REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale civile di Lecce
Seconda Sezione civile
nella persona del giudice, dr.ssa, ha pronunciato all’esito dell’udienza di precisazione delle conclusioni del 01.02.2019 la seguente
SENTENZA n. 856/2020 pubblicata il 20/03/2020
nel procedimento civile iscritto al n. del ruolo generale dell’anno 2015, avente ad
oggetto: opposizione a decreto ingiuntivo;
promosso da
XXX, rapp.ta e difesa dall’avv., in virtù di mandato allegato alla memoria depositata l’11.11.2017;
YYY, rapp.to e difeso dall’avv., in virtù di mandato allegato alla memoria depositata il 14.11.2017;
-attori/opponenti –
contro
ZZZ, rapp.to e difeso dall’avv., in virtù di procura speciale alle liti del 05.01.2016 allegato alla comparsa;
-convenuto/opposto –
nonché
KKK, rapp.to e difeso dall’avv., in virtù di mandato a margine della comparsa di costituzione e risposta;
– terzo chiamato –
Conclusioni:
All’udienza del 01.02.2019, le parti hanno precisato le proprie conclusioni, riportandosi ai precedenti scritti difensivi.
Il Giudice ha riservato la causa per la decisione, concedendo i termini di cui all’art. 190 c.p.c. come richiesto dalle parti.
Fatto e diritto
ZZZ ha proposto ricorso per decreto ingiuntivo per il pagamento dell’importo di € 16.000,00 da parte di YYY e XXX, di cui € 8.000,00 a titolo di restituzione dell’acconto agli stessi versato in occasione della stipula di un contratto preliminare di compravendita avente ad oggetto una unità immobiliare di n. 4 vani nel Comune di (al fgl., p.lla, sub) ed € 8.000,00 a titolo di penale contrattualmente prevista.
Ha proposto opposizione XXX che ha dedotto:
– la nullità e/o inesistenza del ricorso per decreto ingiuntivo per assenza dello ius postulandi in capo al professionista, visto che la procura delimita l’attività del professionista a far accertare la risoluzione del contratto per inadempimento dei promittenti venditori con loro condanna al pagamento dell’importo di € 16.000,00 a titolo di caparra confirmatoria, mentre non fa alcun riferimento al procedimento monitorio;
– nel merito, l’infondatezza della pretesa, visto che il contratto si è risolto per intervenuta scadenza del termine essenziale e per l’intervenuto recesso dal contratto dei promittenti venditori esercitato con racc. del 30.09.2014;;
– che non è assolutamente vero che i promittenti venditori fossero d’accordo ad attendere qualche settimana in più per la stipula del contratto definitivo, come avrebbe manifestato all’opposto il sig. KKK, mediatore, posto che il ruolo di quest’ultimo nei confronti dei promittenti venditori è stato quello di rappresentare loro l’offerta del sig. ZZZ, raccogliere le sottoscrizioni del contratto preliminare di compravendita e redigere ed inviare la racc. del 30.09.2014;
– che, peraltro, la prova che il sig. KKK non avesse alcun incarico a trattare sulla modifica del termine essenziale previsto nel contratto si evince anche dalla circostanza che, in data 19.09.2014, il rapporto tra i promittenti venditori ed il mediatore si era risolto consensualmente il 19.09.2014;
– che la diffida inviata dal ZZZ il 03.11.2014, con nota a firma del suo procuratore, è inefficace in quanto sottoscritta solo dall’avvocato e non anche dal diffidante personalmente;
– che, comunque, l’inadempimento dell’opposto – in ragione del mancato rispetto del termine essenziale – è l’unico motivo che giustifica la risoluzione del contratto.
Ha concluso chiedendo di essere autorizzata a chiamare KKK, nella sua qualità di titolare dell’agenzia immobiliare “*** di KKK” per essere manlevata da ogni eventuale condanna al pagamento di somme o al risarcimento in favore di ZZZ; nel merito, ha chiesto di accertare l’intervenuta risoluzione del contratto per il recesso esercitato dai promittenti venditori per l’inadempimento di ZZZ, autorizzando la ritenzione della somma di € 8.000,00 a titolo di caparra confirmatoria; in ogni caso, con revoca del decreto ingiuntivo opposto e con vittoria di spese e competenze di causa, con distrazione in favore del procuratore.
Si è costituto ZZZ il quale: 1) ha contestato l’eccezione di nullità e/o inesistenza del ricorso per assenza dello ius postulandi; 2) ha contestato la deduzione attorea di intervenuta risoluzione del contratto per scadenza del termine essenziale, non essendovi alcun elemento da cui sia possibile ricavare l’essenzialità del termine convenuto tra le parti nel contratto preliminare; 3) ha evidenziato che il sig. KKK ha ricevuto il 15.09.2014 la procura ed ha chiesto, con mail del 18.09.2014, l’invio di un documento di identità, invitando poi l’odierno convenuto, con mail del 29.09.2014, al pagamento delle sue provvigioni e specificando che nei giorni successivi gli avrebbe comunicato la data della stipula notarile, omettendo di dirgli di avere risolto il contratto di mediazione con i promittenti venditori già in data 19.09.2014; 4) ha sostenuto che, ancora in data 14.10.2014, l’agente immobiliare, nel reiterare la richiesta di pagamento delle sue provvigioni, lo rassicurava sulla buona riuscita dell’operazione di vendita; 5) ha contestato l’eccezione attorea di invalidità della diffida ad adempiere, in quanto il successivo mandato alle liti integra ratifica retroattiva della diffida ad adempiere.
Ha concluso chiedendo la conferma del decreto ingiuntivo opposto e, in subordine, nell’ipotesi di accoglimento dell’opposizione, l’accertamento della responsabilità di KKK e la sua condanna in favore dell’opposto al risarcimento dei danni nella misura di € 16.000,00, con condanna di KKK a tenerlo comunque indenne da qualunque esborso economico.
Avverso lo stesso decreto ingiuntivo ha proposto opposizione anche YYY (proc. n. /2015 R.G.), il quale ha proposto le stesse eccezioni ed ha formulato le stesse domande di XXX. In questo secondo giudizio, si è costituito ZZZ il quale ha rappresentato le stesse difese ed ha formulato le stesse conclusioni sopra riportate. All’udienza del 10.02.2016, il procedimento n. /2015 R.G. è stato riunito al procedimento n. /2015 R.G..
Con ordinanza del 17.02.2016, è stata concessa la provvisoria esecuzione parziale al decreto ingiuntivo opposto (nei limiti dell’importo di € 8.000,00) ed è stata autorizzata la chiamata in causa di KKK.
All’udienza del 06.07.2016, si è costituito in giudizio KKK il quale ha eccepito: a) la sua carenza di legittimazione passiva, in quanto egli è intervenuto nella vicenda solo come titolare della “***”, adempiendo correttamente agli incarichi conferitigli (il 23.05.2014 da parte della XXX ed il 30.07.2014 da parte di ZZZ) e ricevendo regolarmente il pagamento delle sue provvigioni (il 19.09.2014 da parte dei promittenti venditori ed il 14.10.2014 da parte del ZZZ); b) l’inesistenza di inadempimenti da parte sua, tanto che nessuna delle parti ha sollevato contestazioni sul suo operato prima dell’opposizione a decreto ingiuntivo proposta in questa sede dai promittenti venditori.
Ha concluso chiedendo di dichiarare la sua carenza di legittimazione passiva; nel merito, il rigetto delle domande formulate dalle altre parti nei suoi confronti e la condanna di tutte le altre parti per lite temeraria ex art. 96 c.p.c.; con vittoria di spese e competenze di causa.
La causa è stata istruita con l’interrogatorio formale delle parti, con la prova testimoniale e con le produzioni documentali delle parti.
All’udienza del 01.02.2019, la causa è stata trattenuta per la decisione, dopo la precisazione delle conclusioni delle parti, con concessione dei termini di cui all’art. 190 c.p.c..
* * *
Preliminarmente, gli opponenti hanno eccepito la nullità e/o l’inesistenza del decreto ingiuntivo per assenza dello ius postulandi visto che nella procura allegata al ricorso non si fa alcun riferimento all’azione monitoria.
L’eccezione non appare meritevole di accoglimento, posto che nella procura è esattamente indicato l’obiettivo che il ZZZ intende conseguire e posto che non è necessario che il cliente specifichi nella procura quale strumento processuale utilizzare a tale scopo (se il ricorso monitorio, il giudizio ordinario o altro).
Nel merito, va rilevato, innanzitutto, che non vi è alcuna prova del fatto che il termine previsto nel contratto preliminare per la stipula di quello definitivo (31.08.2014) fosse “essenziale”.
Difatti, l’essenzialità del termine non può rilevarsi, in primo luogo, dalla lettera del contratto, laddove vi è solo una generica formula di stile “entro e non oltre”. Non può nemmeno dedursi dal comportamento delle parti, essendo risultato provato che, per tutto il mese successivo alla scadenza del termine, i promittenti venditori hanno dimostrato interesse alla stipula, tanto da avere continuato a chiedere informazioni al mediatore sulla volontà del promittente compratore (cfr. testimonianza all’udienza del 24.11.2017 di ***, figlio degli opponenti: “posso dire che successivamente al 31 agosto mio padre ha chiamato spesso lo KKK per conoscere le intenzioni di ZZZ e questi rispondeva di avere difficoltà a contattare il ZZZ. Anche io personalmente ho sollecitato il sig. KKK ma questi mi ripeteva che aveva difficoltà a reperire il ZZZ. … Posso dire che fino al 30.09.2014 abbiamo cercato di sapere da KKK le intenzioni del ZZZ ma questi non sapeva darci notizie certe”; testimonianza all’udienza del 27.04.2018 di ***, genero della XXX: “vera la circostanza sub 23 …” laddove la posizione è così capitolata “vero che tra l’11.08.2014 e il 30.09.2014 si è recato più volte con la sig.ra XXX presso l’agenzia immobiliare di KKK per sollecitare la fissazione dell’appuntamento presso il notaio che avrebbe dovuto effettuare l’atto definitivo di compravendita”). Non risulta nemmeno che il promittente acquirente fosse a conoscenza che gli odierni opponenti avessero necessità di addivenire all’immediata vendita dell’immobile o alla sua ristrutturazione per loro problematiche abitative – come genericamente dedotto nell’opposizione al decreto ingiuntivo – e, peraltro, tale circostanza appare anche poco verosimile visto che la stessa XXX, in sede di interrogatorio formale all’udienza del 07.07.2017, ha ribadito due volte che era KKK ad avere indicato l’improrogabilità del termine del 31 agosto e non ha dedotto alcuna sua specifica esigenza.
Deve, quindi, escludersi che il contratto si sia risolto di diritto ex art. 1457, c. 2 c.c..
Peraltro, per completezza, va anche detto che – in ogni caso – non vi è agli atti alcuna prova che il ZZZ abbia mai ricevuto la raccomandata del 30.09.2014 (redatta da KKK, come emerso in sede di prova orale, e non sottoscritta da nessuno dei promittenti venditori), con la quale XXX e YYY avrebbero comunicato di volersi avvalere della risoluzione di diritto per scadenza del termine essenziale.
Alla luce di ciò, deve escludersi che il promittente venditore sia risultato inadempiente alle sue obbligazioni.
Dalla documentazione in atti, si evince che il ZZZ – con mail del 19.08.2014 – ha sollecitato lo KKK all’invio del preventivo del Notaio; che, con mail del 15.09.2014, lo KKK ha comunicato al ZZZ di aver ricevuto la procura e, con mail del 18.09.2014, ha comunicato di avere inviato la documentazione al Notaio; si evince, altresì, che – con mail del 29.09.2014 – lo KKK, nel ribadire la richiesta di pagamento delle provvigioni, ha rassicurato sulla imminente indicazione della data del rogito. La teste ***, assistente del Notaio, all’udienza del 27.04.2018, ha confermato di avere ricevuto la procura del ZZZ.
È evidente, quindi, che il ZZZ ha fatto tutto quanto dovuto entro termini congrui, in un tempo nel quale i promittenti venditori – come sopra detto – avevano ancora interesse alla stipula del contratto definitivo.
In conclusione, deve rigettarsi la domanda attorea di declaratoria di risoluzione del contratto per scadenza del termine essenziale.
A questo punto deve verificarsi se il contratto possa dirsi risolto ex art. 1454 c.c..
Risulta che, con racc. datata 03.11.2014, pervenuta ai destinatari l’11.11.2014, l’avv., in nome e per conto di ZZZ, ha diffidato i promittenti venditori a presentarsi il 26.11.2014 dinanzi al Notaio per la stipula del definitivo, con avvertimento che, in difetto, il contratto si sarebbe dovuto intendere risolto ex art. 1454 c.c., con diritto ad ottenere il risarcimento del danno.
Orbene, va rilevato che questa diffida è stata redatta dal difensore e che alla stessa non è stata allegata una procura. Tuttavia, va anche evidenziato che deve trovare applicazione nel caso di specie l’art. 1393 c.c., in virtù del quale il terzo può esigere che il rappresentante giustifichi i suoi poteri e, se la rappresentanza risulta da atto scritto, che gliene dia una copia da lui firmata. Nel caso di specie, a fronte della diffida, i promittenti venditori sono rimasti silenti, non avendo provveduto ad adempiere alla stessa, né a chiedere al rappresentante giustificazione dei suoi poteri.
D’altro canto, va anche rilevato che, ove il rappresentante agisca senza potere, l’atto dallo stesso compiuto può essere sempre ratificato dall’interessato con l’osservanza delle forme previste per la sua conclusione ex art. 1399 c.c..
Sul punto, la S.C. ha ritenuto che “l’attore, con la sottoscrizione della procura ad litem, a margine o in calce alla citazione, fa proprio il contenuto negoziale di quest’ultimo atto, e quindi le dichiarazioni di natura negoziale in esso contenute (nella specie, la S.C. ha affermato che la sottoscrizione della procura ad litem implica la ratifica della diffida ad adempiere fatta in nome della parte e richiamata in citazione, escludendo che, a detto fine, occorra l’espresso conferimento nella procura del potere di ratifica della dichiarazione negoziale)” (Cass. Sez. III, 18.11.2002, n. 16221; nello stesso senso, Cass., sez. II, 14.10.2010, n. 21229).
Nel caso di specie, nel ricorso per ingiunzione, ZZZ ha ricostruito la cronologia dei fatti, richiamando espressamente la diffida ad adempiere, oltre alla successiva racc. del 10.12.2014 (ricevuta il 29.12.2014) con cui si prendeva atto del mancato adempimento dell’obbligazione nel termine concesso, si deduceva l’intervenuta risoluzione di diritto del contratto e si chiedeva ai promittenti venditori la restituzione del doppio della caparra.
È, quindi, evidente che la procura conferita dal ZZZ all’avv. per la proposizione dell’azione è idonea a ratificare anche la diffida ad adempiere posta in essere da rappresentante.
La diffida in questione è, inoltre, regolare anche dagli altri punti di vista, visto che contiene espressa intimazione ad adempiere (indicando il nome del Notaio, la data e l’ora di comparizione dinanzi allo stesso, nonché la documentazione necessaria per la stipula) e visto che viene concesso un termine di 15 giorni.
Alla luce di ciò, il contratto potrebbe intendersi risolto di diritto per decorso del termine concesso con la diffida per l’adempimento del contratto da parte dei promittenti venditori e, quindi, per responsabilità dei promittenti venditori.
Tuttavia, va rilevato che il promittente acquirente, sia con la nota scritta del 10.12.2014 sia con l’azione giudiziale proposta in questa sede, ha inteso pretendere il doppio della caparra come risarcimento, così dimostrando di voler agire ex art. 1385 c.c. per il recesso e per la liquidazione forfettaria del danno. Soluzione certamente possibile, come più volte osservato anche dalla S.C. (“la risoluzione del contratto di diritto per una della cause previste dagli artt. 1454, 1455 e 1457 c.c., non preclude alla parte adempiente, nella parte in cui sia stata contrattualmente prevista una caparra confirmatoria, l’esercizio della facoltà di recesso ai sensi dell’art. 1385 c.c. per ottenere, invece del risarcimento del danno, la ritenzione della caparra o la restituzione del suo doppio, poiché dette domande hanno una minore ampiezza rispetto a quella di risoluzione e possono perciò essere proposte anche nel caso in cui si sia verificata di diritto la risoluzione stessa” – Cass., n. 14014/2017).
La domanda del ZZZ va, quindi, accolta con conferma del decreto ingiuntivo e declaratoria di definitiva esecutorietà dello stesso.
A questo punto, va esaminata la domanda degli opponenti nei confronti di KKK per essere garantiti e manlevati “da ogni eventuale condanna al pagamento e/o risarcimento di somme a qualunque titolo richieste da ZZZ”. La domanda si fonda sulla circostanza che, a dire degli opponenti, KKK ha avuto solo il ruolo di rappresentare l’offerta del ZZZ, raccogliere le sottoscrizioni del contratto preliminare di compravendita, incassare il saldo provvigionale pattuito con loro e redigere ed inviare la racc. a.r. del 30.09.2014 al ZZZ di intervenuta risoluzione del contratto. Non avrebbe, invece, avuto alcun incarico a trattare con il promittente acquirente la modifica del termine per la stipula o a svolgere altre incombenze. Nella memoria ex art. 183, c. 6 c.p.c., la difesa attorea ha anche evidenziato la responsabilità personale di KKK nell’ipotesi di dimostrazione che lo stesso ha garantito al promittente acquirente la stipula del definitivo anche dopo la scadenza del termine fissato nel preliminare.
Orbene, dall’istruttoria svolta, è emerso che KKK ha tenuto un comportamento scorretto sia quando ha fatto credere ai promittenti venditori che non riusciva ad avere rapporti con il ZZZ (mentre, invece, con lo stesso vi è stato tutto lo scambio di mail sopra richiamato), sia quando ha fatto credere al ZZZ che i promittenti venditori non avevano alcun problema a differire la stipula nel mentre provvedeva a redigere la lettera di risoluzione del contratto per conto dei promittenti venditori e dopo avere cessato ogni rapporto con gli stessi.
È evidente, quindi, che vi è responsabilità dello stesso, poiché tutta la situazione ed i fraintendimenti tra le parti sono derivati esclusivamente dal comportamento ambiguo tenuto dallo stesso nei confronti di promittenti venditori e promittente acquirente.
La domanda degli opponenti nei suoi confronti va, quindi, accolta e lo stesso va condannato a rifondere agli stessi l’importo di € 16.000,00 che questi sono tenuti a versare al promittente acquirente (oltre agli interessi come liquidati nel decreto per ingiunzione).
Va aggiunto che non può condannarsi il terzo a corrispondere la somma suddetta direttamente all’opposto, posto che questi non ha mai esteso le sue domande nei confronti del terzo, come si evince pure dalle conclusioni come precisate nella memoria ex art. 183, c. 6 c.p.c. dell’avv..
Con riferimento alle spese di lite, visto l’esito del giudizio, gli opponenti vanno condannati a rifonderle all’opposto e il terzo chiamato va condannato a rimborsare tale importo agli opponenti oltre che a pagare le spese di lite sostenute da questi ultimi.
I compensi vanno determinati secondo i criteri di cui al D.M. 55/2014, tenendo conto del valore della causa e dell’attività effettivamente svolta.
p.q.m.
definitivamente pronunciando sull’opposizione proposta XXX e YYY avverso il decreto ingiuntivo n. 1707/2015 del 29-30.06.2015 e sulle domande proposte nei confronti del terzo chiamato KKK, ogni avversa domanda, eccezione o deduzione disattendendo, così provvede:
– rigetta l’opposizione, confermando il decreto ingiuntivo e dichiarandone definitivamente l’esecutorietà;
– in accoglimento della domanda proposta dagli opponenti nei confronti di KKK, condanna quest’ultimo a rifondere agli opponenti l’importo di € 16.000,00 oltre agli interessi dagli stessi dovuti all’opposto in adempimento del decreto ingiuntivo; – condanna gli opponenti a rifondere all’opposto spese e competenze di lite di questa fase del giudizio, liquidate in € 2.700,00 per compenso, oltre rimborso forfettario, CAP ed IVA come per legge;
– condanna KKK a restituire agli opponenti le somme dagli stessi dovute all’opposto in virtù di quanto indicato al punto che precede;
– condanna KKK a rifondere all’Erario le spese e competenze per gli opponenti, liquidate in € 2.700,00 per XXX ed € 2.700,00 per YYY.
Lecce, 19 marzo 2020
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