Con ricorso depositato il 14 luglio 2021 ex articolo 152 d.lgs. 196/2003, XXX adiva il Tribunale di Roma perché fosse dichiarato illegittimo il trattamento dei suoi dati personali effettuato da *** S.r.l., YYY S.p.A., *** S.p.A., *** soc. coop., *** S.p.A., KKK S.p.A. ed *** S.p.A. (d’ora in poi ***) con pubblicazione, permanente visibilità e indicizzazione sui motori di ricerca di determinati articoli su una vicenda penale del 2013 nella quale egli era stato coinvolto.
Chiedeva perciò di rimuovere o in subordine di impedire l’indicizzazione degli articoli in associazione al suo nome; in ulteriore subordine, chiedeva di renderlo anonimo; chiedeva pure, previa pronuncia di illegittimità della condotta dei convenuti, la condanna di questi a risarcirgli danno non patrimoniale ai sensi degli articoli 82 Reg. UE 679/2016, 2043 e 2059 c.c.
Con sentenza del 20 luglio 2022 il Tribunale ordinava a *** la deindicizzazione di un articolo emesso il 13 luglio 2013 e rigettava comunque la relativa domanda risarcitoria e ogni domanda proposta nei confronti delle altre parti, condannando il ricorrente a rifondere integralmente le spese di lite a *** e a YYY – costituitesi in congiunta difesa – nonché a KKK.
XXX presentava ricorso per cassazione.
Il ricorrente osservava che tutti gli articoli pubblicati da *** risalivano al 2013, riguardavano i “primissimi momenti” della vicenda giudiziaria e non erano stati mai aggiornati da *** prima del ricorso.
Per la “non attualità” delle notizie ivi presenti, ferme appunto al 2013, l’11 dicembre 2019 – come sostenuto da *** stessa nella sua comparsa difensiva – lo XXX aveva inviato a *** istanza di rimozione e/o deindicizzazione ovvero minimizzazione dei dati, ai sensi degli articoli 5, lettera c), 17 e 21 Reg. UE 679/2016, e successivamente, il 20 ottobre 2020, l’aveva invitata in mediazione per l’omesso aggiornamento e non invece per la sentenza assolutoria, all’epoca non ancora pervenuta.
Ed era ben noto a *** che “vi fossero stati degli sviluppi”.
Il citato articolo 5 prevede – sub c) e d) – la “minimizzazione” rispetto alle finalità dei dati e che i dati personali siano, “se necessari, aggiornati”; se ne evince altresì che il titolare del trattamento deve rispettare il principio di “responsabilizzazione”, per cui tali dati devono aggiornarsi “appena avuta notizia del contrario”, anche qualora la notizia provenga da “fonti aperte”.
Inoltre, l’articolo 8 del Testo unico sui doveri del giornalista stabilisce che l’estensore deve rispettare il diritto alla presunzione di non colpevolezza.
Lo stesso Tribunale menzionava, a pagina 5 della sentenza, la giurisprudenza di legittimità riguardante l’opportuna deindicizzazione degli articoli relativi a fatti risalenti di cronaca giudiziaria (riferendosi a S.U. 19681/2019, Cass. 9923/2022 e Cass. 7559/2020) non indicante “l’esito assolutorio quale requisito unico per la de-indicizzazione”.
Tuttavia, il giudice, ad avviso del ricorrente, aveva errato nel ritenere la soluzione quale unico requisito dal quale decorra il diritto all’oblio, senza tenere conto del “lungo arco di tempo” comunque intercorso tra il 2013 e le domande di oblio nonché il mancato aggiornamento.
Inoltre, secondo il ricorrente, il Tribunale aveva pure errato quanto alle norme evocate ove ha ritenuto che *** “ha dato prova di aver aggiornato gli articoli” con la notizia dell’assoluzione pronunciata dalla Corte d’appello di Roma.
Qui il ricorrente lamentava che l’articolo, emendato “solo in corso di causa”, aveva ricevuto l’aggiunta soltanto di “uno scarno e statico trafiletto di quattro righe in fondo”, non collegate ad altre informazioni sull’evoluzione della vicenda.
Inoltre, il Tribunale, benché avesse dichiarato che l’obbligo di deindicizzazione fosse sorto soltanto con la conoscenza dell’assoluzione, da far risalire alla notifica del ricorso di primo grado, aveva ordinato unicamente a *** la deindicizzazione dell’articolo pubblicato il 13 luglio 2013, nonostante che la sua posizione nei confronti della conoscenza dell’assoluzione “fosse assolutamente identica”.
In sostanza, XXX sosteneva che, trascorso un tempo tutt’altro che minimale (“lungo arco di tempo”), si sarebbero dovuti aggiornare gli articoli del 2013 riguardanti il suo arresto e l’avvio quindi della sua vicenda penale.
Secondo la Suprema Corte, il Tribunale aveva correttamente evidenziato il principio di bilanciamento tra i diritti alla cronaca e all’oblio e quindi anche “la necessità di bilanciare il diritto ex art. 21 Cost. della collettività ad essere informata e a conservare la memoria del fatto storico con quello del titolare dei dati”; e aveva pure rimarcato che le richieste attinenti all’articolo 5, lettera c), 17 e 21 Reg. UE 679/2016 e la richiesta di mediazione erano proponibili non quando furono presentate, cioè quando “risultava ancora pendente il giudizio in Cassazione”, ma solo dopo l’assoluzione.
Quanto alla domanda proposta nei confronti del YYY, il Tribunale riteneva infondata l’allegazione dell’attuale ricorrente che gli articoli fossero “indicizzati in associazione alle generalità del ricorrente”, perché i documenti prodotti a dimostrarlo “oltre ad essere datati 30 giugno 2021 (quattro mesi prima della notifica del ricorso introduttivo) riportavano una schermata Google dalla quale poteva al più desumersi che il motore di ricerca – e non la testata giornalistica – non avesse adempiuto alla richiesta di deindicizzazione”.
Corte di Cassazione, Sezione Terza Civile, Ordinanza n. 31859 del 11 dicembre 2024
La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di
Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.
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