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Querela di falso su procure alle liti – Valore probatorio della CTU grafologica

La sentenza affronta il tema della querela di falso in relazione alle procure alle liti e al valore probatorio della consulenza tecnica grafologica. La Corte ha ribadito che la legittimazione passiva sussiste solo nei confronti del soggetto che intende avvalersi del documento in giudizio. Inoltre, ha evidenziato come la CTU, pur essendo uno strumento utile, non fornisca conclusioni assolutamente certe, soprattutto in presenza di un quadro contraddittorio. La Corte ha quindi concluso che, in mancanza di elementi probatori univoci, non è possibile accogliere la domanda di accertamento di falsità.

Pubblicato il 17 July 2024 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

N. R.G. 738/2020

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

CORTE DI APPELLO DI ANCONA NOME
SEZIONE CIVILE

La Corte di Appello di Ancona, composta dai magistrati:
dott. NOME COGNOME dott.ssa NOME COGNOME dott.ssa NOME COGNOME Consigliere est. ha pronunciato la seguente

SENTENZA N._901_2024_- N._R.G._00000738_2020 DEL_07_06_2024 PUBBLICATA_IL_10_06_2024

nella causa civile in grado di appello iscritta al n. r.g. 738/2020 promossa da Avv. (C.F. ), in proprio ex art. 86 c.p.c. APPELLANTE Contro (C.F. (C.F. (C.F. rappresentate e difese, congiuntamente e disgiuntamente, dall’Avv. NOME COGNOME e dall’Avv. NOME COGNOME APPELLATE con l’intervento del C.F. C.F. C.F. PROCURATORE GENERALE DELLA REPUBBLICA INTERVENUTO OGGETTO: appello avverso la sentenza del Tribunale di Fermo n. 625/2019 pubblicata il 5.11.2019

CONCLUSIONI

Dell’appellante “…….
, ogni contraria istanza disattesa, dichiarare la falsità delle 10 sottoscrizioni a nome , autenticate come vere dagli avv. COGNOME NOME ed NOME COGNOME ed apposte nei 10 atti di procura ad litem relativi agli atti come sotto meglio identificati:

1. Atto di citazione in opposizione a D.I. iscritto al n.880/2003 Tribunale di Fermo Dott. COGNOME, conclusosi con sentenza n.346/2006; (all.n.5)

2. Comparsa di costituzione in appello ed appello incidentale Corte di Appello di Ancona n.972/2006 rel. conclusosi con sentenza n.282/2008; (all.n.6)

3. Ricorso incidentale nel giudizio iscritto presso la Corte di Cassazione al n. 2521/08; (all.n.7) 4. Atto di pignoramento presso terzi, promosso nei confronti dell’esponente Avv. ed iscritto al n.603/2008 R.G. Es. Tribunale di Fermo, conclusosi con ordinanza di assegnazione del G.E. 10/02/2009; (all.n.8)

5. Memoria di costituzione nel giudizio di opposizione e all’esecuzione n.603/08 G.E. D.ssa COGNOME (all.n.9)

6. Comparsa di costituzione e risposta nel giudizio n.3000/08 Tribunale di Fermo Dott. COGNOME conclusosi con sentenza n.487/09; (all.n.10)

7. Comparsa di costituzione e risposta nel giudizio n.1692/08 Tribunale di Fermo D.ssa COGNOME p.u. 23/03/2010; (all.n.11)

8. Reclamo Tribunale di Fermo n.2265/2008 relatore D.ssa COGNOME conclusosi con ordinanza 04/12/2008; (all.n.12)

9. Comparsa di costituzione e risposta nel giudizio n.1167/09 Tribunale di Fermo Dott.NOME p.u. 02/03/2010; (all.n.13)

10. Reclamo Tribunale di Fermo n.2079/09 relatore D.ssa COGNOME in riserva; (all.n.14) e, per l’effetto, dichiarare nulli e privi di efficacia tutti gli atti posti in essere successivamente, conseguentemente ed in forza degli atti medesimi dichiarati falsi.

Si chiede pertanto valutarsi l’ipotesi applicativa dell’istituto di cui all’art.96 comma 3° c.p.c., disponendo condanna al risarcimento dei danni in favore dell’attore alla somma che verrà equitativamente ritenuta equa e di giustizia dalla adita Corte.

Con emanazione di tutte le conseguenti disposizioni penali previste dall’art.226 comma 2° c.p.c. Con vittoria di spese di lite, come da allegata nota spese.
” Delle appellate:
“contrariis reiectis,….
, rigettare l’appello proposto ex adverso in quanto infondato in fatto ed in diritto, ed in ogni caso respingere la domanda attorea in quanto inammissibile, improcedibile e/o infondata avendo l’appellante rinunciato all’azione con la sottoscrizione dell’accordo del 25.02.20210.

Con vittoria di spese, e compensi del doppio grado di giudizio.

Il Procuratore Generale ha concluso chiedendo il rigetto dell’appello.

FATTI DI CAUSA

I) Con atto di citazione per querela di falso l’Avv. ha convenuto in giudizio innanzi al Tribunale di Fermo al fine di far “dichiarare la falsità delle 10 sottoscrizioni a nome autenticate come vere dagli avv. COGNOME NOME ed NOME COGNOME ed apposte nei 10 atti di procura ad litem relativi agli atti”, analiticamente descritti (indicati in epigrafe), “e, per l’effetto, dichiarare nulli e privi di efficaci tutti gli atti posti in essere successivamente, conseguentemente ed in forza degli atti medesimi dichiarati falsi”. Costituitesi le parti convenute – che hanno contestato la domanda avversaria, sollevando anche eccezioni preliminari e pregiudiziali – il Tribunale di Fermo ha così statuito:

– “Dichiara il difetto di legittimazione passiva di – Dichiara inammissibile la domanda di accertamento di falsità delle sottoscrizioni apposte in calce alle procure rilasciate negli atti indicati in atto di citazione con i numeri:

1) Atto di citazione in opposizione a D.I. iscritto al n.880/2003 Tribunale di Fermo;
2) Comparsa di costituzione in appello ed appello incidentale Corte di Appello di Ancona n.972/2006;
3) Ricorso incidentale nel giudizio iscritto presso la Corte di Cassazione al n. 2521/08;
7) Comparsa di costituzione e risposta nel giudizio n.1692/08 Tribunale di Fermo;
9) Comparsa di costituzione e risposta nel giudizio n.1167/09 Tribunale di Fermo;

– Rigetta la domanda attorea di accertamento di falsità delle sottoscrizioni apposte in calce alle procure rilasciate negli atti indicati in atto di citazione con i numeri:

4) Atto di pignoramento presso terzi, promosso nei confronti dell’esponente Avv. ed iscritto al n.603/2008 R.G.Es.
Tribunale di Fermo;

5) Memoria di costituzione nel giudizio di opposizione e all’esecuzione n.603/08;

6) Comparsa di costituzione e risposta nel giudizio n.3000/08 Tribunale di Fermo;

8) Reclamo Tribunale di Fermo n.2265/2008;

10) Reclamo Tribunale di Fermo n.2079/09;
– Condanna alla refusione delle spese di giudizio in favore delle convenute liquidate in euro 6.000,00 oltre iva, cpa e spese generali come per legge;
– Compensa le spese, ivi incluse quelle di c.t.u., tra l’attore e la convenuta II) L’Avv. ha proposto appello avverso la citata sentenza per i motivi di seguito illustrati, ed ha chiesto, in riforma della sentenza impugnata, l’accoglimento delle domande articolate con l’atto introduttivo del giudizio di primo grado.

III) Si sono costituite le parti appellate le quali hanno contestato la impugnazione e, ribadite le eccezioni già sollevate innanzi al Tribunale, hanno domandato la reiezione dell’appello e, in ogni caso, della domanda proposta dalla controparte, perché inammissibile e comunque infondata.

IV) È intervenuto il Procuratore Generale che ha chiesto il rigetto del gravame “considerato che le doglianze esposte appaiono infondate atteso che il Tribunale con motivazione esaustiva e del tutto condivisibile ha fondato e motivato la decisione in relazione alle emergenze processuali che legittimano il rigetto in questione”.

V) Quindi, preso atto delle note scritte con cui le parti hanno precisato le rispettive conclusioni, trascritte in epigrafe, la causa è stata trattenuta in decisione assegnando i termini di cui all’art. 190 c.p.c. per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica.

RAGIONI DELLA DECISIONE

1) L’appellante, riepilogata la vicenda processuale, censura la sentenza impugnata articolando sei motivi di impugnazione.

1.1) Con il primo motivo contesta la decisione nella parte in cui il giudice di primo grado ha ravvisato il difetto di legittimazione passiva delle convenute osservando che il Tribunale ha fatto erroneo riferimento alla disciplina formatasi in materia di documenti oggetto di querela di falso, intesi quale prova su supporto cartaceo, mentre nel caso di specie si discute di dieci procure alle liti rilasciate congiuntamente da :
pertanto, ad avviso dell’appellante, “in tutti i giudizi l’oggetto della querela investiva lo jus postulandi in favore delle 3 litisconsorti necessarie, le quali chiaramente intendevano avvalersi delle procure congiuntamente rilasciate” sicché tutte le parti avevano “il potere di avvalersi del documento per fondare su di esso una pretesa giuridica”.

Inoltre, prosegue l’appellante, poiché l’oggetto della querela riguardava l’atto pubblico nella sua interezza, non è lecito poter presuntivamente escludere che le litisconsorti abbiano interesse ad avvalersi della procura congiunta né è plausibile ritenere che la procura congiunta possa essere in realtà intesa come procura disgiunta, tantopiù che nel caso concreto le tre convenute hanno seguito una linea difensiva comune e sovrapponibile:
se infatti le non avessero avuto interesse ad avvalersi delle scritture oggetto di querela, avrebbero dovuto eccepire solo il difetto di legittimazione e non contestare anche nel merito la domanda, come la 1.2) Con il secondo motivo di impugnazione l’appellante censura la statuizione del Tribunale che ha accolto l’eccezione di carenza di interesse ad agire relativamente alle procure individuate mediante i numeri 3,7,e 9 rilevando che:
-l’interesse ad agire è ravvisabile, perché l’accertamento della falsità spiega effetto “erga omnes” e quindi non solo nei confronti della controparte;
-con riferimento alle procure n. 7 e n. 9, l’avvenuta rinnovazione della costituzione mediante una nuova procura, con effetto sanante, è stata evidenziata dal Tribunale sulla base di quanto affermato dalla parte convenuta che non ha fornito alcuna prova sul punto, avendo solo prodotto le sentenze di merito che non fanno alcuna menzione di tale fatto;
-il Tribunale avrebbe dovuto rilevare presuntivamente la falsità delle tre procure e non ipotizzare una carenza di interesse, proprio in considerazione della rinnovazione delle procure n. 7 e 9 – che la controparte afferma essere intervenuta (peraltro in pendenza del giudizio per querela di falso) – e della rinuncia al ricorso (recante la procura n. 3);
-del tutto inconferente è la giurisprudenza di legittimità richiamata nella sentenza (Cass. n. 4248/2016) che riguarda la sanabilità del vizio di rappresentanza e non attiene alla carenza di interesse alla querela di falso in ipotesi di tardiva sanatoria.

1.3) Con il terzo motivo l’appellante si duole del fatto che il Tribunale ha dichiarato di non poter procedere all’accertamento della falsità delle sottoscrizioni individuate mediante i numeri 1,2,e 3 perché i relativi atti, recanti tali sottoscrizioni, non sono stati depositati e quindi non possono essere esaminati:
a differenza di quanto rilevato dal primo giudice, infatti, tutti gli atti e le relative sottoscrizioni sono stati depositati con il fascicolo di parte (in cui sono tuttora inseriti con il relativo numero di allegato), come certificato dal timbro di deposito della cancelleria del Tribunale di Fermo del 30.12.2019 e come confermato dal fatto che tali atti hanno costituito oggetto di accertamento tecnico da parte di ben due CTU senza alcuna eccezione.

1.4) Con il quarto motivo l’appellante lamenta che il Tribunale ha respinto la domanda relativamente agli atti individuati con i numero 5 e 6, alla luce del fatto che questi sarebbero presenti solo in copia fotostatica e non in originale.
Osserva a tale riguardo che gli originali sono necessariamente nella disponibilità delle controparti che non li hanno prodotti benché richiesto e sebbene il legale Avv. COGNOME in sede di giuramento della prima CTU Dott.ssa si fosse impegnato alla consegna di tali originali;
in ogni caso, prosegue l’appellante, anche la fotocopia può costituire oggetto di consulenza grafologica se il CTU è in grado di motivare la ragione tecnica per cui è impossibile ricondurre una scrittura ad un determinato soggetto come è avvenuto nel caso di specie in cui due CTU hanno accertato la falsità delle firme in contestazione.

1.5) Con il quinto motivo di appello l’Avv. censura la sentenza nella parte in cui il Tribunale ha rigettato la domanda con riferimento alle scritture di cui ai n. 4,8 e 10 in presenza di un quadro contraddittorio tra le risultanze relative alle firme di comparazione (in particolare tra quella acquisita presso l’Ufficio Anagrafe e quella prodotta dalla difesa delle convenute), Evidenzia sul punto che, in ogni caso, ciò che emerge dalla comparazione delle firme, oggetto di querela, con le altre scritture è che le sottoscrizioni non sono comunque riconducibili a quella di : quindi se vi è incertezza sulla mano che ha vergato la firma nella scrittura di comparazione (individuata con la sigla “Y3”, prodotta dalle convenute), vi è comunque certezza in merito al fatto che le scritture oggetto di querela sono false, così come evidenziato dalla CTU Dott.ssa la quale ha concluso affermando che le firme contestate non possono essere state vergate dalla mano della sig.ra 1.6) Con l’ultimo motivo di appello l’Avv. evidenzia poi il comportamento delle controparti e in particolare che:

-la convenuta non ha reso il saggio grafico, elemento valutabile ex art. 116 c.p.c. che, invece, il Tribunale non ha tenuto in considerazione;
-gli originali delle scritture erano in possesso delle controparti che non li hanno prodotti (nonostante le richieste e le garanzie fornite dal difensore) ed hanno poi contestato la esperibilità della CTU sulle copie in luogo degli originali;
-le controparti hanno prodotto una scrittura di comparazione che non risulterebbe vergata da , allo scopo di indurre in errore il Tribunale, come è accaduto;
-in relazione alla falsa autenticazione delle sottoscrizioni era stata proposta una denuncia dalla quale è scaturito un procedimento penale (a carico delle tre parti e dei due legali che hanno firmato per autentica) per una sola sottoscrizione, poi definito con la dichiarazione di estinzione del reato per prescrizione.

Sulla base di tali elementi l’appellante chiede la condanna delle controparti al risarcimento dei danni ex art. 96 III comma c.p.c. 2.1)

Le appellate, costituendosi in giudizio con la comparsa depositata il 21.9.2021, dopo aver contestato i motivi di gravame, hanno dato atto di non aver l’onere di proporre l’appello incidentale, in quanto parti vittoriose in primo grado, ed hanno ribadito le seguenti questioni, già prospettate innanzi al primo giudice, rilevando:
– la intervenuta rinuncia alla presente azione formulata dall’Avv. mediante un accordo transattivo del 25.2.2010 e la sopravvenuta cessazione della materia del contendere;
– la inammissibilità della querela di falso in considerazione del fatto che l’azione proposta riguarda le procure alle liti rilasciate per alcuni procedimenti che sono stati definiti con pronunzie passate in giudicato.

2.2) Le parti appellate, inoltre, si dolgono della ammissione della CTU grafologica disposta con ordinanza del 1° settembre 2015 ritenendola illegittima sia perché la controparte non aveva insistito nella ammissione di una nuova CTU, avendo solo chiesto la acquisizione della CTU grafologica già espletata e dichiarata nulla insieme a tutti gli atti del giudizio con ordinanza collegiale del 25.7.2014, sia perché la parte attrice ex art. 216 c.p.c. avrebbe avuto l’onere di proporre i mezzi di prova indicando le scritture di comparazione, onere non assolto e pertanto il Tribunale non avrebbe potuto colmare tale lacuna ammettendo d’ufficio una CTU non richiesta.

Inoltre le appellate lamentano il fatto che, nel corso della seconda CTU, il consulente ha chiesto ed ottenuto di acquisire la sottoscrizione di depositata presso il Comune di Servigliano per la comparazione, attività che di fatto è andata illegittimamente a supplire alle carenze probatorie riscontrate nelle allegazioni di parte attrice il cui specifico onere era quello di produrre le scritture di comparazione utilizzabili per l’accertamento demandato al consulente tecnico.

Aggiungono, sul punto, che l’istanza formulata dal consulente era fondata sul falso ed erroneo presupposto che le firme di comparazione fossero solo due (di cui una in originale ed una in fotocopia, apposte sulla documentazione fornita da Poste Italiane s.p.a.) e non fossero state rilasciate in presenza di un pubblico ufficiale mentre le firme di comparazione a disposizione era quattro (due apposte sulla documentazione sopra indicata e due su procure ad litem autenticate dall’Avv. aventi quindi fede privilegiata). Ad avviso delle appellate tali violazioni in tema di onere probatorio hanno portato ad un accertamento tecnico erroneo, perché il consulente sarebbe giunto a conclusioni diametralmente opposte a quelle alle quali è pervenuto se non avesse illegittimamente acquisito la firma di raffronto depositata presso il 3.1) Va in primo luogo esaminata la eccezione di inammissibilità della querela – ribadita dalle appellate e basata sul fatto che i procedimenti, ai quali si riferiscono le procure alle liti contestate, sono stati definiti con provvedimenti passati in giudicato – attesa la natura pregiudiziale della questione. Va premesso, a tale riguardo, che il Tribunale ha osservato che “appare priva di pregio l’eccezione di inammissibilità dell’azione per essere passate in giudicato le sentenze con cui sono state definite le cause attinte dalle procure in oggetto.

E infatti, come pertinentemente osservato dall’attore, ‘nel giudizio per querela di falso l’eventuale accertamento della falsità spiega i suoi effetti erga omnes e quindi oltre il limite del giudicato’ (Cass. sez. I, 05/06/2006 n. 13190)”.

Ciò posto si osserva che in presenza di una decisione di rigetto della eccezione stessa, la parte interessata avrebbe dovuto censurare la sentenza del primo giudice con uno specifico motivo di impugnazione che, nella specie, non è stato invece articolato, essendosi le parti appellate limitate a riproporre la eccezione e ritenendo, anzi, di non dover proporre appello incidentale.

3.2) Invero, come chiarito dalla Suprema Corte, quando una eccezione sia stata ritenuta infondata dal giudice di primo grado (o attraverso un’enunciazione in modo espresso ovvero attraverso un’enunciazione indiretta che sottenda in modo chiaro ed inequivoco la valutazione di infondatezza), “la devoluzione al giudice d’appello della sua cognizione, da parte del convenuto rimasto vittorioso quanto all’esito finale della lite, esige la proposizione, da parte sua, dell’appello incidentale, che è regolato dall’art. 343 c.p.c., non essendo a tal fine sufficiente la mera riproposizione dell’eccezione prevista dall’art. 346 c.p.c..

In tal caso, peraltro, quando, cioè, vi sia stata una decisione espressa o indiretta sull’eccezione nel senso della infondatezza, la mancata proposizione dell’appello incidentale da parte del convenuto vittorioso ha come conseguenza la formazione della cosa giudicata interna sulla infondatezza, sicché, pur quando l’eccezione sia a regime di rilevazione affidato anche al giudice, resta precluso, per effetto del giudicato interno, il potere del giudice di rilevare in via ufficiosa l’eccezione ai sensi dell’art. 345 c.p.c., comma 2.” (Cass. civ. n. 9844/2022). I giudici di legittimità hanno altresì precisato che l’assenza di interesse ad agire, richiesto per qualsiasi domanda dall’art. 100 c.p.c., è rilevabile anche d’ufficio in ogni stato e grado del procedimento, salva la formazione di un giudicato sul punto, poiché l’esistenza di un’utilità concreta al giudizio costituisce un requisito per la trattazione del merito della domanda (Cass. civ. n. 26119/2021; Cass. civ. n. 15084/2006).

3.3) Nella fattispecie in esame la motivazione del giudice di primo grado presuppone la esistenza di un interesse ad agire in capo all’attore, odierno appellante, in considerazione del fatto che “l’eventuale accertamento della falsità spiega i suoi effetti erga omnes e quindi oltre il limite del giudicato”.

A fronte della statuizione di rigetto della eccezione e della motivazione posta a fondamento della stessa, ogni ulteriore considerazione in ordine alla eventuale inammissibilità della querela (anche per carenza di interesse ad agire), ricollegabile al fatto che i provvedimenti emessi all’esito dei procedimenti in cui sono stati rilasciate le procure, è preclusa in questa sede, in mancanza di specifica e necessaria impugnazione (incidentale) del relativo capo della sentenza.

Giova evidenziare che le appellate, come dalle stesse rilevato, non hanno proposto appello incidentale e che, in ogni caso, anche a voler qualificare la domanda di inammissibilità della querela come volta ad una riforma, sul punto, della sentenza, si osserva che la impugnazione è inammissibile perché l’atto non è stato depositato nel rispetto del termine prescritto dall’art.343 c.p.c (infatti la comparsa di costituzione in appello è stata depositata il 21.9.2021, il giorno prima della udienza di comparizione, tenutasi il 22.9.2021, così differita ai sensi dell’art. 168 bis V comma c.p.c., quella dell’11.11.2020 indicata nell’atto di appello) ed è privo di specifiche censure volte a contestare le argomentazioni svolte dal primo giudice. 3.4) L’eccezione in esame è quindi inammissibile.

4.1) Per le medesime ragioni non può essere esaminata la questione relativa alla intervenuta cessazione della materia del contendere atteso che, anche in ordine a tale eccezione, il Tribunale si è (esplicitamente) pronunciato ritenendola infondata, “poiché non può essere dato rilievo, nel presente giudizio, all’accordo intervenuto tra le parti in data 25.2.2010 in cui le stesse si facevano reciproche concessioni e segnatamente l’avv. si impegnava a rinunciare a “tutte le azioni giudiziarie civili e penali promosse in relazione ai suddetti titoli di credito o comunque da essi scaturenti e conseguenti”, per un duplice ordine di ragioni: “In primo luogo, il presente procedimento non appare strettamente connesso a quelli aventi ad oggetto i titoli di credito ottenuti dalle odierne convenute nei confronti dell’avvocato trattandosi di accertare la falsità delle sottoscrizioni apposte alle procure conferite nei predetti procedimenti.
Anche l’interesse perseguito non coincide, poiché il presente procedimento per querela di falso è permeato dall’interesse pubblico all’autenticità dei documenti, che appunto ne anima l’iter.

In secondo luogo, anche a voler superare le ragioni sopra esposte, la transazione raggiunta (tale è la qualifica da attribuire all’accordo) non potrebbe spiegare alcun effetto nel presente procedimento, ostandovi la norma di cui all’art. 1968 c.c. a mente della quale “La transazione nei giudizi civili di falso non produce alcun effetto, se non è stata omologata dal tribunale, sentito il pubblico ministero”.

La norma, come sopra osservato, è dettata in considerazione dell’interesse pubblico che caratterizza il procedimento.

Difatti, il decreto di omologazione è un provvedimento di volontaria giurisdizione (adottato all’esito di un procedimento da svolgere secondo il rito della camera di consiglio) mediante il quale viene esercitato un controllo sulla legittimità dell’atto, disposto a tutela del predetto pubblico interesse all’autenticità dei documenti (e infatti, la falsità del documento è materia sottratta alla disponibilità delle parti).

Tale transazione sarebbe ammessa dall’ordinamento nella misura in cui le parti non dispongono del diritto, ma piuttosto includono fra le reciproche concessioni l’uso o il non uso del documento.

L’omologazione non incide sulla validità del contratto, ma ne costituisce una condizione legale di efficacia, ragion per cui, in assenza di una omologazione del tribunale, ferme le responsabilità delle parti connesse alla irretrattabilità unilaterale e alla tutela dell’aspettativa, non può darsi luogo a una pronuncia di cessata materia del contendere.

L’ordinanza resa all’esito del giudizio ex art. 702bis c.pc.. (in cui pure non vengono indicati puntualmente i procedimenti da includere nella transazione), volta ad ottenere la condanna all’abbandono in adempimento dell’accordo contrattuale transattivo (come infatti qualificato dal collegio nel presente giudizio), non sottrae comunque il presente procedimento dalla disciplina di cui all’art. 1968 c.c.
Si osserva inoltre che l’accordo raggiunto dalle parti non può essere inteso come rinuncia “stragiudiziale” agli atti, come invece prospettato dalle convenute, trattandosi di ipotesi irrituale e non prevista dall’art. 306 c.p.c.”.

4.2) Anche in tale caso, in mancanza di una specifico motivo di impugnazione tempestivamente articolato dalle appellate, volto a censurare sotto i diversi profili, la motivazione posta a fondamento della decisione, la sentenza, sul punto, deve ritenersi passata in giudicato, con la conseguenza che è precluso l’esame della eccezione ribadita in questa sede dalle appellate.

5) Passando ad esaminare i motivi di appello si ritiene che il primo motivo non sia fondato e debba essere respinto.

5.1) Invero secondo il consolidato indirizzo della Corte di Cassazione, ribadito dalla ordinanza n. 19281/2019, legittimato passivo rispetto alla querela di falso è solo il soggetto che intenda valersi del documento in giudizio per fondarvi una domanda o una eccezione e non già chi, in concreto, non intenda avvalersene o l’autore del falso ovvero che abbia concorso nella falsità ai quali ultimi va riconosciuta, al più, la possibilità di intervenire in via adesiva al giudizio.

La citata pronuncia (con la quale sono state richiamate ulteriori decisioni della Suprema Corte) ha inoltre precisato che legittimato passivo rispetto alla querela di falso deve individuarsi rispetto al rapporto giuridico con riferimento al quale il documento spiega la sua efficacia.

Tali principi, considerata la loro portata generale, sono applicabili anche al caso concreto in cui, mediante la querela proposta in via principale, è stata contestata ed impugnata la certificazione, da parte del difensore, della autografia delle firme apparentemente apposte da in calce alle procure alle liti, indicate dall’attore, odierno appellante.

5.2) Ciò considerato si osserva che, rispetto a e a non è ravvisabile la legittimazione passiva, perché nel presente giudizio non sono in discussione le firme apposte dalle medesime, essendo stata contestata esclusivamente la firma riferibile ad Sebbene la procura rilasciata da e da sia stata conferita con un unico atto, l’asserita falsità della sottoscrizione apposta dalla prima non influisce sulla procura rilasciata dalle altre due:
infatti, tenuto presente che la procura apposta in calce o a margine di un atto giudiziario integra una scrittura privata e l’autografia della sottoscrizione di essa con la successiva certificazione del difensore, ai sensi dell’art. 83, terzo comma, cod. proc. civ., attribuisce a detta procura, in mancanza di querela di falso da parte del sottoscrittore, valore di piena prova della provenienza delle dichiarazioni in essa contenute (tra le altre Cass. civ. n. 24639/2010), si ritiene che ogni soggetto, che ha sottoscritto la procura, abbia conferito solo per sé il mandato al difensore e che quindi ogni procura debba ritenersi disgiunta rispetto alle altre. Ne consegue che, come osservato dal Tribunale, poiché oggetto della querela sono soltanto le sottoscrizioni apposte in calce alle procure apparentemente conferite da , le altre parti convenute, odierne appellate, non sono legittimate passive atteso che, queste ultime, non possono avvalersi della procura conferita dalla 5.3) Né a diversa conclusione si ritiene di poter pervenire alla luce del fatto che hanno contestato, nel merito, la domanda avversaria, tenuto presente che le stesse hanno, in via preliminare, eccepito il proprio difetto di legittimazione e hanno ribadito la questione nel presente procedimento di appello, manifestando in tale modo esplicitamente di non voler rinunciare a detta eccezione. 6.) Gli altri motivi di gravame possono essere esaminati congiuntamente per la stretta connessione delle questioni trattate dirette a censurare la sentenza impugnata e a ribadire la falsità delle sottoscrizioni contestate sulla base delle CTU espletate nel corso del giudizio di primo grado:
a tale riguardo si ritiene, a differenza di quanto sostenuto dall’appellante, che gli elementi emersi all’esito degli accertamenti tecnici svolti non siano certi ed univoci e quindi idonei al fine di pervenire alla declaratoria di falsità richiesta dal medesimo.

6.1) Invero va in primo luogo osservato che può essere tenuta in considerazione esclusivamente la CTU della Dott.ssa atteso che, come si evince dagli atti del procedimento di primo grado, il Tribunale, con ordinanza collegiale del 25.7.2014, ha dichiarato la nullità degli atti compiuti fino a quella data poiché l’avvio del procedimento non era stato comunicato alla Procura della Repubblica per l’intervento necessario ex art. 221 c.p.c. e, nel prosieguo del giudizio, il giudice istruttore, con ordinanza del 1°.9.2015, ha disposto una nuova CTU – “non potendosi utilizzare la relazione peritale svolta nella fase precedente del giudizio e già dichiarata nulla” (v. ordinanza cit.) – conferendo l’incarico alla Dott.ssa COGNOME posto e considerato che, come risulta dal contenuto della sentenza impugnata, il Tribunale ha valorizzato esclusivamente alcuni aspetti della seconda CTU, si ritiene, in mancanza di rilievi sul punto, che la prima consulenza, redatta dalla Dott.ssa il 20.10.2013 – e quindi in epoca anteriore alla dichiarazione di nullità degli atti processuali – non sia utilizzabile ai fini della decisione. 6.2) Il CTU Dott.ssa dopo aver esaminato le firme in contestazione (individuate con la lettera X seguita da un numero corrispondente all’atto su cui ogni singola firma è apposta:
X1,X2,X3,X4,X5,X6,X7,X8,X9,X10), quelle di comparazione prodotte sia dall’attore (Y1 e Y2) che dalle convenute (Y3 e Y4) e quella di comparazione acquisita presso l’Ufficio anagrafe del Comune di residenza della , ha ritenuto di non poter utilizzare la firma Y4 (trattandosi di una fotocopia di pessima qualità dalla quale non era possibile trarre valide informazioni di tipo grafologico) né quelle contraddistinte con le sigle Y1 e Y2 (non essendo, ad avviso del CTU, riconducibili, con certezza alla sig.ra NOME quindi preceduto al confronto tra le firme contestate e la firma in verifica Y3 e, all’esito anche dell’analisi generale delle firme contestate “X1….. 10”, ha concluso “per la identità mano tra chi ha tracciato le firme contestate X1….10 e la sig.ra che ha apposto la firma Y3 sulla procura ad litem di cui all’allegato 4 e da ritenersi di provenienza certa ai sensi dell’art. 83 cpc” (trattasi in particolare del documento n. 4 prodotto dalle convenute, esaminato in originale, come evidenziato nella relazione, che consiste nella procura alle liti rilasciata, tra l’altro, dalla a margine di un atto giudiziario all’Avv. che ha firmato per “autentica della sottoscrizione”). Il CTU ha poi confrontato le firme contestate con quelle acquisite presso il Comune di Servigliano e, a tale riguardo, ha concluso per la “differenza di mano tra chi ha tracciato le firme contestate “X1….10” e la signora che ha apposto le firme A1 e A2 presso l’Ufficio anagrafe di Servigliano”.
COGNOME La stessa CTU ha dato atto che, all’esito degli accertamenti svolti, il lavoro di analisi, verifica e confronto ha condotto a conclusioni difformi e totalmente in contrasto poiché:

“1. analisi e confronto tra le firme contestate X1…10 e le firme Y3 di provenienza da ritenersi certa ai sensi dell’art. 83 cpc, si e’ concluso con la pronuncia di identità di mano.
2. analisi e confronto tra le firme contestate x1…10 e le firme certamente autografe acquisite presso il municipio di Servigliano, si è concluso con la pronuncia di non identità di mano”.

In tale situazione poiché – ha osservato la consulente – “in qualunque ricerca di matrice tecnico-scientifica non possono prodursi conclusioni opposte e valide entrambe, contestualmente”, la Dott.ssa ha proceduto ad un confronto tra le firme in comparazione A1 e A2 (quelle reperite presso l’Ufficio Anagrafe di Servigliano) e Y3 (quella autenticata dall’Avv. ai sensi dell’art. 83 c.p.c.) e ha concluso sostenendo che le firme in esame sono apocrife in considerazione del fatto che:
-le firme A1 e A2 sono state acquisto presso l’Ufficio anagrafe del Comune di residenza della e sono certamente autografe;
– la firma Y3 è di provenienza certa, perché autenticata nelle forme di cui all’art. 83 c.p.c., ma dal confronto con A1 e A2 risulta che non è stata vergata da -quest’ultima non ha rilasciato il saggio grafico.

6.3) La contraddittorietà emersa all’esito della CTU, ricollegabile al fatto che le sottoscrizioni esaminate sarebbero state apposte dallo stesso soggetto che ha apposto la firma autenticata dal difensore ex art. 83 c.p.c. (Y3-allegato n.4 cit.), ma, contestualmente, da una persona diversa rispetto a quella che ha vergato le firme acquisite presso il Comune di Servigliano non permette di pervenire ad una conclusione univoca tenuto presente che le firme di comparazione esaminate dal CTU – che non risultano conformi tra loro – sono tutte dotate di valore di fede pubblica fino a querela di falso (come osservato dal Tribunale) sicché non sono ravvisabili concreti elementi per poter attribuire rilievo all’una o all’altra conclusione. Si ritiene pertanto che non sia decisivo il fatto che la CTU abbia ritenuto di non utilizzare quale scrittura di comparazione anche il documento prodotto dall’attore consistente in un avviso di ricevimento, avente, anche esso, fede privilegiata:
infatti, anche ammettendo che la firma in questione potesse offrire elementi a sostegno dell’assunto difensivo dell’appellante, l’accertamento non avrebbe permesso di superare il contrasto emerso sulla base delle altre scritture di comparazione (A1-A2, da un lato, e Y3, dall’altro).

6.4) Vanno inoltre considerati i limiti insiti nell’esame grafologico che, tra le varie indagini peritali, è quello che meno di tutti dà certezza in ordine agli esiti dello stesso, atteso che l’attendibilità delle risultanze è basata su elementi che non appartengono ad una scienza esatta, ma sull’empirica osservazione che la scrittura di ogni soggetto è unica e irripetibile, perché presenta caratteristiche dinamiche che la rendono personale ed inconfondibile.

Sul punto la Corte di Cassazione si è espressa affermando che:

“Nel procedimento di verificazione della scrittura privata, il giudice del merito, ancorché abbia disposto una consulenza grafica sull’autografia d’una scrittura disconosciuta, ha il potere – dovere di formare il proprio convincimento sulla base d’ogni altro elemento di prova obiettivamente conferente, comprese le risultanze della prova testimoniale, senza essere vincolato ad alcuna graduatoria fra le varie fonti di accertamento della verità… In relazione a questo particolare elemento probatorio è da osservarsi che, anche se ogni umano aspetto della persona è oggettivamente irripetibile…, ed è tale anche la forma della scrittura (e questa irripetibilità ne giustifica la comparazione), tuttavia la verifica dell’irripetibilità di questo particolare aspetto, fondata sulla – pur pregevole – umana valutazione recata da una consulenza grafologica, inevitabilmente affidata ad elementi (svolazzi, pressioni, curve, lunghezze, altezze) allo stato non matematicamente ponderabili, assume, oggettivamente, un rilievo probatorio di ben limitata consistenza”(Cass. , Sez. Lav.
n. 9631/2004).

Nel caso di specie, la limitata affidabilità della CTU ricollegabile sia alla contraddittorietà del quadro emerso sia al fatto che la stessa non è in grado di fornire conclusioni obiettivamente ed assolutamente certe, in ragione della natura non propriamente scientifica delle relative valutazioni, induce ad escludere i presupposti per l’accoglimento della domanda diretta far dichiarare la falsità delle sottoscrizioni in contestazione.

Né al fine di pervenire ad una diversa conclusione assume rilievo il procedimento penale al quale ha fatto riferimento l’appellante sia perché la fattispecie di cui all’art. 481 c.p. era stata contestata in merito ad una procura rilasciata in calce ad un atto di precetto, diversa quindi da quelle che hanno costituito oggetto della querela di cui si discute (che, come risulta dall’elenco trascritto in epigrafe, sono relative a differenti atti processuali), sia perché detto procedimento è stato definito, in base a quanto dedotto dall’appellante, con la dichiarazione di estinzione del reato per intervenuta prescrizione. D’altra parte tenuto conto del complessivo comportamento della quale, nel corso dei diversi procedimenti ai quali si riferiscono le procure contestate, non ha mai posto in discussione la validità e la efficacia del mandato difensivo conferito ai legali e, nel giudizio di primo grado, in sede di interrogatorio formale, ha riconosciuto come proprie le firme in questione ed ha confermato di aver rilasciato ai difensori nominati i relativi mandati, si ritiene, in mancanza di altri elementi probatori, che non sia desumibile alcun argomento di prova a sostegno dell’assunto difensivo dell’appellante dal fatto che la medesima, durante le operazioni peritali, non si è presentata a rendere il saggio grafico. 6.5) Le considerazioni svolte che inducono a ritenere di non poter pervenire a conclusioni certe ed univoche in ordine alla asserita falsità delle firme autenticate come vere dall’Avv. NOME. COGNOME e dall’Avv. NOME. COGNOME riguardano tutte le sottoscrizioni contestate che, come osservato dall’appellante, hanno costituito oggetto di valutazione da parte della CTU e, pertanto, assorbono, per il loro carattere dirimente, l’esame delle altre questioni trattate con i motivi di appello in ordine all’interesse ad agire per alcune sottoscrizioni (escluso dal primo giudice), e alla presenza o meno delle sottoscrizioni in originale o in fotocopia; ne consegue che l’appello deve essere respinto che non sono ravvisabili i requisiti richiesti per la pronuncia ex art. 96 c.p.c. 7.) L’esito del giudizio, la natura delle questioni trattate ed il quadro contraddittorio emerso dalla CTU evidenziano la sussistenza dei presupposti per compensare integralmente le spese di lite del presente grado di giudizio.

Ai sensi del D.P.R. n. 115/2002 art. 13, comma 1 quater, va infine dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dell’appellante, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, previsto per la impugnazione, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis

La Corte di Appello di Ancona, respinge l’appello proposto da avverso la sentenza del Tribunale di Fermo n. 625/2019 pubblicata il 5.11.2019;

dichiara compensate tra le parti le spese del presente grado di giudizio.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115 art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012 n.228 art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte degli appellanti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per la impugnazione, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Ancona il 15 maggio 2024

Il Consigliere estensore Dott.ssa NOME COGNOME Il Presidente Dott. NOME COGNOME

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