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Principio del ne bis in idem, titolo differente

Il principio del ne bis in idem non si applica quando il giudizio si fondi su un titolo differente. La sentenza di mero accertamento, pur non contenendo la condanna alla restituzione, consente di azionare il titolo esecutivo (anche con procedimento monitorio) per ottenere la ripetizione di quanto indebitamente percepito.

Carmine Paul Alexander TEDESCO - Avvocato

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Pubblicato il 16 gennaio 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

N. 10264/24 R.G.L.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE DI MILANO SEZIONE LAVORO

in composizione monocratica e in funzione di Giudice del Lavoro, in persona della dott.ssa NOME COGNOME ha pronunciato la seguente

SENTENZA N._5747_2024_- N._R.G._00010264_2024 DEL_06_01_2025 PUBBLICATA_IL_18_12_2024

nella controversia di primo grado promossa (C.F. con l’Avv. COGNOME e l’Avv. COGNOME del Foro di Milano, elettivamente domiciliato presso lo Studio dei difensori in Milano, INDIRIZZO – OPPONENTE – contro già – C.F. /P. IVA con l’Avv. COGNOME del Foro di Milano, elettivamente domiciliato presso lo Studio del difensore in Milano, INDIRIZZO – OPPOSTA – Oggetto: opposizione a decreto ingiuntivo All’udienza di discussione i procuratori delle parti concludevano come in atti.

FATTO con ricorso depositato il 30 agosto 2024, conveniva in giudizio (già , interponendo opposizione avverso il decreto ingiuntivo n. 1981/2024, Ruolo n. 8276/2024 R.G.L., emesso dal Tribunale di Milano, Sezione Lavoro, il 10 agosto 2024, con il quale gli si intimava il pagamento di € 33.714, 71 – oltre spese di procedura – in favore dell’opposta.

Contestando il diritto della società di ottenere il pagamento della suddetta somma, domandava:

“…previa l’immediata sospensione dell’efficacia esecutiva del Decreto Ingiuntivo del Tribunale di Milano – sez. lav., n. 1981/2024 (n. di RG 8276/2024), su cui fonda l’azione esecutiva minacciata con l’Atto di precetto notificato a I)

In via pregiudiziale di rito, dichiarare la eccepita litispendenza, in conseguenza revocando e/o dichiarando nullo e/o inefficace il Decreto Ingiuntivo opposto n. 1981/2024 emesso da codesto Ill.mo Tribunale, notificato da il giorno 21.8.2024, per tutti i motivi di rito indicati in narrativa;

II)

In via principale, nel merito, dichiarare inammissibile, invalido e comunque revocare l’opposto Decreto Ingiuntivo n. 1981/2024 emesso da codesto Ill.mo Tribunale, notificato da il giorno 21.8.2024, inibendo a quest’ultima ogni altro conseguente e successivo atto esecutivo relativo all’odierna somma precettata;

III) Condannare, in ogni caso, al risarcimento a favore dell’Opponente di una somma determinata equitativamente ex art. 96 cod. proc. civ…”.

Con vittoria delle spese di lite.

Si costituiva ritualmente in giudizio (già eccependo l’infondatezza in fatto e in diritto dell’opposizione, e chiedendone l’integrale rigetto con conferma del decreto opposto;

nello specifico, domandava di:

“IN VIA PRELIMINARE – Respingere, per le ragioni esposte in narrativa, la richiesta sospensione dell’esecuzione provvisoria del decreto ingiuntivo opposto, essendo l’opposizione non fondata su prova scritta e/o di pronta soluzione e non sussistendo i gravi motivi e requisiti di cui all’art. 649 c.p.c. IN VIA PRINCIPALE E NEL MERITO – Confermare il decreto ingiuntivo n. 1981/2024 – R.G. 8276/2024, emesso dal Tribunale di Milano, sez. lavoro, dott.ssa COGNOME in data 10/08/2024, in quanto l’opposizione è inammissibile, del tutto infondata in fatto ed in diritto, non provata ed unicamente pretestuosa e, in ogni caso, condannare al pagamento in favore di in persona del legale rappresentante pro tempore dell’importo complessivo di € 33.714,71 o di quella diversa somma ritenuta di giustizia, oltre spese legali di cui al decreto ingiuntivo opposto, il tutto oltre agli interessi legali ed alla rivalutazione monetaria dalla scadenza al saldo. – Accertare e dichiarare la temerarietà della lite svolta da parte ricorrente in opposizione e per l’effetto condannare ex art. 96 c.p.c. al risarcimento dei danni in favore della resistente opposta nella misura ritenuta di giustizia.

– Per le stesse ragioni e per i motivi tutti indicati in narrativa, respingere ogni domanda avanzata da in quanto del tutto infondata in fatto ed in diritto”.

Con vittoria delle spese di lite.

Esperito inutilmente il tentativo di conciliazione e ritenuta la causa matura per la decisione senza necessità di istruzione probatoria, all’udienza del 18 dicembre 2024, il Giudice decideva come da dispositivo pubblicamente letto, riservando il deposito della motivazione a 60 giorni, ai sensi dell’art. 429 c.p.c. così come modificato dalla Legge 133/2008.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. I fatti, per come di seguito riassunti, possono considerarsi pacifici tra le parti e risultano, in ogni caso, documentali.

1.1.

In data 16 settembre 2021, risultava destinataria – unitamente a – della notificazione di un atto di precetto e del correlato decreto ingiuntivo (decreto ingiuntivo n. 1803/2021 dell’1 settembre 2021, Ruolo n. 6391/2021 R.G.L.):

titolo emesso dal Tribunale di Milano, Sezione Lavoro, in favore per il pagamento della complessiva somma di € 28.067,32 oltre interessi legali e spese di lite, cui si erano aggiunte le spese di precetto, per un totale di € 31.360,76 (doc. A-1, fascicolo opposta).

Ritenuta la pretesa creditoria infondata, pur procedendo al pagamento in via cautelativa della somma ingiunta, proponeva opposizione invocando la sospensione della provvisoria esecutività e la revoca del decreto ingiuntivo opposto (docc. A-2 e A-3, fascicolo opposta).

Il giudizio di opposizione si concludeva con sentenza del 27 settembre 2023, n. 3125, con la quale il Tribunale di Milano “revoca il decreto ingiuntivo numero 1803 emesso dal Tribunale di Milano in data 1 settembre 2021” e “condanna il convenuto a rimborsare le spese di lite che liquida in euro 1500 oltre accessori ed oltre 15% per spese generali in favore dell’avvocato NOME COGNOME che si dichiara distrattario, nonché in favore della società (doc. A-5, fascicolo opposta).

In parte motiva, il Giudice del Lavoro osservava:

“all’esito dell’attività istruttoria svolta, è emerso che nessuna responsabilità solidale ai sensi dell’art. 29 comma 2 D.Lgs. n. 276/2003 può imputarsi alle società ai fini del pagamento dei trattamenti retributivi (compreso il trattamento di fine rapporto) non corrisposti da datore di lavoro di , a quest’ultimo per la somma totale lorda pari ad € 28.067,32.

Dalle dichiarazioni rese dai testi si evince che il convenuto, nel periodo in cui ha richiesto le somme a titolo di retribuzione e TFR, non abbia reso prestazione lavorativa in esecuzione dell’appalto in essere tra le tre società… Quindi, nessun credito retributivo il convenuto può vantare verso , considerato che i trattamenti retributivi richiesti sono afferenti ai mesi di marzo, aprile, maggio, giugno, luglio, agosto e settembre 2019 (oltre TFR) e dall’esame dei testi emerge con evidenza che in quei mesi non fosse più assegnato all’appalto presso i magazzini ” (cfr. Trib. Milano, Sez. Lav., 27 settembre 2023, n. 3125 – doc. A-5, fascicolo opposta). 1.2.

In data 22 maggio 2024, notificava a la suddetta sentenza unitamente all’atto di precetto volto a ottenere la ripetizione delle somme pagate in esecuzione del decreto ingiuntivo ormai revocato (doc. A-6, fascicolo opposta).

Avverso l’atto di precetto, proponeva opposizione l’odierno opponente eccependo l’insussistenza di una pronunzia di condanna alla restituzione delle somme di cui al decreto ingiuntivo n. 1803/2021 dell’1 settembre 2021 e, conseguentemente, l’invalidità e inefficacia dell’atto funzionale all’esecuzione (cfr. doc.

A-7, fascicolo opposta):

alla data della presente decisione, il suddetto giudizio di opposizione non risultava ancora definito (cfr. doc. 11, fascicolo opposta).

1.3.

Nelle more, il 13 giugno 2024, notificava a ricorso in appello avverso la sentenza del 27 settembre 2023, n. 3125 (doc. A-8, fascicolo opposta):

giudizio conclusosi con rigetto e integrale conferma della decisione gravata (cfr. App. Milano, Sez. Lav., 1 ottobre 2024, n. 829 – doc. C, fascicolo opposta).

In pendenza del giudizio di secondo grado, in data 4 luglio 2024, veniva notificato all’odierna opposta il provvedimento di sospensione – inaudita altera parte – dell’efficacia esecutiva della sentenza del 27 settembre 2023, n. 3125:

sospensione confermata dal Tribunale di Milano, Sez. III, all’udienza del 16 luglio 2024 (doc. 11, fascicolo opposta).

1.4.

Preso atto dell’intervenuta sospensione, abbandonava – di fatto – l’originaria procedura esecutiva e, in data 3 luglio 2024, iscriveva ricorso per decreto ingiuntivo dinnanzi alla Sezione Lavoro del Tribunale di Milano, chiedendo di “ingiungere a norma degli articoli 633 e ss., 641, 642 e 409 c.p.c., a (C.f.:

), nato a Casale Monferrato (AL) il 19/11/1970 e residente in San Giorgio su Legnano (20034 – MI), INDIRIZZO, di pagare immediatamente alla ricorrente, per le causali di cui in premessa, la somma omnicomprensiva – come in atto quantificata – di € 33.714,71, il tutto oltre interessi legali dalla scadenza del termine per il pagamento sino al saldo effettivo ed oltre le spese della presente procedura…” (doc. A, fascicolo opposta).

A fondamento dell’azione monitoria esperita, la società deduceva quanto segue:

“il pagamento effettuato in ottemperanza ad un provvedimento di condanna provvisoriamente esecutivo, poi caducato, dà diritto al solvens di essere integralmente reintegrato nella situazione precedente;

come rilevato nell’opposizione a precetto da controparte stessa

(cfr. doc. 7), per ottenere la restituzione di quanto pagato in virtù di un titolo caducato – a fronte del mancato espresso obbligo di condanna alla restituzione – è necessario, comunque, formulare una domanda restitutoria con il ricorso ad un’autonoma procedura monitoria (Cass. Civ., 12 novembre 2021, n. 34011 – cfr. doc. a);

non incorre nel vizio di omessa pronuncia – e, quindi, passibile di gravame – il Giudice che, nel riformare completamente la decisione impugnata, non dispone la condanna della parte vittoriosa in primo grado a restituire gli importi ricevuti in forza dell’esecuzione del provvedimento appellato (Cass. Civ., 13 aprile 2007, n. 8829 – cfr. doc. b);

il titolo restitutorio, dovendo tendere ad una integrale restituzione del soggetto nella situazione quo ante, comprende ex lege, senza bisogno di una specifica domanda ed a prescindere anche da una espressa menzione di essi nel dispositivo, il diritto del solvens di recuperare anche gli interessi legali sulla somma della quale si è privato sulla base di un titolo caducato, dei quali non ha potuto godere dal giorno dell’avvenuto pagamento, ex art. 1282 c.c. (Cass. Civ., 12 novembre 2021, n. 34011 – cfr. doc. a);

l’azione di restituzione delle somme corrisposte in forza di un decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo poi revocato non è subordinata al passaggio in giudicato della sentenza di accoglimento dell’opposizione atteso che qualora la sentenza di revoca nulla dica in merito alla restituzione, come avvenuto nel caso di specie, la parte avrà facoltà di attivarsi immediatamente per il recupero di quanto indebitamente versato (Cass. Civ., 21 novembre 2019, n. 30389 – cfr. doc. c)” (doc. A, fascicolo opposta). Il Tribunale di Milano, Sezione Lavoro, emetteva il decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo – qui opposto – n. 1981/2024, Ruolo n. 8276/2024 R.G.L., con il quale si intimava a il pagamento di € 33.714,71 oltre spese di procedura in favore della società (doc. A, fascicolo opponente).

1.5.

Con il presente giudizio, propone opposizione avverso il suddetto decreto ingiuntivo per plurimi e distinti motivi.

In primo luogo, eccepisce, la violazione del principio di ne bis idem e la sussistenza di un’ipotesi di litispendenza, sostenendo che “la richiesta ingiuntiva oggi opposta intercorre tra le medesime parti, ha lo stesso petitum e anche la stessa causa petendi del giudizio già pendente davanti al Tribunale di Milano, sez. III civ., n. di RG 20238/2024 (doc. n. 7 di parte ricorrente), instaurato da con l’opposizione al (primo) precetto notificatogli da (doc. n. 6 di parte ricorrente)” (pag. 2, ricorso).

L’opponente contesta, poi, la carenza di prova del diritto di credito vantato da si duole dell’abuso dello strumento processuale da parte della società e invoca, infine, la condanna per responsabilità aggravata ex art. 96 c.p.c. di parte opposta, rea – “a seguito di un suo pacifico errore processuale” – di aver “cercato di rimediarvi solo mediante plurime azioni identiche tra loro, assetata di ottenere subito un risultato favorevole a scapito dei principi del giusto processo, così aggravando peraltro il signor inutili spese” (pag. 8, ricorso). 1.6.

Per le ragioni di seguito precisate, il ricorso deve essere integralmente rigettato.

*** * *** 2. Le eccezioni inerenti alla ritenuta violazione del principio di ne bis idem e sussistenza di un’ipotesi di litispendenza debbono essere esaminate unitamente, risultando infondate e, invero, palesemente contraddittorie rispetto alla tesi difensiva dell’opponente medesimo.

2.1.

Al pari delle deduzioni poste a fondamento dell’opposizione a precetto del 3 giugno 2024, anche in questa sede insiste sul fatto che la sentenza emessa dal Tribunale di Milano, Sezione Lavoro, in data 27 settembre 2023, n. 3125, sarebbe “una pronuncia di mero accertamento sul provvedimento monitorio opposto” (pag. 3, ricorso), quindi, “tale pronuncia – a differenza di quella di condanna – indica solo quale sia l’assetto di un dato rapporto giuridico in contestazione, ma non contiene l’ordine ad adeguare la realtà di fatto all’assetto in essa sancito” (pag. 5, ricorso; cfr. pag. 2, doc. A-7, fascicolo opposta).

Parte In quanto tale, secondo detta tesi difensiva, la suddetta pronunzia non avrebbe mai potuto fondare la richiesta di ripetizione, poiché “il diritto alla restituzione delle somme pagate in esecuzione di una sentenza o di un decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivi – che sia stata riformata in appello (la sentenza) o che sia stato revocato a seguito dell’opposizione (il decreto ingiuntivo) – sorge e può essere fatto valere solo in caso di provvedimento che sia, appunto, esecutivo… non v’è chi non veda che la Sentenza che controparte tenta ora di azionare ulteriormente (peraltro, davvero con inusuale leggerezza, pur dopo averne tentato l’esecuzione con il primo precetto già da noi opposto e sospeso) è senza dubbio una pronuncia di mero accertamento. Essa, quindi, non rientra nelle sentenze di condanna ex art. 282 cod. proc. civ., le uniche idonee, per loro natura, a costituire titolo esecutivo” (pag. 6, ricorso).

2.2.

Le argomentazioni di risultano condivisibili nella parte in cui evidenziano l’assenza di una pronunzia di condanna e, d’altronde, è pacifico in causa che on abbia formulato – nel giudizio conclusosi con sentenza del 27 settembre 2023, n. 3125 – richiesta di condanna dell’odierno opponente alla ripetizione delle somme medio tempore corrisposte in esecuzione del decreto ingiuntivo n. 1803/2021 dell’1 settembre 2021, a suo tempo provvisoriamente esecutivo (“…aveva formulato esclusivamente domanda di revoca (e, dunque, di accertamento negativo) del provvedimento monitorio…” – pag. 2, ricorso). 2.2.

Se questo è, tuttavia, è oltremodo evidente che non può configurarsi – tra l’odierno giudizio e quello già pendente davanti al Tribunale di Milano, Sezione III (N. 20238/2024 R.G. – docc. A-6 e A-7 di parte opponente) – né una violazione del principio del ne bis in idem né un’ipotesi di litispendenza:

il procedimento monitorio qui presupposto partecipa – necessariamente – di un petitum e di una causa petendi diversi e il presente giudizio di opposizione poggia, inevitabilmente, su un titolo differente.

L’atto di precetto già opposto era volto ad avviare l’esecuzione nei confronti di sulla base di una mera pronunzia di accertamento, ossia quella portata dal dispositivo di cui alla sentenza del Tribunale di Milano, Sezione Lavoro, 27 settembre 2023, n. 3125.

Con il ricorso monitorio del 3 luglio 2024, cui è seguito il decreto ingiuntivo qui opposto, per la prima volta, ha formulato – nei confronti di – domanda di condanna alla ripetizione delle somme a suo tempo versate in esecuzione del decreto ingiuntivo n. 1803/2021 dell’1 settembre 2021 ormai revocato.

Con il procedimento monitorio di cui qui si discute, dunque, è munita del titolo esecutivo che – proprio secondo la tesi dell’opponente – originariamente mancava per essere la sentenza del 27 settembre 2023, n. 3125, pronunzia di mero accertamento.

*** * *** sostiene, poi, che il credito portato dal decreto ingiuntivo qui opposto non sarebbe certo, liquido ed esigibile, anche in quanto la sentenza – di mero accertamento e, dunque, non provvisoriamente esecutiva – del 27 settembre 2023, n. 3125, non è ancora passata in giudicato.

La tesi è priva di pregio.

3.1.

L’insussistenza del credito portato dal decreto ingiuntivo n. 1803/2021 dell’1 settembre 2021 è stata affermata con sentenza del Tribunale di Milano, Sezione Lavoro, 27 settembre 2023, n. 3125, confermata dalla Sezione Lavoro della Corte di Appello di Milano con decisione dell’1 ottobre 2024, n. 829.

Come correttamente rammentato da parte opposta, “il principio secondo cui il diritto alla restituzione delle somme pagate in esecuzione di una sentenza provvisoriamente esecutiva, successivamente riformata in appello, sorge, ai sensi dell’art. 336 c.p.c., per il solo fatto della riforma della sentenza e può essere fatto valere immediatamente, se del caso anche con procedimento monitorio, trova applicazione analogica nei giudizi di opposizione a decreto ingiuntivo, che si concludono con la revoca del decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo. In tali ipotesi, la domanda di restituzione può essere formulata davanti al giudice dell’opposizione anche separatamente e il relativo giudizio non deve essere sospeso in attesa della definizione di quello di opposizione, perché la restituzione non è subordinata al passaggio in giudicato della revoca del decreto” (Cass. Civ., Sez. 6-II, 21 novembre 2019, n. 30389).

L’importo originariamente versato a in forza del decreto ingiuntivo poi revocato, risulta documentalmente provato (cfr. doc. A-2, fascicolo opposta).

E tanto basta.

*** * *** 4. L’opponente assume – con un approccio ribadito anche in sede di discussione – che “il complessivo comportamento che controparte sta mantenendo in questa vicenda, innanzitutto, costituisce senz’altro un abuso dello strumento processuale:

i fatti sopra riportati rendono infatti manifesta la pretestuosità (anche) dell’odierna azione intrapresa da nei confronti del signor Basti pensare al grave comportamento di controparte, la quale, a seguito di un suo pacifico errore processuale, ha cercato di rimediarvi solo mediante plurime azioni identiche tra loro, assetata di ottenere subito un risultato favorevole a scapito dei principi del giusto processo, così aggravando peraltro il signor di inutili spese… Un tale complessivo comportamento non potrà che comportare le dovute conseguenze altresì in ordine alla pronuncia a carico di una condanna – oltre che delle spese di lite – per lo meno ai sensi dell’art. 96, III comma, cod. proc. civ…. ” (pagg. 8-9, ricorso).

E’ una prospettiva che merita la più severa stigmatizzazione.

4.1.

Con l’odierna opposizione, ha ottenuto di procrastinare la restituzione di somme che non ha più alcun titolo di trattenere, risultando accertata – in due distinti gradi di giudizio – l’insussistenza del credito originariamente portato dal decreto ingiuntivo n. 1803/2021 dell’1 settembre 2021.

L’atteggiamento processuale dell’opponente si prospetta, dunque, meramente dilatorio e defatigatorio.

In questo contesto, la condanna ai sensi dell’art. 96 c.p.c. di – pur richiesta da – non può avere luogo solo in ragione della situazione di oggettiva incertezza giuridica determinata dalla contestuale pendenza dei giudizi di opposizione a precetto innanzi alla Sezione III e di opposizione a decreto ingiuntivo innanzi a questa Sezione:

incertezza giuridica che risulta quivi definitivamente risolta.

*** * *** 5. Per tutti questi motivi, l’opposizione è infondata e deve essere rigettata.

5.1.

La regolazione delle spese di lite segue la soccombenza e, pertanto, deve essere condannato al pagamento delle stesse, liquidate nella misura di cui al dispositivo in ragione del valore di causa.

5.2.

La sentenza è provvisoriamente esecutiva ex art. 431 c.p.c. Stante la complessità della controversia, visto l’art. 429 c.p.c., si riserva la motivazione a 60 giorni.

il Giudice del Lavoro, definitivamente pronunciando, rigetta l’opposizione.

Condanna alla rifusione delle spese di lite che liquida in complessivi € 5.000,00 oltre spese generali e accessori come per legge.

Sentenza provvisoriamente esecutiva.

Riserva a 60 giorni il deposito della motivazione Milano, 18 dicembre 2024

IL GIUDICE DEL LAVORO dott.ssa NOME COGNOME

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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