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Regolamentazione dei confini tra proprietà e gestione di affari altrui

La sentenza affronta il tema della delimitazione dei confini tra proprietà adiacenti, ribadendo che in mancanza di elementi probatori certi, il giudice può fare riferimento alle mappe catastali. Inoltre, la Corte si pronuncia sull’istituto della gestione di affari altrui, chiarendo che per la sua configurabilità è necessaria la presenza di specifici presupposti, tra cui l’utilità dell’intervento per il proprietario e l’assenza di un divieto da parte di quest’ultimo.

Pubblicato il 28 June 2024 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile

N. 470/2021 R.G.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE DI
APPELLO

DI ANCONA
Seconda Sezione Civile Riunita in camera di consiglio con l’intervento dei magistrati Dott. NOME COGNOME Presidente Dott. NOME COGNOME Consigliere est. Dott. NOME COGNOMENOMECOGNOME Consigliere ha pronunciato la seguente

SENTENZA N._877_2024_- N._R.G._00000470_2021 DEL_04_06_2024 PUBBLICATA_IL_05_06_2024

Nei giudizi riuniti n. 470 del ruolo generale degli affari civili contenziosi dell’anno 2021 promosso da (C.F.:
rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME come da procura in atti APPELLANTE nei confronti di (C.F.: , in qualità di erede universale testamentario di rappresentato e difeso dall’ Avv. NOME COGNOME come da procura in atti APPELLATO e n. 507 del ruolo generale degli affari civili contenziosi dell’anno C.F. C.F. (C.F.: rappresentato e difeso dall’ Avv. NOME COGNOME come da procura in atti APPELLANTE nei confronti di (C.F.: , in qualità di erede universale testamentario di rappresentato e difeso dall’ Avv. NOME COGNOME come da procura in atti APPELLATO

OGGETTO: Appello avverso la sentenza del Tribunale di Ascoli Piceno N. 87/2021 pubblicata il 05.02.2021.

CONCLUSIONI

Gli appellanti hanno concluso congiuntamente come da note di trattazione scritta depositate il 05.06.2023 per l’udienza del 07.06.2023 riportandosi agli atti introduttivi del giudizio ed insistendo per l’accoglimento delle conclusioni ivi rassegnate:

“Quanto alla sig.ra ribadisce le seguenti conclusioni:
• Voglia l’Ecc.ma Corte di Appello adita, in accoglimento del presente atto di appello e in riforma della sentenza n. 87/2021 del Tribunale di Ascoli Piceno, depositata in cancelleria in data 5 febbraio 2021 e notificata in data 24.03.2021, alla parte personalmente, adversis reiectis, nel merito • riformare la gravata sentenza per i motivi esposti in premessa nelle seguenti parti:
• per carenza di motivazione e/o errata valutazione delle risultanze istruttorie circa la detenzione sine titulo del frustolo di terreno per cui è causa da parte dell’appellante e per l’effetto riformare la sentenza impugnata nella parte in cui viene condannata al risarcimento C.F. C.F. e difetto di motivazione nella parte in cui viene riconosciuto il confine delle due proprietà in base alle mappe catastali invece che sulla base dello stato dei luoghi rilevato dalla C.T.U. e riportato nel suo elaborato peritale secondo quanto specificato in punto di fatto e di diritto (punto -II- di cui all’atto di appello); • Con vittoria di spese diritti e onorari di entrambi i gradi di giudizio.

2) Quanto a , ribadisce le seguenti conclusioni:
Voglia l’Ecc.ma Corte di Appello adita, in accoglimento del presente atto di appello e in riforma della sentenza n. 87/2021 del Tribunale di Ascoli Piceno, depositata in cancelleria in data 5 febbraio 2021 e notificata in data 29.03.2021, al procuratore costituito, adversis reiectis, nel merito • dichiarare la carenza di motivazione e/o errata valutazione delle risultanze istruttorie circa la detenzione sine titulo del frustolo di terreno per cui è causa da parte dell’appellante e per l’effetto riformare la sentenza impugnata nella parte in cui viene riconosciuta l’occupazione abusiva del terreno in questione e di conseguenza nella parte in cui viene condannato al risarcimento del danno per la sua occupazione abusiva rigettando le domande avverse relative a tali punti.

• riconoscere l’avvenuta gestione dell’affare altrui di parte appellante ai sensi dell’art. 2028 e ss c.c. con conseguente riconoscimento del rimborso delle spese di cui all’art. 2031 per le motivazioni espresse in punto di fatto e di diritto nella somma di Euro 5.200,00 o di quella minore che l’Ecc.ma Corte riterrà di giustizia (punto -I- atto di appello);
• annullare e revocare per errore e difetto di motivazione in punto di fatto e di diritto la condanna al risarcimento del danno da lite temeraria ai sensi e per gli effetti dell’art. 96 c.p.c. (punto -II- atto di appello);
• Con vittoria di spese diritti e onorari di entrambi i gradi di giudizio.

” L’appellato ha concluso come da note di trattazione scritta depositate il 19.05.2023 per l’udienza del 07.06.2023 riportandosi alle conclusioni già spiegate in atti:

“…Dichiarare inammissibile e comunque rigettare perché destituito di fondamento giuridico e fattuale, l’appello sentenza n. 87/2021 su R.G. 2506/2016 REP. n. 138/21 del Tribunale di Ascoli Piceno, depositata cancelleria data 05.02.2021, confermando la sentenza impugnata Condannare gli appellanti ai sensi dell’art. 96 c.p.c In ogni caso, condannare parte appellante alle spese e competenze professionali difensive del grado di giudizio, oltre rimborso forfettario 15%, iva e cpa.”

FATTI DI CAUSA

Con la sentenza impugnata, il Tribunale di Ascoli Piceno ha:
– dichiarato la titolarità in capo ad erede universale testamentario della signora della porzione di terreno sito in Comune di Offida e distinto al NCEU di detto Comune al foglio n. partt. 736 e 737 disponendone il rilascio da parte dei convenuti – respinto la domanda riconvenzionale avanzata dal intesa ad ottenere la condanna dell’attore al rimborso delle spese sostenute ex art. 2031 c.c.;
– stabilito i confini tra le proprietà con conseguente obbligo di rilascio della parte di terreno precedentemente acquisito in modo errato dal confinante;
– condannato i convenuti a risarcire il danno per abusiva occupazione del fondo nella misura di € 1.500,00 oltre interessi legali dalla data della sentenza al saldo;
– condannato , ai sensi dell’art. 96 c.p.c., a risarcire il danno in favore di parte attrice nella misura di € 600,00;
– condannato i convenuti, in solido, a rifondere alla parte attrice le spese di lite per l’importo di € 4.900,00 oltre accessori;
– posto definitivamente a carico di parte attrice e di parte convenuta le spese di CTU nella misura del 50% ciascuna.

II) Avverso detta sentenza hanno interposto separato appello rimasta contumace in primo grado, e.

La prima ne ha chiesto la riforma per carenza di motivazione *** titulo del frustolo di terreno per cui è causa, con conseguente revoca della sua condanna al risarcimento per occupazione abusiva, oltre che per errore e difetto di motivazione in punto di definizione del confine in base alle mappe catastali.

, come la COGNOME, ha contestato anzitutto la declaratoria della detenzione sine titulo del frustolo per carenza di motivazione e/o errata valutazione delle risultanze istruttorie con riforma della pronuncia in punto di riconosciuta occupazione abusiva e, dunque, di condanna al risarcimento posta anche a suo carico.

Ha insistito, inoltre, nella richiesta di applicazione della disciplina della gestione di affari altrui ex artt. 2028 ss c.c. – già oggetto di domanda riconvenzionale – con conseguente riconoscimento del suo diritto al rimborso delle spese nella misura di € 5.200,00 ovvero in quella minore ritenuta di giustizia.

In ultimo, il ha chiesto l’annullamento e la revoca per errore e difetto di motivazione in fatto e in diritto della condanna al risarcimento del danno per lite temeraria ex art. 96 c.p.c. III) Nei procedimenti così incardinati si è costituito il signor che, in entrambi i casi, ha concluso per la conferma della sentenza.

IV) All’udienza del 12.01.2022, i due procedimenti sono stati riuniti in quanto impugnazioni avverso la medesima sentenza.
Preso atto delle note scritte depositate con cui le parti hanno precisato le rispettive conclusioni, trascritte in epigrafe, la causa è stata trattenuta in decisione all’udienza del 07.06.2023 con concessione dei termini per lo scambio di comparse conclusionali e memorie di replica.

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il gravame, ha impugnato la sentenza in epigrafe affidandosi a due motivi:
1.a) con il primo, ha contestato la condanna al risarcimento dei danni e alle restituzione per carenza assoluta di prova, tanto negli atti di è causa.

Ha evidenziato di non essersi mai, infatti, occupata della pulizia dell’orto né di averne mai in alcun modo goduto, anche in considerazione del suo precario stato di salute e delle allergie sofferte.

La detenzione (consistente nell’opera di manutenzione) sarebbe, piuttosto, elemento riferibile al solo così come, peraltro, riconosciuto dallo stesso primo giudice allorquando ha proceduto alla quantificazione del risarcimento, riducendolo rispetto a quello indicato dal CTU nella propria relazione tecnica, proprio in considerazione della saltuaria attività di pulizia compiuta dal 1.b) con il secondo, la ha impugnato la sentenza anche in ordine alla regolamentazione dei confini tra le proprietà delle parti di causa, secondo la stessa ben definiti – come risulterebbe anche dalla CTU elaborata in corso di causa – grazie alla presenza di una rigogliosa siepe di alloro e dei rilevati paletti in ferro ( con lettera 23.03.2015 parte attrice del giudizio di primo grado aveva richiesto la restituzione dell’orto ed il regolamento di confini adducendo che era stata abbattuta la rete di recinzione che delimitava le due proprietà) posti vicino al fusto della pianta di alloro, diversi da quelli risultanti catastalmente sicché il primo giudice avrebbe dovuto stabilirlo in corrispondenza della linea di allineamento dei paletti di ferro a T posti a ridosso della siepe (dunque, in base allo stato dei luoghi) atteso che, secondo il dettato normativo, solo in mancanza di altri elementi il giudice può attenersi alle mappe catastali. 2) Il signor ha impugnato la pronuncia sulla base di due motivi:

2.a) con il primo, ha contestato la condanna al risarcimento del danno per l’occupazione sine titulo evidenziando di non aver mai messo in discussione la proprietà del terreno di cui trattasi tanto da aver chiesto – con domanda riconvenzionale – l’indennizzo ex art. 2031 c.c. che presuppone il riconoscimento della proprietà in capo ad altri, ma anche che, come sarebbe emerso nel corso dell’istruttoria di primo per due o tre volte nel corso di almeno dieci anni mentre egli vi aveva provveduto costantemente per tutto l’arco di tempo di riferimento. A fronte della mancata manutenzione da parte del legittimo detentore ) egli vi aveva provveduto spontaneamente, considerato lo stato di abbandono del frustolo di terreno confinante con la sua proprietà, recando, peraltro, un notevole vantaggio alla proprietà del sig. così da doversi ritenere sussistenti i presupposti per la gestione di affari altrui con conseguente diritto a vedersi rimborsate le spese sostenute;

2.b) con il secondo motivo, ha contestato la fondatezza della condanna al risarcimento per lite temeraria.

Secondo le doglianze dell’appellante, infatti, il primo giudice avrebbe travisato gli elementi di fatto emersi nel corso del giudizio configurando la resistenza del convenuto ed odierno appellante come colpa grave salvo poi riconoscerne parzialmente ragioni riducendo somma del risarcimento in virtù della saltuaria attività di pulizia compiuta.

Tale decisione evidenzierebbe, dunque, l’insussistenza dei presupposti della malafede o colpa grave richiesti per poter disporre la condanna ex art. 96 c.p.c. 3) Costituendosi in entrambi i procedimenti, il signor ha preso posizione sulle argomentazioni delle controparti, contestandole integralmente.

In particolare, ha evidenziato come sia stato provato nel corso dell’istruttoria svolta in primo grado (prove testimoniali; relazione ctu;
missiva del 14.07.2021 con cui venivano fatte pervenire le chiavi del cancello di accesso all’orto), il titolo di proprietà del terreno per cui è causa in capo alla sua dante causa e l’illegittima occupazione da parte di entrambi i coniugi dell’orto che avevano utilizzato a proprio vantaggio fin dal 04.08.2014, data a partire della quale lo stesso si è qualificato detentore, rifiutando poi di restituirlo dopo che il Comune di Offida aveva manifestato la volontà di non , quanto alla Appelt, occorreva considerare l’inerzia processuale e la mancata contestazione da parte della predetta dell’illegittimo impossessamento, valutabili ex artt. 115 e 116 c.p.c. ai fini della decisione in ordine all’occupazione senza titolo del fondo – restituito, appunto, solo nel 2021 – e rispetto al quale la parte convenuta non godeva di alcun titolo per l’utilizzo né di alcun potere di gestione.

Quanto alla posizione del , ha evidenziato come questi fosse pienamente consapevole dell’esistenza di un contratto preliminare tra la ed il con il quale quest’ultimo aveva conseguito, sin dal momento della stipula (25.11.2003), il possesso materiale del bene e, dunque, l’obbligo di procedere alla periodica manutenzione e cura e, pertanto, egli avrebbe dovuto rivolgersi all’Ente per ottenere la manutenzione dell’orto ovvero la restituzione delle somme asseritamente spese (eppure non provate) per la gestione da ritenersi, in realtà, non ricorrente nel caso di specie stante l’assenza dei presupposti richiesti ex lege ossia l’absentia domini anche sotto il profilo dell’assenza di opposizione o divieto del proprietario alla gestione altrui (vi era infatti un soggetto tenuto alla pulizia dell’orto, il , e non poteva certo sussistere un tacito assenso da parte della anche considerando la controversia esistente da anni tra le parti) e l’utilità della gestione a favore dell’interessato (atteso che, per sua stessa ammissione, il ha perseguito uno scopo unicamente proprio ossia la necessità di tutelarsi da pericoli di carattere igienico sanitario).

Al di là del dato, ha sottolineato come il non abbia opposto nulla in ordine alla regolamentazione dei confini e conseguente apposizione di termini e, d’altra parte, come la signora non abbia replicato alla circostanza del rifiuto da parte dei coniugi di procedere alla restituzione del fondo dovendosi, dunque, dette circostanze, valutare ex art. 115 c.p.c.

Quanto all’aspetto della determinazione dei confini, ha evidenziato della siepe, di cui non si conosce la data di impianto, e/o di vecchi paletti di recinzione di cui pure non si conosce la destinazione e l’epoca di apposizione risultando, dunque, del tutto legittima la scelta del giudice di basarsi sui dati catastali in assenza di altri elementi.

La in particolare, non ave a indicato elementi probatori che dimostrassero in qualche modo che la siepe o i paletti fossero riconducibili realmente alla delimitazione dei confini né aveva svolto alcuna domanda riconvenzionale per riconoscere un confine diverso da quello catastale.

In ultimo, ha evidenziato la correttezza della condanna per lite temeraria a fronte della sussistenza, nella condotta processuale della parte costituita , quantomeno della colpa grave avendo egli resistito in giudizio violando le regole della comune prudenza stante la consapevolezza della infondatezza delle ragioni fatte valere nel costituirsi;

la domanda riconvenzionale svolta pur avendo contezza dell’esistenza del contratto preliminare e del verbale di conciliazione – sottoscritto dallo stesso – che imponeva ad altro soggetto, il , di effettuare la manutenzione dell’orto oltreché assolutamente priva di sostegno probatorio quanto alle lamentate spese sostenute e richieste indietro;

l’ingiustificato rifiuto di accesso al frustolo dal 2014 al 2021 che ha costretto la parte attrice ad instaurare dapprima il procedimento di mediazione e poi quello giudiziario per contrastare l’ingiustificata opposizione della controparte.

4) Il gravame risulta parzialmente fondato e va accolto nella misura che segue.

I motivi riguardano la declaratoria dell’occupazione sine titulo (infondata per mancanza di prova secondo la e da qualificarsi piuttosto quale gestione di affari altrui secondo il ), l’ errata regolamentazione dei confini in quanto basata sulle risultanze catastali piuttosto che sullo stato dei luoghi e, in ultimo, la condanna per lite temeraria in assenza dei presupposti di legge.

Quanto alla prima questione, è circostanza incontestata la il 21.05.2019, nel corso del giudizio di primo grado – e poi ad nominato erede universale dalla prima con testamento pubblico del 05.12.2015.

Ciò posto, incontrovertibile poiché pacificamente ammesso nel corso del giudizio che il abbia proceduto alla manutenzione del terreno medesimo per anni tanto da essersi egli stesso qualificato detentore (v. missiva 04.08.2014 a firma Avv. COGNOME) e da aver chiesto il rimborso delle spese asseritamente sostenute per i lavori eseguiti nella veste di gestore di affari ex artt. 2082 ss c.c.

Di tali spese, tuttavia, non è mai stata fornita alcuna prova né può dirsi che, nel caso di specie, ricorra la fattispecie della gestione di affari tenuto conto dell’assenza dei requisiti richiesti dalla normativa ossia la mancanza di divieto da parte del dominus, l’impossibilità di quest’ultimo a provvedere (In tema di gestione d’affari la presenza del “dominus” e la sua “scientia” non escludono automaticamente il presupposto di fatto della gestione, in quanto la concreta impossibilità del “dominus” di provvedere rende pienamente ammissibile l’intervento del gestore, sempre che l’inerzia dell’interessato non abbia il senso della “prohibitio”, atteso che l’esistenza di una opposizione dell’interessato, anche implicita o tacita, alla gestione altrui è fattore da solo sufficiente ad escludere la fattispecie di cui all’art. 2028 cod. civ. V. Cass., sent. n. 13203/2015) e l’utilità della gestione (L’istituto della “negotiorum gestio”, così come previsto e disciplinato dagli artt. 2028 e segg. cod.civ., postula uno svolgimento di attività, da parte del gestore, diretta al conseguimento dell’esclusivo interesse dell’altro soggetto, – non configurabile, quindi, nelle ipotesi in cui ricorra una contrapposizione dei rispettivi interessi di cui risultino portatori, rispettivamente il “negotiorum gestor” ed il negotiorum gestus” -, caratterizzato dalla spontaneità dell’intervento del gestore, e quindi dalla mancanza di un qualsivoglia rapporto giuridico in forza del quale il gestore sia tenuto ad intervenire nella sfera giuridica altrui. V. Cass., sent. n. 23823/2004).

Nella fattispecie all’esame della Corte, infatti, si evidenzia la strenua a che il si occupasse del fondo, oltreché l’insussistenza del requisito dell’impossibilità a provvedervi dei titolari che, peraltro, avevano sottoscritto un preliminare di compravendita con il sindaco del con il quale questi si era assunto l’impegno di occuparsi della manutenzione fin dalla sottoscrizione (impegno poi confermato anche in sede di conciliazione innanzi al Giudice di Pace e alla presenza del ).

Pure assente risulta essere il presupposto della gestione per la soddisfazione di un interesse proprio del beneficiario atteso che è stato pacificamente ammesso dal di essersi attivato nella pulizia per scongiurare rischi igienico – sanitari alla sua proprietà, adiacente a quella ***-***.

Va, dunque, esclusa l’ipotesi della gestione di affari mentre va valutata nel senso della sussistenza della circostanza dell’occupazione senza titolo – oltre alla incontestata manutenzione, eseguita pur senza esservi tenuto, da parte del – la missiva del 09.07.2021 con cui, in esecuzione della sentenza impugnata, i coniugi hanno fatto pervenire al per il tramite dei rispettivi difensori, la chiave del portone per l’accesso dalla pubblica via al terreno di cui trattasi, specificando che “con il ricevimento da parte Vostra della presente nota e della chiave allegata, il terreno di cui trattasi è a disposizione del proprietario, sig. , pertanto i miei assistiti ritengono di averlo restituito …”.
Il contenuto di tale missiva costituisce elemento dirimente in ordine all’elemento della consapevolezza dell’occupazione senza titolo del terreno in capo sia al che alla e, dunque, in ordine alla fondatezza della condanna pronunciata a carico di entrambi.

Sul punto, pertanto, la sentenza va confermata.

Quanto all’aspetto della regolamentazione dei confini, va anzitutto osservato che la posizione di appellante non costituito nel primo grado di giudizio della (che ha formulato gravame sul punto), le impedisce – in applicazione delle norme sulle preclusioni in in proposito nel corso del grado precedente dovendosi la stessa, piuttosto, limitare a svolgere argomentazioni difensive anche rispetto alla pronuncia adottata in primo grado.

Va quindi rilevato che già nel corso del primo grado e, più in particolare, in sede di atto di citazione, lo stesso richiamando il contenuto di una propria missiva, ha fatto riferimento alla presenza di una rete posta al confine tra le proprietà (“in data 23/03/2015 Avv. COGNOME inviava missiva in cui riferisce … all’immediata restituzione dell’orto di cui sopra libero da persone e cose ed alla fissazione di una data per procedere alla verifica del confine posto che risulta abbattuta la rete di recinzione che delimitava le due proprietà”) attribuendo quindi rilievo a tale circostanza rispetto alla domanda svolta. Tale elemento risulta, dunque, essere stato tempestivamente allegato e di conseguenza acquisito al processo.

L’esistenza della rete a confine è stata valorizzata anche dal CTU nominato in primo grado.

Nella relazione depositata si legge, infatti, che “Tra il giardino sopra descritto e la casa della signora (coniugata con il signor ), trova spazio una rigogliosa siepe di alloro posta a circa due metri dalla parete est della casa ed a circa quattro metri e mezzo dalla parete sud del fabbricato.

Durante il sopralluogo sono stati rilevati dei paletti in ferro posti vicino al fusto della pianta di alloro (vedi foto allegate) che fanno presumere la presenza di una remota recinzione a delimitazione dello spazio in uso esclusivo utilizzato dai proprietari della casa” (pag. 3 – relazione CTU).

Il CTU, quindi, aveva elaborato due diverse ipotesi individuando un primo confine, coincidente con le risultanze delle mappe catastali, ed un secondo confine, corrispondente alla linea di collegamento dei paletti a ridosso della siepe.
onere di allegare e fornire qualsiasi mezzo di prova idoneo all’individuazione dell’esatta linea di confine, mentre il giudice, del tutto svincolato dal principio “actore non probante reus absolvitur”, deve determinare il confine in relazione agli elementi che gli sembrano più attendibili, ricorrendo in ultima analisi alle risultanze catastali, aventi valore sussidiario” ( Cass. Sez. 2, Ordinanza n.10062 del 24.04.2018).

L’allegazione da parte dell’attore in primo grado dell’esistenza di una rete metallica contestualmente allo svolgimento della domanda di regolamentazione dei confini non può non assumere rilievo ai fini in esame;
né la valenza di tale elemento potrebbe essere superato da quanto dedotto nel presente grado del giudizio da parte del con l’evidente intento di escludere o quanto meno ridimensionare la portata di siffatta affermazione.

Il rinvenimento di tali paletti da parte del CTU, un tempo utilizzato a sostegno della rete metallica, impongono la parziale riforma della sentenza mediante accertamento dei confini tra le due proprietà da individuarsi in corrispondenza dei paletti di ferro a t posti a ridosso del fusto della siepe di alloro e, dunque, con la linea D-E-F-G-H delineata dal CTU all’esito delle operazioni peritali con la relazione datata 07.11.2019 da ritenersi, in parte qua, integrante la presente sentenza.

Il rilascio della conseguente più ridotta porzione occupata, stante l’esiguità della stessa, non si ritiene possa incidere sull’entità della somma riconosciuta a titolo di risarcimento del danno.

8.) Ritiene, infine, il Collegio che non possa essere confermata la condanna del al risarcimento del danno ex art. 96 c.p.c. in assenza dei presupposti per la sua applicazione.

al parametro della correttezza – dell’esercizio ad opera della parte soccombente delle sue prerogative processuali in modo abusivo, cioè senza tener conto degli interessi confliggenti in gioco, sacrificandoli ingiustificatamente sproporzionatamente relazione all’utilità effettivamente conseguibile, da desumersi in termini oggettivi dagli atti del processo o dalle condotte processuali e senza che il giudizio sulla antigiuridicità della condotta processuale possa farsi derivare automaticamente dal rigetto della domanda o dalla inammissibilità o dall’infondatezza della impugnazione (Cass., ord. n. 26545/2021). All’esito del giudizio deve ritenersi che il , costituendosi senza contestare il diritto di proprietà dell’attore e l’occupazione della porzione altrui, si è limitato ad esercitare tutte le prerogative connesse all’esercizio del proprio diritto di difesa, costituzionalmente garantito, rispetto agli interventi attuati sul fondo ancorché sull’erroneo presupposto della configurabilità della gestione altrui, sì da doversi escludere i requisiti della mala fede o colpa grave.

La sentenza impugnata va, quindi, riformata anche in punto di condanna ex art. 96 c.p.c. 9.)

Il giudice di appello, allorché riformi in tutto o in parte la sentenza impugnata, deve procedere d’ufficio, quale conseguenza della pronuncia di merito adottata, ad un nuovo regolamento delle spese processuali, il cui onere va attribuito e ripartito tenendo presente l’esito complessivo della lite poiché la valutazione della soccombenza opera, ai fini della liquidazione delle spese, in base ad un criterio unitario e globale.

Il parziale accoglimento dell’appello svolto dalla impone una parziale compensazione delle spese di lite nella misura di un terzo, poste per la restante parte a carico degli appellati, in solido, come già liquidate, quelle del primo grado, e liquidate come da dispositivo quelle del presente grado del giudizio.

Corte, sugli appelli riuniti proposti da e da nei confronti di avverso la sentenza del Tribunale di Ascoli Piceno n. 87/2021 pubblicata il 05.02.2021 in parziale accoglimento dell’impugnazione e parziale riforma della gravata sentenza:

– accerta i confini tra i fondi distinti al NCEU del Comune di Offida con il foglio particelle nn. e con il foglio particella n. secondo il tracciato con la linea blu di cui alla rappresentazione grafica alla pagina 5 dell’elaborato a firma Geom. – rigetta la domanda ex art. 96 c.p.c. -dichiara compensate nella misura di un terzo le spese di entrambi i gradi del giudizio, poste per la restante parte a carico di , in solido fra loro, come già liquidate, quelle di primo grado, e liquidate per l’intero quanto al presente grado in euro 800,00 per la fase di studio, euro 800,00 per la fase introduttiva, euro 1.200,00 per la fase decisionale, oltre rimborso forfetario delle spese generali nella misura del 15%, IVA e CAP come per legge. Così deciso in Ancona, nella Camera di Consiglio del 17.01.2024

Il Consigliere Estensore Dott. NOME COGNOME Il Presidente Dott. NOME COGNOME *** **** **** *** **** C.F.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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