fbpx
Generic filters
Parola esatta ...
Cerca nei titolo
Search in excerpt
Filtra per categoria
Codice Civile
Codice Penale

Responsabilità amministratore per danno da false informazioni

Il Tribunale ha condannato l’ex amministratore di una società al risarcimento del danno nei confronti di un terzo che aveva subito un danno a causa delle false informazioni fornite dall’amministratore sulla situazione debitoria della società. Il Tribunale ha ritenuto che l’amministratore fosse responsabile ai sensi dell’art. 2395 c.c. per aver agito con dolo, inducendo il terzo a concludere un contratto a condizioni diverse da quelle che avrebbe accettato se avesse conosciuto la reale situazione debitoria.

Pubblicato il 07 September 2024 in Diritto Societario, Giurisprudenza Civile

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE DI VENEZIA Sezione Specializzata di Impresa

Il Collegio, riunito in camera di consiglio, nelle persone dei signori magistrati Dott.ssa NOME COGNOME Presidente rel.
est Dott.ssa NOME COGNOME Dott. NOME COGNOME nel procedimento iscritto al n. 609/24 R.G. promosso da:
di COGNOME e in persona del legale rappresentante pt, rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME ricorrente nei confronti di , contumace resistente ha pronunciato la seguente

SENTENZA N._3012_2024_- N._R.G._00000609_2024 DEL_02_09_2024 PUBBLICATA_IL_03_09_2024

CONCLUSIONI

Parte ricorrente precisa le conclusioni come da foglio di precisazione delle conclusioni depositato telematicamente:

“Voglia il Tribunale adito:
Condannare il Sig. nato a Zhejiang (Rep. Pop. Cinese) il 10/01/1980 (c.f. ) e residente a Padova in INDIRIZZO a pagare per le causali di cui in narrativa, a favore di la somma capitale di € 20.516,20, oltre interessi moratori e C.F. rivalutazione monetaria, oltre alle spese e compensi per il procedimento di sequestro conservativo nr. 15014/2023 RG per i motivi sopra esposti.
Con vittoria di spese e compensi di avvocato anche per il procedimento di sequestro conservativo nr. 15014/2023 RG.

MOTIVAZIONE

La società di RAGIONE_SOCIALE e , con ricorso ex art. 281 decies c.p.c. ricorreva avanti l’intestato Tribunale nei confronti di al fine di ottenere la condanna di quest’ultimo al pagamento in proprio favore dell’importo di € 20.516,20, oltre agli interessi moratori e a rivalutazione.

Esponeva che:
il resistente era stato amministratore e poi liquidatore della società RAGIONE_SOCIALE società che aveva ceduto alla odierna ricorrente un ramo d’azienda corrente in Selvazzano Dentro (PD), organizzato per l’esercizio dell’attività di ristorante, costituito dall’avviamento e dall’arredamento, attrezzature e beni strumentali per il prezzo di € 50.000,00 di cui € 20.000,00 per attrezzature e il residuo per avviamento;
nell’atto di cessione era stato previsto che, a far data dal giorno 11/10/2021, la cessionaria avrebbe assunto tutti gli obblighi e tratto tutti i benefici dell’azienda ceduta.

In deroga all’art. 2558 c.c. le parti avevano altresì previsto che alcun rapporto contrattuale, al di là di quello relativo alla locazione e alle utenze, sarebbe stato ceduto al cessionario;
esse avevano inoltre previsto che ai sensi dell’art. 2560 c.c., il cessionario non sarebbe subentrato in alcun debito dell’azienda ceduta;
era invece successivamente emerso che all’epoca della cessione era già in corso un giudizio civile presso il Tribunale di Padova con la società per un credito vantato da quest’ultima verso la cedente, che si era poi concluso con sentenza di condanna integrante titolo esecutivo (sentenza n. 935/2022 del Tribunale di Padova);
la odierna ricorrente era stata attinta da precetto e pignoramento ed aveva presentato ricorso ex art 615 II comma cpc professandosi estranea, ma il Tribunale di Padova, sul rilievo che la cessione dell’azienda era avvenuta nel corso del giudizio promosso da per l’accertamento del proprio credito, aveva ritenuto configurata l’ipotesi di cui all’art. 111 c.p.c;
la ricorrente aveva presentato poi altra opposizione concernente la erroneità del calcolo degli interessi e dell’iva sulle spese legali che era stata accolta sicchè era stata assegnata a con ordinanza 17.102023 la minor somma di € 20.516,20;
la richiesta di di NOME COGNOME e alla cedente RAGIONE_SOCIALE di rifusione di detta somma era stata vana non essendo risultato neppure più attivo l’indirizzo PEC indicato al Registro Imprese;
sussisteva il suo diritto di credito in regresso verso la società cedente, sia ex lege che per espressa previsione contrattuale;
la società cedente era inattiva e non disponeva di alcun bene aggredibile.

Ha evidenziato da un lato che, se il resistente avesse pagato il credito della creditrice sociale utilizzando la capiente provvista ricevuta in sede di cessione di ramo d’azienda, essa ricorrente non sarebbe stata attinta dalla procedura esecutiva ed ha affermato che non era neppure dato conoscere “la sorte” della somma incassata posto che non era disponibile alcun bilancio sociale successivo al 2019.
Inoltre, ha sottolineato che se essa ricorrente fosse stata notiziata nel corso delle trattative dell’esistenza di quel contenzioso avrebbe concluso il contratto di cessione a condizioni diverse e cioè pretendendo che il debito venisse saldato prima della cessione o comunque defalcando la somma dal prezzo di cessione;
per contro non solo le era stata taciuta la circostanza, ma dolosamente le era stato fatto credere che non vi fosse alcuna posta debitoria e alcun contenzioso pendente inducendola a concludere il contratto sulla scorta di false informazioni.

Ha concluso invocando la responsabilità del resistente per il danno patito “tanto ai sensi dell’art 2394 cc, quanto ai sensi dell’art 2395 c.c.” Il convenuto, al quale veniva regolarmente notificato il ricorso e il pedissequo decreto di fissazione dell’udienza, non si costituiva in giudizio e ne veniva dichiarata la contumacia.

Il ricorrente otteneva la concessione di sequestro conservativo ante causam nei confronti fino a concorrenza di € 23.000,00 per capitale, interessi e spese.

La domanda formulata ai sensi dell’art. 2476, 7° comma cc, trattandosi di azione di responsabilità promossa dal terzo contro amministratore di RAGIONE_SOCIALE, è fondata per i motivi che si espongono.

L’art. 2395 c.c. delinea un sistema di responsabilità volto a tutelare i soci ed i terzi, che si fonda sul presupposto di un pregiudizio arrecato direttamente al patrimonio del singolo senza che da ciò derivi un danno per la società.

Infatti, l’elemento di diversità dell’azione individuale di responsabilità rispetto all’azione sociale (art. 2393 c.c.) ed a quella dei creditori sociali (art. 2394 c.c.) è rappresentato dall’incidenza “diretta” del danno sul patrimonio del socio o del terzo:
mentre l’azione sociale è finalizzata al risarcimento del danno al patrimonio sociale, che incide soltanto indirettamente sul patrimonio dei soci per la perdita di valore delle loro azioni, e l’azione dei creditori sociali mira al pagamento dell’equivalente del credito insoddisfatto a causa dell’insufficienza patrimoniale causata dall’illegittima condotta degli amministratori, e quindi ancora una volta riguarda un danno che costituisce il riflesso della perdita patrimoniale subita dalla società, l’azione individuale in argomento postula la lesione di un diritto soggettivo patrimoniale del socio o del terzo che non sia conseguenza del depauperamento del patrimonio della società (cfr., ex pluribus, Cass. civ., sent. n. 21130/2008).

È opinione prevalente, in dottrina ed in giurisprudenza, che, data la mancanza di un vincolo contrattuale tra amministratore ed i terzi che esercitino l’azione, l’azione che ne deriva assuma natura extracontrattuale (cfr. Cass. n. 15220/2010; Cass. n. 6870/2010; Cass. n. 4817/1998).

La natura extracontrattuale della responsabilità si riverbera sul regime probatorio.

Ed infatti, grava sul socio o sul terzo che agisca in giudizio al fine di far valere la responsabilità diretta dell’amministratore l’onere probatorio in relazione:
alla condotta dolosa o colposa dell’amministratore;
all’esistenza di un danno ingiusto diretto e al nesso di causalità che deve intercorrere tra l’attività dell’amministratore ed il pregiudizio causato all’attore.

Orbene, svolte tali premesse, preme osservare che la responsabilità dell’amministratore ex art. 2395 c.c. sorge da un quid pluris rispetto al mero inadempimento contrattuale della società, che è dato proprio dalla manifestazione dell’elemento soggettivo che presiede all’atto compiuto dall’amministratore, traducendosi in un danno che incide sul patrimonio del singolo socio o del terzo.

In altre parole, se la società è inadempiente per non avere rispettato gli obblighi ad essa derivanti da un rapporto contrattuale stipulato con un terzo, di questi danni risponde la società e soltanto la società (qui il rapporto di immedesimazione organica tra la società e le persone che per essa vogliono e agiscono si manifesta in tutta la sua portata, per cui, come incisivamente si è detto, l’atto dell’amministratore non è atto compiuto per conto della società, ma è atto “della” società);
se viceversa, accanto a questo inadempimento sociale, vengono dedotti specifici comportamenti degli amministratori, dolosi o colposi, che di per se stessi abbiano cagionato ai terzi un danno diretto, di questo risponderanno gli amministratori, la cui responsabilità potrà eventualmente aggiungersi – senza sostituirla o sopprimerla – a quella della società per l’inadempimento.

Peraltro, la responsabilità ex art. 2395 c.c. dell’amministratore di società, data la sua natura extracontrattuale, non si estende al danno derivato all’altro contraente dall’inadempimento del contratto stipulato all’esito dell’attività suindicata del quale risponde la società, a titolo di responsabilità contrattuale, ma concerne solo il danno direttamente ricollegabile, con nesso di causalità immediata, ai predetti fatti illeciti dell’amministratore, unicamente di questi ultimi potendosi far carico al medesimo, ai fini del risarcimento del danno all’altro contraente danneggiato (Cass. civ., sent. n 15822 del 2019, 21130 del 2008).

Nel caso qui in esame, parte ricorrente nella richiesta di veder riconosciuto il suo diritto al risarcimento del danno pur attingendo alla vicenda contrattuale sopra delineata in ricorso ha precisato che il comportamento illecito attribuito all’amministratore sta nell’aver amministratore posto in essere una intenzionale attività volta a fornire false indicazioni circa la situazione debitoria aziendale sì da indurre la ricorrente a contrarre a condizioni diverse da quelle in cui avrebbe contratto conoscendo i reali rapporti di debito sociale.

Trattasi indubbiamente di allegazione di un quid pluris rispetto ad un mero inadempimento societario, quid pluris foriero di danno “diretto” in capo alla ricorrente.

Parte ricorrente si era specificamente premurata di avere garanzie sulla situazione debitoria della società e dell’azienda che andava ad acquisire tanto che in contratto viene stabilito che “ la società cessionaria non subentra nei crediti e nei debiti relativi al ramo d’azienda ceduto maturati fino alla data di efficacia del presente contratto”;
il contratto prevedeva anche
“che nessun debito, onere diretto o indiretto ….viene trasferito con la presente cessione manlevando la società cessionaria da ogni onere e responsabilità diretta” e in altra clausola si dava pure atto della insussistenza di contenziosi.

La pretesa creditoria di e la pendenza della lite avente ad oggetto il credito di era invece circostanza ben nota all’amministratore posto che all’epoca della cessione ovvero ad ottobre 2021 (v. doc 1 contratto di cessione con firme autenticate nell’ottobre 2021) era già stata notificato alla società in persona del legale rappresentante pro tempore l’atto di citazione di del marzo 2021 (v doc 8).

Aver non solo intenzionalmente taciuto su una siffatta circostanza ma altresì rappresentato falsamente una situazione da cui emergeva che non vi erano debiti né contenziosi pendenti, ha indubbiamente esposto la società ricorrente a contrarre a condizioni diverse da quelle in cui secondo l’id quod plerumque accidit avrebbe contratto se fosse stata resa edotta della pendenza del contezioso su citato, essendo del tutto presumibile che, come esposto in ricorso, la cessionaria avrebbe contratto a condizioni diverse stante l’impatto negativo di una siffatta situazione. È, infatti, presumibile come dedotto dalla ricorrente “che qualora durante le trattative precontrattuali, fosse stata informata dell’esistenza del contenzioso con (contenzioso che invece era stato espressamente negato dallo , l’attuale cessionaria avrebbe potuto pretendere, prima di acquistare l’azienda, che il debito venisse saldato dal debitore originario o avrebbe potuto provvedere al pagamento, defalcando la somma dal prezzo della cessione”.

Di qui deriva la responsabilità dell’ex amministratore di RAGIONE_SOCIALE, foriera di danno diretto per la ricorrente.

Il resistente deve essere, in conclusione, condannato al pagamento della somma di € 20.516,20, oltre rivalutazione monetaria dall’8.10.2021 ed interessi compensativi sulla somma anno per anno rivalutata (come da SU Cass. civ. 1712 del 1995).

Le spese di lite del presente giudizio e della fase cautelare seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

Il Tribunale di Venezia, definitivamente decidendo nella causa promossa da nei confronti di ed iscritta al n. 609/24 R.G., ogni diversa eccezione, domanda ed istanza disattesa:
condanna il resistente al pagamento, in favore della società ricorrente della somma capitale di € 20.516,20, oltre rivalutazione monetaria dall’8.10.2021 ed interessi compensativi sulla somma anno per anno rivalutata;
condanna il resistente a versare, in favore della società ricorrente, le spese di lite che liquida in euro 4.500,00 per compensi professionali (comprensivi del compenso per la fase cautelare), € 558,40 per anticipazioni, oltre spese generali e accessori come per legge.

Così deciso in Venezia nella Camera di Consiglio in data 24 giugno 2024 Il Presidente est. dott.ssa NOME COGNOME

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Carmine Paul Alexander TEDESCO - Avvocato
Desideri approfondire l’argomento ed avere una consulenza legale?

Articoli correlati