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Recupero indebito pensione di reversibilità

La sentenza chiarisce la distinzione tra la giurisdizione ordinaria e quella della Corte dei Conti in materia di pensioni. Si afferma che la verifica della tempestività della richiesta di recupero indebito da parte dell’ente previdenziale è cruciale per determinarne la ripetibilità. Si sottolinea come il termine per la richiesta di restituzione decorra dal momento in cui l’ente ha conoscenza dei redditi del percipiente.

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Pubblicato il 18 aprile 2025 in Diritto del Lavoro, Giurisprudenza Civile

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE D’APPELLO DI CAGLIARI SEZIONE CIVILE In funzione di Giudice del Lavoro, composta dai magistrati dott. NOME COGNOME dott. NOME COGNOME CONSIGLIERA RELATRICE dott. NOME COGNOME CONSIGLIERA in esito all’udienza del 5 febbraio 2025, sostituita dal deposito di note scritte, ha pronunciato la seguente

SENTENZA N._62_2025_- N._R.G._00000181_2023 DEL_10_04_2025 PUBBLICATA_IL_10_04_2025

nella causa in materia di previdenza iscritta al R.G. N. 181 dell’anno 2023, proposta da:

, elettivamente domiciliata in Cagliari, presso lo studio degli avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME che la rappresentano e difendono in virtù di procura speciale come in atti APPELLANTE contro , in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in Cagliari, presso l’avv. NOME COGNOME rappresentato e difeso dagli avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME giusta procura generale alle liti APPELLATO

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO giudizio l’ e aveva impugnato il provvedimento datato 11 marzo 2021 con il quale previdenziale indicato – nel comunicarle l’avvenuta rideterminazione, per ragioni reddituali, dell’importo della pensione di reversibilità riconosciutale con decorrenza dal 1 ottobre 2016 quale vedova superstite di , medico ospedaliero deceduto il 27 settembre 2016, titolare in vita di trattamento pensionistico a carico della gestione ex e nello stabilire che, con decorrenza dal 1 novembre 2017, l’importo della indicata pensione sarebbe divenuto pari a circa €. 22.000,00 annui, in luogo degli €. 44.000,00 circa annui sino ad allora corrisposti – aveva avanzato nei suoi confronti una pretesa restitutoria pari, al netto dell’imposizione fiscale, a €. 76.973,06. La ricorrente aveva, in particolare, sostenuto che, ai sensi dell’art. 52 l. 88/89 e dell’art. 13 l. 412/1991, le somme percepite in eccesso non fossero, in realtà, ripetibili da parte dell’ente, considerata l’assenza, da parte sua, di qualsiasi condotta dolosa.

Infatti, il suo reddito annuale era sempre stato espressamente riportato nella propria dichiarazione reddituale (Modello Unico e Mod. 770), la quale era sempre stata regolarmente trasmessa all’Agenzia delle Entrate nei termini di legge.

Inoltre, aveva aggiunto la ricorrente, in data 29 ottobre 2020, su richiesta dell’ , ella aveva provveduto a comunicare all’Istituto i redditi percepiti negli anni dal 2017 al 2020, oltre ai redditi presunti dell’anno 2021.

Peraltro, aveva osservato , si era trattato di una richiesta con la quale l’ente previdenziale aveva cercato di sanare una situazione e un errore che si erano già cristallizzati, visto che incombeva pacificamente sull’ , ai sensi dell’art. 13, comma 2, legge 412/1991, l’obbligo di verificare annualmente la sua situazione reddituale, in quanto incidente sulla misura del diritto alla prestazione previdenziale in godimento, e visto che, anche sulla base della circolare n. 195/2015, lei, avendo comunicato i propri dati reddituali all’Agenzia delle Entrate, era esonerata dal dovere di comunicare i dati medesimi all’ dei dati in discussione e l’applicazione della riduzione prevista dalla Tabella F della legge 335/1995, senza, peraltro, che lei potesse avere in alcun modo contezza dell’erroneità dell’importo che le veniva erogato. Inoltre, aveva evidenziato di avere, negli anni interessati dalla pretesa restitutoria dell’ente, corrisposto all’erario le imposte sul reddito sulla base dell’aliquota derivante dal cumulo tra il proprio reddito e la pensione di reversibilità, cosicché, laddove fosse stata considerata tenuta alla restituzione delle somme pretese dall’ , sarebbero risultate versate all’erario somme non dovute.

Ciò premesso, la ricorrente aveva, dunque, concluso, domandando, in via principale, che il giudice dichiarasse nullo e privo di effetto il provvedimento di recupero adottato dall’ il 11 marzo 2021 e ogni altro atto successivo, con conseguente condanna dell’ alla restituzione di quanto già prelevato in esecuzione del provvedimento medesimo.

In via subordinata, previa ammissione di apposita CTU, l’attuale appellante aveva, infine, domandato che, dalle somme da restituirsi, fosse detratto quanto da lei versato in eccesso all’erario per effetto delle differenti somme spettanti per il trattamento pensionistico di reversibilità.

*** si era costituito in giudizio e aveva resistito.

L’ente convenuto aveva, innanzitutto, eccepito il difetto di giurisdizione del giudice ordinario adito, in favore della Corte dei conti, considerato che il procedimento introdotto da aveva ad oggetto una pensione della gestione pubblica e che la giurisprudenza della Suprema Corte e del Consiglio di Stato aveva più volte ribadito come, anche alla luce del D. Lgs. n. 165/2001, permanesse in capo alla Corte dei conti la giurisdizione (esclusiva) in materia di pensioni dei dipendenti pubblici, nella quale risultano ricomprese tutte le controversie in cui il rapporto pensionistico costituisca elemento identificativo del petitum sostanziale e, quindi, tutte pensione dei pubblici dipendenti. In via subordinata, l’ , dopo avere precisato che alla pensione di reversibilità pubblica si applica, ai sensi dell’art. 1, comma 41, legge 335/1995 Tabella F, una trattenuta pari al 25% dell’importo mensile lordo per incumulabilità con gli altri redditi del percipiente (salvo specifiche ipotesi tassative), aveva, innanzitutto, osservato, in linea generale, come in sede di prima applicazione la quantificazione della pensione avvenisse in via provvisoria, sulla base della dichiarazione operata dal richiedente in sede di domanda, non potendosi conoscere i redditi complessivi maturati nel primo anno di percezione del trattamento pensionistico.

Inoltre, aveva osservato l’ , i termini per la verifica delle dichiarazioni reddituali dell’interessato, le quali ovviamente si presentano l’anno successivo rispetto a quello di maturazione dei relativi redditi, nel 2020 erano stati sospesi a causa dell’emergenza epidemiologica per RAGIONE_SOCIALE 19 ed erano stati rinviati nel tempo, secondo le previsioni contenute nel comma 5 dell’art.11 del d.l. 183/2020 (c.d. Decreto Mille Proroghe).

L’ente resistente, dopo avere, infine, rammentato come gravasse esclusivamente sull’accipiens l’onere di provare i fatti costitutivi del diritto a conseguire la prestazione contestata, aveva, dunque, sostenuto l’inapplicabilità, nella fattispecie, dell’art. 52, legge 88/1989, considerato che l’art. 13, commi 2 e 3, legge 412/1991, nel prevedere che l’ provveda annualmente alla verifica delle situazioni reddituali dei pensionati incidenti sulla misura o sul diritto alle prestazioni pensionistiche, aveva, altresì, previsto che l’eventuale recupero potesse essere effettuato entro l’anno successivo, cosicché l’assenza di dolo diveniva rilevante solo laddove fosse scaduto il termine per procedere al recupero. Scadenza che, nella fattispecie, considerato il momento dal quale le dichiarazioni dei redditi potevano essere esaminate e il differimento dei termini seguito all’emergenza sanitaria, non si era certamente perfezionata.

Ciò premesso, l’ aveva, quindi, concluso per il rigetto della domanda proposta.

*** giurisdizione del giudice ordinario adito in favore della Corte dei conti.

Infatti, aveva osservato il Tribunale, la domanda proposta da era volta ad ottenere la restituzione di quanto trattenuto dall’ su una prestazione pensionistica di reversibilità di un ex dipendente pubblico, come tale rientrante tra le prestazioni pensionistiche in tutto o in parte a carico dello Stato.

La giurisdizione della Corte dei conti, aveva argomentato il primo giudice, è una giurisdizione esclusiva in quanto affidata al criterio di collegamento costituito dalla materia, onde in essa sono comprese tutte le controversie in cui il rapporto pensionistico costituisca elemento identificativo del petitum sostanziale e, quindi, tutte le controversie concernenti indistintamente la sussistenza del diritto, la misura e la decorrenza della pensione dei pubblici dipendenti.

Nella fattispecie, pertanto, aveva proseguito il Tribunale, nella quale la domanda era volta ad ottenere tutela rispetto ad un trattamento pensionistico erogato dalla Gestione Dipendenti Pubblici dell’ e nella quale, quindi, il petitum sostanziale della domanda si identificava in un rapporto previdenziale erogato a favore del coniuge superstite di un ex dipendente pubblico, doveva ribadirsi il principio della assoluta esclusività della giurisdizione della Corte dei conti.

Il Tribunale aveva, quindi, dichiarato inammissibile la domanda per difetto di giurisdizione del giudice ordinario, fissato in 3 mesi dalla pronuncia del provvedimento il termine per l’eventuale riassunzione dinanzi alla Corte dei conti e compensato tra le parti le spese di lite in ragione della metà, condannando la ricorrente alla rifusione della parte restante in favore dell’ *** Avverso la sentenza del Tribunale di Cagliari ha proposto appello ha resistito.

La causa è stata decisa dal Collegio sulle seguenti

CONCLUSIONI

Nell’interesse dell’appellante:

“In via principale e sulla Giurisdizione:

– Voglia ritenere la Giurisdizione del Giudice Ordinario a decidere la presente controversia e rimettere la causa al Giudice di primo grado ovvero, nell’ipotesi in cui per effetto dell’abrogazione dell’art 353 c.p.c. operato dalla L. 29.12.2022 n° 197, non potesse essere rimessa la stessa causa al Giudice di primo grado, voglia decidere la stessa accogliendo le medesime conclusioni formulate che qui si riportano integralmente:

– Nel merito:

Voglia

l’Ecc.mo Tribunale esaminato il ricorso, viste le argomentazioni in fatto e diritto, accoglierne integralmente il contenuto e per l’effetto dichiarare nullo e privo di effetto il provvedimento prot. 1700.11/03/2021.0101678 del 11.3.2021 avente ad oggetto il recupero delle somme percepite e non dovute sulla pensione Cat. 224/SO CTPS n° NUMERO_DOCUMENTO/ n° iscrizione NUMERO_CARTA cui sono collegati i numeri NUMERO_CARTA e NUMERO_CARTA comunicato a mezzo racc. a/r in data 18.3.2021, con cui è stato rideterminato l’importo della pensione di reversibilità (dante causa c.f. n° NUMERO_DOCUMENTO cat. 224/SO concludente con la richiesta di restituzione della somma di € 79.793,06;

nonché la deliberazione n. 28 dell’ notificata a mezzo pec in data 03/02/2022 di rigetto del ricorso amministrativo presentato dalla avente n. 752115081 del 19/04/2021 e di ogni altro atto conseguente, con condanna alla restituzione di quanto prelevato per la quota parte della ricorrente.

– Con vittoria di spese competenze ed onorari di entrambi i gradi del giudizio.

– In via subordinata:

nella denegata e non voluta ipotesi di rigetto del ricorso principale, considerata l’imposizione fiscale sulla base del cumulo dei redditi, delle imposte e tasse pagate per gli anni per cui è stata richiesta la rideterminazione del trattamento pensionistico, detrarre in ogni caso dalle somme da restituirsi quanto versato dalla sig.ra all’erario, per il cui calcolo si deduce fin d’ora CTU”.

Nell’interesse dell’ente appellato:

RAGIONE_SOCIALE – In linea principale:

confermare la sentenza del Tribunale e per l’effetto acclarare che la giurisdizione sulla domanda di giustizia avanzata con il ricorso introduttivo compete alla Corte dei Conti;

– In linea subordinata:

ove ritenga che appartenga al Giudice Ordinario la giurisdizione, in ogni caso respingere -in tutto o comunque in gran parte- ogni avversa pretesa;

– In ogni caso:

con vittoria delle spese di lite anche del presente grado.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con due distinti motivi di appello, ha criticato la sentenza impugnata per avere il primo giudice, per un verso, dichiarato il proprio difetto di giurisdizione e, per altro verso, condannato la parte ricorrente alla parziale rifusione delle spese all’ Quanto al primo motivo, l’appellante ha osservato come non avesse mai inteso contestare il quantum pensionistico come determinato dall’ , ma avesse sempre contestato esclusivamente il fatto che l’ aveva erroneamente omesso di effettuare tempestivamente il ricalcolo del detto quantum, con conseguente irripetibilità delle somme nel frattempo indebitamente erogate. Poiché, pertanto, ha proseguito l’appellante, la presente controversia non aveva ad oggetto il diritto o la misura della pensione e non vi era, quindi, necessità di accertare l’an e/o il quantum del trattamento pensionistico, ma unicamente la sussistenza o meno dei presupposti e/o delle condizioni di legge per il recupero, non sussisteva, nella fattispecie, la giurisdizione della Corte dei conti, ma, piuttosto, quella del giudice ordinario, come anche affermato dalla recente giurisprudenza della Suprema Corte. Quanto al secondo motivo di appello, ha osservato come il primo giudice, seppure incidentalmente e senza efficacia di giudicato, nel disciplinare le spese di lite avesse tenuto correttamente conto del fatto che l’ si era trovato comunque in condizione di conoscere ex officio la sua condizione reddituale onde rideterminare in tempi contenuti la pensione a lei , ha sostenuto l’appellante, il Tribunale si era convinto che la domanda proposta fosse meritevole di accoglimento, cosicché, in caso di accoglimento del primo motivo di impugnazione, la domanda doveva essere accolta anche nel merito, con conseguente rivisitazione delle spese di lite relative ad entrambi i gradi del giudizio. *** Il primo motivo di appello è fondato.

Come precisato dalla Suprema Corte, “in termini generali…la Corte dei conti ha giurisdizione su tutte le controversie concernenti la sussistenza del diritto, la misura e decorrenza della pensione dei pubblici dipendenti, e funzionali alla pensione, comprese quelle nelle quali si alleghi, a fondamento della pretesa, l’inadempimento o l’inesatto adempimento della prestazione pensionistica da parte dell’ente obbligato, ivi comprese le controversie volte ad ottenere, anche in via autonoma, il pagamento della rivalutazione monetaria e degli interessi sui ratei del trattamento pensionistico tardivamente corrisposti”. Tuttavia, ha proseguito la Corte, quando “in discussione è solo la fondatezza dell’azione di recupero dei ratei … che, nell’assunto attoreo, sarebbero irripetibili ex art. 52 l. 88/89 o ex art. 206 d.P.R. 1092/1973” e quindi, “le questioni poste dal ricorrente (prescrizione, buona fede) attengono, dunque, solo al rapporto” tra percipiente e “ e non a quello (pensionistico) che è a base della reversibilità, e si contrappongono alla pretesa restitutoria dell’ che ha assunto una propria e distinta natura, concretizzatasi nella richiesta di ripetizione di una somma indebita”, “la giurisdizione non può che essere devoluta al giudice ordinario” (così Cass. S.U. 9436/2023, citata dalla parte appellante, nonché, già in precedenza, Cass. S.U. 18172/2017, n. 18172, Cass. S.U. 22381/2011 e Cass. S.U. 21586/2011). Nella fattispecie, pertanto, nella quale, come correttamente evidenziato dall’appellante, non si discute della sussistenza del diritto alla pensione o della misura della pensione riconosciuta all’appellante dall’ resistente, ma unicamente della sussistenza o meno dei presupposti e/o adozione del provvedimento di recupero da parte dell’ ) per il recupero di un indebito già certo e quantificato e in alcun modo contestato dalla parte interessata, deve, quindi, ritenersi sussistente la giurisdizione del giudice ordinario adito. *** La causa, la quale, in virtù dell’avvenuta abrogazione dell’art. 353 c.p.c., non deve più essere rimessa al primo giudice, deve, pertanto, essere decisa nel merito.

La domanda proposta da è parzialmente fondata e deve, pertanto, nella stessa misura, essere accolta.

In conformità a quanto affermato dalla giurisprudenza della Suprema Corte, condivisa da questo Collegio, la questione attinente alle modifiche reddituali di cui l’ente previdenziale viene autonomamente a conoscenza in ragione della propria attività istituzionale ovvero a seguito di informazioni regolarmente comunicate dall’interessato non appartiene all’ambito degli errori di cui all’art. 13, comma 1, legge 412/1991 e non appartiene, quindi, nella ricorrenza dei relativi presupposti, alla sfera della “non ripetibilità” di cui alla norma citata, ma soggiace, piuttosto, alla regola della ripetibilità, entro, però, il termine decadenziale stabilito dall’art. 13, comma 2, legge 412/1991 (si vedano, sul punto, Cass. 953/2012, Cass. 3802/2019, Cass. 15039/2019, Cass. 13918/2021, nonché, da ultimo, Cass. 29689/2024). La Suprema Corte ha, in particolare, evidenziato che, ai fini dell’applicazione dell’art. 13, comma 2, sopra richiamato “non si richiede l’accertamento del dolo dell’assicurato o l’esistenza di un provvedimento dell’Istituto di attribuzione del bene della vita oggetto di recupero, ma rileva semplicemente il controllo delle date in cui la comunicazione dell’assicurata è avvenuta e la tempestività della richiesta dell’istituto rispetto ad esse”;

“di talché, una volta che il pensionato abbia comunicato i dati rilevanti ai fini della verifica della persistenza delle condizioni legittimanti la corresponsione del trattamento pensionistico”, laddove la richiesta dell’ sia stata tempestiva “debbono considerarsi ripetibili tutte le somme che siano state fattispecie, quindi, nella quale si discute della tempestività con la quale l’ aveva provveduto ad adeguare gli importi della pensione di reversibilità all’ammontare dei redditi dell’appellante relativi agli anni dal 2017 al 2021, che erano sempre stati regolarmente comunicati all’Agenzia delle Entrate e, quindi, autonomamente conosciuti dall’ nello svolgimento della propria attività istituzionale in esito alle informazioni regolarmente comunicate dall’interessata all’ente fiscale, non occorre discutere dello stato soggettivo dell’appellante, quanto, piuttosto, verificare la tempestività della richiesta di recupero dell’ del 11 marzo 2021, al fine di ritenere, in caso di verifica positiva, la piena ripetibilità delle somme corrisposte in eccesso ovvero, in caso di verifica negativa, l’ decaduto dal potere di ripetere le somme indebitamente erogate. I giudici di legittimità hanno sul punto precisato che “l’ deve procedere alla verifica nell’anno civile in cui ha avuto conoscibilità dei redditi maturati dal percettore di una data prestazione e che, entro l’anno civile successivo a quello destinato alla verifica, deve procedere, a pena di decadenza, al recupero dell’eventuale indebito” (così Cass. 3802/2019), evidenziando anche che l’attività che deve essere posta in essere dall’ entro l’anno successivo a quello in cui ha avuto conoscibilità dei redditi è la mera formalizzazione della richiesta di restituzione dell’importo ritenuto indebito, deve cioè iniziare il procedimento amministrativo di recupero portandolo a conoscenza del pensionato, non anche provvedere all’effettivo recupero degli importi (così Cass. 13918/2021). Pertanto (si veda Cass. 29689/2024), poiché la dichiarazione dei redditi è conoscibile dall’ solo nel corso dell’anno civile successivo a quello di maturazione dei redditi, il termine ultimo per procedere alla richiesta spira per l’ il 31 dicembre dell’anno (civile) successivo a quello di presentazione della dichiarazione stessa.

Nella fattispecie, quindi, il termine decadenziale previsto a carico dell’ per l’attivazione della procedura di recupero scadeva, per l’anno 2017, il 31 dicembre 2019, per l’anno 2018, il 31 l’anno 2021, il 31 dicembre 2023.

, quindi, alla data di attivazione della procedura di recupero, nel marzo 2021, era decaduto dal potere di procedere al recupero degli indebiti relativi agli anni 2017 e 2018, mentre aveva tempestivamente attivato il procedimento in relazione alle somme indebitamente corrisposte negli anni 2019, 2020, 2021.

Visti gli anni interessati dalla accertata ripetibilità, alcun rilievo riveste nella fattispecie la questione relativa alla sospensione dei termini per l’emergenza sanitaria, misura che, peraltro, appare limitata, dall’art. 11, comma 5, d.l. 183/2020, alle campagne di verifica reddituale relative ai pensionati della Gestione previdenziale privata.

Sulla base della tabella inserita nel provvedimento di attivazione della procedura di recupero (doc. 3, prodotto dall’attuale appellante in primo grado), le somme nette che deve restituire all’ appellato risultano pertanto pari a €. 46.376,81, importo ottenuto detraendo dalle somme lorde indebitamente percepite per gli anni 2019, 2020 e 2021 la percentuale del 30,654%, cioè quella stessa, considerata l’identità degli scaglioni fiscali previsti in tutti gli anni oggetto di recupero, a quella che l’ aveva detratto dal debito lordo complessivo per il calcolo del debito netto complessivo (€. 22.262,79 lordi per l’anno 2019 + €. 22.307,31 lordi per l’anno 2020 + €. 22.307,31 lordi per l’anno 2021 = €. 66.877,41 lordi; €. 66.877,41 lordi – 30,654% = €. 46.376,81), mentre le somme irripetibili risultano pari, applicando il medesimo criterio, a €. 30.596,25.

deve, quindi, essere condannato alla restituzione, in favore dell’appellante, delle somme, eccedenti l’importo di €. 46.376,81, eventualmente già trattenute o riscosse a carico dell’appellante medesima.

Dalle somme dovute in restituzione da non deve, d’altra parte, essere detratto alcun importo, come invece domandato dalla medesima in via subordinata.

Infatti, per un verso, come risulta dalle dichiarazioni reddituali prodotte dall’appellante in dalla medesima (€. 93.000,00 circa per il 2019 e €. 100.000,00 circa per il 2020) avrebbe giustificato, anche in assenza della pensione di reversibilità indebitamente percepita, l’applicazione dell’aliquota fiscale massima prevista (43%), risultando il reddito superiore a €. 75.000,00.

L’avvenuto pagamento da parte dell’ di somme in eccesso non aveva, dunque, determinato l’applicazione, sul restante reddito, di una maggiore imposizione fiscale, né, quindi, l’esborso di somme maggiori rispetto a quelle dovute.

Per altro verso, l’ ha correttamente provveduto ad attivare il recupero delle sole somme nette erogate all’appellante, non aveva, cioè, richiesto alla medesima la restituzione delle imposte dallo stesso Istituto versate (indebitamente) all’erario in qualità di sostituto d’imposta, cosicché, anche sotto tale diverso profilo, deve escludersi che la ripetizione delle somme indebitamente percepite possa cagionare all’appellante un esborso di importi maggiori rispetto a quelli concretamente ricevuti.

*** Sulla base di tutti i motivi esposti, l’appello proposto da deve, quindi, essere parzialmente accolto.

In particolare, in riforma della sentenza impugnata, ritenuta la giurisdizione del giudice ordinario adito, deve essere dichiarata l’irripetibilità, nella misura di €. 30.596,25 netti, delle somme indebitamente percepite dall’appellante e la ripetibilità, invece, delle somme nette restanti, pari a €. 46.376,81.

deve, quindi, essere condannato alla restituzione, in favore dell’appellante, delle somme, eccedenti l’importo di €. 46.376,81, eventualmente già trattenute o riscosse a carico della medesima.

L’esito complessivo della lite giustifica la compensazione tra le parti, nella misura della metà, delle spese di lite relative ad entrambi i gradi del giudizio, le quali, per la parte restante, seguono la soccombenza e, liquidate come da dispositivo, secondo i parametri medi previsti per ciascuna €. 52.000,00 della tabella relativa, per il primo grado, alle cause di previdenza e, per il presente grado, ai giudizi dinanzi alla Corte d’Appello, devono essere poste a carico dell’

La Corte D’Appello, definitivamente pronunciando:

accoglie in parte l’appello proposto da in riforma della sentenza impugnata, ritenuta la giurisdizione del giudice ordinario adito, dichiara l’irripetibilità, nella misura di €. 30.596,25 netti, delle somme indebitamente percepite dalla parte appellante e la ripetibilità, invece, delle restanti somme nette, pari a €. 46.376,81; condanna, per l’effetto, l’ alla restituzione, in favore della parte appellante, delle somme, eccedenti l’importo di €. 46.376,81 eventualmente già trattenute o riscosse a carico della medesima; dichiara compensate tra le parti, nella misura della metà, le spese di entrambi i gradi del giudizio e condanna ‘ alla rifusione, in favore della parte appellante, della restante metà, che liquida, per il primo grado, in €. 3.290,00 e, per il presente grado, in €. 3.473,00, oltre, in ogni caso, spese generali nella misura del 15% e accessori di legge.

Cagliari, 10 aprile 2025.

L’estensore………………………………………………………….

Il Presidente dott. NOME COGNOME………………………………………..

……

……dott. NOME COGNOME

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