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Codice Civile
Codice Penale

Responsabilità amministratore per prelievi ingiustificati

La sentenza afferma la responsabilità di un amministratore di società per i danni causati alla società a seguito di prelievi ingiustificati dal conto corrente sociale. Viene ribadito il principio per cui la responsabilità dell’amministratore sussiste anche quando questi abbia un ruolo marginale all’interno della società, in quanto sussiste comunque un dovere di diligenza e di controllo sull’operato degli altri amministratori. Infine, la sentenza chiarisce la distinzione tra l’azione di responsabilità sociale e quella esercitata dai creditori sociali in caso di fallimento.

Pubblicato il 01 September 2024 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile

N. R.G. 18800/2021

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE ORDINARIO di TORINO

Tribunale delle Imprese Il Tribunale,

in composizione collegiale nelle persone dei seguenti magistrati:
Dott.ssa NOME COGNOME Presidente ff Rel.
Dott.ssa NOME COGNOME Dott. NOME COGNOME ha pronunciato la seguente

SENTENZA N._4427_2024_- N._R.G._00018800_2021 DEL_03_08_2024 PUBBLICATA_IL_03_08_2024

nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 18800/2021 promossa da:
con il patrocinio dell’avv.to NOMECOGNOME elettivamente domiciliato in Indirizzo Telematico presso il difensore avv.to COGNOME.
Attore contro con il patrocinio dell’avv.to NOMECOGNOME elettivamente domiciliato in Milano, INDIRIZZO presso il difensore avv.to COGNOME
Convenuto

CONCLUSIONI

Per parte attrice:
“ Voglia l’Ill.mo Tribunale adito, previa ogni più opportuna declaratoria, anche incidentale, del caso:
NEL MERITO:
accertare e dichiarare:
– che l’avv. si è resa inadempiente agli obblighi di sua pertinenza in qualità di componente del consiglio di amministrazione di (dal 10.09.1998 al 28.09.2004) e di Presidente del consiglio di amministrazione di dal 29.09.2004 al 22.12.2010, nonché di socia di (dal 02.12.2004 alla data della dichiarazione di fallimento), per le ragioni, in fatto e in diritto, tutte esposte negli atti di causa;
– che l’avv. deve, pertanto, ritenersi responsabile ex artt. 2392, 2394 c.c. e 2476, 7° comma., c.c., nonché ex art. 146 L.F., per i danni subiti dalla società e dai creditori sociali quantificabili in € 295.039,01, ovvero in quella diversa somma, maggiore o minore, ritenuta di giustizia ad esito del giudizio;
per l’effetto condannare la convenuta al risarcimento dei danni da maggiorarsi della rivalutazione monetaria fino alla data della decisione e degli interessi legali dalla data della decisione al saldo;
ammettersi prova per interrogatorio formale e per testi sui seguenti capitoli:
1) vero che l’avv. in data 21 agosto 2014, ha percepito a mezzo bonifico bancario dal c.c. n. NUMERO_DOCUMENTO Unicredit, intestato alla l’importo di €. 1.500,00, senza causale contabile?;
2) vero che, allorquando l’avv. era Presidente del Consiglio di Amministrazione di sono stati effettuati dal conto corrente bancario n. 100714474 intestato alla società presso l’Agenzia di Verbania di Unicredit S.p.a.
, prelevamenti senza titolo per complessivi euro 116.332,70, come da estratti di conto corrente sub doc. 7, che mi si rammostrano?;
3) vero che l’avv. – come Presidente del C.d. NOME e come socia di – ha concorso con i fratelli nella commissione delle fattispecie di reato dettagliatamente elencate nell’in-formativa G.d. F. Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Verbania in data 20.05.2020 sub doc. 20, che mi si rammostra?

Indica a testi con riserva di integrazione della lista:
– dr. con Studio in  (VB);
– Ten. Col. Comandante del Nucleo P.E.F. della G.d. F. di Verbania;
con riguardo alla istanza istruttoria formulata a pag. 4 della memoria istruttoria di controparte in data 01.06.2022, il fallimento attoreo si op-pone al richiesto ordine di esibizione in quanto non motivato, né rilevante ai fini del decidere;
ammettersi, in caso di contestazione e per quanto possa occorrere, consulenza tecnica per la ricostruzione contabile delle indebite distrazioni patrimoniali (sub punti B.1. e B.2 di cui all’atto di citazione in data 19.09.2021) – prelevamenti senza titolo, o, comunque, per i quali non è stata fornita giustificazione alcuna – nonché per il decremento dell’attivo e depauperamento del patrimonio sociale originato dall’operazione sub B.3 (di cui all’atto di citazione in data 19.09.2021), in quanto opera- zioni assentite e/o non impedite dall’avv. In ogni caso, condannare la convenuta al pagamento delle spese del presente giudizio.

“ Per parte convenuta “

L’odierna convenuta, sig.ra precisa le conclusioni come segue, dichiarando ove occorra di non accettare il contraddittorio su domande ed eccezioni nuove eventualmente formulate da controparte e chiede concedersi i termini di cui all’art. 190 Cod.Proc.Civ.:

CONCLUSIONI

Voglia l’Ill.mo Tribunale adito, contrariis reiectis, così giudicare:
– IN INDIRIZZO, accertata e dichiarata la prescrizione delle azioni tutte esercitate da parte attrice, rigettare le domande da quest’ultima formulate nei confronti della sig.ra – IN INDIRIZZO in ogni caso, respingere e rigettare le domande tutte svolte dall’attrice nei confronti della convenuta, in quanto infondate in fatto ed in diritto, per i motivi tutti di cui in atti o, in subordine, liquidare nella misura di giustizia l’eventuale minor importo in denegata ipotesi ritenuto dovuto a parte attrice; – IN INDIRIZZO
ove occorra ai fini del rigetto delle domande attoree, si insiste, rinnovando all’uopo le richieste già svolte in atti, per l’ammissione delle istanze istruttorie di cui alla memoria ex art. 183 /VI comma n. 2 Cod.Proc.Civ.;
– IN OGNI CASO:
con vittoria di spese e compensi oltre il rimborso forfettario per spese generali oltre IVA e CPA come per legge.

Concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione

1.Il in persona del Curatore, conveniva in giudizio promuovendo domanda di accertamento dell’inadempimento degli obblighi sulla stessa gravanti in qualità di componente del Consiglio di Amministrazione della società, dal 10.9.1998 e sino al 28.9.2004, quale Presidente del Consiglio di Amministrazione, a far dal 29.9.2004 a tutto il 22.12.2010 ed infine quale socia, dal 2.12.2004 e sino alla dichiarazione del fallimento della società, pronunciato dal Tribunale di Verbania in data 26.9.2018. La società faceva parte ed operava nell’ambito del cd. RAGIONE_SOCIALE , a cui erano legate più società tutte riconducibili alla famiglia Parte attrice assumeva la sussistenza di più condotte, ascrivibili alla convenuta, in concorso con i fratelli, integranti il reato di bancarotta, giusto disposto ex art. 223 comma 1 R.D. 267/1942, condotte che avevano determinato l’insolvenza della In particolare, tra il luglio 2009 ed il novembre del 2010, l’esame dell’estratto del conto corrente bancario n. 100714474, aveva consentito di accertare prelievi per la complessiva somma di €. 116.332,70, a titoli vari ( bonifico rimborso finanziamento a favore di , a titolo di rimborsi, rimborsi spese, in conto spese, in conto spese a favore del fratello ) ovvero senza titolo alcuno ( prelievi in contante per €. 52.600,00 );
in data 21.8.2014 dal predetto conto emergeva ancora un bonifico, senza giustificazioni, di €. 1.500,00 sempre a favore della convenuta.
Richiesta di giustificare tali movimentazioni, la non aveva fornito spiegazioni.

Richiamava poi un contratto di mutuo, concluso in data 20.7.2011 dall’AU RAGIONE_SOCIALE con la Cassa di Risparmio di Ravenna per l’importo di €. 200.000,00, con concessione di un’ipoteca pari al valore di €. 400.000,00 su un immobile di proprietà della società sito in Sardegna;
l’importo era stato in parte destinato ad estinguere un precedente mutuo di originari €. 70.000,00 concessi dalla Banca Popolare Commercio ed Industria;
il successivo 6.12.2011 i fratelli della convenuta si accollavano il finanziamento, rendendosi peraltro poi morosi per la complessiva somma di €. 163.079,76;
la banca creditrice si insinuava nel fallimento in via privilegiata ipotecaria.

Parte attrice rappresentava pertanto che la società si era vista onerare di un mutuo al solo scopo di rendere la relativa somma disponibile per i due prestando in garanzia l’unico immobile di cui era titolare;
la stessa aveva quindi pagato a titolo di rate €. 8.065,10, oltre il residuo debito derivante dall’inadempimento dei due La convenuta all’epoca era socia ed aveva assentito all’operazione, sebbene nel verbale della relativa assemblea, che aveva deliberato l’accollo del mutuo da parte dei due la convenuta veniva indicata quale amministratrice delegata;
la stessa comunque non si era opposta all’operazione, da cui era scaturito un pregiudizio evidente per la società, che era rimasta esposta ad grave depauperamento, condotte che quindi apparivano riconducibili alla previsione di cui all’art. 223 comma1 e 216 comma 1 RD 267/1942;
il danno complessivo, derivante alla società da tale operazione, era quindi da quantificarsi in €. 177.206,32.

2. Si costituiva contestando la ricostruzione fattuale operata dal La convenuta aveva sempre attivamente svolto la professione di avvocato e all’interno della società aveva ricoperto un ruolo marginale, senza mai dedicarsi all’attività d’impresa;
la stessa dal 1993 viveva e risiedeva in Toscana.

Avuto riguardo alle azioni di responsabilità promosse dal , eccepiva preliminarmente la prescrizione;
l’azione di responsabilità ex art. 2476 co. 3 c.c. si prescriveva in 5 anni dalla cessazione della carica;
parimenti si prescriveva in 5 anni anche l’azione di responsabilità nell’interesse dei creditori sociali ex art. 2394 c.c., decorrente dal momento dell’oggettiva percepibilità da parte dei creditori dello stato di decozione della società;
già a partire dal 2012 la situazione della RAGIONE_SOCIALE, desumibile dalla la consultazione dei bilanci, appariva preoccupante;
infine dal 2015 la stessa aveva completamente omesso di depositare i bilanci di esercizio e pertanto da tale data poteva farsi decorrere il dies a quo del termine della prescrizione.

Parimenti prescritta l’azione di responsabilità esercitata nei confronti del socio, da ritenersi di natura extracontrattuale, secondo la previsione di cui all’art. 2949 c.c.;
anche con riguardo all’azione residuale ex art. 2043 c.c., la stessa era da ritenersi prescritta avuto riguardo alla previsione di cui all’art. 2947 comma 1 c.c..

Quanto all’ipotesi invocata dal ( art. 2947 co. 3 c.c. ) osservava che in sede penale, all’esito delle indagini della GdF e nonostante la convenuta fosse stata indicata espressamente quale soggetto penalmente responsabile, nei suoi confronti la Procura di Verbania non aveva ritenuto di procedere, circostanza rilevante, che quindi comportava l’esclusione di ogni fattispecie di reato in capo alla convenuta.

Quanto alle operazioni contestate richiamava la loro risalenza temporale, nonché il fatto che molte delle operazioni censurate apparivano giustificate da causali;
quanto invece all’operazione di mutuo, contestava di avere partecipato all’atto, osservando ancora che non vi era evidenza dell’utilizzo extrasociale dei fondi residui, tenuto conto che parte della somma mutuata ( €. 70.000,00 ) era stata utilizzata per estinguere un mutuo.

Concessi i termini ex art. 183 co. VI c.p.c. e avviate tra le parti trattative per una definizione conciliativa, poi fallite, la causa veniva assunta in decisione.

3. Il , come illustrato in atto di citazione, ha convenuto in giudizio esercitando l’azione disciplinata ex art. 146 Legge Fall.
, azione cumulativa ed unitaria preordinata alla tutela degli interessi non solo della società, ma anche del ceto creditorio.

Il profilo assume rilievo, rispetto alle censure in ordine alla prescrizione promosse dalla invero se può convenirsi che l’azione sociale di responsabilità, che il Curatore è legittimato a promuovere, sia sottoposto alla prescrizione quinquennale decorrente dalla cessazione della carica dell’amministratore, come osservato dalla convenuta e come sancito anche dalla giurisprudenza di legittimità ( “ Le azioni di responsabilità nei confronti degli amministratori di una società di capitali previste dagli artt. 2393 e 2394 cod. civ., pur essendo tra loro distinte, in caso di fallimento dell’ente confluiscono nell’unica azione di responsabilità, esercitabile da parte del curatore ai sensi dell’art. 146 legge fall. , la quale, assumendo contenuto inscindibile e connotazione autonoma rispetto alle prime – attesa la “ratio” ad essa sottostante, identificabile nella destinazione, impressa all’azione, di strumento di reintegrazione del patrimonio sociale, unitariamente considerato a garanzia sia degli stessi soci che dei creditori sociali – implica una modifica della legittimazione attiva di quelle azioni, ma non ne immuta i presupposti.

Ne consegue che i fatti addotti a fondamento della domanda identificano l’azione in concreto esercitata dal curatore, ed, in particolare, la disciplina in materia di prova e di prescrizione, quest’ultima in ogni caso quinquennale, ma, se fondata sulle circostanze idonee ad attivare l’azione sociale, con decorrenza non dal momento in cui l’insufficienza patrimoniale si è manifestata come rilevante per l’azione esperibile dai creditori, bensì dalla data del fatto dannoso e con applicazione della sospensione prevista dall’art. 2941, n. 7, cod. civ., in ragione del rapporto fiduciario intercorrente tra l’ente ed il suo organo gestorio. C.Cass.
10378/2012), i fatti di distrazione illustrati nelle difese ed ascritti alla e la finalità recuperatoria a cui l’azione promossa appare strumentale, identificano comunque la stessa come diretta a vantaggio dei creditori della parte attrice ha prospettato di volere tutelare.

Invero il Curatore ha richiamato entrambe le finalità dell’azione promossa, senza operare alcuna distinzione da cui poter desumere un’opzione esclusiva per un’azione diretta a far valere la responsabilità dell’amministratore verso la società con esclusione di quella diretta a tutela dei creditori ( in punto :
“ L’azione di responsabilità esercitata dal curatore ex art. 146 l.fall. cumula in sé le diverse azioni previste dagli artt. 2393 e 2394 c.c. a favore, rispettivamente, della società e dei creditori sociali, in relazione alle quali assume contenuto inscindibile e connotazione autonoma – quale strumento di reintegrazione del patrimonio sociale unitariamente considerato a garanzia sia degli stessi soci che dei creditori sociali –, implicando una modifica della legittimazione attiva, ma non della natura giuridica e dei presupposti delle due azioni, che rimangono diversi ed indipendenti. Ne discende che la mancata specificazione del titolo nella domanda giudiziale, lungi dal determinare la sua nullità per indeterminatezza, fa presumere, in assenza di un contenuto anche implicitamente diretto a far valere una sola delle azioni, che il curatore abbia inteso esercitare congiuntamente entrambe le azioni. C.Cass. 23452/2019. ).

Deve quindi ritenersi che l’azione recuperatoria spettante ai creditori sociali non sia prescritta, non emergendo elementi oggettivi e percepibili che consentano di far retroagire il termine di decorrenza ad epoca ancora precedente alla sentenza di fallimento ( “L’azione di responsabilità nei confronti degli amministratori ex art. 2394 c.c., esercitata dal curatore fallimentare a norma dell’art. 146 l. fall., è soggetta a prescrizione quinquennale che decorre dal momento dell’oggettiva percepibilità, da parte dei creditori, dell’insufficienza dell’attivo a soddisfare i debiti; pertanto, in ragione dell’onerosità della prova gravante sul curatore, sussiste una presunzione “iuris tantum” di coincidenza tra il “dies a quo” di decorrenza della prescrizione e la dichiarazione di fallimento, ricadendo sull’amministratore la prova contraria della diversa data, anteriore, di insorgenza e percepibilità dello stato di incapienza patrimoniale, con la deduzione di fatti sintomatici di assoluta evidenza, la cui valutazione spetta al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità, se non nei limiti di cui all’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c. Ord. C.Cass. 3352/2023; nello stesso senso C.Cass. 24715/2015).

La circostanza che la società tra il 2012 e il 2014 avesse riportato perdite ( peraltro di importo assai contenuto, rispetto ai dati di bilancio ) non pare ancora circostanza significativa;
parimenti il fatto che il bilancio relativo all’esercizio 2015 non fosse stato approvato, non consentiva ancora di trarre elementi certi per affermare che ersasse in una situazione di incapienza patrimoniale.

In assenza di un bilancio illustrativo dello stato della società, la cui mancanza poteva anche essere la conseguenza di circostanze non strettamente riconducibili ad una situazione economica critica, ma anche connessa a dissidi interni tra soci ed amministratori, deve ritenersi che il termine di decorrenza della prescrizione, in virtù della presunzione elaborata dalla giurisprudenza legittimità, debba coincidere con la pronuncia di fallimento.

Alla data della pendenza della causa la prescrizione non era quindi decorsa.

4. Il contestava alla convenuta diverse operazioni, in gran parte riconducibili ad epoca in cui la stessa aveva rivestito sia il ruolo di Presidente del Consiglio di Amministrazione della società, con una quantificazione in termini di danni di €.
116.332,70 consistenti in prelievi senza titolo.

Con riguardo ai prelevamenti partitamente descritti da pag. 5 a pag. 9 della citazione e documentati dagli estratti conto del conto corrente bancario presso Unicredit di per l’ammontare sopra descritto, ritiene il Collegio di accogliere la domanda, ma limitatamente a quelle movimentazioni in uscita effettivamente prive di una giustificazione.

Tra il settembre del 2009 e il novembre del 2010, dal conto della società sono stati prelevati €. 67.102,00, in gran parte (per l’importo di €. 52.600,00 ) tramite prelievi di contante allo sportello, senza alcuna specifica causale che giustificasse l’operazione.

In tale periodo la rivestiva le funzioni di Presidente del Consiglio di Amministrazione e il fatto che la stessa, come asserito, avesse un ruolo marginale e circoscritto, non solo costituisce circostanza irrilevante rispetto alle responsabilità gestorie e di vigilanza che alla stessa sarebbe spettato esercitare, ma costituisce altresì ammissione circa la trascuratezza con cui la convenuta ha inteso il proprio ruolo, delegato ai congiunti senza alcun controllo.

Le produzioni documentali del , con particolare riguardo alle movimentazioni del conto corrente della società acceso, nonché le risultanze dell’indagine della GdF, da cui emergeva la ricostruzione delle condotte distrattive ascrivibili agli Amministratori ( non solo dal conto, ma anche dalle casse della società ) dagli stessi confermate in sede di audizione, costituiscono elementi probatori circa la responsabilità della convenuta, che sentita nel 2018 dal Curatore del dichiarava di essersi disinteressata della società – benchè almeno sino al 2012 ammettesse di avere partecipato alle assemblee destinate all’approvazione del bilancio – con ciò agevolando il dissesto di che maturava attraverso tale gestione un’elevata esposizione debitoria verso l’Erario e le Banche. Quanto alla restante somma prelevata, deve osservarsi che i prelievi risultavano accompagnati dalla causale per rimborsi spese o per restituzione finanziamento soci;
il Curatore, a parte l’informativa della GdF, non ha offerto elementi ulteriori che consentissero di affermare con certezza che anche tali somme uscite dal conto della società, al di là della causale, costituivano di fatto illecite locupletazioni ai danni della stessa.

5. Parimenti deve essere ricompresa nella somma che spetta alla corrispondere a titolo di danni, anche l’importo di €.
1.500,00, oggetto di un bonifico disposto il 21.8.2014 a suo favore;
l’operazione non riporta nessuna causale e all’epoca la convenuta aveva cessato la propria carica di Presidente del CdA. La somma alla stessa attribuita appare quindi un’uscita senza giustificazione, a danno delle risorse della società e dei suoi creditori.

6. Quanto, infine, all’operazione di mutuo condotta nel 2011 dai fratelli della e attribuibile in termini di responsabilità anche alla convenuta, secondo il disposto ex art. 2476 co. 7 c.c., il Collegio osserva quanto segue.

L’ipotesi di responsabilità, prevista in via solidale con gli amministratori e imputata alla convenuta, postula secondo la previsione normativa, che il socio abbia partecipato alla decisione dell’atto gestorio ovvero lo abbia autorizzato;
la condotta oggettiva deve essere sorretta dall’elemento psicologico della cd.
“ intenzionalità “ da intendersi, secondo condivisibile dottrina, almeno quale consapevolezza della contrarietà della condotta rispetto ai canoni di corretta gestione.

Così inquadrato il contesto normativo, va precisato che il mutuo concluso nel luglio del 2011 non ha visto la partecipazione attiva della atteso che l’atto è stato concluso dal fratello ;
la convenuta si sarebbe solo limitata, nella prospettazione offerta, a prestare il proprio assenso all’accollo del mutuo da parte dei due fratelli, nel corso dell’assemblea dei soci del 23.11.2011.

Può convenirsi che l’intera operazione di finanziamento decisa dagli amministratori pro tempore avesse finalità non coerenti con gli interessi della come emerso dalle dichiarazioni rese da , da cui si apprendeva ( relazione della GdF ) che il mutuo era stato utilizzato per rientrare da uno scoperto bancario afferente un’altra società del gruppo.

Deve peraltro osservarsi che la partecipazione all’intera vicenda della appare marginale e la sola partecipazione all’assemblea del 23.11.2011, si prospetta non significativa rispetto alle responsabilità gestoria che si intende delineare;
va poi rilevato che nel corso di tale assemblea, veniva deliberato l’accollo del mutuo a carico dei scelta che a rigore sgravava la società dall’impegno economico originato dal mutuo.

Tale unico segmento di condotta addebitato alla convenuta, avulso dall’intera operazione e dalle sue finalità, certamente dannose per la fallita, non consente di ricostruire un quadro in termini di responsabilità convincente;
non vi è prova che la fosse informata delle ragioni del mutuo e della distrazione della somma mutuata a favore di altra società.

La domanda di condanna per tale profilo di responsabilità deve quindi essere disattesa, con ciò assorbendo ogni valutazione in ordine alla prescrizione della relativa azione risarcitoria.

7. Le domande promosse dal debbono quindi essere accolte nella minore somma di €. 68.602,00;
trattandosi di prelievi operati sul conto, si ritiene di applicare i soli interessi legali e non la rivalutazione monetaria, con decorrenza, come richiesto, dalla presente decisione al saldo.

8. In punto spese, poichè non tutte le domande promosse sono state accolte, appare congruo disporre una parziale compensazione degli oneri di lite, nella misura che il Collegio stabilisce nel 50%.

I restanti oneri debbono essere invece posti a carico della convenuta e determinati, secondo lo scaglione di valore da €. 52.001,00 a €.
260.000,00, con liquidazione di tutte e quattro le fasi del giudizio, secondo i valori medi, tranne per quella istruttoria, limitata solo al deposito delle memorie, a cui non ha fatto seguito assunzione di prove, Il quantum a carico della convenuta è quindi pari alla somma di €. 5.634,00 ( 11.268,00 : 2 ), oltre accessori.

Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni altra istanza ed eccezione disattesa o assorbita, così dispone:
Accoglie parzialmente le domande promosse e per l’effetto dichiara tenuta e condanna a corrispondere al a titolo di danni, la complessiva somma di €. 68.602,00, oltre interessi legali dalla sentenza al saldo.
Respinge le restanti domande.
Compensa nella misura del 50% le spese di lite.
Dichiara tenuta e condanna a rimborsare al le restanti spese di lite che si liquidano in €.
5.634,00, oltre IVA, se dovuta ex lege, CPA e 15 % per spese generali.
Così deciso in Torino, 25.7.2024 Il Presidente ff Rel Dott. NOME COGNOME

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Carmine Paul Alexander TEDESCO - Avvocato
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