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Codice Civile
Codice Penale

Regolazione spese processuali, parziale soccombenza reciproca

La sentenza affronta il tema del rimborso spese per gli amministratori di società, in particolare per quanto riguarda i viaggi dall’estero, e chiarisce che tale diritto deve essere espressamente previsto dalla disciplina interna della società. Inoltre, la Corte definisce i criteri di ripartizione delle spese legali in caso di parziale soccombenza reciproca, stabilendo che il giudice deve valutare l’esito complessivo della lite e adottare un criterio di ripartizione equo e conforme a giustizia.

Pubblicato il 15 June 2024 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

pagina 1 di 26 N. 794/2021 R.G.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE D’APPELLO DI FIRENZE

SEZ. II CIV.
composta dai magistrati:
dott. NOME COGNOME COGNOME COGNOME Presidente rel.
– dott. NOME COGNOME – dott. NOME COGNOME Consigliere ha pronunciato la seguente

SENTENZA N._197_2024_- N._R.G._00000794_2021 DEL_30_01_2024 PUBBLICATA_IL_30_01_2024

sull’appello proposto – COGNOME NOME , rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME
– appellante –
contro – RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dagli avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME
– appellata –
avverso la sentenza n.2306/2020 emessa in data 2 5/10 /2020 dal Tribunale di Firenze;
sulle seguenti

CONCLUSIONI

– per l’appellante:
1. in via pregiudiziale e cautelare, sospendere e/o revocare la provvisoria esecutorietà della sentenza impugnata per i motivi dedotti nel presente atto;

2. in via principale, nel merito, accogliere l’appello per i motivi dedotti in narrativa e, per l’effetto, in riforma della sentenza n.2306/2020 emessa in data 25/10/2020 dal Tribunale di Firenze, Giudice Dott. NOME COGNOME nel giudizio recante N.R.G.
1721/2016, pagina 2 di 26 depositata in cancelleria in data 26/10/2020, accogliere tutte le conclusioni avanzate in prime cure che qui si riportano:

Avuto riguardo delle circostanze di cui in premessa, annullare ad ogni effetto come per legge il decreto ingiuntivo n°6763/2015 – RG 15133/2015 e condannare in via riconvenzionale la S oc. alla corresponsione in favore dell’Avv. NOME COGNOME degli emolumenti dovutigli per l’opera prestata di Consigliere di Amministrazione, al rimborso/indennizzo delle spese di viaggio, vitto e alloggio sostenute durante i due mandati (2009/2011-2012/2014) in cui ha ricoperto la carica di Amministratore e Membro del Consiglio di Amministrazione della società, mediante il pagamento in favore dell’Avv. NOME COGNOME della complessiva somma di €.36.643,18, oltre al risarcimento del danno economico subito indicato in euro 14.000,00 per l’addebito relativo alla sanzione amministrativa applicata dalla Banca d’Italia per le irregolarità commesse dalla società  Spa o della diversa somma che risulterà di giustizia, oltre interessi fino al dì dell’integrale ed effettivo saldo del dovuto; nella denegata ipotesi che l’Ill.mo Giudice adito non ritenesse di disporre l’annullamento e la revoca del decreto ingiuntivo opposto, in accoglimento della domanda riconvenzionale proposta dall’ingiunto, condannare in via riconvenzionale la Soc. alla corresponsione in favore dell’Avv. NOME COGNOME degli emolumenti dovutigli per l’opera di Consigliere di Amministrazione prestata, alla restituzione delle spese sostenute per viaggi, vitto ed alloggio nell’esecuzione dell’incarico, per le motivazioni di cui in premessa, detratto l’importo già riconosciuto da F id i Toscana e detratt o l’ importo del Decreto Ingiuntivo opposto, mediante il pagamento in favore dell’Avv. NOME COGNOME della complessiva somma di €.36.643/18c, oltre al risarcimento dei danni subiti per la sanzione amministrativa di euro 14.000’00 inflitta dalla Banca d’Italia o della diversa somma che risulterà di giustizia, oltre interessi fino al dì dell’integrale ed effettivo saldo del dovuto.

3. E, per l’effetto, disattendere tutte le eccezioni e le istanze sollevate dall’appellato dinanzi il Tribunale per tutti i motivi meglio esposti nel presente atto;

4. Con vittoria di spese e compensi oltre il rimborso forfettario per spese generali oltre IVA e CPA come per legge relativi ad entrambi i gradi di giudizio.

– per l’appellata:

Piaccia all’Ecc.ma Corte d’Appello di Firenze, ogni contraria istanza eccezione e deduzione disattesa e reietta e previa ogni opportuna declaratoria di ragione e di legge, NEL MERITO:

accertare e dichiarare l’infondatezza dell’avverso appello proposto dall’Avv. NOME COGNOME per le ragioni di cui in narrativa, confermando integralmente la sentenza di Primo Grado n. 2306/2020 emessa in data 25 ottobre 2020 e pubblicata in data 26 ottobre 2020 dal Tribunale di Firenze, Dott. NOME COGNOME nel procedimento recante R.G. 2306/2020.

COMUNQUE, ED IN OGNI CASO:
condannare parte appellante alla refusione delle spese dei due Gradi.

FATTI DI CAUSA

Con provvedimento n. 202697 del 26 fe bbraio 2013, la Banca d’Italia irrogava sanzioni pecuniarie ai membri del consiglio di amministrazione e del collegio pagina 3 di 26 sindacale della *** s.p.a. ai sensi dell’articolo 144 TUB, avendo accertato irregolarità nella gestione societaria.

In particolare, all’amministratore avv. NOME COGNOME era c omminata la san zi one di € 14.000, 00, che , s tante la ritrosia del diretto interessato, veniva pagata dalla società obbligata in solido.

Dopo avere inutilmente chiesto al debitore principale il rimborso, questa si risolveva ad esercitare davanti al Tribunale di Firenze azione di regresso, mediante il deposito in data 1 2 ottobre 2 015 di ricorso per decreto ingiuntivo (R.G. 15133/2015) dell’importo di € 6.310,54 corrispondente all’importo della sanzione, dedotti in parziale compensazione gli emolumenti residui spettanti allo COGNOME per l’incarico amministrativo svolto.

Emesso il decreto, con atto di citazione notificato il 2 febbraio 2016, l’ingiunto proponeva opposizione:
(i) sollevando varie questioni sulla notifica e sulla ritualità del monitorio, (ii) chiamando in causa per manleva i colleghi COGNOME NOME, COGNOME e COGNOME NOME e (iii) chiedendo in via riconvenzionale la condanna di *** al pagamento:

(a) degli emolumenti dovuti per l’opera prestata, (b) delle spese sostenute nell’esecuzione dell’incarico e (c) della diaria “per diem allowance”, il tutto per complessivi € 172.339/87 o, in subordine, € 166.029,33 al netto dell’importo ingiunto.

La società opposta si costituiva chiedendo la conferma integrale del decreto ingiuntivo e il rigetto delle domande riconvenzionali avverse.

Si costituiva altresì il COGNOME, con tes tando la fondatezza della chiamata in causa.

Il giudice adito dichiarava la contumacia del NOME COGNOME e disponeva la rinnovazione della notifica nei confronti del R icci ardi, che succes siv amente si c ostituiva ass ociandosi alle difese del COGNOME.

All’esito del contraddittorio, con sentenza del 29 giugno 2017 il giudice adito, pronunciandosi in via definitiva nei soli rapporti litigiosi tra il chiamante ed i terzi chiamati, nonché in via non definitiva nel rapporto tra l’opponente e l’opposta, rigettava le domande dello

contro COGNOME, COGNOME e COGNOME, mentre con separata ordinanza, respinte le eccezioni sollevate in rito dall’opponente, rimetteva in istruttoria il contenzioso fra il medesimo e la società opposta.

Dopo avere espletata una CTU contabile (affidata alla dott.ssa pagina 4 di 26 I lari a Fani) per determina re i l saldo del dar e/a vere fra le parti, i l Tribunale si pronunciava con sentenza pubblicata il 26 ottobre 2020, rideterminando in € 1.740,54 il debito residuo netto dello  verso *** tradotto in condanna, maggiorata da interessi e ¾ delle spese di lite (compensate per ¼), analogamente le spese peritali venivano ripartite per ¼ a carico della società opposta e per ¾ a carico dell’opponente. Con atto di citazione in appello notificato il 23 /4/2022, lo *** si doleva della decisione e ne chiedeva la riforma, formulando le conclusioni riportate in epigrafe sulla base dei seguenti motivi (che, stante il carattere caotico e pletorico, riesce difficile sintetizzare e conviene riportare per esteso onde evitare dimenticanze).

“30) A) Nella sentenza impugnata, a pagina 3 paragrafo B) dalla riga 1 alla riga 5, si legge che:

[Rimane da statuire, a questo punto, sulle sole voci di dare e avere.

A tal proposito, è stata disposta apposita consulenza tecnica d’ufficio, le cui risultanze possono essere assunte a fondamento della presente decisione, poiché si sono delineate all’esito di un’indagine attenta ed esaustiva, tant’è che nessuna delle due parti ha proposto osservazioni in ordine alla relazione trasmessa in data 29.1.2019 (vd. pag. 24 della relazione del c.t.u.)] Motivo della impugnazione su questo punto (A) della sentenza 31) Questo non corrisponde al vero in quanto come risulta dal verbale di udienza del 26 marzo 2019 ore 10:51 innanzi al Giudice dott. NOME COGNOME l’opponente e CTP Avv NOME COGNOME è comparso personalmente e tramite l’Avv COGNOME COGNOME facendo richiesta al Giudice che fossero acquisite al verbale d’udienza le osservazioni dell’Avv NOME COGNOME in relazione al foglio depositato in forma telematica contenente le osservazioni relative alla CTU, proprio per contestarne le risultanze finali. L’avv. NOME COGNOME chiedeva inoltre la convocazione della ctu in udienza per fornire i chiarimenti richiesti nel documento finale inviato dal CTU.

Il Giudice invece in violazione del principio del contraddittorio, affermava che la bozza di CTU fosse stata trasmessa nei termini alle parti e che queste erano già state messe nella condizione di poter controdedurre, cosa che di fatto non è avvenuta durante la CTU.

Il Giudice a questo punto, disattendendo ogni ulteriore richiesta dell’Avv NOME COGNOME li riteneva la causa matura per la decisione fissando per la precisazione delle conclusioni l’udienza del 28/01/2020 ore 10:45.

32) Si riportano di seguito le contestazioni sollevate dall’Avv NOME COGNOME durante l’udienza del 26 marzo 2019 circa le risultanze finali della CTU ma che non sono state assunte dal Giudice nel Verbale d’udienza come invece richiesto dallo steso Avv NOME COGNOME e Avv COGNOME

33) Prima di tutto dalla CTU, pur senza prendere in esame il rimborso delle spese di viaggio e soggiorno di andata e ritorno da Londra a Firenze dovute d alla società al Cont pagina 5 di 26 Consigliere COGNOME, emerge già una notevole differenza tra il credito che è stato oggetto del ricorso per decreto ingiuntivo (R.G. 15133/2912) presentato da *** nei confronti dell’avv. NOME COGNOME in data 12 ottobre 2015 per il pagamento della somma di euro 6.310,34 (oltre spese di procedura per euro 810,00, euro 145,50 per esborsi e 15% per spese generali per un totale di euro 8.355,94) poi concesso con decreto ingiuntivo (R.G. 6763/2015) in forma esecutiva in data 7 dicembre 2015 dal Tribunale di Firenze nella persona del dott. COGNOME rilevato che il credito risultava certo, liquido ed esigibile” e le conclusioni della CTU che individuerebbero invece l’importo a credito in euro 1.740,54. Quindi una differenza di quasi ¾ a favore dell’Avv COGNOME pari ad euro 4.569.80 oltre euro 2.045,60 relativi alle spese di procedura, esborsi e spese generali relativi all’emissione del decreto ingiuntivo.

34) Pertanto, prima di entrare nel merito della CTU in base a queste conclusione il preteso credito, che RAGIONE_SOCIALE sostiene di vantar e ne i confronti del Consigliere ed in base al quale ha pro mosso il decreto ingiuntivo, non era assolutamente certo, liquido ed esigibile in quanto la stessa CTU facendo riferimento agli atti di causa depositati da Fidi RAGIONE_SOCIALE (senza tenere in conto le fatture emesse per il rimborso delle spese di viaggio e soggiorno) avrebbe calcolato un importo assai inferiore. Questo consente già di richiede l’immediato annullamento del decreto ingiuntivo (R.G. 6763/2015) emesso per “un credito non certo, non liquido e non esigibile” oltre al rimborso delle spese e dei danni causati al Consigliere COGNOME per la concessione della provvisoria esecuzione di un decreto ingiuntivo che non ne aveva i requisiti per l’incertezza del credito oggetto della richiesta.

35) Per quanto invece riguarda la sostanza della CTU la relazione non ha preso in considerazione la documentazione fornita dalla parte *** durante il corso delle operazioni peritali come la copia dei biglietti aerei per i viaggi effettuati per partecipare alle riunioni del CdA durante il periodo 2009-2015 e relative spese di soggiorno che invece sono parte del “thema decidendum” (pag. 9 della CTU) come messi a disposizione in data 3/10 2018 (All. 7) ed in data 11/12/2018 (All. 10) tramite accesso alla casella DropBox dove sono stati depositati i relativi documenti richiamati nella relazione presentata dalla CTU in data 21/11/2018 (All. 8) per consentire alla CTU di redigere la proposta transattiva da presentare alle parti come richiesto da ***. Tale documentazione invece è da ritenersi parte integrante degli atti del procedimento di cui si discute che ha ad oggetto proprio i rimborsi spesi relativi ai viaggi e alle trasferte di andata e ritorno da Londra a Firenze dovute dalla società al Consigliere  per partecipare ai lavori del Consiglio.

La stessa *** attraverso il proprio CTP COGNOME (pag 8 della CTU) ha infatti riconosciuto durante la riunione del 27/09/2018 il diritto al rimborso a favore dei Consiglieri come deliberato dagli organi della società con espresso riferimento a quelli residenti nel territorio italiano.

Essendo il Consigliere COGNOME non residente nel territorio italiano ma in Inghilterra, le spese di viaggio e di trasferta per raggiungere la sede di Firenze sono d i gran lunga superiori.

In fat ti, la CTU nell’esaminare la documentazione per giungere ad una valutazione transattiva tra le parti circa, ha calcolato solo per il triennio 2012-2015 in euro 5.023,16 le spese di viaggio aereo e euro 10.360,00 le spese di soggiorno sostenute dal Consigliere COGNOME noli per partecipare ai lavori del Consiglio.

36) La relazione della CTU non ha invece preso in considerazione l’indennizzo dovuto al Consigliere COGNOME relativo al tempo speso per le trasferte da Londra a Firenze per partecipare ai lavori del consiglio e il tempo necessario per studiare presso la sede della società le pratiche che dovevano essere approvate durante le riunioni del CdA, pratiche complesse per finanziamenti elevati con alto livello di responsabilità per i membri del CdA come dimostra il provvedimento sanzionatorio emesso dalla Banca d’Ita lia.

37) Si ricorda che Il rimborso delle spese sostenute per lo svolgimento della prestazione professionale è un diritto previsto dall’articolo 1720 cc in tema di mandato e dall’articolo 2233 cc in materia di professioni intellettuali come la professione di Avvocato svolta dal Consigliere COGNOME.

38) Con riferimento poi al quesito posto dal giudice al CTU:
“definire i rapporti di dare avere/avere tra l’Avv o lo RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, avuto riguardo ai riscontri documentali in atti ed al thema decidendum di questo giudizio” questi rapporti di dare/avere non sono solo circoscritti al rimborso delle spese di viaggio e agli indennizzi dovuti per le trasferte di andata e ritorno da Lon dra a Firenze.
A1 doglianze in ordine alla CTU 39) La CTU non si è invece pronunciata né:
a) sull’indennizzo connesso all’emissione del provvedimento della Banca d’Italia con riferimento all’accertamento dei fatti ai fini delle responsabilità della *** in sede civile nei confronti del nsigliere COGNOME per i fatti da imputare alla società per le responsabilità ricadenti sulla Direzione Generale e la struttura sottostante che non ha vigilato sull’attività gerarchicamente sottoposta alla Direzione Generale ne’ ha trasmesso al Consiglio di Amministrazione le necessarie informazioni per deliberare sulle materie oggetto di censura come spiegato nella relazione del provvedimento sanzionatorio ai fini dell’applicazione della sanzione amministrativa (infatti il provvedimento sanzionatorio di Banca d’Italia ha solo valore agli effetti della sanzione amministrativa ma non riguarda l’accertamento dei fatti contestati dal Con sigli RAGIONE_SOCIALE in sede civile contro la società). Su questo punto si richiama la Cassazione civile Sez. Unite sentenza n. 10680 del dicembre 1994.

Massima 1 [La norma di cui all’art. 1720, comma 2, c.c., secondo cui il mandante deve risarcire i danni che il mandatario ha subito a causa dell’incarico, è applicabile, in via analogica, anche a favore dell’amministratore di una società di capitali — la cui posizione, quanto ai rapporti societari interni, è simile a quella del mandatario — atteso che l’assenza di una disposizione riferita specificamente alle perdite sopportate dall’amministratore dà luogo — in presenza di un principio legislativo di rimborsabilità delle spese, o comunque di ristoro delle perdite sopportate nella gestione dell’interesse altrui, principio desumibile, oltre che dal citato art. 1720, comma 2, dall’art. 2031, comma 1, c.c., in materia di gestione di affari, e dall’art. 2234 c.c., in materia di rapporti tra clienti e professionista intellettuale — ad una lacuna in senso proprio che richiede, ai sensi dell’art. 12, comma 2, prel. c.c., il ricorso all’interpretazione analogica, il quale evita altresì il determinarsi di una situazione normativa contrastante con il principio di eguaglianza di cui all’art. 3; comma 1, della Costituzione]. Masima 2 [Perché l’amministratore di una società di capitali ottenga il rimborso delle spese ai sensi dell’art. 1720, comma 2, c.c., da applicare in via analogica, è necessario che pagina 7 di 26 abbia sostenuto tali spese a causa, e non semplicemente in occasione, del proprio incarico.]

(b) sull’indennizzo relativo alla denuncia per violazione del diritto comunitario – attuazione della linea di intervento 1.4 del POR Toscana FESR 2007- 2013 “Interventi di garanzia per gli investimenti POR CreO 2007-2013 CHAP (2014)4014 presenti in atti a cui la comunicazione di NOME COGNOME – Head of Unit DIRECTORATE-GENERAL REGIONAL AND URBAN POLICY Policy Legal affairs della Commissione Europea che ha accertato le gravi irregolarità di F idi Tosc ana nonché’ il diritto d ’indennizzo a favore dell’Avv. NOME COGNOME per tutti i danni subiti (All. 11 e 12 della CTU richiamati a pag. 10 e 11). 40) La CTU non ha inoltre evidenziato l’importanza e le responsabilità che derivavano al Consigliere COGNOME nella sua qualità di membro del CdA di una società come *** sottoposta al cont rollo della Banca d’Italia.

L’incarico infatti prevedeva responsabilità rilevanti come illustra il provvedimento sanzionatorio irrogato dalla Banca d’Italia nei confronti dei singoli Consiglieri equivalente a ben tre annualità di compenso percepite (il compenso dei consiglieri era di Euro 5.000,00 all’anno).

Oltre ciò la CTU non ha evidenziato il fatto che il Consigliere COGNOME doveva sostenere spese aggiuntive rispetto agli altri Consiglieri residenti in Toscana, dovendo venire da Londra con maggiore dispendio di tempo per partecipare ai lavori delle riunioni del CdA il cui diritto di rimborso (spese di viaggio e soggiorno) e d’indennizzo e’ previsto espressamente dagli artt. 1720
c.c. 2 comma [si richiamano nuovamente le due massime circa la linea interpretativa delle Sezioni Unite nella sentenza n. 10680 del 14 dicembre 1994] e 2233 c.c.

41) La CTU non ha preso in esame le spese di viaggio e gli indennizzi relativi al primo mandato 2009-2012 in quanto la *** ha dichiarato di non voler riconoscere alcun rimborso o indennizzo come invece previsto per il triennio 2012-2015 facendo solo riferimento ad una carenza di deliberazione degli organi sociali in tal senso in violazione delle disposizioni relative al diritto al rimborso delle spese ed indennizzo come previsto dagli artt. 1720 c.c. 2 comma e 2233 c.c.

42) Quindi l’impostazione data dalla CTU allo svolgimento delle operazioni peritali non è da accogliere in quanto nella stesura finale della CTU del 2 9 /01/2019 non verrebbero neppure riconosciute al Consigliere COGNOME le spese di viaggio e di soggiorno sostenute durante i due mandati 2009-2015 (come invece accertate per il triennio 2012- 2015 nella relazione del 21/11/2018 All.8) in violazione delle regole generali sul mandato (art 1720 c.c.) e sulle professioni intellettuali ( art 2233 c.c.) imputando solo le responsabilità derivanti dall’incarico di membro del CdA in relazione all’applicazione della sanzione della Banca d’Italia senza tenere in alcun conto il diritto d’indennizzo che spetta al Consigliere COGNOME in forza della deliberazione assunta dalla Commissione Europea come sopra richiamata (All.11).

43) Quindi le conclusioni contenute nella relazione finale della CTU sono oltretutto in contraddizione con la precedente relazione del 21 novembre 2018 (All. 8) predisposta dalla CTU con riguardano l’analisi dei documenti di viaggio e soggiorno prodotti dal Consigliere  in relazione alle propri e spese di rette e relative agli accertamenti effettuati durante tale fase della CTU.

In questa prima fase *** ha manifestato Cont pagina 8 di 26 una disponibilità transattiva “strumentale” circa il riconoscimento delle spese di viaggio e gli indennizzi di trasferta dovuti al Consigliere COGNOME poi venendo a conoscenza delle risultanze documentali come evidenziate nella relazione CTU del 2 1 novembre 2018 ha cambiato atteggiamento vista l’onerosità della proposta transattiva promossa dalla società.

44) Ma l’atteggiamento tenuto durante la CTU da parte di *** non stupisce il Consigliere COGNOME in quanto è lo stesso atteggiamento tenuto fin dall’inizio della causa con la richiesta di un’ingiunzione da parte della società per un credito assolutamente non dovuto dallo COGNOME ma frutto della conflittualità dei rapporti che si sono venuti a creare tra le parti fin dall’inizio del primo mandato (2009-2012) per le divergenze con la Presidenza e Direzione Generale della società ed il Consigliere.

La Comunicazione di E NOME COGNOME Head of Unit DIRECTORATE-GENERAL REGIONAL AND URBAN POLICY Policy Legal affairs della Commissione Europea è invece l’ulteriore dimostrazione delle gravi irregolarità commesse dalla società e dalla Regione Toscana nella gestione della linea di intervento 1.4 del POR Toscana FESR 2007- 2013 “Interventi di garanzia per gli investimenti POR CreO 2007-2013 di cui alla denuncia CHAP (2014)4014 dell ’Avv COGNOME e che ha accertato un ulteriore diritto d’indennizzo a favore dell’Avv. NOME COGNOME (All. 11 e 12 della CTU richiamati a pag. 10 e 11 della CTU).

45) Con riferimento a quanto spetta all’Avvocato per l’indennità di trasferta il D.M. n. 55/2014 tratta negli artt. 11 per la materia civile, 15 per la materia penale e 27 per l’attività stragiudiziale.

Le prime due disposizioni si limitano a prevedere che “per gli affari e le cause fuori dal luogo ove svolge la professione in modo prevalente, all’avvocato incaricato della difesa è di regola liquidata l’indennità di trasferta e il rimborso delle spese a norma dell’art. 27 della materia stragiudiziale.

La disciplina delle spese riconosciute al legale è indipendente dall’ applicabilità dei parametri o dal loro effettivo utilizzo.
Sia il rimborso delle spese di trasferta (art. 1) che le spese generali (art. 2) sono dovuti all’avvocato anche in caso di determinazione contrattuale del compenso.

46) Ultima considerazione relativa alle risultanze peritali, riguarda le somme richieste dall’Avv. COGNOME a titolo di diaria “diem allowance” richiamate a pag 20 della CTU per il periodo 2009-2015 e che la CTU ha identificato nell’importo di euro 131.722,64 (corrispondente all’importo di USD 144.000,00) in applicazione della tabella del Regolamento della ICC per cui l’Avv S pag n oli ha svolto funzioni arbitrali.

La CTU ha omesso di esaminare l’aspetto giuridico dell’applicazione di tale indennizzo, che è stato usato dall’Avv NOME COGNOME in ca renza di un’ apposita previsione assembleare della società, alternativo ad altro criterio equo che comunque riconosca un indennizzo in forza dei principi generali come richiamati dal D.M. n. 55/2014 per l’indennità di trasferta dell’Avvocato.

Infatti, come detto al precedente punto (45) “per gli affari e le cause fuori dal luogo ove svolge la professione in modo prevalente, all’avvocato incaricato della difesa è di regola liquidata l’indennità di trasferta e il rimborso delle spese a norma dell’art. 27 della materia stragiudiziale”.

Tale principio è in linea con le regole generali sul mandato (art 1720 cc) ed sulle professioni intellettuali ( art 2233 cc).

Anche su questo punto la CTU non ha esaminato la natura economica della pagina 9 di 26 richiesta a cui si riferisce l’indennità per “diem allowance” affermando soltanto semplicemente che tale richiesta “non e’ supportata da elementi tali da farla ritenere applicabile alla fattispecie in oggetto”.

Ma questa affermazione viola il principio giuridico del diritto all’indennità di trasferta come riconosciuta all’Avvocato nell’esercizio della sua attività e di cui la carica a Consigliere di un Consiglio di Amministrazione di società fa parte nell’ambito dell’attività stragiudiziale svolta dall’Avvocato come richiamata dal D.M. n. 55/2014.

47) B) Nella sentenza impugnata, a pagina 3 al paragrafo B) dalla riga 6 alla riga 10 della pagina 4, si legge che:

48) [Ai fini della decisione, valgono le conclusioni cui è pervenuto il perito d’ufficio:
RAGIONE_SOCIALE risulta creditor e, nei confronti di NOME COGNOME per la somma di € 14.000,00, per quanto la società opposta ha pagato in luogo dell’opponente;
– A sua volta, NOME COGNOME risulta creditore, ne i confronti di *** S.p.A., per la somma totale di € 12.259,46 (7.498,46 + 3.565,00 + 1.196,00), a titolo di emolumenti, gettoni di presenza e diaria, tenuto conto dei riscontri documentali in atti e dei pagamenti già effettuati da ***;
– Conseguentemente, l’odierno opponente risulta debitore, nei confronti dell’opposta, per la somma totale di € 1.740,54.

49) Alla base di siffatte conclusioni, il c.t.u. ha svolto le considerazioni e valutazioni che seguono.
È possibile applicare il rimborso spese a piè di lista esclusivamente al secondo mandato dell’Avv. NOME COGNOME poiché nella delibera assembleare del 6/7/2009, relativa al primo mandato, tale tipologia di rimborso non era stata deliberata.
] Motivo della impugnazione su questo punto (B) della sentenza 50) Il Giudice senza operare una propria valutazione sulle risultanze della ctu, si rimette alle conclusioni di quest’ultima in base alle considerazioni e valutazioni svolte dalla ctu.
In realtà il Giudice ha omesso di individuare i fatti e procedere alla qualificazione giuridica e di sostanza sulla natura delle spese di viaggio, vitto ed alloggio sostenute dall’Avv NOME COGNOME per recarsi dalla sua “residenza e domicilio” di Londra in Inghilterra alla sede legale ed effettiva della società di RAGIONE_SOCIALE a Firenze in Italia per lo svolgimento delle proprie funzioni di amministratore (studio delle pratiche da approvare e partecipazione alle riunione del Consiglio di Amministrazione). Il Giudice invece assume a giudizio della sua decisione solo quanto dovuto dalla società all’amministratore a titolo di emolumenti, gettoni di presenza e diaria ma non si pronuncia ed argomenta sul thema decidendum essenziale relativo alla qualificazione delle spese di viaggio, vitto e alloggio dovute per legge all’amministratore di società di capitali.

Si contesta inoltre quanto sostenuto dal Giudice in materia di applicazione del rimborso spese di viaggio, vitto e alloggio in relazione al primo mandato, che non sarebbero dovute perché nella delibera assembleare del 6/7/2009, relativa al primo mandato, tale tipologia di rimborso non è stato previsto.

Ma uno dei quesiti fondamentali del thema decidendum e’ proprio questo:
il diritto dell’amministratore di società al rimborso delle spese di viaggio ed alloggio sostenute per recarsi presso la sede della società dove devono essere adempiute le prestazioni di alta dirigenza e gestorie.

E’ stato richiamato più volte nel corso di causa da parte dell’Avv pagina 10 di 26 NOME COGNOME il proprio diritto di rimborso (spese di viaggio e soggiorno) e l’indennizzo come espressamente previsto dagli artt. 1720 c.c. e 2233 c.c. 51) C)

Nella sentenza impugnata, a pagina 4, da riga 11 a riga 21, si legge che:
[La delibera assembleare del 18/10/2012 ha determinato il rimborso spese a piè di lista per gli amministratori, esigibile, in alternativa alla diaria, da coloro che hanno residenza e domicilio fuori dalla regione Toscana ed all’interno del territorio nazionale.

Non è contemplato il caso dell’Avv. COGNOME consigliere resid ente a Londra ovvero fuori dal territorio nazionale e, comunque, quand’anche il citato rimborso spese fosse applicabile alla fattispecie in oggetto, difettano i giustificativi delle spese richieste da parte attrice.

Le spese di viaggio richieste a titolo di rimborso dall’Avv. NOME COGNOME sono riepilogate nel corpo delle fatture da quest’ultimo emesse nei confronti della società *** RAGIONE_SOCIALE.RAGIONE_SOCIALE., allegate come doc. N. 13 all’atto di citazione.

Ma, tali fatture risultano prive dei documenti giustificativi in ordine alle spese effettivamente sostenute dall’Avv. COGNOME
] Motivo della impugnazione su questo punto (C) della sentenza

52) Il Giudice ha omesso di esaminare tutti i documenti che hanno formato oggetto della CTU in quanto in quella sede il CTU ha operato una verifica ed un riscontro puntuale tra le fatture riepilogative emesse dall’Avv NOME COGNOME in tema di spese di viaggio sostenute ed il raffronto con i biglietti di viaggio acquistati per i viaggi sostenuti per recarsi da Londra a Firenze presso la sede della società e note spese di soggiorno.

A tal fine si richiama l’analisi della documentazione fatta dal CTU nella propria relazione in seguito alla proposta transattiva della società di cui alla riunione avuta tra le parti in data 27/09/2018 con riferimento al solo triennio 2012/2015.

Da quella relazione (qui Allegata per praticità di consultazione) emergono nel dettaglio l’elenco di tutti i biglietti aerei acquistati dall’Avv NOME COGNOME solo c on riferimen to al trie nnio 2012/2015 con tre ipotesi di transazione in base ai documenti di prova a sostegno delle fatture emesse.

Quindi non corrisponde al vero che il richiesto rimborso spese difettasse dei giustificativi di spesa.

L’Avv NOME COGNOME ha prodotto come richiesto dalla CTU i documenti giustificativi di spesa dei biglietti aerei e di treno acquistati a tal fine.

L’affermare che tali fatture sono state emesse senza la presenza dei documenti giustificativi non corrisponde a quanto è stato invece accertato dalla CTU in relazione agli accertamenti effettuati su richiesta della società per tentare una soluzione transattiva alla vertenza.

53) Preme inoltre ricordare che la società, pur in presenza di fatture emesse specificatamente dall’Avv NOME COGNOME al fine del rimborso delle spese sostenute (fatture che già di per se costituiscono un documento contabile valido quale titolo di rimborso delle spese di viaggio, vitto e alloggio sostenute-vedi la giurisprudenza richiamata ai successivi punti 76,77, 78 e 79) non ha mai richiesto alcun giustificativo ulteriore all’Avv COGNOME o COGNOME.

Questo è avvenuto solo su richiesta della CTU ed l’Avv NOME COGNOME non ha avuto alcun problema a fornire la documentazione richiesta.

54) In quella relazione si prevedeva l’ipotesi di un rimborso per le spese di viaggio sostenute dall’Avv NOME COGNOME solo per il secondo mandato (2012/2014) come segue:

SPESE DI VIAGGIO DA RIMBORSARE + EUR 4.579,66;
NOTE SPESE + EUR 10.360,00 oltre emolumenti e gettoni di presenza.

Come detto in questa ipotesi di transazione non erano state prese in considerazione i documenti giustificativi di spesa di viaggio per le pagina 11 di 26 trasferte sostenute durante il primo triennio 2009/2012 di cui l’Avv NOME COGNOME ha sempre rivendicato il diritto al rimborso in forza degli artt. 1720 cc e 2233 cc.

Su questo punto il Giudice non si è pronunciato ed omettendo di fornire la motivazione sul diniego al diritto al rimborso/indennizzo come previsto dagli articolo 1720 c.c. e 2233 c.c. D) Nella sentenza impugnata, a pagina 4, da riga 22 a riga 26, si legge che: 55) [Sicché, riepilogando, la richiesta di rimborso delle spese di viaggio avanzata dall’Avv. NOME COGNOME in relazione agli anni 2009, 2010 e 2011 (primo mandato) non risulta ammissibile in quanto il rimborso spese a piè di lista non è stato deliberato in sede di assemblea il giorno 6/7/2009;

inoltre, le spese in oggetto non sono supportate, in base alla documentazione in atti, da alcun documento giustificativo attestante il loro sostenimento.

] Motivo della impugnazione su questo punto (D) della sentenza 56) Il Giudice sempre rifacendosi alle considerazioni e valutazioni contenute nella CTU afferma che la richiesta di rimborso non risulta ammissibile in quanto tale rimborso non è stato deliberato in sede di assemblea il giorno 6/7/2009 e che le spese non sono supportate da alcun documento giustificativo.

Si contesta la motivazione di questa affermazione del Giudice e si rinvia a quanto già detto ai precedenti punti A), B) e C) in tema di diritto al rimborso in forza dei combinati artt. 1720 cc e 2233 cc. ed ai giustificativi prodotti in sede di CTU.

57) E) Nella sentenza impugnata, a pagina 4, da riga 27 a riga 2 di pagina 5, si legge che:
[La richiesta di rimborso delle spese di viaggio, avanzata dall’Avv. NOME COGNOME in relazione agli anni 2012, 2013, 2014 e 2015 (secondo mandato), non risulta ammissibile in quanto le fatture emesse ed pagina 5 di 6 allegate dall’Avv. NOME COGNOME al proprio atto di citazione non sono supportate da alcun documento giustificativo attestante l’esborso.

] Motivo della impugnazione su questo punto (E) della sentenza

58) Si contesta la motivazione di questa affermazione del Giudice e si rinvia a quanto già detto ai precedenti punti A), B) e C) in tema di diritto al rimborso in forza dei combinati artt. 1720 c.c. e 2233 c.c. ed ai giustificativi prodotti in sede di CTU.

59) F) Nella sentenza impugnata, a pagina 5, da riga 11 a riga 12, si legge che:
[Non risultano, peraltro, prodotti documenti attestanti le spese sostenute per l’effettuazione delle trasferte, a giustificazione degli importi richiesti a titolo di diaria per “diem allowance”.
] Motivo della impugnazione su questo punto (F) della sentenza

60) Si contesta la motivazione di questa affermazione del Giudice e si rinvia a quanto già detto ai precedenti punti A), B) e C) in tema di diritto al rimborso in forza dei combinati artt. 1720 c.c. e 2233 c.c. ed ai giustificativi prodotti in sede di CTU.

61) G) Nella sentenza impugnata, a pagina 5, da riga 13 a riga 18, si legge che:[Alla luce dello stesso regolamento ICC, risulta evidente che un soggetto, per poter accampare la pretesa della indennità giornaliera, deve, quantomeno, provare il viaggio effettuato in esecuzione dell’incarico svolto:
prova, che l’odierno opponente avrebbe dovuto fornire producendo il titolo di viaggio con il nominativo ed il codice fiscale di chi ha sostenuto le spese.

Per le ragioni esposte, le somme pretese dall’opponente non possono trovare riconoscimento alcuno in questa sede.
pagina 12 di 26 Motivo della impugnazione su questo punto (G) della sentenza 62) Si contesta la motivazione di questa affermazione e si rinvia a quanto già detto ai precedenti punti A), B) e C) in tema di diritto al rimborso in forza dei combinati artt. 1720 cc e 2233 cc. ed ai giustificativi prodotti in sede di CTU.

Si contesta inoltre il fatto che il documento di viaggio per i residenti all’estero e comunque per coloro che acquistino i biglietti aerei attraverso i portali online dall’estero debbano contenere il codice fiscale del passeggero, proprio in quanto gli estremi del documento d’identità del passeggero tipo passaporto o carta d’identità è l’unico strumento utilizzato dalle compagnie aeree per l’identificazione del passeggero sia in fase di acquisto che in fase di imbarco sull’aereo.

La richiesta che il Codice Fiscale debba quindi essere presente nel biglietto di trasporto è priva di alcune fondamento, pretestuosa ed illogica per motivare la mancanza d’idoneità del documento a valere come titolo di rimborso.

63) H) Nella sentenza impugnata, a pagina 5, da riga 19 a riga 22, si legge che:[Il decreto ingiuntivo opposto va, tuttavia, revocato – in parziale accoglimento dell’opposizione – poiché, a fronte delle somme portate dal provvedimento monitorio, l’opponente è tenuto a corrispondere all’opposta la minor somma di € 1.740,54, oltre interessi al tasso legale dal dì del dovuto sino al soddisfo.
] Motivo della impugnazione su questo punto (H) della sentenza

64) L’Avv NOME COGNOME mentre dichiara di accettare il calcolo relativo alla minor somma dovuta rispetto al maggior importo come invece indicato nel decreto ingiuntivo, che comunque si riferisce esclusivamente all’importo dovuto per la sanzione amministrativa versata alla Banca d’Italia in compensazione dei propri crediti per i compensi ed emolumenti vantati nei confronti della società, contesta che tale importo non tenga conto delle somme di cui ha diritto l’Avv NOME COGNOME a titolo di rimborso per le spese di viaggio, vitto e alloggio sostenute durante i due mandati a partire dal 2009 fino al 2015. Risulta evidente che tale debito così ridotto rispetto a quello indicato nel precedente decreto ingiuntivo, revocato dalla sentenza appellata, dovrà essere compensato con le maggiori somme dovute dalla società all’Avv NOME COGNOME in seguito al giudizio di appello.

65) I)
Nella sentenza impugnata, a pagina 5, da riga 23 a riga 25, si legge che:[Quanto alle spese di lite, la circostanza che il petitum attoreo sia risultato in gran parte infondato (vd. le eccezioni preliminari nonché la pretesa di un importo pari ad € 166.029,33) giustifica una compensazione parziale nei termini esplicitati nel dispositivo che segue.
] Motivo della impugnazione su questo punto (I) della sentenza

66) Il Giudice non espone a sufficienza il ragionamento logico e la motivazione con cui arriva a determinare le spese di lite, di fronte ad una riduzione di oltre ¾ dell’importo che è stato oggetto del decreto ingiuntivo poi revocato con la sentenza impugnata.
Il petitum, a differenza di quanto deciso dal Giudice, con solo riferimento ai rapporti di dare avere tra la società e l’Avv RAGIONE_SOCIALE COGNOME, sen za valut are il dirit to al rimbor so delle spese di viaggio, vitto e alloggio, è giustificato dalla riduzione di oltre ¾ della richiesta oggetto del decreto ingiuntivo dichiarato provvisoriamente esecutivo, ma poi revocato ridotto di oltre ¾ rispetto al petitum iniziale della società.

In realtà sembrerebbe più logico imputare alla società che ha promosso il decreto ingiuntivo poi revocato (per ¾) la maggior parte delle pagina 13 di 26 spese di lite.

Stando solo a quanto deciso nella sentenza appellata, l’Avv NOME COGNOME ha diritto a ¾ in più delle somme che la società non intendeva riconoscergli in mancanza di un’opposizione motivata come riconosciuta nei confronti dell’appellante con la sentenza appellata.

Quindi la motivazione su la suddivisione delle spese di lite appare manifestatamente illogica, viola il principio di giustizia della domanda, risulta priva di fondamento di giustizia per la parte che ha dovuto assumersi l’onere delle spese legali di parte per far valere le proprie ragioni di giustizia e pertanto va’ cassata.

67) Su questo punto si richiama la recente Sentenza della Cassazione n. 1269 del 21 gennaio 2020, in materia di soccombenza reciproca: spese di lite e accoglimento parziale della domanda.

Per la Cassazione del 21 gennaio 20 20, n. 1269 se vi è un accoglimento solo parziale dell’unica domanda proposta il giudice ha il potere di disporre la compensazione in tutto o in parte delle spese legali:[“il principio sopra enunciato, infatti, costituisce la risultante della combinazione, da un lato, del legittimo esercizio del potere discrezionale del giudice di compensare le spese in tutto o in parte in presenza di soccombenza reciproca o degli altri presupposti previsti dall’art. 92 c.p.c., comma 2 (potendosi predicare soccombenza reciproca anche in caso di accoglimento parziale dell’unica domanda proposta, articolata o meno in più capi), dall’altro, del principio di causalità (in virtù del quale, in caso di compensazione parziale, la parte onerata della parte residua delle spese non può essere la parte parzialmente vittoriosa, ma quella che, con la sua resistenza parzialmente ingiustificata, ha dato causa all’instaurazione del giudizio)”] 68) L) Nella sentenza impugnata, a pagina 6, lett. c) da riga 5 a riga 7, si legge che: [c) condanna COGNOME NOME al rimborso, in ragione di ¾, in favore di *** S.p.A., delle spese di lite, che per l’intero liquida nella misura di € 13.430,00, oltre spese generali, IVA e CPA come per legge;

] Motivo della impugnazione su questo punto (L) della sentenza 69) Il Giudice non spiega per quale motivo logico pur in presenza di una riduzione di oltre ¾ dell’importo del decreto ingiuntivo per questo motivo revocato si applichi invece nei confronti dell’Avv NOME COGNOME questo criterio punitivo rispetto alle proprie ragioni e giuste pretese per cui ha dovuto sostenere ingenti costi di causa per far valere le proprie ragioni.

Il Giudice non si è minimamente curato altresì di prendere in considerazioni tutte le circostanze che sono state esposte dall’Avv NOME COGNOME negli atti introduttivi di causa.

Come il citato caso della partecipazione di RAGIONE_SOCIALE quale socio di minoranza all’assemblea straordinaria del 31.0 1.2012 di RAGIONE_SOCIALE (su decisione del Direttore Generale che si trovava in conflitto di interessi, rivestendo il ruolo di consigliere di amministrazione in RAGIONE_SOCIALE e di Direttore generale in RAGIONE_SOCIALE) emergeva con estrema evidenza quale ruolo avesse avuto l’esponente Avv NOME COGNOME nel contestare l’operato degli organi esecutivi, verbalizzando nel libro delle adunanze della Società il proprio dissenso ex art.2392 c.c., evitando così la sottoscrizione da parte di *** RAGIONE_SOCIALE di un prestito obbligazionario che avrebbe causato una perdita di oltre 500.000 euro alla Società, vista poi l’insolvenza di RAGIONE_SOCIALE; quindi , l’esponente, Avv NOME COGNOME col proprio operato aveva invece garantito l’integrità del patrimonio di F i di RAGIONE_SOCIALE (RAGIONE_SOCIALE s i c o muni c a zione pec del 01.03.2012 – annotazione del Pres. Collegio Sindacale 26.03.2012 All.7 del fascicolo attoreo di primo pagina 14 di 26 grado).

Su questo punto relativo alle spese legali e accoglimento parziale della domanda con soccombenza reciproca per la presenza di domande contrapposte:

le spese legali possono essere addossate a una parte o all’altra valutando, [Sentenza della Cassazione 21 ge nnaio 2020, n. 1 269 ] qual e sia la part e maggiormente soccombente.

[“Occorre aver riguardo al – e confrontare il – valore delle domande (nella parte in cui sono state) accolte (e non dunque il valore delle domande rispettivamente rigettate), tale per cui “maggiormente soccombente” deve ritenersi la parte la cui domanda accolta sia di minor valore” (Cassazione 21 gennaio 2020, n. 1269 su spese legali e accoglimento parziale della domanda con soccombenza reciproca).

70) M) Nella sentenza impugnata, a pagina 6, lett. e) da riga 9 a riga 10, si legge che:
e) pone le spese di c.t.u. definitivamente a carico di entrambe le parti, nella indicata misura (1/4 a carico della società opposta e ¾ a carico dell’opponente COGNOME NOME)] Motivo della impugnazione su questo punto (M) della sentenza 71) Si richiamano a tal fine le argomentazioni espresse ai precedenti punti L) ed M) in materia di illogicità della motivazione con cui il Giudice e’ arrivato a determinare tale criterio di ripartizione delle spese di lite ¾ a Spagnol i ed ¼ a ***.

72) N) Nella sentenza impugnata, a pagina 2, Nel merito lett. A) da ultimi 3 righi fino a riga 24 della successiva pagina 3, si legge che:

73)
[2 – Nel merito A) Nell’atto introduttivo del giudizio l’opponente svolge ampie e diffuse deduzioni per sostenere che nessun addebito poteva essere mosso all’Avv. NOME COGNOME in ordine alle sanzioni irr o gate da Banca d’Italia (vd. pag. 4 e ss. dell’atto di citazione in opposizione).

74) In relazione a tali deduzioni ed assunti, vale quanto è stato già rilevato con la sentenza del 29.6.2017, nel senso che:“È incontestato – e documentato – che la sanzione della Banca d’Italia di cui si parla è stata irrogata nei confronti dell’avv. COGNOME per responsabilità a lui ascritte;
ed è incontestato che quella sanzione non è stata opposta, e, dunque, è divenuta irrevocabile … Se l’avv. COGNOME ritiene che la sanzione, per quanto da lui non opposta, rappresenti un danno ingiusto provocatogli dalla condotta illecita di altri, può chiedere la loro condanna al risarcimento dei danni;
ma non può chiedere che questi lo sollevino dal peso di pagare una sanzione che è stata inflitta a lui personalmente per una responsabilità sua, e che egli non ha contrastato” Tale statuizione è stata espressamente assunta con riferimento alla posizione dei terzi chiamati, ma lo stesso è a dirsi con riferimento alla posizione della società opposta.
Tanto è vero che, dopo aver statuito nel predetto senso con riferimento al rapporto processuale tra RAGIONE_SOCIALE NOME e i terzi chiamati, il Tribunale ha testualmente rilevato:
“Lo stesso discorso, in teoria, potrebbe essere ripetuto nei confronti di Fi di Toscana RAGIONE_SOCIALE
tuttavia, tra opponente ed opposto è introdotto anche un altro tema, relativo alle reciproche voci dare / avere e per il quale la causa dev’essere rimessa in istruttoria, al fine di procedere alla eventuale compensazione dei rispettivi crediti”.
Ciò vuol dire, inequivocabilmente, che, se non fosse stato necessario istruire la causa e poi statuire sulle reciproche voci di dare e avere tra l’opponente e l’opposta, il giudizio sarebbe stato interamente definito con la sentenza del 29.6.2017, sul presupposto testé evidenziato – e che qui si ribadisce – che:
– la sanzione irrogata nei confronti di NOME COGNOME o non è sta ta con testa ta nella sede propria;
– è divenuta irrevocabile.
A ciò consegue, necessariamente, che qualsiasi doglianza o pagina 15 di 26 deduzione volta a contestare la debenza – da parte dell’opponente – della sanzione de qua è inammissibile in questa sede.
Motivo della impugnazione su questo punto (N) della sentenza 75) La motivazione su cui si basa il giudizio dato dal Giudice in relazione alle doglianze o alle deduzioni sollevate dall’Avv NOME COGNOME circa i danni economici causati al medesimo dalla sanzione irrogata nei suoi confronti dalla B RAGIONE_SOCIALE e pagata dalla società rinviando a quanto già deciso con la sentenza del 29.6.2017 del Dr NOME COGNOME divenuta irrevocabile, è in contrasto con i principi di diritto che regolano la qualificazione del rapporto che lega una società di capitali ai propri amministratori in relazione alla natura dei compensi ed al “diritto al rimborso delle spese sostenute a causa, e non semplicemente in occasione del proprio incarico” (Cass.sez.un. 1 4 /1 2/1994 n 106 80) degli amministratori d i s.p.a..

In fatti, le doglianze dell’Avv NOME COGNOME i sono rivolte direttamente alla responsabilità oggettiva di questa che deve rilevare indenne l’amministratore e risarcirlo di ogni danno subito durante l’incarico svolto nell’interesse della società.

In particolare, la sentenza del 29.6.2017 divenuta irrevocabile riguarda la chiamata in causa di terzi e non riguarda la posizione tra la società opposta e l’Avv NOME COGNOME

Pertanto, il giudice nel motivare che quanto deciso tra l’Avv NOME COGNOME ed i terzi chiamati in causa con la sentenza N.2395/2017 possa applicarsi per analogia anche ai rapporti tra l’Avv NOME COGNOME e la società è totalmente privo di fondamento, illogico e contraddittorio nonché’ in contrasto con le norme di diritto da applicare alla fattispecie posta all’esame del Giudice.

Il Giudice Dr NOME COGNOME nella Sentenza n. 2395/2017, dispone chiaramente e senza equivoci:

Il Tribunale di Firenze, pronunciando in via definitiva nei soli rapporti tra o S pag noli , NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, ed in via non definitiva nel rapporto tra olo RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE.

”, quindi è contraddittorio quanto detto dal Giudice nella Sentenza n. 2306/2020 appellata, sul fatto che la Sentenza n. 2395/2017 emessa dal Dr NOME COGNOME divenuta irrevocabile produce effetti diretti sui rapporti olo RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE

Il Giudice non poteva utilizzare la Sentenza n. 2395/2017 del Dr NOME COGNOME divenuta irrevocabile per regolare in via analogica i rapporti tra Pa olo Spagnol RAGIONE_SOCIALE e la s ocietà opposta con il pretesto che questi fossero già stati oggetto di accertamento indiretto da parte di detta sentenza divenuta irrevocabile richiamando a tal fine la giurisprudenza della Cassazione Civile Sentenza N. 13621 del 16/06/2014.

76) Su questo punto si richiama nuovamente la Corte di Cassazione, Sezioni Unite, Sentenza 14 dicembre 1994, n. 10680 che statuisce [La norma di cui all’art. 1720 secondo comma, cod. civ., secondo cui il mandante deve risarcire i danni che il mandatario ha subito a causa dell’incarico, e` applicabile, in via analogica, anche a favore dell’amministratore di una società di capitali – la cui posizione, quanto ai rapporti societari interni, è simile a quella del mandatario – atteso che l’assenza di una disposizione riferita specificamente alle perdite sopportate dall’amministratore dà luogo – in presenza di un principio legislativo di rimborsabilità delle spese, o comunque di ristoro delle perdite sopportate nella gestione dell’interesse altrui, principio desumibile, oltre che dal citato art. 1720, secondo comma, dall’art. 2031 primo comma, cod. civ., in materia di gestione di affari, e dall’art. 2234 cod. civ., in materia di rapporti tra clienti e pagina 16 di 26 professionista intellettuale – ad una lacuna in senso proprio che richiede, ai sensi dell’art. 12, secondo comma, disp. prel. cod. civ., il ricorso all’interpretazione analogica, il quale evita altresì il determinarsi di una situazione normativa contrastante con il principio di eguaglianza di cui all’art. 3, primo comma, della Costituzione.]

77) Perché l’amministratore di una società di capitali ottenga il rimborso delle spese ai sensi dell’art. 1720 secondo comma, cod. civ., da applicare in via analogica, è necessario che abbia sostenuto tali spese a causa, e non semplicemente in occasione, del proprio incarico;
] Vedi anche la Suprema Corte di Cassazione, sentenza n. 1545 del 20 gennaio 20 17, dove le Se zioni Unite del la Corte di Cassazione si sono pronunciate, in ordine alla qualificazione del rapporto che lega una società di capitali ai propri amministratori anche in relazione alla natura dei compensi degli amministratori di s.p.a. e la necessità di stabilire se tali emolumenti siano riconducibili al corrispettivo di un rapporto di c.d. “parasubordinazione”, o a quello derivante da un contratto di lavoro autonomo o di opera professionale, oppure da un rapporto unitario connesso inscindibilmente con l’attività gestoria, che presenta un profilo sui generis.

Nonché TRIBUNALE ORDINARIO DI TORINO SEZIONE SPECIALIZZATA IN MATERIA DI IMPRESA Sentenza n. 5384/2018 del 9/11/2018 e pubbli cata il 20/11/2018, al punto 5 delle motivazioni:
78) “In diritto, l’art. 2389 c.c. non prevede una specifica disciplina del diritto degli amministratori al rimborso delle spese sostenute.
Per condiviso indirizzo giurisprudenziale (Cass. sez. un. 14.12.1994 n. 10680) per il rimborso delle spese richieste da un amministratore di società di capitali deve applicarsi in via analogica la disciplina del mandato, che all’art. 1720 prevede che “il mandante deve rimborsare al mandatario le anticipazioni deve inoltre risarcire i danni che il mandatario ha subiti a causa dell’incarico”.
La formula dei “danni” è stata intesa dalla cit. Cass. sez. un. 1 4.1 2.1994 n. 10680 in sen so ampio, comprensivo non sol tanto del danno in senso giuridico, ma anche della pura e semplice perdita economica collegata all’esecuzione del mandato.

Nondimeno, valorizzando il tenore letterale del comma 2 (“a causa dell’incarico”), la cit. pronuncia ha interpretato restrittivamente la perdita economica indennizzabile, come quella sola sostenuta “a causa, e non semplicemente in occasione, del proprio incarico” e perciò in stretta dipendenza dall’adempimento dei propri obblighi.

” L’ambito del diritto al rimborso e la spettanza agli amministratori del “rimborso delle spese sostenute per ragione del loro ufficio”, ai sensi dell’art. 1720 c.c. individua la specifica relazione che deve intercorrere tra la spesa sostenuta e la “causa di servizio” per dare luogo al diritto al rimborso.

79) [“Su questa premessa, ritiene il collegio che debbano tenersi distinte, ai fini dell’ammissibilità a rimborso della spesa sostenuta dall’amministratore, queste due fattispecie:
1) l’anticipazione fatta per conto della società;
2) la spesa sostenuta per conto proprio, ma collegata allo svolgimento dell’incarico.
L’anticipazione “per conto” è ammissibile a rimborso ai sensi dell’art. 1720 co.1 c.c..

A tal fine appare non rilevante che la fattura (o il diverso documento fiscale) sia intestata direttamente alla società e pagata dall’amministratore, oppure intestata a e pagata da quest’ultimo, purché sia adeguatamente provata l’inerenza all’oggetto sociale.

La spesa sostenuta per conto proprio è viceversa ammissibile a rimborso negli stretti limiti fissati dall’art. 1720 co.
2, come pagina 17 di 26 interpretato da Cass. sez. un. 14.12.1994 n. 10680, in quanto si tratti di sp esa fatta “a causa e non semplicemente in occasione, del proprio incarico”.
]

80) Quindi tutto ciò premesso il giudice ha commesso un errore nell’affermare che “qualsiasi doglianza o deduzione volta a contestare la debenza – da parte dell’opponente – della sanzine de qua è inammissibile in questa sede.

” La società deve invece rimborsare all’amministratore le anticipazioni e deve risarcire i danni che il mandatario ha subito a causa dell’incarico”.
[Cass. sez. un. 14.12.1994 n. 10680]” (pag. 9-25 appello).

Costituendosi in giudizio, la società appellata contestava l’ammissibilità (ex art. 342 c.p.c.) e la fondatezza delle doglianze avverse, concludendo per la totale conferma della sentenza impugnata, vinte le ulteriori spese del grado.

Senza svolgimento di alcuna attività istruttoria, disposta per l’udienza del 26 settembre 2023 la trattazione scritta del procedimento, la causa veniva trattenuta in decisione sulle conclusioni riportate in epigrafe e discussa all’odierna camera di consiglio dopo la decorrenza dei termini concessi per il deposito delle difese conclusionali.

MOTIVI DELLA DECISIONE

In rito, non può essere accolta l’eccezione preliminare d’inammissibilità dell’appello sollevata da *** per violazione dei criteri imposti dall’art. 342 c.p.c..
Stando alla benevola giurisprudenza ormai invalsa sul punto, “gli artt. 342 e 434 c.p.c., nel testo formulato dal d.l. n. 83 del 2012, conv.
con modif. dalla l. n. 134 del 2012, vanno interpretati nel senso che l’impugnazione deve contenere, a pena di inammissibilità, una chiara individuazione delle questioni e dei punti contestati della sentenza impugnata e, con essi, delle relative doglianze, affiancando alla parte volitiva una parte argomentativa che confuti e contrasti le ragioni addotte dal primo giudice, senza che occorra l’utilizzo di particolari forme sacramentali o la redazione di un progetto alternativo di decisione da contrapporre a quella di primo grado, tenuto conto della permanente natura di revisio prioris instantiae del giudizio di appello, il quale mantiene la sua diversità rispetto alle impugnazioni a critica vincolata” (massima tratta da Cass. S.U. n. 36481/2022).

Nella specie, l’atto di gravame raggiunge il minimale rispetto delle prescrizioni di legge come intese in via pretoria, giacché, per quanto a fatica, nei pagina 18 di 26 meandri di un’esposizione confusionaria, pletorica e ripetitiva, è possibile enucleare talune ragioni di doglianza e le correlative modifiche che si vorrebbero apportare alla decisione del Tribunale, in modo che consente alla controparte un sufficiente esercizio del diritto di difesa.

Col primo motivo d’appello, esposto al capo 34 sub lett. A, lo COGNOME insiste a chiedere “l’immediato annullamento del decreto ingiuntivo”, sebbene, come s’è detto, il provvedimento monitorio sia già stato revocato dal primo giudice.

La doglianza è dunque priva di senso.

Passando al merito, al capo 35 sub lett. A dell’impugnazione la difesa lamenta che la relazione peritale poi recepita dal Tribunale abbia omesso di prendere in considerazione tutta la documentazione fornita dallo S pagn oli, con particolare riferimento ai “rimborsi spesi relativi ai viaggi e alle trasferte di andata e ritorno Lon dra a Firenze dovute dal a società al Consigliere COGNOME per partecipare ai lavori del Consiglio.

La stessa *** at traverso il proprio CTP NOME on i (pag 8 de lla CTU) ha infatti rico nosciuto du rante la riunione del 27/09/2018 il diritto al rimborso a favore dei Consiglieri come deliberato dagli organi della società con espresso riferimento a quelli residenti nel territorio italiano”.

La doglianza è infondata.

Giustamente il CTU non ha preso in considerazione quella documentazione, dal momento che la società non aveva autorizzato il rimborso delle spese di viaggio a favore degli amministratori residenti all’estero, bensì, come del resto scrive la stessa difesa appellante, aveva previsto soltanto “il diritto al rimborso a favore dei Consiglieri come deliberato dagli organi della società con espresso riferimento a quelli residenti nel territorio italiano”.

Lo COGNOME nondimeno contesta tale interpretazione restrittiva e sostiene che, sulla base del deliberato, il rimborso gli era dovuto a maggior ragione, in quanto “le spese di viaggio e di trasferta per raggiungere la sede di Firenze sono di gran lunga superiori”.

Siffatta opzione ermeneutica in funzione estensiva/analogica non convince, perché viene agevolmente smentita dall’argomento a contrario.

È ragionevole presumere, invero, proprio in considerazione delle eccessività delle pagina 19 di 26 spese associabili ai viaggi esteri, che la società volesse limitare i rimborsi agli spostamenti entro i confini nazionali, altrimenti la precisazione non sarebbe stata necessaria e sarebbe bastato far generico riferimento al rimborso delle spese di viaggio, quali che fossero.

Del resto, nessuno è costretto ad accettare incarichi amministrativi fuori dalla nazione di residenza e, se lo fa, dovrebbe premurarsi di chiarire il regime degli eventuali rimborsi spese, soprattutto in presenza di clausole limitative al solo territorio nazionale, oppure rassegnarsi a sopportare i maggiori costi necessari per recarsi ad espletare dall’estero un incarico in Italia che ritiene comunque gratificante.

Del resto, non consta che lo COGNOME abbia messo in mora *** in ordine al mancato rimborso delle trasferte da Londra, sicché il comportamento tenuto dall’amministratore in qualche modo conferma, in forza del canone ermeneutico dettato dall’art. 1362 comma 2 c.c., l’inesistenza del diritto al rimborso, che comunque l’interessato avrebbe dovuto positivamente dimostrare per vedersi accogliere la domanda.

Tanto meno, alcun diritto al rimborso può ricollegarsi “al tempo speso per le trasferte da Lon dra a Firenze per partecipare ai lavori del consiglio e il tempo necessario per studiare presso la sede della società e pratiche che dovevano essere approvate durante le riunioni del CdA, pratiche complesse per finanziamenti elevati con alto livello di responsabilità” (capo 36 sub lett. A).

È ben noto che gli emolumenti degli amministratori devono essere deliberati e, com’è ovvio, “coprono” anche e soprattutto il tempo speso per esercitare diligentemente la carica, altrimenti non è dato comprendere quale dovrebbe essere la portata precettiva della norma.

Se così non fosse, ovvero se l’amministratore fosse libero di aggiungere agli emolumenti deliberati delle remunerazioni ulteriori, per così dire a vacazioni, collegate “al tempo speso” per esercitare le funzioni affidate, allora la previsione di legge resterebbe lettera morta.

Neppure il rimborso può ritenersi “un diritto previsto dall’articolo 1720 cc in tema di mandato e dall’articolo 2233 cc in materia di professioni intellettuali come la professione di Avvocato svolta dal Consigliere COGNOME ” (capo 37-38 sub lett. A), per la semplice ragione che RAGIONE_SOCIALE non ha conferito allo COGNOME pagina 20 di 26 alcun mandato da avvocato con relativi ammennicoli, ma unicamente un mandato da amministratore.

Pertanto, la circostanza che egli fosse un avvocato non vuol dire che dovesse essere pagato come un avvocato.

Le prestazioni in questione sono molto diverse e non confondibili tra loro.

Non v’è dubbio che, in linea di principio, qualunque avvocato possa assumere incarichi collaterali, ad esempio, di consigliere condominiale, di presidente del tennis-club o di probiviro del partito politico prediletto, senza per questo maturare onorari come avvocato per il tempo impiegato.

Per converso, anche un ingegnere, un geometra o un commercialista, potrebbero venire nominati (e sovente lo sono) membri di un c.d.a.
societario, senza per questo maturare compensi suppletivi basati sulle tariffe della loro abituale professione e diversi da quelli ordinariamente riconosciuti ai colleghi amministratori, ciò per l’ovvia considerazione che fare l’amministratore non significa fare l’avvocato, il commercialista, l’ingegnere o il geometra, anche se per avventura si è tali.

Nel prosieguo del gravame, segnatamente al capo 39 sub lett. A, la difesa chiede (i) un “indennizzo (…) con riferimento all’accertamento dei fatti ai fini delle responsabilità della *** in sede civile ne i confronti del Consigliere *** per i fatti da imputare alla società per le responsabilità ricadenti sulla Direzione Generale e la struttura sottostante che non ha vigilato sull’attività gerarchicamente sottoposta alla Direzione Generale né ha trasmesso al Consiglio di Amministrazione le necessarie informazioni per deliberare sulle materie oggetto di censura”, nonché (ii) un “indennizzo (…) per tutti i danni subiti” a seguito delle “gravi irregolarità di *** ” accertati dalla “Unit DIRECTORATE- RAGIONE_SOCIALE AND URBAN POLICY Policy Legal affairs della Commissione Europea”. La pretesa è tanto inammissibile quanto infondata, al punto da rivelarsi pretestuosa e paradossale.

Cominciando dal profilo dell’inammissibilità, occorre ricordare che RAGIONE_SOCIALE non ha proposto un’azione di responsabilità contro il proprio amministratore, bensì ha agito in regresso dopo avere pagato, quale obbligata in solido, la sanzione irrogata individualmente al medesimo a seguito pagina 21 di 26 delle violazioni accertate dall’Autorità di vigilanza.

Se lo COGNOME li fosse stato incolpevole nell’esercitare l’incarico, non sarebbe stato sanzionato e la società non sarebbe stata chiamata a far fronte in via sussidiaria al debito sanzionatorio, evitando in radice qualsivoglia ragione di regresso verso il membro del proprio c.d.a..

Viceversa, siccome il diritto al regresso di *** implica l’esecuzione della sanzione, previo il definitivo accertamento della colpa amministrativa dello ***, è chiaro che il titolo della responsabilità inerente non può venire rimesso in discussione in questa sede evocando il contributo concorrente di terzi o della società stessa, ciò che semmai l’interessato avrebbe dovuto far valere nell’opporsi all’irrogazione della sanzione, in ipotesi additando la responsabilità del mandante nel metterlo in condizione di svolgere decentemente l’incarico amministrativo, mentre qui ed ora, divenuto ormai definitivo nell’an e nel quantum l’addebito personale, l’unico presupposto occorrente per il riconoscimento del diritto al regresso dell’obbligata in solido è costituito dall’avvenuto pagamento (nella specie pacifico) del debito principale altrui. Quanto all’infondatezza della lagnanza nel merito, è il caso di ricordare – seppure ad abundantiam – che l’azione della persona giuridica si svolge attraverso gli organi a ciò deputati, in definitiva composti da persone fisiche, sicché ogni declinazione della responsabilità sottende sempre e necessariamente la condotta attiva od omissiva di esseri umani, proporzionata al ruolo ricoperto interna corporis.

Ecco allora che lo COGNOME, quale membro dell’organismo posto al vertice della gestione societaria, non può sperare di scaricare o alleviare le proprie responsabilità personali lamentando il contributo arrecato da comportamenti inadeguati di terzi operatori interni, siano essi di natura individuale o collettiva, che il c.d.a. avrebbe dovuto controllare e della cui azione o inazione deve rispondere.

È paradossale, insomma, che il controllore manchevole tenti di discolparsi additando le mancanze del controllato, che lui stesso avrebbe dovuto scongiurare, quand’anche siano state effettivamente riscontrate dall’Autorità di vigilanza o dagli organismi della Commissione Europea.

pagina 22 di 26 Al capo 40 sub lett. A dell’atto di gravame, la difesa non fa che ripetere doglianze già esaminate e già ritenute infondate in ordine al diritto al rimborso dei viaggi esteri.

Analogamente, al capo 41 sub lett. A vengono riprese le doglianze già considerate infondate discutendo dei capi 37-38, “relative al diritto al rimborso delle spese ed indennizzo come previsto dagli artt. 1720 c.c. 2 comma e 2233 c.c.” per gli incarichi professionali dell’avvocato, nella specie inesistenti.

Parimenti ripetitivo di argomenti già confutati è il discorso svolto al capo 42 sub lett. A, laddove, nel perorare l’agognato rimborso spese, la difesa lamenta a sproposito la “violazione delle regole generali sul mandato (art 1720 c.c.) e sulle professioni intellettuali (art 2233 c.c.)” e comunque pretende un indennizzo “in forza della deliberazione assunta dalla Commissione Europea” in ordine alle carenze riscontrate in talune strutture operative interne della ***.

Inconferente ai fini del decidere è il “cambiato atteggiamento” attribuito al CTU stigmatizzato dalla difesa appellante al capo 43 lett. A, in relazione al delinearsi di possibili soluzioni transattive della lite.

Essendo queste rimaste embrionali, non resta che concentrare l’attenzione sugli elementi risultati determinanti nel definire il contenzioso in primo grado.

Idem come sopra per quanto riguarda “l’atteggiamento tenuto durante la CTU da parte di *** ”, come criticamente rievocato al capo 44 lett. A, giacché sulla sorte del giudizio non influiscono gli atteggiamenti delle parti, semmai potenzialmente rilevanti quando si tratta di soppesare la responsabilità processuali per le spese, bensì contano i fatti costitutivi/estintivi delle pretese sostanziali dedotte e le valutazioni giuridiche sottese.

Radicalmente infondate sono da ritenersi parimenti le doglianze articolate dall’appellante al capo 45 sub lett. A, “con riferimento a quanto spetta all’Avvocato per l’indennità di trasferta il D.M. n. 55/2014 tratta negli artt. 11 per la materia civile, 15 per la materia penale e 27 per l’attività stragiudiziale.

Le prime due disposizioni si limitano a prevedere che per gli affari e le cause fuori dal luogo ove svolge la professione in modo prevalente, all’avvocato incaricato della difesa è di pagina 23 di 26 regola liquidata l’indennità di trasferta e il rimborso delle spese a norma dell’art. 27 della materia stragiudiziale”.

Occorre ribadire senza sosta che lo COGNOME non ha ricevuto da NOME oscana a lcun m andato qua le avvoc ato, ma solo quale amministratore, intrattenendo con la società un rapporto caratterizzato da fisionomia giuridica autonoma, diversa e non sovrapponibile.

Lo stesso dicasi della “ultima considerazione” svolta dalla difesa appellante al capo 46 sub lett. A, relativa alle “somme richieste dall’Avv. COGNOME a titolo di diaria richiamate a pag 20 della CTU per il periodo 2009-2015 e che la CTU ha identificato nell’importo di euro 131.722,64 (corrispondente all’importo di USD 144.000,00) in applicazione della tabella del Regolamento della ICC per cui l’Avv COGNOME ha svolto funzioni arbitrali”.

Non emergendo il conferimento allo COGNOME di alcun mandato assimilabile a quello di avvocato, né tanto meno di arbitro, viene invocato a sproposito “il principio giuridico del diritto all’indennità di trasferta come riconosciuta all’Avvocato nell’esercizio della sua attività e di cui la carica a Consigliere di un Consiglio di Amministrazione di società fa parte nell’ambito dell’attività stragiudiziale svolta dall’Avvocato come richiamata dal D.M. n. 55/2014”.

Si è già detto e qui si conferma che l’attività di consigliere d’amministrazione non ha niente a che fare con l’attività stragiudiziale dell’avvocato.

Ai capi 47-48-49- 5 0 su b lett. B , l a difes a espon e nuovament e imperterrit a le ragioni, già respinte, per cui allo *** spetterebbe, non solo quanto previsto dalla società “a titolo di emolumenti, gettoni di presenza e diaria”, ma altresì il rimborso delle “spese di viaggio, vitto e alloggio dovute per legge all’amministratore di società di capitali”, sebbene l’assunto non sia supportato dalla legge, né stabilito dalla disciplina interna di ***.

Ai capi 51-52-53- 54 sub lett. C, la difesa affronta la problematica probatoria dei giustificativi di spesa, che si palese però superflua, una volta escluso il diritto ad ottenere il rimborso delle spese per viaggi dall’estero oltre al pagamento degli emolumenti regolarmente deliberati.

pagina 24 di 26 Ai capi 55-56 sub lett. D, l’appellante propone un riepilogo delle infondate tesi già svolte circa il diritto al rimborso delle spese e circa la prova dei giustificativi, che va respinto in forza degli argomenti già illustrati.

Ugualmente e dichiaratamente ripetitivi sono i motivi di doglianza enunciati dalla difesa ai capi 57-58 sub lett. E, sicché per arrivare al rigetto non c’è niente da aggiungere a quanto in precedenza osservato.

Ai capi 59-60 sub lett. F dell’atto di appello si contesta ancora la valutazione negativa espressa dal Tribunale in ordine ai giustificativi di spesa, ma il discorso continua a dipanarsi sul piano pleonastico, difettando in radice la dimostrazione del diritto al rimborso.

Ancora ai capi 61-62 sub lett. G la difesa apertamente “rinvia a quanto già detto ai precedenti punti A), B) e C) in tema di diritto al rimborso in forza dei combinati artt. 1720 cc e 2233 cc. ed ai giustificativi prodotti in sede di CTU”, il che esime dallo svolgere ulteriori considerazioni sul tema.

Ai capi 63-64 sub lett. H dell’atto d’appello, da un lato, si accetta la compensazione parziale riconosciuta dal primo giudice a decurtazione del diritto al regresso azionato dall’odierna appellata, d’altro lato “contesta che tale importo non tenga conto delle somme di cui ha diritto l’Avv NOME COGNOME a titolo di rimborso per le spese di viaggio, vitto e alloggio sostenute durante i due mandati a partire dal 2009 fino al 2015”.

Nulla di nuovo, dunque, che costringa a diffondersi in confutazioni ulteriori.

Nei motivi articolati ai capi 65-66 sub lett. I, l’appellante infine censura la regolazione delle spese processuali di primo grado, sottolineando che la riduzione di circa ¾ operata nella condanna rispetto alla somma originariamente ingiunta da RAGIONE_SOCIALE ana a vrebbe reso “più logico imputare alla società che ha promosso il decreto ingiuntivo poi revocato (per ¾) la maggior parte delle spese di lite”.

La doglianza merita accoglimento nei termini che seguono.

A ben vedere, l’esito del giudizio di primo grado propone una situazione di parziale soccombenza reciproca pressoché equivalente ai fini dello sforzo difensivo, senza che occorra calcolare col bilancino la percentuale di accoglimento/rigetto pagina 25 di 26 imputabile a ciascuna delle parti.

In breve, la pretesa in regresso di *** era fondata, però lo COGNOME vantav a alcuni crediti residui de traibili in compensazione.

Anche in appello, le ragioni dello COGNOME trovano un accoglimento parziale, ma tutt’altro che secondario, in tema di spese, d’incidenza economica addirittura preponderante rispetto al merito del contenzioso.

Pertanto, nell’ottica di una revisione unitaria e globale della regolazione, in ossequio al criterio per cui:
“il giudice di appello, allorché riformi in tutto o in parte la sentenza impugnata, deve procedere d’ufficio, quale conseguenza della pronuncia di merito adottata, ad un nuovo regolamento delle spese processuali, il cui onere va attribuito e ripartito tenendo presente l’esito complessivo della lite poiché la valutazione della soccombenza opera, ai fini della liquidazione delle spese, in base ad un criterio unitario e globale, sicché viola il principio di cui all’art. 91 cod. proc. civ., il giudice di merito che ritenga la parte soccombente in un grado di giudizio e, invece, vincitrice in un altro grado” (massima tratta ex multis da Cass. n. 6259/2014), si ritiene equo e conforme a giustizia disporre la compensazione integrale delle spese di assistenza e rappresentanza in giudizio nei due gradi, nonché la suddivisione in parti uguali fra i litiganti delle spese di CTU come liquidate dal Tribunale.

l’intestata Corte, definitivamente pronunciando nella causa in oggetto, ogni altra domanda, eccezione e deduzione disattesa, in

PARZIALE RIFORMA

della sentenza n.2306/2020 emessa in data 25/10/2020 dal Tribunale di Firenze:
1) dispone la compensazione integrale delle spese di assistenza e rappresentanza in giudizio sostenute dalle parti in primo grado, nonché suddivide in misura uguale fra i litiganti le spese di CTU come liquidate dal Tribunale;
2) conferma nel resto la sentenza impugnata;
3) dispone la compensazione integrale delle spese processuali del presente grado;
4) dispone che in caso di divulgazione della presente sentenza fuori dell’ambito strettamente processuale siano eliminati i dati identificativi personali ai sensi pagina 26 di 26 dell’art. 52 del D.Lgs.
n. 196/2003.
Firenze, 26 gennaio 2024
Il Pres. est. dott. NOME COGNOME COGNOME

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