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Recesso anticipato dal contratto di locazione

La sentenza chiarisce i principi giuridici del recesso anticipato dal contratto di locazione per gravi motivi, affermando che la scelta imprenditoriale non costituisce grave motivo e che le valutazioni vanno fatte ex-ante.

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Pubblicato il 15 febbraio 2025 in Diritto Civile, Diritto Immobiliare, Giurisprudenza Civile

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE DI APPELLO

DI ROMA OTTAVA

SEZIONE CIVILE composta dai magistrati:

dr.ssa NOME COGNOME Presidente relatore dr. NOME COGNOME Consigliere dr. NOME COGNOME Consigliere all’esito della camera di consiglio, all’udienza del 23.01.2025 dando lettura del dispositivo, ha deliberato la seguente

SENTENZA N._450_2025_ N._R.G._00000174_2023 DEL_30_01_2025 PUBBLICATA_IL_30_01_2025

nella causa iscritta al n. 174 Ruolo generale Affari Contenziosi dell’anno 2023, vertente TRA , con sede legale in Cassino (Fr) (C.F. , in persona del l.r.p.t. elettivamente domiciliati in Cassino (Fr), INDIRIZZO presso lo studio dell’Avv. NOME COGNOME che la rappresenta e difende per procura rilasciata su foglio separato allegato telematicamente all’atto di citazione in appello ai sensi dell’art. 83 c.p.c. COGNOME , nata a Cassino (Fr) il, (C.F. elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’Avv. NOME COGNOME e rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME per procura rilasciata su foglio separato allegato telematicamente alla comparsa di costituzione in appello ai sensi dell’art. 83 c.p.c. APPELLATA Oggetto: Appello avverso la sentenza del Tribunale di Cassino, n. 1012/2022, pubblicata in data 13.07.2022 e non notificata – recesso del conduttore dal contratto ad uso diverso – C.F. legge n. 393/78 il diritto di recesso da parte dalla società appellante e che pertanto il vincolo contrattuale per cui è causa è cessato in data 31 marzo 2016 e che nulla è dovuto dalla alla sig.ra in riferimento al contratto di locazione per cui è causa a far data dal 31 marzo 2016;

per l’effetto revocare l’impugnato decreto ingiuntivo, tenendo indenne l’opponente da qualsivoglia pretesa creditizia avversaria”.

CONCLUSIONI

PER L’APPELLATO:

“Voglia l’Ecc.ma Corte d’Appello adita, contrariis reiectis, – In via preliminare:

dichiarare inammissibile la produzione in appello del documento contraddistinto con il n. 7 (copia ricorso per decreto ingiuntivo e pedissequo decreto n. 64/2020) prodotto per la prima volta in sede di gravame dalla e, per l’effetto, disporne lo stralcio dal presente giudizio.

– Nel merito: rigettare l’appello per totale infondatezza sia in fatto che in diritto e, per l’effetto, confermare in ogni sua parte la sentenza n. 1012/2022 del Tribunale di Cassino, pubblicata il 13 luglio 2022 (Repert. n. 1394/2022 del 13/07/2022), non notificata, resa nel procedimento R. G. n. 3102/2016, Giudice Dott. NOME COGNOME Condannare la in persona del l.r.p.t., alla rifusione delle spese, diritti ed onorari di giudizi”.

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con ricorso in appello proposto ai sensi dell’art. 447 bis c.p.c., depositato il 12.1.2023 e notificato unitamente al decreto di fissazione dell’udienza il 27.01.2023, la società ha impugnato la sentenza del Tribunale Ordinario di Cassino, n. 1012/2022, pubblicata il 13.1.2022 e non notificata, con la quale è stata rigettata l’opposizione proposta dalla società appellante avverso il decreto ingiuntivo del Tribunale di Cassino n. 562/2016.

Il giudizio definito dalla sentenza impugnata ha avuto inizio con il ricorso depositato il 13.06.2016 da , proprietaria di un immobile, sito in Cassino, al INDIRIZZO angolo INDIRIZZO piano sotto strada, contraddistinto in catasto al foglio 45, mappale 796, sub 4, concesso in locazione a con contratto di locazione commerciale registrato il 27.5.2008, nel quale si richiedeva di ingiungere alla conduttrice il pagamento delle pregresse morosità;

ricorso accolto dal Tribunale di Cassino che, con il decreto n. 562/2016 del 13.6.2016 ha ingiunto alla il pagamento di € 4.362,30, oltre interessi e spese legali a titolo di arretrati, canoni e oneri fiscali dovuti nel periodo compreso tra il 1.12.2015 e il 30.6.2016.

Avverso tale decreto ingiuntivo, la ha proposto opposizione deducendo l’infondatezza delle contrarie pretese per intervenuto recesso del conduttore ai sensi dell’art. 27, ultimo comma, della legge n. 392 del 1978, chiedendone la revoca, previa sospensione ex art. 649 c.p.c. della provvisoria esecutività del medesimo.

NOME COGNOME;

– di avere altresì esercitato la medesima attività commerciale in Cassino, INDIRIZZO in un locale di proprietà di destinato a supermercato e condotto in locazione sin dal 1995, rinnovato in data 30.4.2008 con due distinti contratti, l’uno avente ad oggetto la locazione del locale adibito a supermercato e l’altro relativo alla locazione del magazzino, oggetto del presente giudizio, sottostante il piccolo supermercato e destinato allo stoccaggio delle merci destinate alla vendita al dettaglio presso il soprastante supermercato; – con successive missive rivolte alla proprietà, la società aveva chiesto la riduzione del canone, adducendo l’aggravarsi delle proprie condizioni economiche, senza ottenere alcun riscontro;

– in conseguenza della parziale chiusura della via d’accesso al punto vendita, che avrebbe aggravato le già precarie condizioni economiche, la società, dopo avere dismesso il supermercato, cedendolo ad un terzo acquirente, con missiva del 29.09.2015, ha chiesto il recesso per gravi motivi dal contratto di locazione del locale adibito a magazzino, ottenendo il rifiuto della locatrice, formalmente comunicato il 21.10.2015;

– la società conduttrice, pertanto, avendo provveduto a rilasciare il magazzino, invitando la locatrice a riprenderlo in consegna, assume che il contratto deve intendersi risolto alla data del 31.3.2016.

si è costituita in giudizio, contestando integralmente le ragioni dell’opponente, in quanto il recesso non sarebbe stato esercitato correttamente, bensì sulla base di ragioni generiche, non integranti i gravi motivi richiesti dalla legge, posto che la decisione di recedere dal contratto della società non sarebbe mossa dalla congiuntura economica generale o dagli effetti della mutata mobilità cittadina, ma dalla politica aziendale della conduttrice, intenzionata, dopo la trasformazione da società in accomandita semplice a società a responsabilità limitata, a trasferire a terzi la conduzione di uno dei tre supermercati gestiti a Cassino (FR) e a non utilizzare più per tale ragione il locale che in passato era stato adibito a pertinenza dell’esercizio commerciale ceduto. Respinta l’istanza di revoca della provvisoria esecutività del decreto opposto, disposto il mutamento del rito, ai sensi dell’art. 426 c.p.c., dato atto dell’infruttuoso tentativo di mediazione esperito e esaurita l’istruttoria, il Tribunale di Cassino ha così deciso:

“ rigetta l’opposizione proposta da avverso il decreto ingiuntivo del Tribunale di Cassino n. 562/2016 per le ragioni indicate in motivazione;

al pagamento, in favore di degli oneri processuali relativi al giudizio di opposizione, stimabili in € 2.430,00, oltre a spese generali, accessori fiscali e contributi previdenziali in misura di legge, da distrarre nei riguardi dei difensori antistatari”.

locazione, ai sensi dell’art. 27, ultimo comma, della l. n. 392/1978, ritenendo che la scelta operata dalla società di non servirsi del magazzino, corrisponde ad una diversa valutazione sulla convenienza del contratto sottoscritto nel 2008.

ha impugnato la sentenza del Tribunale di Cassino, chiedendone la riforma, con la revoca del decreto ingiuntivo opposto, sulla base di due motivi, mentre , costituitasi, ha chiesto il rigetto dell’appello.

All’udienza del 23.2.2025, cui la causa è stata rinviata per la discussione, la Corte ha deciso dando lettura del dispositivo ai sensi dell’art. 420 c.p.c. in relazione all’art. 447 bis c.p.c..

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo, ( Violazione degli artt. 115 e 116 cpc per erronea interpretazione delle risultanze istruttorie acquisite nel corso del giudizio di primo grado – sussistenza dei gravi motivi di recesso ex art. 27 della legge n. 392/1978), l’appellante censura la sentenza di primo grado nella parte in cui afferma che le dinamiche aziendali attinenti alla trasformazione societaria abbiano influito sulla redditività dell’esercizio commerciale oggetto di giudizio in danno della appellante, sottolineando la carenza di motivazione in merito alla valutazione del giudice di primo grado nel ritenere che, negli anni a seguire, detto esercizio avrebbe conservato “la capacità (…) di assicurare un tendenziale equilibrio tra costi e ricavi” e deducendo al riguardo il malgoverno delle prove acquisite, con particolare riguardo per la perizia di parte. Il motivo è infondato e , pertanto, non può essere accolto.

Del tutto corretto e condivisibile il parametro normativo adottato dal giudice di primo grado e corrispondente alla consolidata giurisprudenza di legittimità.

“In base al disposto di cui all’art. 27, ultimo comma, della legge 27/7/1978, n. 392, le ragioni che consentono al locatario di liberarsi del vincolo contrattuale devono essere determinate da avvenimenti sopravvenuti alla costituzione del rapporto, estranei alla sua volontà ed imprevedibili, tali da rendere oltremodo gravosa per il conduttore la sua prosecuzione.

La gravosità della prosecuzione, che deve avere una connotazione oggettiva, non potendo risolversi nella unilaterale valutazione effettuata dal conduttore in ordine alla convenienza o meno di continuare il rapporto locativo, deve essere non solo tale da eccedere l’ambito della normale alea contrattuale, ma deve altresì consistere in un sopravvenuto squilibrio tra le prestazioni originarie tale da incidere significativamente sull’andamento dell’azienda globalmente considerata e, quindi, anche nel complesso delle sue varie articolazioni territoriali” per cui “i gravi motivi richiamati dalla norma “ non possono attenere alla soggettiva ed unilaterale valutazione effettuata dal conduttore in ordine all’opportunità o meno di continuare ad occupare l’immobile locato ma devono avere carattere oggettivo. (di recente anche Cass., sez. III,. 17.7.2023, n. 20503; Cass., sez. III, 9.5.2023 n. 12461).

E’ una circostanza pacificamente acquisita al giudizio, la funzione che dalla ricostruzione dei fatti offerta dalla parte appellante, anche dall’esito dell’istruttoria testimoniale espletata in primo grado.

Il legale rappresentante della rendendo l’interrogatorio formale, ha dichiarato (verbale di udienza del 23.4.2018) che nel magazzino, fino alla disdetta, erano ospitati “…impianti indispensabili per il soprastante supermercato…preciso che nell’atto di cessione del ramo di azienda [in virtù del quale il cessionario è subentrato nel coevo contratto di locazione avente ad oggetto i locali del supermercato] è stata stabilita la rimozione di tali impianti da parte della società cessionaria , negli spazi autorizzati dalla signora quanto abbiamo ceduto il ramo di azienda e quindi il magazzino non mi serve più”). Pertanto, è acclarato che la cessione del ramo di azienda, atto volontario espressivo della valutazione aziendale della conduttrice, rappresenta il presupposto del recesso della società dal contratto di locazione, in virtù quale la disponeva del godimento di un bene funzionale all’ attività in precedenza esercitata e che quindi non rappresenta più alcuna utilità per la conduttrice.

L’accordo concluso con il terzo acquirente, in virtù del quale la ammette di avere percepito la somma di € 61.000,00 ha dettagliato e previsto il mancato utilizzo del magazzino, con il trasferimento degli impianti ivi allocati in altra area, con il risparmio di una parte degli oneri locatizi nei quali è subentrato il cessionario, e che non comprendono la locazione del magazzino.

La opponente allega che tale scelta volontaria della società locatrice non sarebbe stata l’effetto di una valutazione aziendale complessiva orientata a razionalizzare i diversi punti vendita gestiti, con una diversa allocazione delle risorse, bensì l’effetto necessario di un dissesto economico, causato da un fatto non prevedibile conseguente alla modifica della mobilità urbana, tale da determinare la flessione delle entrate.

Tale prospettazione non risulta provata.

La perizia giurata a firma del commercialista dà atto di una riduzione dei ricavi della sede commerciale di INDIRIZZO nell’ultimo anno che ha preceduto la cessione del ramo di azienda, che si conteggia in circa il 15%.

Tuttavia, l’andamento delle entrate delle altre due sedi gestite dalla società opponente registra un incremento ancora superiore, che in relazione al complesso dell’attività sociale rappresenta circa il doppio della flessione registrata nella sede ceduta.

Orbene, la gravità della situazione economica non può che riferirsi al complesso della struttura aziendale e commerciale, rispetto alla quale il dato è assolutamente confortante.

Fermo restando che è assolutamente legittimo l’eventuale spostamento delle risorse dall’una all’altra attività , sulla base di valutazioni economico-aziendali, le quali , tuttavia, non assumono il valore né della cogenza né della imprevedibilità richieste per giustificare l’alterazione del sinallagma contrattuale rispetto alla posizione di un terzo contraente, per il quale lo svantaggio della risoluzione anticipata del contratto non corrisponde ad alcun beneficio compensativo.

Infatti, la riferibilità della flessione dei ricavi alla modifica della viabilità è ’interrogatorio formale del legale rappresentante, che la modifica della viabilità con l’istituzione del senso unico è stata accompagnata dalla istituzione di un’area pedonale che consente comunque un passaggio a piedi, ancora più favorevole per gli esercizi commerciali.

Inoltre nella perizia manca il collocamento preciso nel tempo della modifica della viabilità, indispensabile per una realistica valutazione degli effetti, che lo stesso perito enuncia come effetto concorrente con il diffuso sorgere di grandi supermercati e della innegabile e vincente concorrenza con i punti vendita di più modeste dimensioni.

Pertanto, in accordo con il giudice di primo grado, è ragionevole ritenere, in definitiva, che sull’andamento negativo registrato dall’esercizio commerciale di INDIRIZZO nell’anno anteriore alla cessione del relativo ramo d’azienda abbiano influito normali dinamiche aziendali di carattere transeunte e la volontà della proprietà di dimetterne la gestione a fini remunerativi nell’ambito di un più ampio progetto di razionalizzazione dell’impresa, avviato nel 2013 con la trasformazione della compagine sociale da società in accomandita semplice a società a responsabilità limitata. In questo contesto il mantenimento del contratto relativo al magazzino, non rilevato dalla cessionaria, deve essere apparso privo di utilità pratica alla In accordo con l’indirizzo giurisprudenziale segnalato è escluso che un simile intendimento integri i gravi motivi a cui si riferisce l’art. 27 della legge n. 392/1978.

Tali conclusioni non possono essere inficiate dal secondo motivo di appello, con il quale si deduce Erroneità dell’iter argomentativo seguito dal Giudice di primo grado ed erroneità ed ingiustizia della sentenza impugnata anche in relazione a circostanze sopravvenute – morosità società cessionaria – sussistenza dei gravi motivi di recesso ex art. 27 della legge n. 392/1978.

Si tratta di un motivo che si segnala come inammissibile per la violazione del divieto di cui all’art. 435 c.p.c., in quanto pretende, anche producendo documenti nuovi, di valutare sulla base di circostanze sopravvenute ed estranee soggettivamente e oggettivamente (la morosità del cessionario del ramo di azienda per l’omesso pagamento del canone di locazione afferente il supermercato soprastante il magazzino), condotte che ai fini della legittimità del recesso anticipato, possono essere valutate soltanto ex ante. Pertanto l’appello deve essere respinto.

Attesa la piena soccombenza, l’appellante deve essere condannata a rifondere delle spese di lite, secondo i parametri corrispondenti a quelli medi di cui alla tabella allegata al d.m. 10 marzo 2014, n. 55, come modificato con d.m. 8 marzo 2018, n. 37 e D.M. n. 147 del 13/08/2022, con esclusione della fase istruttoria e tenuto conto del grado di complessità della lite (valore corrispondente al secondo scaglione).

Sussistono i presupposti per l’applicazione dell’art. 13, comma 1 quater, d.p.r. 30 maggio 2002, n. 115, inserito dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n.

La Corte, definitivamente pronunciando, disattesa ogni contraria istanza, eccezione e deduzione, così provvede:

Rigetta l’appello proposto da in persona del l.r.p.t., avverso la sentenza del Tribunale di Cassino n. 1012/2022, pubblicata il 13.7.2022 e non notificata.

Condanna l’appellante al pagamento in favore dell’appellata delle spese di lite del presente grado di giudizio, che si liquidano in euro 2.915,00 per compensi, oltre rimborso spese forfettarie al 15% e accessori di legge.

Dichiara la sussistenza dei presupposti di cui di cui all’art. 13, comma 1 quater, D.P.R. n.115/02, come modificato dall’art. 1, comma 17, L. n. 228/12, per il versamento, da parte dell’appellante, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’appello.

Così deciso in Roma in data 23 gennaio 2025 LA PRESIDENTE rel.

dott.ssa NOME COGNOME

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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