REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
CORTE DI APPELLO DI GENOVA Sezione Seconda
Civile R.G. 163/2023
La Corte di Appello di Genova, Sezione Seconda Civile, in persona dei magistrati:
Dott. NOME COGNOME Presidente rel. Dott. NOME COGNOME Consigliere Dott. NOME COGNOME Consigliere ha pronunciato la seguente
SENTENZA N._1377_2024_- N._R.G._00000163_2023 DEL_16_11_2024 PUBBLICATA_IL_18_11_2024
nella causa civile di II grado tra , nato a , nella qualità di erede del convenuto marito defunto sig. , nato a , nella qualità di erede del convenuto padre defunto sig. , nato a , tutti residenti a Carrara (MS), rappresentati e difesi, giusta procura alle liti in atti, dall’avv. NOME COGNOME (c.f. – PEC del Foro di Massa, ed elettivamente domiciliati presso il di lui Studio in Massa, INDIRIZZO (per C.F. C.F. C.F. C.F. C.F. C.F. C.F. notifiche fax NUMERO_TELEFONO email appellanti (c.f. ) assistito e difeso dall’Avv. NOME COGNOME come da mandato in atti appellato
CONCLUSIONI
per parti appellanti “Voglia l’Ecc.ma Corte di Appello di Genova, ogni contraria istanza, eccezione e domanda reietta, previa sospensione dell’efficacia esecutiva della Sentenza gravata ex art. 283 c.p.c. e previa occorrendo rimessione della causa in istruttoria per l’ammissione e l’assunzione delle istanze istruttorie dedotte dai convenuti – odierni appellanti – in atti e verbali di causa, accogliere il presente gravame e così riformare integralmente la Sentenza n. 113/2023 del Tribunale Civile di Massa per i motivi sopra esposti e, per l’effetto, Voglia: IN TESI – PREGIUDIZIALMENTE E PRELIMINARMENTE :
– stante il trasferimento dell’azione civile in sede penale, dichiarare l’estinzione del processo e l’improcedibilità dell’azione ex adverso introdotta, con ogni conseguenza di legge, ivi compresa la declaratoria di violazione dell’art. 112 c.p.c. da parte del Tribunale;
– dichiarare la Sentenza impugnata affetta dal vizio dell’ultra/extra petizione, e quindi affetta da nullità al riguardo, anche per violazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione alla statuizione sul danno da “lesione della libertà di autodeterminazione per effetto della violenza privata”, con ogni consequenziale pronuncia di legge;
IN IPOTESI – NEL MERITO:
In tesi: respingere le domande e le istanze attoree (del ) in quanto infondate in fatto e in diritto e non provate;
In ipotesi:
dichiarare ampiamente satisfattiva delle pretese attoree la somma di euro 4.000,00 già sborsata dai convenuti e, prima, già sottoposta C.F. , respingere le domande attoree perché infondate in fatto e in diritto;
In ulteriore denegata ipotesi :
laddove risultasse che i convenuti (odierni appellanti) fossero tenuti a corrispondere somme a qualsivoglia titolo all’attore, somme che la Corte vorrà comunque rideterminare, detrarre da quanto fosse ritenuto dovuto la somma di euro 4.000,00 già sborsata dai convenuti e già sottoposta a sequestro conservativo presso terzi, oltre interessi e rivalutazione monetaria dal dì dell’esborso/sequestro al saldo;
IN OGNI CASO :
respingere le eccezioni, le deduzioni e le domande formulate da , con vittoria di spese e competenze di lite di entrambi i gradi di giudizio” per parte appellata “Voglia la Ecc.ma Corte D’Appello di Genova, contrariis rejectis, IN VIA PRELIMINARE:
dichiararsi l’inammissibilità dell’interposto appello ai sensi del combinato disposto degli artt. 348 bis e 348 ter cpc. Fissarsi conseguentemente udienza di trattazione ex art. 350 cpc in ordine all’eccepita inammissibilità.
SULLA SOSPENSIVA:
quanto all’istanza ex art. 283 cpc, così come avanzata, si ribadisce come anche in ordine a tale richiesta degli appellanti, vada rigettata in quanto infondata e priva del requisito del fumus boni iuris.
NEL MERITO:
rigettare l’appello interposto in quanto infondato in fatto ed in diritto, e pertanto confermare la sent. n. 113/2023 Trib. Civile di Massa, con ulteriore condanna alle spese per il secondo grado di giudizio a favore del sottoscritto procuratore che si dichiara antistatario.
Condannarsi altresì, stante la temerarietà dell’azione gli odierni appellanti anche al risarcimento che vorrà essere determinato anche in via equitativa ex art. 96 comma 2 cpc.”
RAGIONI DI FATTO
E DI DIRITTO DELLA DECISIONE Con atto di citazione notificato in data 13/09/2017 il Signor conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale di Massa i fratelli riguardo esponeva che durante alcuni mesi dell’anno lavorava presso la struttura alberghiera “RAGIONE_SOCIALE” sita in Marina di Massa di proprietà dei fratelli COGNOME
che in data 25/11/2014 aveva una discussione con il Signor , padre dei convenuti, per non avergli riconosciuto alcuni mesi di lavoro e non aver retribuito ore di lavoro straordinario;
che in data 04/12/2014 veniva contattato telefonicamente da per il saldo dell’attività lavorativa e per firmare la lettera di dimissioni;
che una volta giunto in albergo, veniva chiuso a chiave in una stanza, minacciato, strattonato e percosso, affinchè sottoscrivesse la lettera di licenziamento;
che per tali fatti era parte offesa nel procedimento penale N.3573/14 R.G.N.R., conclusosi con sentenza del Tribunale di Massa N. 779/2016, divenuta irrevocabile per inammissibilità dell’appello e rinuncia espressa al ricorso per Cassazione, con cui il Tribunale di Massa accertava la penale responsabilità dei fratelli in ordine ai reati a loro ascritti e condannava rispettivamente alla pena di mesi 8 di reclusione per il reato di cui all’art. 610 cod. pen. , alla pena di mesi 10 di reclusione per i reati di cui agli artt. 610, 110, 582, 585 in relazione all’art. 576 co. 1 cod. pen. , e alla pena di mesi 10 di reclusione per i reati di cui agli artt. 610, 110, 582, 585 in relazione all’art. 576 co. 1, e 612 cod. pen. ;
che il Tribunale li condannava al risarcimento dei danni, disponendo una provvisionale immediatamente esecutiva di euro 4.000,00;
che gli venivano cagionate lesioni personali giudicate guaribili in giorni 12;
che in sede penale il dott. escusso come testimone dal giudice, quantificava il danno biologico ortopedico nella misura del 4% quantificato in euro 8.416,32;
che veniva attestato altresì, da una successiva perizia di parte eseguita dalla dr.ssa un danno biologico psicologico nella misura del 12%, quantificato in euro 44.548,00, per un totale di euro 52.964,32.
Si costituivano in giudizio i fratelli , svolgendo le proprie difese, eccependo preliminarmente di non essere stati adeguatamente assistiti dal proprio precedente difensore nel procedimento penale N. 3573/14 R.G.N.R.;
quindi, contestavano ogni responsabilità, ritenendo infondate in fatto e diritto le domande dell’attore.
altresì che in forza del sequestro conservativo presso terzi effettuato dall’Avv. NOME COGNOME (proc. esecutivo R.G. 689/2017) per cautelare il credito professionale vantato per l’attività difensiva svolta in diversi procedimenti a favore dell’attore, veniva notificato ad essi convenuti atto di sequestro presso terzi per l’ammontare della somma di euro 8.000,00, che essi avevano poi, a seguito della rinuncia al sequestro, bonificato all’attore.
Con ordinanza emessa all’udienza del 23/01/2018 il processo veniva dichiarato interrotto a causa del decesso del convenuto e, successivamente, l’attore riassumeva la causa nei confronti degli eredi del defunto.
Si costituiva moglie di , quale erede, reiterando le difese già svolte dai convenuti.
La causa veniva istruita documentalmente e con il licenziamento di CTU medico- legale.
Con note scritte datate 2/10/2020 e depositate in data 16/10/2020, i convenuti rilevavano che l’attore aveva esercitato nuovamente in sede penale l’azione civile domandando il risarcimento dei danni per i fatti già oggetto del presente giudizio, sebbene con un altro capo di imputazione (art. 605 cod. pen.) , nel procedimento R.G. GUP – R.G. N.R., determinando il trasferimento dell’azione civile nel processo penale con conseguente improcedibilità dell’azione civile ai sensi dell’art. 75 c.p.p.
Il Tribunale aderiva alle risultanze del CTU Dott. , che accertava esclusivamente una modesta inabilità temporanea dovuta alle lesioni personali, così individuata:
-inabilità parziale al 75 % giorni 15 -inabilità parziale al 50% giorni 15 -inabilità parziale al 25% giorni 15 Il Dott. , specialista in psichiatria e ausiliario del CTU Dott. escludeva il nesso di casualità tra la condotta illecita e l’insorgenza di disturbi Tribunale procedeva pertanto alla quantificazione del danno attraverso i parametri delle Tabelle di Milano e, tenuto conto del particolare disvalore del fatto illecito, applicava la somma di euro 130,00 alla percentuale individuata a ciascun giorno di inabilità temporanea parziale, determinando il complessivo danno non patrimoniale in euro 2.925,05. Inoltre, considerata la lesione alla libertà di autodeterminazione a causa della violenza privata subita, il Tribunale liquidava equitativamente la somma di euro 20.000,00.
Pertanto, con sentenza n. 113/2023 del 31/01/2023 il primo giudice dichiarava tenuti in solido i convenuti al risarcimento dei danni non patrimoniali subiti dall’attore per la somma di euro 23.672,45, già comprensiva di rivalutazione e interessi legali.
Il giudice non prendeva in considerazione la somma di euro 4.000,00 a titolo di provvisionale per ridurre il ristoro, poiché non riscontrava alcuna documentazione in atti relativamente all’effettivo pagamento di detta somma.
Avverso tale sentenza proponevano appello i fratelli e il figlio , nella qualità di eredi di Con il primo motivo di appello, essi lamentavano la violazione della legge processuale non avendo il giudice di primo grado esaminato l’eccezione sollevata dai convenuti con le note scritte depositate in data 16/10/2020, con cui chiedevano di pronunciare l’estinzione del processo ex art. 75 c.p.p., stante la successiva costituzione di parte civile dell’attore nel procedimento R.G. 405/2019 GUP – R.G. 944/2018 N.R., avente ad oggetto la richiesta di risarcimento dei danni asseritamente per i medesimi fatti oggetto del presente procedimento. Con il secondo motivo di appello, contestavano la sentenza di primo grado nella parte in cui veniva riconosciuto il risarcimento del danno non patrimoniale per la lesione della libertà di autodeterminazione, non essendo stata tale statuizione oggetto di alcuna domanda attorea.
Eccepivano quindi che la sentenza sul punto fosse stata pronunciata ultra petitum.
Con il terzo motivo di appello, censuravano la quantificazione del danno derivante ’asserita lettera di dimissioni sottoscritta forzosamente dall’attore.
Inoltre, gli appellanti censuravano il valore base di euro 130,00 per il calcolo del risarcimento dovuto per ciascun giorno di invalidità temporanea.
Con il quarto motivo di appello, contestavano la condanna al risarcimento dei danni derivanti da lesioni nei confronti di , non essendo quest’ultimo responsabile di tale condotta delittuosa.
Con il quinto motivo di appello, gli appellanti censuravano la sentenza di primo grado nella parte in cui non prendeva in considerazione la documentazione prodotta attestante il bonifico bancario effettuato a favore dell’attore per l’importo di euro 8.000,00, a seguito della rinuncia da parte dell’Avv. NOME COGNOME alla procedura esecutiva da lei azionata, avendo inoltre erogato una somma maggiore rispetto a quella effettivamente dovuta (4.000,00 euro a titolo di provvisionale).
Infatti, i convenuti, in forza della sentenza penale n. 779/2016 e della condanna provvisionale in essa sancita, avevano messo a disposizione le somme nella stessa indicate, che erano state però subito oggetto di sequestro conservativo presso terzi attuato dall’avv. NOME COGNOME del Foro di Massa nei confronti dell’attore, per l’importo di euro 8.000,00 (cfr. atto di sequestro presso terzi – doc. 14 e doc. 17).
Si trattava dei procedimenti per sequestro RG 1649/17 (introdotto nel giugno 2017 con il quale il Tribunale aveva autorizzato il sequestro nel contraddittorio delle parti, ivi compreso l’attore) e RG 689/2017 del Tribunale di Massa (con il quale nel luglio-agosto 2017 l’avv. COGNOME aveva provveduto all’esecuzione del sequestro stesso, sempre nel contraddittorio delle parti, ivi compreso l’attore).
Detta somma di euro 8.000,00, per la quota afferente al risarcimento del danno (euro 4.000,00), doveva pertanto essere considerata come corrisposta e giustificare il rigetto delle domande attoree.
In ipotesi doveva essere detratta da quanto eventualmente risultasse ulteriormente dovuto dai convenuti all’attore.
Con il sesto motivo di appello, gli appellanti lamentavano l’ingiusta liquidazione delle spese della CTU.
gli appellanti il Tribunale aveva errato nel disporre che il compenso in favore del CTU fosse posto definitivamente a carico dei convenuti.
Infatti, a fronte di pretese elevate in tema di danno alla persona da parte dell’attore (in citazione e sino alle conclusioni in sede di udienza di PC domandava addirittura il 16% di danno alla salute), a fronte di un precedente esborso da parte dei convenuti della somma di euro 8.000,00 a favore dell’attore, a fronte di una CTU medico legale che aveva cassato le pretese del riducendo il lamentato danno solo a pochi giorni d’invalidità temporanea parziale, non si comprendeva come il Tribunale potesse aver accollato le spese della CTU in capo ai convenuti. Inoltre, il danno ingiustamente riconosciuto dal Tribunale all’attore per “lesione della libertà di autodeterminazione” non aveva alcun rapporto con l’esito della CTU.
Pertanto, gli appellanti chiedevano che la Corte di Appello riformasse anche questo capo della sentenza, imputando le spese di CTU interamente all’attore.
Con il settimo motivo di appello, censuravano la condanna alle spese di lite posta a loro carico.
Osservavano di avere domandato anche il rimborso delle spese di CTP.
Avevano prodotto la fattura rilasciata dall per le prestazioni professionali resa dal CTP dott. dell’importo di euro 336,43 (cfr. note di trattazione scritta datate 22.10.2020 in vista dell’udienza cartolare del 23.10.2020 – doc. 34).
La CTU era stata superflua e quindi anche le spese di CTP lo erano state e, entrambe, erano state sostenute unicamente per le pretese dell’attore, che si erano rivelate infondate.
Inoltre, le spese di lite, se riconosciute, dovevano essere determinate in base ai parametri vigenti al momento delle singole attività compiute.
Aveva infatti errato il Tribunale nel sancire che “condanna i convenuti in riassunzione, in solido tra loro, al pagamento delle spese processuali in favore dello Stato, che liquida in complessivi euro 5.906,50, di cui euro 406,50 per esborsi ed anticipazioni ed euro generali ed oltre Iva e Cpa” e che “il regime delle spese processuali viene definito in conformità al principio della soccombenza ex art. 91 cpc, in applicazione dei criteri (…) previsti dal DM 55/14, dovendosene disporre il pagamento a favore dello Stato, risultando il ammesso al Gratuito patrocinio a spese dello Stato (…)”. I nuovi parametri forensi, ai sensi dell’art. 6 del DM n. 147/2022, si applicavano solo alle prestazioni professionali esaurite successivamente all’entrata in vigore del medesimo decreto, vale a dire dal 23 ottobre 2022.
Non era dato comprendere il motivo per il quale il Tribunale aveva poi riconosciuto all’attore euro 406,50 a titolo di esborsi e anticipazioni, né quale criterio aveva adoperato per la liquidazione in euro 5.500,00 del compenso professionale.
La Corte di Appello, pertanto, doveva accollare interamente le spese in capo a e, in ipotesi, rideterminare dette spese.
Si costituiva in giudizio , opponendosi all’avversario appello e chiedendone il rigetto;
in particolare:
-con riferimento al primo motivo di appello, riteneva pretestuose le doglianze degli appellanti secondo cui l’attore avrebbe esercitato nuovamente l’azione civile in sede penale per i medesimi fatti,
essendo diverse le imputazioni oggetto dei due procedimenti penali;
-con riferimento al secondo motivo di appello, il risarcimento del danno non patrimoniale derivante dalla lesione della libertà di autodeterminazione risultava dalla richiesta della quantificazione del risarcimento per effetto della violenza di privata di cui all’art. 610 cod. pen. ;
-con riferimento al terzo motivo di appello, riteneva infondata la lamentela in merito all’eccessiva quantificazione del risarcimento del danno derivante dalla lesione della libertà di autodeterminazione pari alla somma di euro 20.000,00, avendo il giudice di primo grado tenuto conto della modalità della condotta illecita per la liquidazione del risarcimento stesso;
altresì infondata appariva la doglianza relativa al valore base (euro 130,00) per determinare la somma dovuta per ciascun giorno di invalidità temporanea, -con riferimento al quarto motivo di appello, riteneva tenuto al risarcimento dei danni anche , essendo stato condannato in sede penale al risarcimento dei danni materiali e morali;
-con riferimento al quinto motivo di appello, sosteneva che non fosse dovuta alcuna detrazione dell’importo pagato dagli appellanti (euro 8.000,00) ritenendo corretta sul punto la statuizione del primo giudice;
-con riferimento al sesto motivo di appello, contestava la doglianza relativa alle spese di CTU, essendo state poste correttamente a carico delle parti soccombenti;
-con riferimento al settimo motivo di appello, riteneva applicati adeguatamente i parametri forensi in base al D.M. n. 55 del 10/03/2014.
Erano precisate, all’udienza del 2/7/2024, celebrata per trattazione scritta, le conclusioni, così come in epigrafe trascritte, e, decorsi i termini di cui agli artt. 190 e 352 c.p.c., la causa veniva decisa in camera di consiglio.
Tanto premesso, il primo motivo di appello non è fondato e deve, pertanto, essere respinto.
Invero, la presente causa civile ha preso avvio dalla notifica dell’atto di citazione, avvenuta nel 2017, sulla base di una sentenza penale divenuta esecutiva emessa nel 2016;
gli appellanti sostengono che in data 17.09.2020 ha poi esercitato l’azione in sede civile per i medesimi fatti.
Ora, si osserva come le imputazioni oggetto dei due procedimenti penali siano diverse.
Quindi, anche qualora il si fosse costituito parte civile nel secondo procedimento penale (per il reato di cui all’art. 605 c.p.), la costituzione non avrebbe rappresentato un abbandono della causa in sede civile, perché questa riguardava altre e diverse imputazioni (per i reati di cui agli artt. 610, 582, 585, 612 c.p.).
In ogni caso, il secondo procedimento penale è stato definito con sentenza di patteggiamento, subito dopo la richiesta di rinvio a giudizio, e quindi prima ancora dell’udienza preliminare.
Come da relativa sent. n. 213/2020 RG sent. Trib. di Massa, sez. penale, prodotta dagli odierni appellanti in primo grado, a corredo della comparsa conclusionale del.06.2021, la costituzione di parte civile di non veniva neppure presa in considerazione.
Il motivo va quindi respinto.
Anche il secondo motivo di appello appare destituito di fondamento.
La doglianza, infatti, si sostanzia nella critica della voce “lesione della libertà di autodeterminazione”, che a dire degli appellanti avrebbe rappresentato un’autonoma voce di danno, non richiesta dall’attore in primo grado, e pertanto la pronuncia sul punto sarebbe andata “ultra petita”.
Ora, la lesione della libertà di autodeterminazione, nella sentenza appellata, è stata oggetto di risarcimento del danno in quanto derivante dalla violenza privata di cui all’art. 610 c.p., che rappresentava uno dei capi di imputazione del primo processo penale:
anche per essa , costituito parte civile, aveva chiesto la liquidazione del danno.
Nel processo civile il primo giudice, dopo avere liquidato il danno biologico conseguente alle lesioni personali subite dal , procedeva a liquidare il danno derivante dalla lesione della libertà di autodeterminazione per effetto della violenza privata subita dal stesso, diritto avente “autonoma e distinta tutela, rilevante a livello costituzionale (rispettivamente in forza degli artt. 2 e 32 Cost.)“, procedendo ad una liquidazione in via equitativa, ai sensi dell’art. 1226 c.c.
Non vi è stata, pertanto, alcuna pronuncia ultra petita, avendo il primo giudice liquidato un danno che riguardava uno dei reati commessi dagli appellanti (violenza privata) e per il quale il si era costituito parte civile in sede penale, ottenendo anche la provvisionale.
Anche il secondo motivo di appello va quindi respinto.
Quanto al terzo motivo, la Corte osserva che la quantificazione operata dal giudice di prime cure si basa non su postumi invalidanti di natura psicologica (esclusi dalla CTU), ma solo sulla lesione di “diritti aventi autonoma e distinta tutela”:
il primo giudice “… tenuto conto delle modalità della condotta illecita, della sua durata, del concorso i suoi autori, degli effetti che ne sono derivati e dell’intensità del dolo …” ha stimato equo liquidare la somma di € 20.000 per il danno patito dall’attore.
Il fatto, lamentato dagli appellanti, che non sia mai stata prodotta la lettera di dimissioni per la sottoscrizione della quale il riferisce di essere stato vittima dei fatti di cui alla condanna penale, appare privo di rilievo, in quanto la sentenza penale di condanna n. 779/2016 del Tribunale di Massa ha accertato la responsabilità degli imputati per i reati loro ascritti (artt. 110, 610, 582, 585, in relazione all’art. 576 n. 1, per avere, il giorno 4 Dicembre 2014, chiuso a chiave all’interno di una stanza dell’Albergo “RAGIONE_SOCIALE”, per circa tre ore, ed ivi afferrato per il collo, percosso (anche con un pugno sferrato al labbro) e minacciato il , con frasi quali “meglio se firmi sennò di qui non esci vivo”, e di altri mali ingiusti per sé e per i suoi genitori, al fine di indurlo a sottoscrivere le proprie dimissioni, avendo quest’ultimo lavorato per un periodo presso il suddetto albergo, loro appartenente…). Tra i fatti contestati vi era anche quello di avere indotto il a sottoscrivere una lettera di dimissioni.
Ora, ai sensi dell’art. 651 c.p., la sentenza penale di condanna, pronunciata a seguito di dibattimento, ha – nel giudizio risarcitorio e nei confronti del , costituitosi parte civile in quel processo – efficacia di giudicato quanto all’accertamento della sussistenza dei fatti, della loro illiceità penale e all’affermazione della commissione degli stessi da parte degli imputati.
Tale sentenza è irrevocabile, in quanto l’appello interposto dagli imputati è stato dichiarato inammissibile con ordinanza della Corte di Appello di Genova depositata il 15.05.2017 e così anche il ricorso in Cassazione proposto avverso tale ultimo provvedimento, a causa della rinuncia al gravame depositata dalla difesa degli imputati, come da sentenza della Corte di Cassazione n. del 26.02.2018 (cfr., rispettivamente, doc. 3 prodotto a corredo della citazione e doc. 7 allegato alla memoria attorea ex art. 183 comma VI n. 2 c.p.c.). Appare, pertanto, irrilevante la circostanza che non sia prodotta in atti la lettera di appellanti contestano ancora, in quanto eccessiva, la cifra di € 130,00 come valore base per il calcolo dovuto per ciascun giorno di invalidità temporanea.
Tale somma appare invece congrua in quanto è riferita alle tabelle di Milano aggiornate alla data della sentenza ed è ricompresa nei margini di oscillazione tabellare, tenuto conto di tutte le variabili del caso concreto e soprattutto del particolare disvalore del fatto illecito per cui è causa, integrante reato.
Il motivo di appello va pertanto respinto.
Il quarto motivo è invece fondato.
Il Tribunale ha errato laddove ha condannato al risarcimento dei danni da lesioni anche il convenuto COGNOME che non è stato individuato come responsabile di detta condotta.
I capi di imputazione sui quali si è pronunciata la sentenza penale n. 779 del 8.7.2016 del Tribunale di Massa escludono dal reato di lesioni (artt. 582, 585 c.p.), per il quale erano imputati solo Il Tribunale ha in effetti applicato una pena inferiore a Lotto I convenuti sin dalla comparsa di costituzione e risposta hanno esplicitato che la posizione di ciascuno di loro avrebbe dovuto valutarsi singolarmente, stante le differenti condotte loro ascritte.
Pertanto, il Tribunale ha errato nell’affermare che “la richiamata sentenza penale ha accertato la penale responsabilità degli originari convenuti in riferimento ai reati loro ascritti in concorso, previsti e puniti ai sensi degli artt. 110, 610, 582, 585, in relazione all’art. 576 n.1” e nel sancire che “al pagamento di tale ultima somma (euro 23.672,45) i convenuti in riassunzione vanno pertanto dichiarati tenuti e condannati – in solido tra loro (…)”.
Vanno tenute distinte le condotte e le responsabilità e non va condannato al risarcimento del danno da lesioni.
La sentenza sul punto deve quindi essere riformata.
Il quinto motivo di appello, con il quale gli appellanti contestano il pagamento della Tribunale ha infatti errato laddove non ha tenuto conto della somma di euro 8.000,00 che al momento dell’introduzione della lite era già stata saldata dai convenuti all’attore con bonifico bancario.
I convenuti, in forza della sentenza penale n. 779/2016 e della condanna alla provvisionale in essa sancita, hanno messo a disposizione le somme nella stessa indicate, che sono state però subito oggetto di sequestro conservativo presso terzi attuato dall’avv. NOME COGNOME del Foro di Massa nei confronti del , per l’importo di euro 8.000,00 (cfr. atto di sequestro presso terzi – doc. 14 e doc. 17).
Si tratta dei procedimenti per sequestro RG 1649/17 (introdotto nel giugno 2017 con il quale il Tribunale ha autorizzato il sequestro) e RG 689/2017 del Tribunale di Massa (con il quale nel luglio-agosto 2017 l’avv. COGNOME ha provveduto all’esecuzione del sequestro stesso).
La somma di euro 8.000,00, per la quota afferente al risarcimento del danno (euro 4.000,00), deve pertanto essere considerata corrisposta e va detratta da quanto dovuto dagli appellanti al In particolare, gli appellanti hanno ricevuto in data 30.6.2017 la notifica dell’atto di sequestro presso terzi da parte dell’avv. NOME COGNOMEquindi prima della notifica dell’atto di citazione che ha dato inizio alla controversia per cui è causa, avvenuta nel mese di settembre 2017).
L’attore, quando ha introdotto la presente controversia con la notifica dell’atto di citazione, aveva già ricevuto la notifica dell’esecuzione del sequestro presso terzi unitamente all’ordinanza autorizzativa dello stesso, da parte dell’avv. NOME COGNOME avvenuta nel luglio-agosto 2017, la quale affermava di vantare crediti professionali nei confronti del sig. E’ stata oggetto di sequestro conservativo tra l’altro l’intera somma riconosciuta dal giudice penale all’appellato a titolo di provvisionale sul risarcimento del danno, pari ad euro 4.000,00. Le somme liquidate all’attore a titolo di provvisionale e di spese legali dalla sentenza appellanti a da parte dell’avv. NOME COGNOME sono state poi versate con bonifico bancario dagli appellanti al nell’importo di euro 8.000,00 non appena detto sequestro è venuto meno (cfr. documenti prodotti con le memorie istruttorie dagli attuali appellanti e all’udienza del 1.4.2019 – doc. da 28 a 30).
I convenuti depositavano documentazione sopravvenuta e davano atto dell’avvenuto svincolo delle somme sequestrate e già accantonate, per rinuncia da parte dell’avv. COGNOME e consequenziale ordinanza di estinzione (cfr. doc. 28), e del consequenziale pagamento con bonifico bancario in data 22.1.2019 della somma di euro 8.000,00 (cfr. doc. 29 e 30), con ogni riserva e senza riconoscimento alcuno, con riserva di ripetizione, per quanto disposto dalla sentenza penale n. 779 del 1.9.2016 del Tribunale di Massa a favore di Gli appellanti hanno prodotto il bonifico di pagamento (cfr. doc. 30).
Nel corso della stessa udienza del 1.4.2019 dava atto di aver percepito dette somme.
Pertanto il Tribunale ha errato nel sancire che :
“non vi è margine per ridurre il ristoro suindicato (…) secondo quanto prospettato dai convenuti nelle conclusioni rassegnate in via subordinata, avendo essi definito espressamente quest’ultima somma (ndr. 4.000,00 euro) già sborsata.
Dell’effettivo pagamento di tale somma da parte degli imputati (e/o eredi di ) non vi è traccia documentale, nè possono integrare prova, al riguardo, i docc. 13-20 prodotti a corredo della comparsa di costituzione, attestando tale documentazione non già una parziale estinzione del credito risarcitorio oggetto del presente giudizio, bensì l’invio ai rei dell’atto di precetto relativo alla predetta provvisionale concessa con la ridetta sentenza penale di condanna ed ai relativi interessi, nonchè l’emissione di provvedimento di autorizzazione giudiziale in favore dell’avv. NOME COGNOME a procedere a sequestro conservativo sul patrimonio del , onde cautelare il credito professionale dalla medesima vantato per l’attività difensiva prestata in altri procedimenti, l’esecuzione del menzionato sequestro nelle forme del pignoramento presso terzi (…). In definitiva, il fatto che il sequestro degli odierni convenuti possa, in forza di eventuale futura pronuncia di sentenza di condanna dello stesso , convertirsi in pignoramento ex art. 686 cpc, nei limiti del credito riconosciuto, non vale ad escludere l’accertamento del credito risarcitorio e la statuizione di condanna a carico dei convenuti all’esito del presente giudizio, attendendo esso a rapporto obbligatorio distinto da quello cui si riferisce la ridetta misura cautelare”.
L’avv. COGNOME infatti, aveva sottoposto a sequestro proprio il credito maturato dal nei confronti degli odierni appellanti in forza della sentenza penale del Tribunale di Massa sulla scorta della quale il ha introdotto il presente procedimento civile e che è relativo agli stessi danni lamentati nel presente procedimento.
La somma sequestrata e poi versata avrebbe dovuto quindi essere detratta da quanto fosse ulteriormente dovuto all’attore.
Ora, la Corte di Cassazione ha precisato che, ai sensi dell’art. 1219 c.c., il debitore dell’obbligo di risarcire il danno causato da un fatto illecito è in mora ex re dal giorno del fatto illecito.
È evidente, secondo la Corte, che, nel caso di pagamenti in acconto, il creditore, nel periodo compreso tra il danno e il pagamento dell’acconto ha perduto la possibilità di investire e far fruttare l’intero capitale dovutogli mentre, dopo il pagamento del primo acconto, non può dolersi di aver perduto i frutti finanziari teoricamente derivanti dall’investimento dell’intero capitale dovutogli (il lucro cessante si riduce alla perduta possibilità di investire e far fruttare il capitale che residua, dopo il pagamento dell’acconto). Ne discende che, nel caso di pagamento di acconti, tali pagamenti vanno sottratti dal credito risarcitorio attraverso le seguenti operazioni:
a) devalutando l’acconto ed il credito alla data dell’illecito;
b) detraendo l’acconto dal credito;
c) calcolando gli interessi compensativi prima sull’intero capitale, rivalutato anno per anno, per il periodo intercorso dalla data dell’illecito al pagamento dell’acconto, e poi sulla somma da quel pagamento fino alla liquidazione definitiva (cfr. Cass. n. 1637 del 2020;
Cass. n. 15856 del 2019).
Su tale importo (somma devalutata, via via rivalutata, detratti gli acconti e conteggiati gli interessi), in quanto convertito con la liquidazione in credito di valuta, spettano gli interessi legali dalla data di pubblicazione della sentenza al saldo.
Il sesto motivo ed il settimo motivo, che attengono alle spese di c.t.u., di c.t.p. ed alle spese di lite, restano assorbiti in quanto, venendo riformata la sentenza impugnata, deve procedersi ad una nuova liquidazione delle spese anche del primo grado del giudizio.
Quanto alle spese di lite, va fatta applicazione dei principi enunciati dalla sentenza della Cassazione, S.U., n. 32061 del 2022, per la quale «in tema di spese processuali, l’accoglimento in misura ridotta, anche sensibile, di una domanda articolata in un unico capo non dà luogo a reciproca soccombenza, configurabile esclusivamente in presenza di una pluralità di domande contrapposte formulate nel medesimo processo tra le stesse parti o in caso di parziale accoglimento di un’unica domanda articolata in più capi, e non consente quindi la condanna della parte vittoriosa al pagamento delle spese processuali in favore della parte soccombente, ma può giustificarne soltanto la compensazione totale o parziale, in presenza degli altri presupposti previsti dall’art. 92, secondo comma, cod. proc. civ.», presupposti che nel caso in questione non ricorrono. Le spese di entrambi i gradi del giudizio seguono, quindi, la soccombenza degli appellanti e si liquidano ai sensi del d.m. n. 55/2014 con applicazione dei valori medi dello scaglione di riferimento (valore tra € 5.201 e € 26.000), esclusa per il grado di appello la fase istruttoria che non si è tenuta, dovendosene disporre, per il primo grado, il pagamento in favore dello Stato, risultando il ammesso al patrocinio a spese dello Stato, con provvedimento del Consiglio dell’ordine degli Avvocati di Massa Carrara n. 175/2017 del 04.08.2017. Si tiene conto, altresì, ai sensi dell’art. 97 c.p.c., del rispettivo interesse nella causa, secondo la proporzione indicata nel dispositivo.
Il compenso in favore del C.T.U. viene posto definitivamente a carico degli appellanti può, infine, farsi luogo alla condanna ex art. 96 c.p.c. richiesta dall’appellato nei confronti degli appellanti in quanto tale norma richiede che la soccombenza della parte sia totale e concreta, mentre nel caso in esame l’appello viene parzialmente accolto.
LA CORTE DI APPELLO definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza, eccezione e deduzione disattesa, in parziale accoglimento dell’appello, così provvede:
ridetermina l’importo della condanna nei confronti di nella somma di euro 20.000,00;
detrae da quanto dovuto dagli appellanti a la somma di euro 4.000,00, già sborsata dagli appellanti stessi, secondo i criteri indicati in parte motiva;
restano ferme le ulteriori statuizioni sul merito della sentenza gravata;
condanna , nella qualità di erede del marito , nella qualità di erede del padre , in solido tra loro, a rifondere all’appellato le spese di entrambi i gradi del giudizio che liquida:
quanto al primo grado, in euro 3.000 per compensi, da pagarsi in favore dello Stato;
quanto al presente grado, in euro 2.500,00 per compensi ed euro 200,00 per esborsi ed oltre, per ambedue i gradi, spese generali e accessori di legge, da distrarsi in favore del procuratore dell’appellato che si dichiara antistatario;
condanna a rifondere all’appellato le spese di entrambi i gradi del giudizio che liquida, quanto al primo grado, in euro 2.077,00 per compensi, da pagarsi in favore dello Stato;
quanto al presente grado, in euro 1.466,00 per compensi ed euro 155,00 per esborsi ed oltre, per ambedue i gradi, spese generali e accessori di legge, da distrarsi in favore del procuratore dell’appellato che si dichiara antistatario;
pone definitivamente le spese di c.t.u. a carico degli appellanti, ad eccezione di Lotto respinge la domanda ex art. 96 c.p.c. formulata dall’appellato nei confronti degli , 5/11/2024
Il Presidente estensore Dott. NOME COGNOME
La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di
Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.
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