondenza tra il dichiarato e ciò che si intendeva dichiarare (Cass. 2015 n. 10259).

Orbene nulla di tutto ciò è stato compiuto da parte convenuta per cui deve necessariamente concludersi per la fondatezza di quanto ivi rappresentato sia riguardo al termine ultimo della restituzione previsto al 28.02.2013 sia alle modalità, esclusivamente tramite bonifici bancari sul conto corrente San Paolo di Torino intestato all’attore recante IBAN nr. IT D08069 03222100000801126.

Per quanto sopra rilevato alcuna rilevanza può perciò essere attribuita alle risultanze delle prove orali espletate.

Passando all’esame della domanda riconvenzionale formulata dall’istruttoria è emerso, inequivocabilmente, la aggressione subita e la sua riferibilità all’attore.

I testimoni escussi infatti hanno riferito dello specifico episodio, di cui sono venute a conoscenza de relato, ma nell’imminenza dei fatti stessi, e di cui hanno offerto diversi elementi di riscontro.

E’ appena il caso di ricordare, d’altronde, che sovente proprio gli episodi di violenza domestica avvengono in assenza di terzi, il che può essere preordinato, e comunque discende proprio dal rapporto esistente tra le parti interessate.

La prova, allora, è essenzialmente indiziaria e indiretta.

Va poi segnalato che alcunché fa dubitare dell’attendibilità dei testi escussi che hanno anzi riferito in modo coerente e senza contraddizioni circa specifiche circostanze di fatto, in particolare la teste la quale dichiarava:

“I segni delle percosse li ho visti due giorni dopo quando ho costretto andare al pronto soccorso.

Mi ha riferito dei pugni e dei calci subiti.

Non è venuta in ospedale dove io lavoro perché si vergognava ed è andata al Pronto Soccorso del e si è astenuta dal lavoro per vario tempo.

Noi lavoravamo entrambe nell’Ospedale San Giovanni.

Dalle risultanze della CTU, di cui questo Tribunale condivide il metodo e gli esiti, il risarcimento può essere quantificato, tenendo conto anche della voce dei danni non patrimoniali, nella complessiva somma di euro 600,00.

Quanto infine alla richiesta di restituzione delle somme dovute in ragione del dovere di contribuzione, derivante dai vincoli di solidarietà familiare, esteso anche alle coppie di conviventi, la stessa non può essere accolta non essendo stata accertata la configurabilità della convivenza more uxorio delle parti in causa.

Come chiarito dalla giurisprudenza i requisiti della gravità, della precisione e della concordanza degli elementi presuntivi in tal caso devono infatti essere ricavati in relazione al complesso degli indizi (quali, a coabitazione), i quali devono tuttavia essere valutati non atomisticamente ma nel loro insieme e l’uno per mezzo degli altri.

Nel caso in esame nulla è emerso al riguardo essendo l’unica prova della presunta convivenza basata solo su dichiarazione testimoniale peraltro smentita da prova contraria.

Per tutto quanto sopra argomentato la domanda di parte attrice deve essere accolta, cosi come parte della domanda riconvenzionale formulata dalla convenuta.

La parziale soccombenza reciproca e la particolarità della materia trattata giustificano la compensazione delle spese di lite.

Tribunale adito, definitivamente pronunciando, ogni diversa eccezione e domanda disattesa 1. Accoglie la domanda e condanna la signora a restituire al sig. la somma di euro 8.424,38 oltre intessi legali e rivalutazione monetaria dalla domanda all’effettivo soddisfo;

2. Condanna il signor a titolo di risarcimento danni nei confronti della signora al versamento della somma di euro 600,00;

3. Compensa interamente le spese di lite e pone definitivamente le spese della CTU a carico di entrambe le parti per un mezzo ciascuno.

” Avverso tale pronuncia, ha proposto appello , impugnando la decisione sulla base di un unico articolato motivo di gravame.

Si è costituito in giudizio , che ha eccepito l’inammissibilità dell’appello e chiesto, nel merito, il rigetto dello stesso, nonché proposto appello incidentale avverso la parte della sentenza con la quale era stato condannato a pagare, in favore di , la somma di euro 600,00 a titolo di risarcimento danni e la metà delle spese di CTU.

All’udienza del 20.7.2021, la Corte ha rigettato l’istanza di sospensione dell’efficacia della sentenza avanzata dall’appellante in via principale ed ha rinviato la causa all’udienza del 27.6.2023 per la precisazione delle conclusioni.

Successivamente la causa è stata rinviata all’udienza dell’1.10.2024.

In vista dell’udienza di precisazione delle conclusioni, è stata disposta la trattazione della causa ai sensi degli artt. 127 comma 3 e 127 ter c.p.c. “mediante il deposito in telematico di note scritte contenenti le

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con l’unico motivo di gravame, l’appellante ha censurato la decisione del giudice di primo grado di accogliere la domanda attorea di restituzione della somma di euro 8.000.00, ritenendo irrilevanti le risultanze delle prove orali espletate nel corso del giudizio, che attestavano l’avvenuta consegna in contanti della somma predetta.

In particolare, l’appellante ha sostenuto che il giudice di primo grado avrebbe dovuto tener conto sia delle dichiarazioni rese dalle testi (che avevano riferito di aver assistito, nell’aprile del 2012, alla consegna, da parte sua, della somma di euro 8.000,00 in contanti nelle mani del ), in quanto idonee a provare l’avvenuta estinzione totale del debito, sia del fatto che il , a seguito della disconoscimento della scrittura privata da parte della , non aveva proposto l’istanza di verificazione della scrittura privata del 28.2.2011 (ma solo chiesto i termini di cui all’art. 183 c.p.c.). Il motivo è infondato.

Al riguardo, va preliminarmente ricordato che, secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, l’istanza di verificazione della scrittura privata disconosciuta può essere anche implicita, come quando si insista (come nel caso di specie) per l’accoglimento di una pretesa che presuppone l’autenticità del documento e non esige la formale apertura di un procedimento incidentale, né l’assunzione di specifiche prove, quando gli elementi già acquisiti o la situazione processuale siano ritenuti sufficienti per una pronuncia al riguardo e può essere decisa anche sulla base dell’articolazione di una mera prova testimoniale (cfr Cass. civ. ord. n. 32169 del 2.11.2022 e sent. 4.7.2017 n. 16383; 6.6.2006 n. 13258 e 22.1.2003 n. 890).

Tanto ricordato, si osserva che l’appellante non ha censurato la parte della sentenza in cui era stata affermata la mancata allegazione e prova, da parte sua, della asserita possibilità di estinzione del mutuo con modalità diverse dal bonifico bancario (che è, quindi, passata in giudicato), essendosi la medesima limitata a lamentarsi della mancata considerazione, da parte del giudice di primo grado, della rilevanza delle prove orali espletate ai fini dell’asserito adempimento dell’obbligazione mediante la consegna del denaro in contanti. Ciò precisato, si rileva che, sebbene l’art. 1197, primo comma, c.c. preveda la possibilità, per il debitore, di estinguere l’obbligazione eseguendo una prestazione diversa da quella pattuita nel caso in cui il creditore presti il suo consenso, tuttavia, le dichiarazioni rese dalle testi rispettivamente alle udienze del 20 maggio e dell’8 novembre 2016 non risultano idonee ad attestare l’avvenuta prestazione del consenso da parte del alla diversa modalità di In particolare, si osserva che le testimoni, oltre ad aver collocato temporalmente la cena in casa della in momenti temporali diversi (la ha sostenuto che la cena si era svolta “dopo l’aprile 2012”, mentre la ha affermato che la cena si era svolta “circa a fine aprile 2012”), avevano anche descritto l’episodio in modi differenti. Infatti, mentre la prima si era limitata ad affermare, in modo generico, che il aveva bussato a casa della (ove lei si trovava a cena con quest’ultima e la , entrando nella stessa con fare irruento e che la , dopo essere andata in camera, gli aveva consegnato la somma di euro 8.000,00 in contanti, la seconda aveva riferito che il aveva citofonato con insistenza e che la , dopo averlo fatto entrare, gli aveva consegnato la somma di euro 8.000,00 “in contanti in taglio da 500,00 euro come richiesto dal medesimo”, “che venne contata per tre volte” da quest’ultimo prima di andarsene, fornendo dei dettagli che descrivono una situazione del tutto diversa sia in merito al luogo ove era stata custodita la somma di denaro, sia in merito al taglio delle banconote consegnate ed alla conta delle stesse (ovvero a circostanze che non potevano essere state dimenticate dall’altra ospite presente, data la loro particolarità). Si osserva, inoltre, che la non aveva fornito alcuna prova in ordine al modo in cui era asseritamente venuta in possesso del denaro contante (a suo dire, prestatole dei genitori, che, però, non erano stati chiamati a testimoniare al riguardo), né al numero od al taglio delle banconote consegnate, né, in particolare, ad eventuali pattuizioni prese con il in relazione al diverso modo di estinzione del suo debito residuo (per il quale, peraltro, non si era fatta rilasciare alcuna quietanza), per cui la decisione del giudice di primo grado di ritenere irrilevanti le risultanze delle prove orali appare immune da censure. Con l’unico motivo di gravame dell’appello incidentale, il ha censurato la decisione del giudice di primo grado di accogliere la domanda riconvenzionale avanzata dalla , avente ad oggetto il risarcimento del danno subito per l’aggressione avvenuta in suo danno in data 9.4.2012 e le conseguenti lesioni e di quella di condannarlo al pagamento in suo favore della somma di euro 600,00.

In particolare, l’appellante in via incidentale ha affermato che il giudice di primo grado avrebbe dovuto tener conto delle testimonianze resa da nonché del fatto che la non aveva denunciato l’aggressione e che la teste aveva riferito circostanze apprese da quest’ultima.

Il motivo è fondato.

Ed invero – premesso che, secondo il costante orientamento della giurisprudenza di legittimità, mentre i testimoni “de relato” in genere, depongono su circostanze che hanno appreso da persone estranee attenuata perché indiretta, è idonea ad assumere rilievo ai fini del convincimento del giudice, nel concorso di altri elementi oggettivi e concordanti che ne suffragano la credibilità, al contrario, i testimoni “de relato actoris” depongono su fatti e circostanze di cui sono stati informati dal soggetto che ha proposto il giudizio, così che la rilevanza del loro assunto è sostanzialmente nulla, in quanto vertente sul fatto della dichiarazione di una parte e non sul fatto oggetto dell’accertamento, fondamento storico della pretesa (cfr per tutte Cass. civ. 15.1.2015 n. 569) – si osserva che la testimonianza resa da all’udienza dell’8.11.2016 in ordine all’aggressione subita dalla era sicuramente qualificabile come “de relato actoris”, atteso che la medesima, oltre a non aver assistito all’aggressione, aveva precisato che i lividi che aveva visto sulle braccia del erano i segni delle percosse infertole in precedenza (9.4.2012) dal in quanto così riferitole dalla stessa Si evidenzia, inoltre, che i testi (della cui attendibilità non c’è motivo di dubitare), alle udienze del 20.5.2016 e 21. 3.2017, avevano rispettivamente dichiarato, la prima, di aver trascorso la giornata del 9.4.2012 con fuori Roma in località INDIRIZZO, fino alle 18,30 (circostanza confermata dal all’udienza del 21.3.2017) ed il terzo che, in detta occasione, essendo il giorno di pasquetta, il si era recato a cena a casa di sua madre, ove era anche rimasto a dormire.

Dette circostanze non sono state smentire da alcuna prova oggettiva contraria da parte della che, oltre a non aver sporto alcuna denuncia in merito all’aggressione, quando si era recata, in data 11.4.2012, presso il Pronto Soccorso dell’Ospedale INDIRIZZO di Roma, pur avendo dichiarato di aver subito percosse (pugni e calci al volto, alle gambe ed al dorso), due giorni prima, da persona nota, non ne aveva tuttavia fatto il nome e, pur avendo riferito cefalea e cervicalgia ed accusato dolore ai movimenti attivi e passivi del collo ed alla digitopressione della regione presternale e glutea destra, presentava solo un’ecchimosi alla palpebra superiore destra e si era rifiutata di sottoporsi a radiografie o ricovero per osservazione (vd pag. 2 della c.t.u. svolta dal dott. in primo grado, sulla base della cartella clinica rilasciata dal predetto Pronto Soccorso). Ne consegue che, in assenza di prove certe in ordine all’attribuibilità al dell’aggressione riferita dalla , la sentenza va riformata sul punto e va dichiarata la non debenza della somma di euro 600,00, da parte del in favore della , a titolo risarcitorio del danno asseritamente sofferto, né della metà delle spese di c.t.u. (di cui, peraltro, non è stato documentato l’avvenuto pagamento), che dovranno essere poste a carico esclusivo della Le spese di lite dei due gradi di giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo, secondo i parametri dello scaglione di valore compreso tra euro 5.200,01 ed euro 26.000,00 del decreto del Ministero della Giustizia n. 55 del 10.3.2014, aggiornati dal D.M. n. 147/22 (in vigore dal 23.10.22). Deve, infine, darsi atto che per effetto dell’odierna decisione sussistono i presupposti di cui all’art. 13, comma 1 quater, del DPR 115/2002 (come novellato dall’art. 1 comma 17 L. 24.12.2012 n. 228) per il versamento, da parte dell’appellante in via principale, dell’ulteriore contributo unificato di cui all’art. 13 comma 1 bis DPR 115/2002.

La Corte, definitivamente pronunciando sugli appelli proposti da , in via principale e da , in via incidentale, avverso la sentenza n. 15141/2020 del Tribunale di Roma, pubblicata in data 30.10.2020, ogni contraria istanza, eccezione e deduzione respinta, così decide:

– rigetta l’appello proposto da – in accoglimento dell’appello incidentale proposto da , dichiara che nulla è dovuto dal medesimo in favore di a titolo risarcitorio, né a titolo di spese di c.t.u., che vanno poste a carico esclusivo della – condanna alla rifusione delle spese sostenute da nel primo grado di giudizio, che liquida in complessivi euro 5.077,00 ed in euro 5.809,00 per il presente grado di giudizio (oltre al rimborso forfettario delle spese generali pari al 15% del liquidato compenso), con l’IVA ed il CAP come per legge; – conferma per il resto la sentenza impugnata;

Si dà atto che per effetto dell’odierna decisione sussistono i presupposti di cui all’art. 13, comma 1 quater, del DPR 115/2002 (come novellato dall’art. 1 comma 17 L. 24.12.2012 n. 228) per il versamento, da parte , dell’ulteriore contributo unificato di cui all’art. 13 comma 1 bis DPR 115/2000.

Così decisa in Roma il 21.1.2025

Il Presidente (dr.ssa NOME COGNOME Il Consigliere est. (dr.ssa NOME COGNOME

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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