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Regime di esenzione dal pagamento delle spese processuali

Regime di esenzione dal pagamento delle spese processuali previsto dall’art. 152 disp. att. c.p.c. – espressione di diritto singolare.

Pubblicato il 30 June 2022 in Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

CORTE D’ APPELLO DI MESSINA
SEZIONE LAVORO
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

La Corte d’ Appello di Messina, composta dai Signori Magistrati :

all’ udienza collegiale a trattazione scritta del 14/6/2022 ha emesso la seguente

SENTENZA n. 498/2022 pubblicata il 21/06/2022

nella causa n 668/2017 promossa da:

ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del legale rappresentante, rappresentato e difeso dall’avv.

APPELLANTE

CONTRO

YYY…………………….APPELLATA contumace

 

OGGETTO: Appello avverso la sentenza n. 1317/2017 emessa dal giudice del lavoro del Tribunale di Patti in data 24/7/2017.

SVOLGIMENTO DEL GIUDIZIO E CONCLUSIONI DELLE PARTI

Con la sentenza di cui in epigrafe il giudice del Tribunale di Patti, in accoglimento delle domande proposte da YYY, dichiarava illegittima la richiesta di ripetizione avanzata dall’Inps nei suoi confronti con provvedimento del 24/11/2015 che annullava, disponendo l’immediata restituzione delle somme eventualmente trattenute. Motivava detta decisione con l’insussistenza di qualunque dolo in capo alla ricorrente che aveva solo richiesto la somma che l’Inps le aveva riconosciuto e che pertanto, quale percettore di buona fede, doveva ritenersi esonerata dall’obbligo della restituzione secondo quanto previsto dall’art 52 della Legge n. 88/1989.

Con ricorso depositato il 18/10/2017, l’Inps proponeva appello rilevando l’inapplicabilità dell’art 52 L n. 88/1989, dettato solo per la diversa ipotesi dell’indebito pensionistico.

Deduceva poi che il giudice avrebbe dovuto dichiarare la decadenza sostanziale del diritto di procedere alla contestazione della cancellazione, posta a fondamento dell’indebito. In ogni caso rilevava l’infondatezza della domanda pure fatta valere dalla ricorrente e volta a sostenere la sussistenza del rapporto di lavoro alle dipendenze del datore ***, attesa la carenza di ogni elemento di prova al riguardo. Nella contumacia della YYY, la causa è stata decisa, all’udienza odierna a trattazione scritta, sulle note depositate nell’interesse della parte.

MOTIVI DELLA DECISIONE

L’appello è fondato.

Le disposizioni richiamate dal giudice di prime cure ovvero l’art 80 del R.D. n. 1422 del 1924 ( in vigore fino al 27.3.89 ) e l’art 52 della L. n. 88/1989 riguardano soltanto la materia delle pensioni in senso proprio e stretto e non trovano applicazione in relazione alle diverse ipotesi di ripetizione di prestazioni di natura assistenziale, quale per l’appunto l’indennità di disoccupazione, per le quali non assume alcuna rilevanza lo stato soggettivo del beneficiario (dolo o colpa) ai fini della eventuale esclusione della ripetibilità delle somme pagate senza titolo.

Erroneamente pertanto il giudice ha escluso il diritto dell’Inps al recupero delle somme già erogate alla YYY a titolo di disoccupazione agricola , per l’assenza di dolo da parte della suddetta beneficiaria.

Quanto all’eccezione di decadenza sostanziale già proposta in primo grado e genericamente disattesa dal giudice di prime cure, deduce l’appellante che la predetta lavoratrice sarebbe stata cancellata per l’anno 2012 con la prima variazione trimestrale del 2014, pubblicata sul sito dal 16\6\2014 al 4/7/2014.

Rileva, al riguardo, la Corte che l’Istituto non ha depositato nel presente grado detto elenco con il relativo frontespizio, eppur tuttavia può ugualmente ritenersi che la decadenza si sia maturata già solo tenendo conto che la stessa YYY ha ammesso in ricorso di avere ricevuto il 18/2/2015 la prima richiesta di restituzione delle somme corrisposte in eccesso sulla Disoccupazione agricola per il periodo dall’1/1/2012 al 31/12/2012 “per la mancata iscrizione negli elenchi dei lavoratori agricoli e\o dell’avvenuta cancellazione”.

Al riguardo infatti se è vero che il termine di centoventi giorni previsto dall’art. 22 D.L. 3 febbraio 1970 n. 7 per la proposizione dell’azione giudiziaria decorre a seguito della notifica o della presa di conoscenza del provvedimento definitivo di iscrizione o mancata iscrizione negli elenchi dei lavoratori agricoli, ovvero di cancellazione dai suddetti elenchi, devesi ragionevolmente ritenere che in tale previsione rientri anche l’ipotesi in cui, come nella specie, la comunicazione della cancellazione risulti comunque contenuta in una nota di contestazione della prestazione indebitamente percepita e di cui l’interessato abbia avuto conoscenza.

Ora, nella specie, dal 18\2\2015, data della comunicazione del suddetto provvedimento, decorreva il termine di trenta giorni per la presentazione del ricorso amministrativo alla commissione provinciale per la manodopera agricola e al suo inutile decorso quello di 120 giorni per la proposizione del ricorso giudiziale.

Non avendo la YYY tempestivamente proposto detto ricorso, alla scadenza di detto termine e dunque il 18\3\2015, iniziava a decorrere quello ulteriore di 120 giorni per proporre l’azione giudiziaria , che andava a scadere il 18\7\2015, e dunque in epoca ampiamente antecedente al deposito del ricorso al Tribunale di Patti avvenuto solo in data 22\4\2016.

Né rileva l’avvenuta proposizione del ricorso che la stessa YYY riferisce di avere effettuato in data 26/2/2016 e che, in quanto tardivo, non vale ai fini di evitare la maturata decadenza.

La cancellazione è dunque definitiva e come tale comporta anche la perdita della prestazione previdenziale così come maturata nel periodo coperto dalla cancellazione stessa.

Anche se il profilo dell’eccepita decadenza assorbe evidentemente la contestazione di merito, non può tuttavia non rilevarsi pure la carenza di qualunque prova da parte della YYY del dedotto genuino rapporto lavorativo intercorso con il ***, carenza che avrebbe comunque portato al rigetto della domanda di annullamento dell’indebito.

Rimangono da regolare le spese di lite del doppio grado: stante la soccombenza dell’appellata ma avuto altresì riguardo alla complessità delle questioni trattate, va disposta la compensazione in ragione della metà con la rifusione in favore dell’Inps delle restanti parti, rimanendo irrilevante la dichiarazione ex art 152 disp. att. c.p.c. pure formulata in primo grado.

Come di recente riaffermato dalla Corte di Cassazione con la sentenza del 4/8/2020 n. 16676 “il regime di esenzione dal pagamento delle spese processuali previsto dall’art. 152 disp. att. c.p.c. – espressione di diritto singolare, come tale non applicabile a casi non espressamente indicati – opera in relazione ai giudizi promossi per il conseguimento di prestazioni previdenziali o assistenziali in cui il diritto alla prestazione sia l’oggetto diretto della domanda introdotta in giudizio e non solo la conseguenza indiretta ed eventuale di un diverso accertamento”. Nella specie le pretese del pagamento dell’indennità di disoccupazione e di insussistenza del diritto dell’Inps alla restituzione di quanto già erogato si fondano proprio sulla pregiudiziale richiesta di iscrizione\o reiscrizione negli elenchi anagrafici sicchè l’esenzione non opera.

P.Q.M

la Corte d’ Appello di Messina, Sezione Lavoro, definitivamente pronunziando sull’ appello proposto dall’Inps, avverso la sentenza n. 1317/2017 emessa dal giudice del lavoro del Tribunale di Patti in data 24/7/2017, così provvede:

in riforma della sentenza appellata, rigetta le domande proposte da YYY con ricorso del 22\4\2016;

condanna YYY al pagamento in favore dell’Inps della metà delle spese del doppio grado liquidate per il primo in Euro 650,00 e per il secondo in Euro 700,00, oltre rimborso spese generali nella misura del 15% e accessori di legge, con compensazione delle restanti parti .

Messina 14/6/2022

Il consigliere estensore

il Presidente

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