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Principi di onere della prova e di non contestazione

Il Tribunale ha rigettato l’opposizione a decreto ingiuntivo, confermandolo integralmente. Ha ribadito i principi di onere della prova e di non contestazione nell’opposizione a decreto ingiuntivo, condannando l’opponente alle spese.

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Pubblicato il 5 marzo 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

IL TRIBUNALE DI TORINO Terza Sezione Civile in composizione monocratica in persona del Giudice dott. NOME COGNOME ha pronunciato la seguente:

SENTENZA N._726_2025_- N._R.G._00017645_2023 DEL_12_02_2025 PUBBLICATA_IL_12_02_2025

depositata ai sensi dell’art. 281-sexies, ultimo comma, c.p.c. visti gli atti della causa iscritta al n. 17645/2023 R.G. promossa da:

in persona del legale rappresentante signor , rappresentata e difesa dall’ Avv. NOME COGNOME del foro di Ravenna, in forza di procura alle liti in calce alla citazione;

-PARTE

ATTRICE OPPONENTE- contro:

in persona del suo amministratore e legale rappresentante signor , rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME del Foro di Torino, in forza di procura alle liti a margine del ricorso per decreto ingiuntivo;

-PARTE CONVENUTA OPPOSTA- avente per

oggetto:Opposizione a decreto ingiuntivo;

CONCLUSIONI

DELLE PARTI COSTITUITE Per la parte attrice opponente (come da atto di citazione in opposizione):

“Voglia l’Ill.mo Tribunale di Ravenna, contrariis reiectis, In via preliminare RESPINGERE, il decreto opposto per i motivi in fatto esposti nella presente opposizione;

ACCERTARE, in caso di accoglimento, anche parziale, dell’opposto decreto, che le somme dovute dall’opponente ad sono solo quelle afferenti i pannelli pubblicitari relativi al punto vendita di Ferrara con conseguente riduzione di quanto chiesto dalla creditrice in ricorso.

Con compensazione delle spese di lite tra le parti atteso anche il comportamento pre ricorso della ricorrente”.

Per la parte convenuta opposta (nelle “note scritte” di precisazione conclusioni, depositate in data 05.02.2025 e in comparsa di costituzione e risposta):

“Voglia il Giudice Unico del Tribunale Civile di Torino;

Respinta ogni diversa istanza, eccezione e deduzione;

Nel merito:

respingere ogni domanda proposta dalla nei confronti della e, conseguentemente, confermare il decreto ingiuntivo n. 3001/23 emesso il giorno 20/4/23 dal Giudice Unico del Tribunale Civile di Torino e portante la condanna della al pagamento della somma di Euro 25.127,63 oltre agli interessi ed alle spese;

condannare, qualora occorra, la al pagamento a favore della della somma di Euro 25.127,63 o di quell’altra, maggiore o minore, che risulterà dovuta in corso di causa, oltre a tutti gli importi indicati nel decreto e successivi.

Con gli interessi dal dovuto al saldo.

Con vittoria di diritti, onorari e spese di giudizio”.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Premessa.

1.1.

Si premette che:

– ai sensi dell’art. 132, 2° comma, n. 4, c.p.c. (così come modificato dalla Legge n. 69/2009), la sentenza deve contenere “la concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione” (e non più anche “la concisa esposizione dello svolgimento del processo”);

– ai sensi dell’art. 118, 1° comma, disp. attuaz., c.p.c. (così come modificato dalla Legge n. 69/2009), la “motivazione della sentenza di cui all’art. 132, secondo comma, numero 4), del codice consiste nella succinta esposizione dei fatti rilevanti della causa e delle ragioni giuridiche della decisione, anche con riferimento a precedenti conformi.

” Pertanto, con riguardo allo svolgimento del processo saranno richiamati unicamente gli eventi rilevanti ai fini della decisione.

1.2.

Su ricorso depositato dalla il Tribunale di Torino, con decreto n. 3001/2023, datato 20.04.2023, depositato in data 21.04.2023, ha ingiunto a pagare alla ricorrente la somma di Euro 25.127,63, oltre interessi come da domanda, spese di procedura liquidate in € 567,00 per onorari, oltre CU, marca, il 15% per spese generali, i.v.a. e c.p.a. ed oltre alle successive occorrende.

1.3.

Con atto di citazione datato 02.10.2023, ritualmente notificato, la ha convenuto in giudizio la ricorrente, proponendo opposizione avverso il predetto decreto ingiuntivo e chiedendo, nel merito, l’accoglimento delle conclusioni di cui in epigrafe.

Con Decreto ex art. 171-bis c.p.c. il Giudice Istruttore ha differito la data dell’udienza di prima comparizione delle parti e trattazione ex art. 183 c.p.c. al 19.02.2024, rispetto alla quale sono decorsi i termini indicati dall’art. 171-ter c.p.c. 1.4.

Si è costituita telematicamente la parte convenuta opposta, depositando comparsa di costituzione e risposta, contestando le allegazioni e le domande di controparte e chiedendo, nel merito, l’accoglimento delle conclusioni di cui in epigrafe.

1.5.

Con Ordinanza in data 20.03.2024 il Giudice Istruttore:

– ha concesso la provvisoria esecuzione del decreto ingiuntivo opposto;

– ha ammesso la prova testimoniale dedotta da parte convenuta, fissando per l’assunzione l’udienza del 9.5.2024.

1.6.

Con Ordinanza in data 27.01.2025 il Giudice:

– ha invitato le parti a precisare le conclusioni;

– ha disposto, ai sensi dell’art. 127-ter c.p.c., la sostituzione dell’udienza successiva di precisazione delle conclusioni e discussione orale della causa, ai sensi dell’art. 281-sexies c.p.c.;

dal deposito di “note scritte”, redatte nel rispetto dei principi di sinteticità e chiarezza;

– ha rilevato, infatti, che:

➢ secondo l’orientamento della Cassazione, meritevole di essere condiviso, è legittimo lo svolgimento dell’udienza di discussione orale della causa in forma scritta, mediante l’assegnazione alle parti di un termine unico e comune per il deposito di note scritte, in quanto tale procedimento – in linea generale e salve le eccezioni normativamente previste – è idoneo a garantire il contraddittorio in tutti i casi in cui sia per legge consentita la trattazione della causa in forma scritta e anche, quindi, in relazione alla fase decisoria del giudizio di merito, senza che possa ammettersi in proposito una valutazione casistica fondata sull’oggetto, sulla rilevanza e sull’eventuale complessità della controversia, che determinerebbe una intollerabile incertezza in ordine alla validità dei provvedimenti decisori, non fondata sull’applicazione di precisi schemi procedurali fissi, ma sulla base di valutazioni legate a valori mutevoli, opinabili e controvertibili (cfr. in tal senso: Cassazione civile, sez. III, 19/12/2022, n. 37137, che ha affermato tale principio con riguardo allo svolgimento dell’udienza ai sensi dell’art. 281 sexies c.p.c. mediante il deposito di note scritte, ai sensi dell’art. 83, comma 7, lett. h, D.L. n. 18/2020, convertito, con modificazioni, dalla Legge n. 27/2020);

➢ inoltre, l’art. 128, comma 1, ultima parte, c.p.c. aggiunto dal D.Lgs. 31 ottobre 2024, n. 164, prevede espressamente che nell’udienza pubblica il giudice “può altresì disporre la sostituzione dell’udienza ai sensi dell’articolo 127 -ter , salvo che una delle parti si opponga”;

➢ del resto, nel caso di specie, l’udienza non richiede la presenza di “soggetti diversi dai difensori, dalle parti, dal pubblico ministero e dagli ausiliari del giudice” e, inoltre, la presenza personale delle parti non “è prescritta dalla legge o disposta dal giudice”;

➢ pertanto, in forza del citato art. 127 ter c.p.c. la Sentenza potrà essere depositata telematicamente entro trenta giorni dalla scadenza del predetto termine perentorio per il deposito delle note scritte, senza l’espletamento degli incombenti processuali non compatibili con la modalità di svolgimento del procedimento a mezzo di note scritte (id est:

lettura della sentenza alla presenza delle parti);

– ha assegnato alle parti termine perentorio fino al 06.02.2025 per il deposito delle suddette rispettive “note scritte”, avvertendo che il giorno di scadenza del predetto termine perentorio assegnato per il deposito delle note scritte di cui all’art 127-ter c.p.c. è considerato data di udienza a tutti gli effetti;

– ha riservato la pronuncia della Sentenza entro trenta giorni dalla scadenza del predetto termine perentorio per il deposito delle note scritte, ai sensi dell’art. 281-sexies, ultimo comma, c.p.c. 1.7.

La parte convenuta opposta ha depositato le “note scritte” precisando le conclusioni così come in epigrafe.

1.8.

La causa deve quindi ritenersi trattenuta in decisione dal 06.02.2025, data di scadenza assegnata per il deposito delle suddette rispettive “note scritte”.

2.

Sul merito della presente causa.

2.1.

Ciò chiarito, la parte attrice opponente ha chiesto, nel merito, l’accoglimento delle seguenti conclusioni:

“RESPINGERE, il decreto opposto per i motivi in fatto esposti nella presente opposizione;

ACCERTARE, in caso di accoglimento, anche parziale, dell’opposto decreto, che le somme dovute dall’opponente ad sono solo quelle afferenti i pannelli pubblicitari relativi al punto vendita di Ferrara con conseguente riduzione di quanto chiesto dalla creditrice in ricorso.

L’opposizione e le predette domande ed eccezioni non risultano fondate e, quindi, devono essere rigettate, con integrale conferma del decreto ingiuntivo opposto.

2.2.

Invero, l’attuale parte convenuta opposta ha richiesto ed ottenuto il suddetto decreto ingiuntivo opposto deducendo:

che aveva stipulato con rispettivamente in data 08.05.2021 e 20.05.2021, due contratti aventi ad oggetto il noleggio e il posizionamento di “un pannello pubblicitario monofacciale su laterale di pensilina, due pannelli pubblicitari bifacciali su laterale di pensilina e un pannello pubblicitario bifacciale su cartello stradale nel territorio dei Comuni di Faenza e Ferrara” (cfr. ricorso per decreto ingiuntivo);

che i suddetti contratti avevano durata, convenzionalmente stabilita, di cinque anni dal momento dell’effettiva installazione dei pannelli richiesti dalla società committente e che il compenso pattuito per la descritta prestazione, da corrispondersi con pagamenti periodici, era stato determinato, per il primo anno, nella misura di Euro 3.650,00, oltre I.V.A.;

che, in esecuzione degli accordi negoziali, aveva provveduto a installare i pannelli pubblicitari nelle posizioni concordate e aveva versato alla ricorrente delle somme a titolo di acconto sulla prestazione periodica dovuta, interrompendo poi indebitamente i pagamenti;

che risultava, quindi, obbligata nei confronti di alla corresponsione della somma di Euro 8.452,56, oltre che dell’ulteriore importo di Euro 16.675,07, quest’ultimo dovuto in applicazione dell’art. 4 delle Condizioni generali di contratto, sottoscritte dalla società debitrice.

2.3.

Si deve osservare che, secondo la tesi prevalente, tanto in dottrina quanto in giurisprudenza, nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo si verifica un’inversione della posizione processuale delle parti, mentre resta invariata la posizione sostanziale, nel senso che si apre un ordinario giudizio di cognizione, nel quale ciascuna delle parti viene ad assumere la propria effettiva e naturale posizione, risultando a carico del creditore opposto, avente in realtà veste di attore per aver chiesto l’ingiunzione, l’onere di provare l’esistenza del credito, ed a carico del debitore opponente, avente la veste di convenuto, quello di provare eventuali fatti estintivi, modificativi o impeditivi dell’obbligazione (cfr. in tal senso: Tribunale Napoli, sez. XI, 18 luglio 2019, n. 7305 in Redazione Giuffrè 2019; Tribunale Milano, sez. VI, 08 luglio 2019, n. 6729; Tribunale Nola, sez. I, 20 maggio 2019, n. 1136 in Redazione Giuffrè 2019; Tribunale Ivrea, 26 marzo 2019, n. 317; Tribunale Torino, sez. I, 20 dicembre 2018, in Redazione Giuffrè 2019; Tribunale Prato sez. I, 21 dicembre 2017, n. 1033 in Redazione Giuffrè 2018; Tribunale Nola sez. I, 21 agosto 2017, n. 1882 in Redazione Giuffrè, 2018; Tribunale Roma sez. XI, 04 luglio 2017, n. 13614 in Redazione Giuffrè 2017; Tribunale Teramo, 01 febbraio 2017, n. 71 in Redazione Giuffrè 2017; Tribunale Grosseto, 22 aprile 2016, n. 335 in Redazione Giuffrè 2016; Corte appello Lecce sez. II, 27 gennaio 2016, n. 57 in Redazione Giuffrè 2016; Tribunale Modena sez. I, 14 gennaio 2016, n. 75 in Giurisprudenza locale – Modena 2016; Cass. civile, sez. II, 24 maggio 2010, n. 12622; Cass. civile, sez. lav., 13 luglio 2009, n. 16340; Cass. civile, sez. I, 31 maggio 2007 n. 12765; Cass. civile, sez. I, 03 febbraio 2006, n. 2421; Cass. civile, sez. III, 24 novembre 2005, n. 24815; Cass. civile, sez. II, 30 luglio 2004, n. 14556; Cass. civile, sez. III, 17 novembre 2003, n. 17371; Cass. civile, sez. II, 4 aprile 2003, n. 5321; Cass. civile, sez. I, 27 giugno 2000, n. 8718; Cass. civile, sez. II, 29 gennaio 1999, n. 807; Cass. civile, sez. lav., 17 novembre 1997, n. 11417; Cass. civile, Sezioni Unite, 07 luglio 1993 n. 7448).

Peraltro, resta fermo il fondamentale orientamento seguito dalla Cassazione civile a Sezioni Unite 30 ottobre 2001 n. 13533 secondo cui “il creditore (e, dunque, nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, il convenuto opposto), sia che agisca per l’adempimento, sia che agisca per la risoluzione o per il risarcimento del danno, è tenuto a provare solo l’esistenza del titolo, ossia della fonte negoziale o legale del suo diritto (e, se previsto, del termine di scadenza), mentre può limitarsi ad allegare l’inadempimento della controparte: è il debitore convenuto (e, dunque, nel giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo, l’attore opponente) a dover fornire la prova estintiva del diritto, costituito dall’avvenuto adempimento” (cfr. in tal senso: Cass., Sezioni Unite, 30 ottobre 2001 n. 13533, in Guida al dir. n. 45/2001 pag. 40; in senso conforme, con specifico riferimento al giudizio di opposizione a decreto ingiuntivo: cfr.: Tribunale Torino, sez. I, 20 dicembre 2018, in Redazione Giuffrè 2019; Tribunale Salerno, 27 marzo 2015 n. 1439 in Redazione Giuffrè 2015; Tribunale Salerno sez. II, 31 ottobre 2014 n. 5151 in Redazione Giuffrè 2014; Tribunale Torino, Sent. 15 giugno 2007 n. 4134/07 in Il Foro Padano 2007 n. 1, pag. 239; Cass. civile, sez. III, 12 aprile 2006, n. 8615; Cass. Sez. II 14 gennaio 2002 n. 341).

Nel caso di specie, la parte convenuta opposta ha sufficientemente provato la sussistenza del titolo, fonte negoziale del diritto di credito fatto valere in via monitoria e nel presente giudizio, mentre la parte attrice opponente non ha adeguatamente dedotto né provato l’esistenza di alcun fatto estintivo, modificativo od impeditivo di tale diritto.

2.4. Invero, nel caso di specie risultano documentalmente provate le seguenti circostanze dedotte dalla parte convenuta opposta:

– la sussistenza del titolo contrattuale posto a fondamento della pretesa creditoria azionata in sede monitoria (cfr.

doc. 1 parte convenuta opposta;

doc. 1 e 2 parte attrice opponente);

– l’esecuzione delle prestazioni dovute dalla società convenuta, in forza dei contratti stipulati con parte attrice (circostanza, peraltro, confermata anche in sede di prova testimoniale, alla cui acquisizione si è proceduto nel corso dell’udienza del 23.01.2025).

2.5.

La parte attrice opponente non ha specificamente contestato le seguenti circostanze dedotte dalla parte convenuta opposta nel ricorso per decreto ingiuntivo e nella comparsa di costituzione e risposta (essendosi limitata a sollevare le eccezioni di cui infra):

– l’esistenza del titolo posto a fondamento della pretesa creditoria;

– l’inadempimento delle obbligazioni di pagamento dovute in forza del titolo contrattuale;

– la quantificazione della prestazione pecuniaria, oggetto dell’obbligazione posta a carico di parte attrice opponente.

Ora, ai sensi dell’art. 115, 1° comma, c.p.c. (come sostituito dall’art. 45 Legge n. 69/2009), il Giudice deve porre a fondamento della decisione non soltanto le prove proposte dalle parti o dal pubblico ministero, bensì anche “i fatti non specificatamente contestati dalla parte costituita”.

In proposito, si deve osservare che il predetto principio di “non contestazione” consacrato nel novellato art. 115, 1° comma, c.p.c. trova applicazione anche nell’atto di citazione in opposizione rispetto a quanto dedotto nel ricorso per ingiunzione (cfr. in tal senso: Tribunale Milano sez. IV, 19 marzo 2015 n. 3666 in Redazione Giuffrè 2015; Tribunale Monza sez. I, 17 marzo 2014 n. 498 in RAGIONE_SOCIALEcom 2014, 6 novembre; Tribunale Catanzaro, sez. II, 18 gennaio 2011 in Giur. merito 2012, 3, 590).

2.6.

La parte attrice opponente ha eccepito la pattuizione, in sede di trattative negoziali con la società convenuta opposta, di un accordo negoziale avente contenuto parzialmente diverso da quello trasfuso nel documento datato 08.05.2021, i cui effetti avrebbero dovuto intendersi sospesi fino all’avveramento della condizione consistente nel rilascio, da parte della Pubblica Amministrazione competente, dell’autorizzazione necessaria all’esercizio dell’attività commerciale, alla cui promozione risultava finalizzata la prestazione di noleggio di pannelli pubblicitari richiesta alla società ingiungente. In secondo luogo, con specifico riferimento all’art. 4 delle Condizioni generali di contratto, ha dedotto il carattere vessatorio della disposizione negoziale, in violazione della disciplina in materia di tutela del consumatore, di cui al d.lgs. 206/2005.

Quanto alla prima delle eccezioni proposte, l’allegazione, non sufficientemente circostanziata e, tantomeno, supportata da alcun elemento di prova, non può trovare accoglimento.

Si può, infatti, ragionevolmente affermare che, laddove le parti, nel corso delle trattative finalizzate alla formazione di un accordo negoziale, avessero inteso condizionarne l’efficacia alla verificazione di un fatto incerto, esterno alla volontà delle parti, tale volontà sarebbe stata impressa nel documento contrattuale, attraverso una specifica previsione in tal senso.

Le allegazioni dell’opponente sul punto sono, infatti, del tutto generiche, prive di alcun riferimento alle concrete modalità di svolgimento delle trattative precontrattuali, ovvero all’eventuale formalizzazione di detto accordo attraverso la redazione di un distinto documento, integrativo del contenuto del contratto prodotto in giudizio.

Parimenti, priva di fondamento risulta l’eccezione formulata da parte attrice opponente, di nullità della clausola contrattuale di cui all’art. 4 delle Condizioni generali, in applicazione dell’art. 33, d.lgs. 206/2005.

Invero, si deve ritenere del tutto inconferente il richiamo alla disciplina in materia di tutela del consumatore, dovendo questa trovare applicazione esclusivamente nell’ambito di rapporti tra professionisti e consumatori.

La ratio di detta disciplina deve, infatti, individuarsi nell’esigenza di “garantire il consumatore dalla unilaterale predisposizione e sostanziale imposizione del contenuto negoziale da parte del professionista, quale possibile fonte di abuso sostanziantesi nella preclusione per il consumatore della possibilità di esplicare la propria autonomia contrattuale (Cass., Sez. 3^, 20 marzo 2010, n. 6802; Cass., Sez. 2^, 18 ottobre 2010, n. 21379)” (Cass. 30 aprile 2012, n. 6639).

Inoltre, secondo la Suprema Corte, “la qualifica di consumatore di cui al D.Lgs. 6 settembre 2005, n. 206, art. 3, – rilevante ai fini della identificazione del soggetto legittimato ad avvalersi della tutela di cui all’art. 33, del citato D.Lgs. – spetta, infatti, alle sole persone fisiche allorché concludano un contratto per la soddisfazione di esigenze della vita quotidiana estranee all’attività imprenditoriale o professionale eventualmente esercitata, dovendosi, invece, considerare professionista il soggetto che stipuli il contratto nell’esercizio di una siffatta attività o per uno scopo a questa connesso (Cass. ord. 12 marzo 2014, n. 5705). In tale prospettiva questa Corte ha, quindi, escluso che possa qualificarsi “consumatore” la persona che, in vista di intraprendere una attività imprenditoriale (cioè per uno scopo professionale), si procuri servizi e strumenti materiali od immateriali indispensabili per l’esercizio di tale attività (v. Cass. ord. 04 novembre 2013, n. 24731; Cass. ord. 15 maggio 2013 n. 11773; Cass. ord. 14 Luglio 2011 n. 15531; Cass. ord. 18 settembre 2006 n. 20175).

Ciò in quanto, ai fini dell’assunzione della veste di consumatore, l’elemento significativo è lo scopo (obiettivato o obiettivabile) avuto di mira dall’agente nel momento in cui ha concluso il contratto (cfr. Cass. n. 24731 del 2013 cit. in motivazione)

” (Cassazione civile, sez. VI, 05/05/2015, n. 8904).

La circostanza che parte attrice opponente sia un ente avente forma societaria, per definizione deputato all’esercizio di un’attività economica, specificamente di natura commerciale, oltre al contesto di svolgimento dei rapporti negoziali tra le parti (quale desumibile dalle rispettive allegazioni) e all’oggetto delle relative pattuizioni, non lasciano residuare dubbi in ordine all’inapplicabilità, nel caso di specie, della disciplina in materia di tutela dei consumatori.

2.7.

La parte convenuta opposta ha quindi sufficientemente provato la sussistenza del titolo, fonte negoziale del diritto di credito fatto valere in via monitoria e nel presente giudizio, mentre, come si è detto, la parte attrice opponente non ha adeguatamente dedotto né provato l’esistenza di alcun fatto estintivo, modificativo od impeditivo di tale diritto.

2.8.

In conclusione, l’opposizione e le domande ed eccezioni proposte dalla parte attrice opponente devono essere rigettate ed il decreto ingiuntivo opposto integralmente confermato.

3. Sulle spese processuali del presente giudizio di opposizione.

3.1.

In virtù del principio della soccombenza di cui all’art. 91 c.p.c., la parte attrice opponente dev’essere dichiarata tenuta e condannata a rimborsare alla parte convenuta opposta le spese processuali del presente giudizio, in conformità del Regolamento adottato con il D.M. 10 marzo 2014 n. 55 (come modificato dal D.M. 13 agosto 2022 n. 147).

3.2.

Precisamente, tenuto conto dei parametri generali per la determinazione dei compensi in sede giudiziale previsti dall’art. 4, comma 1, del citato D.M. 10 marzo 2014 n. 55 (e, in particolare, delle caratteristiche, del pregio dell’attività prestata, della natura, del valore dell’affare, dei risultati conseguiti, delle questioni giuridiche e di fatto trattate), i compensi vengono liquidati sulla base della Tabella 2) allegata al predetto Regolamento, secondo i seguenti valori di liquidazione previsti nello scaglione “da Euro 5.200,01 ad Euro 26.000,00”: Euro 919,00 per la fase di studio della controversia;

Euro 777,00 per la fase introduttiva del giudizio;

Euro 1.680,00 per la fase istruttoria e/o di trattazione;

Euro 1.701,00 per la fase decisionale;

per un totale di Euro 5.077,00.

Si deve anche richiamare l’art. 20, comma 1 bis, del D.M. 10 marzo 2014 n. 55, ai sensi del quale:

“1-bis.

L’attività svolta dall’avvocato nel procedimento di mediazione e nella procedura di negoziazione assistita è liquidata in base ai parametri numerici di cui alla allegata tabella”.

Pertanto, i compensi per tale attività vengono liquidati sulla base della Tabella 25-bis) allegata al predetto Regolamento, secondo i seguenti valori di liquidazione previsti nello scaglione “da Euro 5.200,01 ad Euro 26.000,00”:

Euro 441,00 per la fase dell’attivazione.

Nessun compenso per le fasi di negoziazione e conciliazione, tenuto conto dell’esperimento delle sole attività introduttive del procedimento di mediazione, per mancata partecipazione della parte attrice opponente, come risultante da documentazione prodotta da parte convenuta.

Il totale dei compensi ammonta quindi ad Euro 5.518,00, oltre al rimborso spese forfettarie nella misura del 15% del compenso totale della prestazione ed oltre ad I.V.A. e C.P.A. come per legge.

4. Sulla domanda di di risarcimento danni per responsabilità aggravata ex art. 96, comma 3, c.p.c. 4.1.

Come si è detto, la parte convenuta ha chiesto la condanna di controparte al risarcimento dei danni ai sensi dell’art. 96, comma 3, c.p.c. La domanda non può trovare accoglimento.

4.2.

Invero, nel caso di specie non si ravvisano i presupposti per applicare il disposto del terzo comma dell’art. 96 c.p.c., introdotto dalla Legge n. 69/2009, ai sensi del quale:

“In ogni caso, quando pronuncia sulle spese ai sensi dell’articolo 91, il giudice, anche d’ufficio, può altresì condannare la parte soccombente al pagamento, a favore della controparte, di una somma equitativamente determinata”.

Come già chiarito in giurisprudenza, “la pronuncia ex art. 96 comma 3 c.p.c. non richiede la preventiva instaurazione del contraddittorio ex art. 101 c.p.c., essendo posterius e non prius logico della decisione di merito;

può essere resa in tutti i procedimenti in cui vengono regolate le spese di lite, ed anche nei confronti del terzo chiamato o del terzo intervenuto;

introduce nell’ordinamento una forma di danno punitivo per scoraggiare l’abuso del processo e preservare la funzionalità del sistema giustizia deflazionando il contenzioso ingiustificato, ciò che esclude la necessità di un danno di controparte, pur se la condanna è prevista a favore della parte e non dello Stato;

presuppone il requisito della malafede o della colpa grave, come nel caso dell’art. 96, comma 1, c.p.c.;

è teoricamente possibile la coesistenza di una pronuncia di condanna ai sensi dell’art. 96 commi 1 e 3 c.p.c.” (cfr. in tal senso: Tribunale Reggio Emilia, 25 settembre 2012, n. 1569 in Redazione Giuffrè 2012).

Anche secondo l’orientamento della Cassazione, “la condanna al pagamento della somma equitativamente determinata, ai sensi del comma 3 dell’art. 96 c.p.c., aggiunto dalla l. 18 giugno 2009 n. 69, presuppone l’accertamento della mala fede o colpa grave della parte soccombente, non solo perché la relativa previsione è inserita nella disciplina della responsabilità aggravata, ma anche perché agire in giudizio per far valere una pretesa che si rivela infondata non è condotta di per sé rimproverabile.

” (cfr. in tal senso: Cass. civile, sez. VI, 30 novembre 2012, n. 21570 in Giust. civ. Mass. 2012, 11, 1364).

Sulla norma si sono pronunciate anche le Sezioni Unite della Suprema Corte, affermando quanto segue:

“La condanna ex art. 96, comma 3, c.p.c. è volta a salvaguardare finalità pubblicistiche, correlate all’esigenza di una sollecita ed efficace definizione dei giudizi, nonché interessi della parte vittoriosa ed a sanzionare la violazione dei doveri di lealtà e probità sanciti dall’art. 88 c.p.c., realizzata attraverso un vero e proprio abuso della ‘potestas agendi’ con un’utilizzazione del potere di promuovere la lite, di per sé legittimo, per fini diversi da quelli ai quali esso è preordinato, con conseguente produzione di effetti pregiudizievoli per la controparte. Ne consegue che la condanna, al pagamento della somma equitativamente determinata, non richiede né la domanda di parte né la prova del danno, essendo tuttavia necessario l’accertamento, in capo alla parte soccombente, della mala fede (consapevolezza dell’infondatezza della domanda) o della colpa grave (per carenza dell’ordinaria diligenza volta all’acquisizione di detta consapevolezza), venendo in considerazione, a titolo esemplificativo, la pretestuosità dell’iniziativa giudiziaria per contrarietà al diritto vivente ed alla giurisprudenza consolidata, la manifesta inconsistenza giuridica delle censure in sede di gravame ovvero la palese e strumentale infondatezza dei motivi di impugnazione (nella specie, la SRAGIONE_SOCIALE. ha cassato la sentenza di appello, che aveva escluso la condanna, nonostante l’artificiosa evocazione in giudizio di una parte, peraltro senza proporre domanda contro di essa, finalizzata a ‘bloccare’ le azioni promosse all’estero, in quanto la pretestuosità sarebbe dovuta essere eccepita dalla stessa parte invece rimasta contumace)” (cfr. in tal senso: Cass. civile, Sezioni Unite, 13 settembre 2018, n. 22405 in Giust. civ. Mass. 2018).

Nel caso di specie, non risulta provato il presupposto indefettibile per l’applicazione dell’invocata disciplina, ovvero che parte attrice opponente abbia agito o resistito in giudizio quanto meno con colpa grave, ponendo in essere una condotta consapevolmente contraria alle regole generali di correttezza e buona fede e tale da risolversi in un uso strumentale ed illecito del processo, in violazione sostanziale anche del canone costituzionale del dovere di solidarietà (T. Palermo 6.11.2019; T. Ancona 28.10.2019; T. Milano 9.1.2020).

In applicazione dei suindicati principi, la domanda non può, quindi, trovare accoglimento.

Il TRIBUNALE DI TORINO, Terza Sezione Civile, in composizione monocratica, ogni contraria istanza, deduzione ed eccezione disattesa, definitivamente pronunziando, nella causa di opposizione a decreto ingiuntivo iscritta al n. 17645/2023 R.G. promossa dalla persona del legale rappresentante, , (parte attrice opponente) contro la in persona del suo amministratore e legale rappresentante (parte convenuta opposta), nel contraddittorio delle parti:

1) Rigetta l’opposizione e tutte le domande ed eccezioni proposte dalla parte attrice opponente avverso il decreto ingiuntivo opposto del Tribunale di Torino n. 3001/2023, datato 20.04.2023, depositato in data 21.04.2023, che conferma integralmente.

2) Dichiara tenuta e condanna la parte attrice opponente persona del legale rappresentante pro tempore, ai sensi dell’art. 91 c.p.c., a rimborsare alla parte convenuta opposta le spese del presente giudizio di opposizione, liquidate in complessivi Euro 5.518,00 per compensi, oltre al rimborso spese forfettarie nella misura del 15% del compenso totale della prestazione ed oltre ad I.V.A. e C.P.A. come per legge, nonché le spese di registrazione della presente sentenza e successive occorrende.

3) Rigetta la domanda di di condanna di sensi dell’art. 96, comma 3, c.p.c. Così deciso in Torino, in data 12 febbraio 2025.

IL GIUDICE Dott. NOME COGNOME Sentenza redatta in minuta dalla Dott.ssa NOME COGNOME in qualità di M.O.T. (Magistrato Ordinario in Tirocinio).

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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