REPUBBLICA ITALIANA
In Nome del Popolo Italiano LA CORTE D’APPELLO DI TRIESTE – Collegio di Lavoro – composta dai Signori Magistrati Dott. NOME COGNOME Presidente – Dott. NOME COGNOME Consigliere relatore – Dott. NOME COGNOME Giudice ausiliario – ha pronunciato la seguente
SENTENZA N._93_2024_- N._R.G._00000018_2024 DEL_23_08_2024 PUBBLICATA_IL_23_08_2024
nella causa in materia di previdenza iscritta al n. 18 del Ruolo 2024, promossa in questa sede di appello con ricorso depositato il 19/2/2024 (C.F. rappre- sentato e difeso dagli Avv.NOME COGNOME e NOME COGNOME in forza di procura generale alle liti per atto del notaio Dott. Notaio in Roma, Rep. 37590 di data 23/01/2023,
– appellante –
contro (C.F. ), rappresentata e di- fesa dall’Avv.NOME COGNOME in forza di procura conferita per il primo e per i suc- cessivi gradi e fasi, trasmessa per via telematica, unitamente alla memoria difensiva d’appello come copia per immagine su supporto informatico di originale analogico
– appellata –
Oggetto della causa:
giudizio di appello contro la sentenza n.29/2024 del Tribunale chiamata all’udienza di discussione del 27/6/2024.
Conclusioni Per l’appellante:
voglia l’Ecc.ma Corte d’Appello di Trieste, ogni contraria istanza reietta e disattesa, in accoglimento del presente appello, riformare integralmente la sentenza n. 29/2024 del Tribunale di Trieste, in funzione di Giudice del Lavoro del 31.1.2024, notificata il 1.2.2024 e, per l’effetto respingere integralmente le domande formulate nei confronti dell’ col ricorso di primo grado, in quanto infondate in fatto e in diritto.
Con vittoria di spese, diritti ed onorari di entrambi i gradi del giu- dizio.
Per l’appellata:
voglia l’Ill.ma Corte d’Appello di Trieste, Collegio Lavoro, previa ogni necessaria declaratoria, rigettare l’appello proposto dall’ siccome illegitti- mo, infondato e per carenza di interesse, confermando per l’effetto la sentenza del Tribunale di Trieste dd. 31.1.2024 n. 29;
con vittoria delle competenze di lite per il secondo grado del giudizio da determinarsi ex D.M. n. 55/14, con rimborso delle spese generali (15%), oltre c.p.a.
ed IVA come per Legge.
Ragioni di fatto e di diritto della decisione (art.132 c.p.c. come modificato dall’art.45 c.17 della legge 69/09) Con ricorso di data 19/4/2022 la sig.ra premesso di esser cittadina italiana dalla nascita, di risiedere a Trieste dal 18/6/1999 assieme alla figlia, al genero e alla nipote e di essere titolare dell’assegno sociale dall’1 luglio 2009, esponeva che l’Istituto previdenziale, con nota del 2/8/2021, le aveva comuni- cato l’indebito pagamento di ratei di assegno per totali Euro 8.636,73 a fronte di pe- riodi da lei trascorsi all’estero; che per recuperare tale somma l’ le aveva tratte- nuto l’intero assegno;
che l’ non aveva rispettato il termine previsto dall’art.2 della legge 241/90;
che nel frattempo ella aveva maturato l’affidamento sulla spettan- za delle somme percepite e destinate alle sue primarie esigenze di vita;
che l’ l’aveva anche denunciata per truffa aggravata, ma il relativo procedimento era stato si era recata a Mogadiscio il 31/12/2017) per non correre il rischio di essere con- tagiata dalla figlia infermiera (che a gennaio di quell’anno aveva contratto sul luogo di lavoro una TBC polmonare), per riposarsi e per stare con l’anziano fratello, rien- trando poi a Trieste il 7/7/2018;
che si era di nuovo recata a Mogadiscio il 18/5/2019 a seguito della morte del fratello, per partecipare al funerale di questi e salutare i pa- renti, ed era poi tornata a Trieste il 3/7/2019;
che infine il 15/9/2020 si era recata in Olanda da un’altra figlia, anche per sfuggire al rischio di contrarre il COVID, di cui si erano poi effettivamente ammalati la figlia risiedente a Trieste e il genero, ed era rientrata a Trieste il 19/6/2021;
che il ricorso amministrativo da lei proposto era stato respinto dall’ Deduceva quindi la ricorrente che il suo diritto a percepire l’assegno sociale non era mai venuto meno, avendo ella sempre posseduto e conservato i requisiti di legge e in particolare quello della residenza in Italia, che non era venuta meno per ef- fetto dei suoi temporanei soggiorni all’estero;
che il limite dei 30 giorni di permanen- za all’estero, affermato dall’ , non valeva per i cittadini italiani ed era comunque privo di supporto normativo;
che in ogni caso le somme da lei percepite non erano ripetibili da parte dell’ ex art.13 commi 1, 2 e 2 bis della legge 412/91 e anche in virtù del suo affidamento sulla legittimità della prestazione;
e infine che la somma pretesa dall’ era stata erroneamente quantificata.
Si costituiva in giudizio l eccependo in via preliminare l’improcedibilità o l’inammissibilità del ricorso, non avendo la sig.ra rispettato il ter- mine per il ricorso amministrativo previsto dall’art.46 comma 5 della legge 88/1989.
Nel merito l’ deduceva che fra i requisiti dell’assegno sociale vi è la residenza effettiva e continuativa in Italia;
che tale requisito vale sia per i cittadini italiani che per gli stranieri, senza alcuna distinzione;
che un soggiorno all’estero più lungo di 29 giorni causa la sospensione dell’assegno e, dopo un anno, la sua revoca;
che la prestazione non è esportabile;
che la buona fede invocata dalla ricorrente di- era applicabile l’art.52 della legge 88/89, come interpretato dall’art.13 della legge 41/91.
trattandosi di una prestazione assistenziale.
Con sentenza emessa il 31/1/2024 il Tribunale di Trieste, respinta l’eccezione preliminare di inammissibilità, accoglieva la domanda osservando che l’assegno so- ciale compete in effetti solo a chi risieda stabilmente in Italia ovvero abbia qui la sua dimora effettiva, stabile ed abituale;
che in concreto la sig.ra aveva posto a Trieste il centro dei suoi interessi e legami affettivi;
e che tale situazione non era venuta meno a causa del suo temporaneo allontanamento dal territorio italiano.
Con il primo motivo di appello l’ ribadisce quanto già sostenuto in primo grado e cioè che la residenza effettiva, stabile e continuativa in Italia è un ele- mento costitutivo del diritto all’assegno sociale e che, in concreto, la sig.ra tra il 2018 e il 2021, si è recata ed è rimasta all’estero per molti mesi;
afferma quindi l’ che erroneamente il Tribunale di Trieste ha ritenuto sussistente la volontà della appellata di stabilire e conservare la sua residenza in Italia.
1.1.
La premessa giuridica su cui si fonda la censura dell’ è certamente con- divisibile (e non è peraltro contestata).
1.1.1.
Già l’art.3 comma 6 della legge 335/95 attribuiva il diritto all’assegno sociale ai soli residenti in Italia;
e, ancora più chiaramente, l’art.20 del d.l. 112/2008 ha previsto che tale diritto competa solo a chi abbia legalmente soggiornato nel territorio nazionale, in via continuativa, per almeno dieci anni;
ed è evi- dente – essendo insito nella ratio della norma – che, maturato questo periodo minimo, il requisito della residenza effettiva e stabile in Italia deve permanere anche dopo.
La regola appena evidenziata vale per tutti:
ciò risulta dal testo della norma del 2008 (che non distingue fra cittadini italiani e stranieri) e dalla natura stes- è perciò “esportabile” (anche in ambito comunitario, come risulta dall’art. 10 bis del regolamento CEE n.1408/71 introdotto dal regolamento n.1247/92 e dall’art.70 comma 4 del regolamento CE 883/2004).
1.1.2.
Nella giurisprudenza di legittimità è altresì consolidata l’opinione secondo cui “la residenza è determinata dalla abituale volontaria dimora di una persona in un dato luogo, sicché concorrono ad instaurare tale relazione giuridica- mente rilevante sia il fatto oggettivo della stabile permanenza in quel luogo sia l’elemento soggettivo della volontà di rimanervi, la quale estrinsecandosi in fatti univoci evidenzianti tale intenzione, è normalmente compenetrata nel primo elemento (Cass., 5 febbraio 1985, numero 791; Cass., 14 marzo 1986, n. 1738, secondo la quale questa stabile permanenza sussiste anche in caso di temporaneo allontanamento sempre che la persona vi ritorni quando pos- sibile e vi mantenga il centro delle proprie relazioni familiari e sociali)” (così, in motivazione, Cassazione Sez.L, Ordinanza n.24454 dell’1/10/2019; nello stesso senso Sez.L, Sentenza n.15827 del 06/06/2023).
1.2.
Il vero oggetto della controversia è costituito dal fatto se l’appellata, pur essen- dosi più volte recata all’estero, abbia o no conservato la residenza stabile ed effettiva in Italia.
1.2.1.
Stando agli atti e documenti di causa la sig.ra si è allontanata dal territorio nazionale nei seguenti, e lunghi, periodi:
Dal Durata assenza Destinazione 31/12/2017 07/07/2018 > 6 mesi Mogadiscio 18/05/2019 30/07/2019 > 2 mesi Mogadiscio 15/09/2020 19/06/2021 > 9 mesi Nimega Appare perciò evidente che dalla fine del 2017 alla metà del 2021 (e quindi per circa tre anni e mezzo) la sig.ra ha trascorso quasi la metà del suo tempo fuori dall’Italia, rimanendo all’estero non per brevi (e occasio- nali) periodi ma per lungo tempo (e anzi per molti mesi consecutivamente).
residenza della sig.ra a Trieste ovvero, ex art.43 comma 2 c.c., la dimora abituale (e cioè la stabile permanenza) in tale luogo.
Nè si può ritenere sufficiente il solo fatto che la sig.ra si sia allontanata dall’Italia con l’intenzione di ritornarvi:
il solo elemento soggettivo non basta infatti a costituire la residenza, occorrendo anche e prima di tutto (come chiarito dalla giurisprudenza sopra citata) il dato concreto della stabile dimora in un determinato luogo.
A ciò si deve aggiungere che la sig.ra si è recata, ed è rimasta per molto tempo, all’estero per motivi di natura affettiva e familiare e quindi per ragioni del tutto analoghe a quelle per cui (in altri periodi) si è fermata a Trieste:
mancano quindi elementi certi da cui ricavare che, nei lunghi mesi in cui si è trattenuta in Somalia (per stare con l’anziano fratello ed i parenti) o in Olanda (per stare vicina alla figlia ), ella voleva comunque mantenere in Italia (dove vi era l’altra figlia il centro delle sue relazioni familiari e sociali.
1.3.
Deve essere perciò condivisa la tesi dell’ secondo cui l’appellata ha per- duto, nei periodi sopra evidenziati (e salvo quanto si dirà riguardo alla quanti- ficazione del credito dell’ ), il requisito della residenza stabile ed effet- tiva in Italia e quindi ha indebitamente percepito l’assegno sociale.
2..
La conclusione cui si è giunti impone di esaminare la seconda difesa svolta dalla sig.ra già in primo grado e ribadita in appello e cioè la questione della dedotta irripetibilità dell’indebito.
2.1.
Sul punto si deve ricordare che la Corte di Cassazione, ritenuta la generale ripetibilità delle prestazioni successive all’accertamento dell’indebito, ha pre- cisato, riguardo a quelle precedenti, che “nel settore della previdenza e del- l’assistenza obbligatorie si è affermato, ed è venuto via via consolidandosi, di tale sottosistema, che esclude viceversa la ripetizione in presenza di situazioni di fatto variamente articolate, ma comunque avente generalmen- te come minimo comune denominatore la non addebitabilità al percepiente della erogazione non dovuta ed una situazione idonea a generare affidamen- to” (così, in motivazione, Cassazione Sez.L, Sentenza n. 2056 del 04/02/2004; nello stesso senso Sez. L, Sentenza n. 6610 del 29/03/2005; Sez. L, Sentenza n. 1446 del 23/01/2008; Sez. L, Sentenza n. 8970 del 17/04/2014; Sez. 6 – L, Ordinanza n. 10642 del 16/04/2019; Sez. 6 – L, Ordinanza n. 13223 del 30/06/2020; Sez. 6 – L, Ordinanza n. 24133 del 07/09/2021; Sez. L, Sentenza n. 24617 del 10/08/2022).
2.2.
Ai fini della ripetibilità non occorre quindi il dolo del percipiente (per cui non ha rilievo, nel caso di cui si discute, l’insussistenza dell’illecito penale);
basta invece che l’indebito sia imputabile ad una condotta volontaria, e non giusti- ficata da un legittimo affidamento, del titolare della prestazione.
In concreto l’indebito è certamente dipeso da un fatto intenzionale della sig.ra ovvero dalla autonoma e libera decisione di questa di trasferire per lunghi periodi la sua dimora (e quindi la residenza) al di fuori dell’Ita- lia, senza comunicare l’evento all’ e continuando a percepire l’assegno sociale.
Nè vi sono elementi idonei a dimostrare un incolpevole affidamento dell’ap- pellata.
Così sarebbe stato, ad esempio, se la sig.ra si fosse iscritta all’A.I.R.E. o avesse reso in altro modo conoscibile da parte dell’ il suo trasferimento (non meramente temporaneo) all’estero:
in tal caso il fatto che l’Istituto continuasse ad erogare la prestazione avrebbe potuto indurla a confi- dare senza sua colpa nella persistenza del diritto all’assegno.
Al contrario è evidente che l’appellata ha agito sulla base della sua personale e di poter continuare a percepire l’assegno pur allontanandosi per un tem- po assai lungo (e potenzialmente indefinito) dal territorio italiano;
si è trattato, in sostanza, di un errore di interpretazione sui presupposti del diritto (ovvero sul requisito della territorialità) e sul concetto di residenza abituale e cioè di un errore di diritto (peraltro non causato da una condotta attiva o omissiva dell’ 2.3.
Si deve perciò concludere che legittimamente l’ ha chiesto la restituzione dei ratei indebitamente corrisposti.
L’ultimo aspetto controverso è quello relativo alla quantificazione del credito dell’ 3.1.
A questo proposito si deve ricordare che lo stesso ha cercato di dare una definizione oggettiva del concetto di temporaneità, stabilendo (con il mes- saggio n.012886 del 4/6/2008) che l’erogazione dell’assegno va sospesa in ca- so di permanenza del titolare all’estero per un periodo superiore ad un mese (salvo che il tempo maggiore non sia giustificato da gravi motivi sanitari).
Si tratta naturalmente di un’indicazione di carattere presuntivo:
è quindi possi- bile che il trasferimento non temporaneo della dimora all’estero (e la conse- guente perdita del diritto) si verifichi prima della scadenza indicata dal citato messaggio (con onere della prova a carico dell’ ) e, al contrario, che sia irrilevante un’assenza più lunga (anche per motivi diversi da quelli sanitari, purchè meritevoli di tutela secondo l’ordinamento e con onere della prova a carico del titolare dell’assegno).
3.2.
Ciò significa che i primi 29 giorni di permanenza della sig.ra all’estero vanno considerati come inidonei a farle perdere il requisito della re- sidenza stabile ed effettiva in Italia e quindi che la prestazione avrebbe potuto e dovuto essere sospesa (e va restituita) solo a partire (e nella misura in cui è in Italia.
3.2.1.
Il debito della appellata va pertanto così quantificato:
Assenza Decorrenza
indebito
Durata indebito
Assegno mensile Indebito (in Euro) Dal Mesi giorni 31/12/2017 07/07/2018 29/01/2018 gennaio 452,99 43,84 febbraio intero mese 452,99 marzo intero mese 452,99 aprile intero mese 452,99 maggio intero mese 452,99 giugno intero mese 452,99 luglio 102,29 TOTALE 2.411,08 18/05/2019 30/07/2019 17/06/2019 giugno 457,98 213,72 luglio 443,21
TOTALE 656,93 15/09/2020 19/06/2021 14/10/2020 ottobre 460,27 267,25 novembre intero mese 460,27 dicembre intero mese 460,27 13a intero mese 460,27 gennaio intero mese 460,27 febbraio intero mese 460,27 marzo intero mese 460,27 aprile intero mese 460,27 maggio intero mese 460,27 giugno 291,50
TOTALE 4.240,92 TOTALE COMPLESSIVO 7.308,92 La somma che la sig.ra è tenuta a restituire all’ ammonta perciò a complessivi Euro 7.308,92;
il diritto fatto valere dall’ va perciò dichiarato sussistente nei limiti sopra evidenziati.
Nulla deve invece restituire l’ , non avendo ancora recuperato il suo cre- dito, tantomeno in misura eccedente a quella prevista dall’art.545 c.p.c. Nel ricorso introduttivo del giudizio di primo grado la sig.ra ha dichiarato di possedere un reddito pari a zero (a parte l’assegno sociale)
e.Q.M. la Corte di Appello di Trieste, definitivamente pronunciando, così decide:
in accoglimento dell’appello proposto dall’ contro la sentenza del Tribunale di Trieste n.29/2024 di data 31/1/2024, che per l’effetto integralmente riforma, accerta e dichiara l’obbligo di di restituire all’Istituto previden- ziale i ratei di assegno sociale indebitamente percepiti nei periodi oggetto di causa, quantificati in complessivi Euro 7.308,92;
dichiara la sig.ra esentata dall’onere delle spese di lite ai sensi dell’art. 152 disp.att.c.p.c.
Trieste, 27/6/2024.
Il Giudice Estensore (dott.NOME COGNOME Il Presidente (dott.ssa NOME COGNOME
La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di
Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.
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