N. 106/2021 R.G.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DI
APPELLO
DI ANCONA NOME
SEZIONE CIVILE Riunita in camera di consiglio con l’intervento dei magistrati Dott. NOME COGNOME Presidente Dott.ssa NOME COGNOME Consigliere Dott.ssa NOME COGNOME Consigliere est. ha pronunciato la seguente
SENTENZA N._876_2024_- N._R.G._00000106_2021 DEL_04_06_2024 PUBBLICATA_IL_05_06_2024
nella causa civile in grado di appello iscritta al n. 106 del ruolo generale degli affari civili contenziosi dell’anno 2021 e promossa (P.IVA rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME Contro (P.IVA ), rappresentato e difeso dall’ Avv. NOME COGNOME APPELLATO OGGETTO:
Appello avverso la sentenza del Tribunale di Macerata n. 1014/2020 pubblicata in data 11.11.2020.
CONCLUSIONI
Dell’appellante:
“…In via principale: riformare l’impugnata sentenza per i motivi tutti esposti in narrativa e per l’effetto condannare l’ente appellato, il , in persona del sindaco pro tempore dott. , al risarcimento dei danni patiti della , in persona del titolare , a seguito del sinistro occorso, quantificabili nella somma di € 14.789,24, oltre interessi.
Con vittoria di spese per entrambi i gradi di giudizio.
In via subordinata: riformare l’impugnata sentenza in relazione alle spese liquidate nel giudizio di primo grado in favore dell’ente convenuto con riduzione delle stesse in conformità ai parametri di legge.
Con vittoria di spese per il giudizio di appello.
” Del Comune appellato:
“…precisa le conclusioni riportandosi al proprio atto costitutivo insistendo preliminarmente per l’inammissibilità dell’appello ex art. 342 e 348 bis c.p.c. e, in subordine, per il rigetto del gravame con conseguente conferma della sentenza impugnata.
” Pertanto, riportandosi alla comparsa di costituzione e risposta, ha concluso come segue:
“…preliminarmente accertare e dichiarare la mancanza di concreti e validi motivi a sostegno dell’appello e, per l’effetto, dichiararlo inammissibile;
nel merito rigettare l’appello in quanto infondato in fatto e diritto e, per l’effetto confermare la sentenza di primo grado.
Con vittoria di spese, competenze ed onorari del doppio grado di giudizio.
”
FATTI DI CAUSA
I) Con la sentenza indicata in epigrafe il Tribunale di Macerata ha rigettato la domanda risarcitoria proposta dalla sul presupposto della insussistenza della responsabilità ex art. 2051 c.c. in capo al considerando che l’ostacolo contro il quale si era scontrato il veicolo di proprietà della suddetta impresa – il tronco di un pino marittimo – fosse perfettamente visibile al conducente e che una guida prudente, tenuta in conformità ai limiti di velocità, imposti dalla particolarità del percorso e adeguatamente segnalati, avrebbe consentito di evitare il danno.
Il Tribunale ha infine condannato la impresa al rimborso, in favore dell’Ente convenuto, delle spese di lite, liquidate in complessivi € 3.300,00, oltre rimborso spese generali al 15%, IVA e CPA.
II) Avverso detta sentenza ha proposto appello la originaria parte attrice, insistendo nella fondatezza della domanda e concludendo per la riforma della pronuncia con condanna del al risarcimento dei danni patiti a seguito del sinistro e quantificati in € 14.789,24, oltre interessi e spese del primo e del secondo grado di giudizio.
III) Si è costituito il , eccependo l’inammissibilità ex artt. 342 e 348 bis c.p.c. del gravame, deducendo l’infondatezza in fatto e in diritto del gravame e concludendo per la conferma della gravata pronuncia con vittoria di spese, competenze ed onorari del doppio grado di giudizio.
IV) Preso atto delle note scritte depositate con cui le parti hanno precisato le rispettive conclusioni, trascritte in epigrafe, la causa è stata trattenuta in decisione assegnando i termini per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica ex art. 190 c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.) Con l’odierno gravame, premessi i fatti di causa e lo svolgimento del giudizio di primo grado, l’appellante ha impugnato la sentenza affidandosi a due motivi.
1.a) Con il primo – “Per violazione di legge:
erronea e falsa applicazione dell’art. 2051 cc nonché dell’art. 2697 cc. Omessa pronuncia su un punto essenziale della controversia riguardante il nesso causale tra evento lesivo e danno” – la ha impugnato la pronuncia, perché emessa sul presupposto che la condotta di guida del conducente non fosse adeguata allo stato dei luoghi e fosse tale da integrare il caso fortuito, idoneo ad escludere la responsabilità del custode e, dunque, senza considerare che la norma citata disciplina un’ipotesi di responsabilità oggettiva per la quale il custode è tenuto al risarcimento per la sola eventualità che la cosa arrechi il danno sicché l’evento dannoso è condizione necessaria e sufficiente a fondare la responsabilità dell’Ente. Ad avviso dell’appellante il Tribunale non ha, dunque, tenuto conto del fatto che il danneggiato ha fornito la prova del nesso di causalità tra l’evento dannoso lamentato (il sinistro occorso) e la cosa in custodia (l’albero il cui tronco sporgeva sulla carreggiata), mentre la controparte non ha fornito la prova liberatoria del caso fortuito, non essendo tale la condotta di guida del conducente tenuto presente che, nella specie, nessuna contestazione è stata rilevata dalle Autorità intervenute, che non sono stati forniti elementi dai quali poter desumere che la la condotta di guida non fosse adeguata allo stato dei luoghi, stante la mancanza di apposita segnaletica di pericolo. Ritiene quindi l’appellante che il Tribunale abbia erroneamente fondato la propria decisione reputando che fosse sufficiente, per escludere la responsabilità del la condotta del danneggiato senza verificare se l’evento presenti i caratteri di eccezionalità tali da interrompere il nesso causale tra la cosa in custodia ed il danno.
1.b) Con il secondo motivo – basato sulla “erronea applicazione della giurisprudenza di legittimità” – l’appellante lamenta che il primo giudice ha posto a base della decisione la sentenza della Cassazione n. 16527/2003, nella specie inconferente, poiché relativa non alla circolazione di veicoli, ma ad un pedone che, per distrazione, dopo essersi chinato a raccogliere un mazzo di chiavi, nel rialzarsi urtava un albero che fiancheggiava la strada: caso, questo, in cui la condotta eccezionale del danneggiato (il rialzarsi senza guardare) è di per sé idonea ad integrare il caso fortuito mentre, nella fattispecie in esame, la condotta del conducente, che circolava liberamente lungo una strada aperta al transito, non ha caratteri di eccezionalità tali da interrompere il nesso causale.
2.1) Va in primo luogo disattesa l’eccezione di inammissibilità dell’appello ex art. 342 c.p.c., poiché l’atto di gravame contiene argomentazioni dirette a confutare quanto ritenuto in dal primo giudice rendendo possibile, attraverso l’esame complessivo dell’atto, l’individuazione dell’oggetto della domanda e degli elementi di fatto e di diritto sui quali essa si fonda:
la parte appellante ha infatti censurato l’iter logico-giuridico seguito dal primo giudice, indicando i motivi dell’evidenziato dissenso – tanto che la stessa appellata ha poi esaminato le censure rivolte alla sentenza di primo grado, contestandole integralmente – per cui il requisito della specificità dei motivi dell’appello è da ritenersi, nella fattispecie, rispettato.
2.2) Quanto alla richiesta di inammissibilità avanzata ai sensi dell’art. 348 bis c.p.c. (nel testo ratione temporis applicabile, previgente alla riforma di cui al D. Lgs. n. 149 del 10/10/2022), si rileva invece che tale istanza deve ritenersi già implicitamente respinta dal Collegio che ha rinviato la causa fissando l’udienza di precisazione delle conclusioni.
3.) I motivi di appello – che, per la stretta connessione delle questioni trattate, possono essere esaminati congiuntamente – non sono fondati.
3.1) E’ noto che la responsabilità ex art. 2051 c.c. ha natura oggettiva – in quanto si fonda unicamente sulla dimostrazione del nesso causale tra la cosa in custodia e il danno, non già su una presunzione di colpa del custode – e può essere esclusa o dalla prova del caso fortuito oppure dalla dimostrazione della rilevanza causale, esclusiva o concorrente, alla produzione del danno delle condotte del danneggiato o di un terzo caratterizzate dalla colpa ex art. 1227 c.c. e, indefettibilmente, dalla oggettiva imprevedibilità e inevitabilità rispetto all’evento pregiudizievole (Cass.Civ. n. 11152/2023). Come chiarito in più occasioni dalla Suprema Corte, l’applicazione delle regole di cui all’art. 2051 c.c., presuppone sempre che il danneggiato dimostri il fatto dannoso ed il nesso di causalità tra la cosa in custodia ed il danno e, ove la cosa in custodia sia di per sé statica ed inerte, che lo stato dei luoghi presentava un’obiettiva situazione di pericolosità, tale da rendere molto probabile, se non inevitabile, il danno (tra le altre, Cass. n. 1064/2018; Cass. n. 11526/2017; Cass. n. 2660/2013; Cass. n. 12895/2016).
E’ stato poi affermato che, ai fini di cui all’art. 2051 c.c., il caso fortuito può essere integrato anche dal fatto colposo del danneggiato e che, allorché venga accertato che la situazione di possibile pericolo, comunque ingeneratasi, sarebbe stata superabile mediante l’adozione di un comportamento ordinariamente cauto da parte dello stesso danneggiato, deve escludersi che il danno sia stato cagionato dalla cosa, ridotta al rango di mera occasione dell’evento, e ritenersi, per contro, integrato il caso fortuito (Cass. n. 23584/2013; Cass. n. 12895/2016).
La giurisprudenza di legittimità ha altresì evidenziato che “la condotta del danneggiato, che entri in interazione con la cosa, si atteggia diversamente a seconda del grado di incidenza causale sull’evento dannoso, in applicazione – anche ufficiosa – dell’art. 1227 c.c., comma 1, richiedendo una valutazione che tenga conto del dovere generale di ragionevole cautela, riconducibile al principio di solidarietà espresso dall’art. 2 Cost., sicché, quanto più la situazione di possibile danno è suscettibile di essere prevista e superata attraverso l’adozione da parte del danneggiato delle cautele normalmente attese e prevedibili in rapporto alle circostanze, tanto più incidente deve considerarsi l’efficienza causale del comportamento imprudente del medesimo nel dinamismo causale del danno, fino a rendere possibile che detto comportamento interrompa il nesso eziologico tra fatto ed evento dannoso, quando sia da escludere che lo stesso comportamento costituisca un’evenienza ragionevole o accettabile secondo un criterio probabilistico di regolarità causale, connotandosi, invece, per l’esclusiva efficienza causale nella produzione del sinistro” (Cass.Civ. n. 2480/2018; Cass. civ n. 34886/2021; Cass civ. n. 11152/2023 cit.).
3.2) Nel caso di specie, anche tenendo in considerazione gli aspetti valorizzati dall’appellante, si ritiene che la situazione dedotta, ricollegabile alla sporgenza, di circa un metro, del tronco dell’albero, seppure non segnalata, poteva essere percepita e superata dal danneggiato attraverso l’adozione di normali cautele.
3.2.1) Invero è pacifico il fatto che il sinistro è avvenuto il 20.4.2017, alle ore 16,54 circa, e quindi nel pomeriggio di una giornata primaverile, in condizioni di perfetta visibilità, lungo un tratto di strada rettilineo, complessivamente larga m. , a doppio senso di circolazione, in cui esisteva il limite di velocità – 30 km/h – adeguatamente segnalato (v. relazione redatta dalla Polizia Municipale, ***** intervenuta in occasione dell’incidente, schizzo planimetrico allegato e fotografie prodotte):
come risulta dalle fotografie allegate, si tratta di un viale alberato che, ai lati, presenta esemplari di pino marittimo, per loro natura soggetti a curvature e sporgenze.
3.2.2) Come accertato dalla Autorità intervenuta in occasione del sinistro, l’impatto è avvenuto tra la “cassa furgonata e lo spoiler” del mezzo di proprietà dell’appellante ed il tronco di un pino marittimo, posto sulla destra rispetto alla direzione di marcia del mezzo stesso, che (come risulta dalle fotografie prodotte) presentava una forma curvilinea e “sporgeva 1 metro circa verso la carreggiata” (v. relazione della Polizia Municipale): tale urto ha provocato “il distacco e lo spostamento della cassa furgonata che, staccandosi dal telaio, andava a colpire il lato sinistro del Veicolo B (TARGA_VEICOLO tg. ) che percorreva la suddetta via con direzione INDIRIZZO – Est all’altezza del n° .
L’urto è avvenuto tra la parte in alto a destra del Veicolo A e la parte sporgente verso la carreggiata del fusto del pino marittimo e tra il lato sinistro del Veicolo B e la parte posteriore sinistra del veicolo A” (v. relazione e fotografie allegate).
3.2.3) Le modalità dell’accaduto e le conseguenze dell’impatto, come accertate dagli agenti intervenuti, consistite nello spostamento e distacco del cassone del veicolo di proprietà della che è andato poi a colpire un’autovettura che transitava nella direzione opposta a quella furgone, inducono ad escludere che quest’ultimo mezzo tenesse una andatura particolarmente moderata e comunque adeguata allo stato dei luoghi, considerato che si trattava di una strada a doppio senso di marcia, che stava sopraggiungendo un veicolo dalla direzione opposta e che, lungo il margine sinistro, rispetto alla direzione del furgone era parcheggiata una autovettura (come risulta dalle fotografie, dallo schizzo planimetrico allegato al rapporto della Polizia municipale e come riferito dal conducente del veicolo coinvolto nel sinistro). 3.2.4) Né assume decisivo rilievo il fatto che l’eventuale superamento del limite di velocità non è stato contestato al conducente del furgone (di proprietà dell’appellante) dall’autorità intervenuta dopo il sinistro.
Infatti si osserva, in ogni caso, che la sporgenza del tronco del pino marittimo (dovuta al suo naturale andamento curvilineo) poteva essere agevolmente notata dal conducente del mezzo, considerato il tratto rettilineo della strada, la ubicazione e le dimensioni dell’albero, al margine della stessa, e le condizioni di perfetta visibilità al momento del sinistro, elementi questi risultanti chiaramente dalle fotografie prodotte (e non contestate).
Ne consegue, in tale situazione, che la presenza del pino marittimo, la forma del tronco e la sua sporgenza erano visibili al momento dell’evento e quindi evitabili mediante l’uso della ordinaria diligenza dal parte del conducente che si trovava alla guida di un mezzo di dimensioni più ingombranti (proprio per la presenza del cassone) rispetto ad altri veicoli:
pertanto una maggiore accortezza, scevra da disattenzione, ed una andatura adeguata allo stato dei luoghi avrebbero agevolmente consentito al conducente del furgone di proprietà dell’appellante di rallentare e, se necessario, di fermarsi, in prossimità dell’albero – per permettere il transito del veicolo che stava sopraggiungendo dalla opposta direzione (e che aveva, alla propria destra, una autovettura parcheggiata) – e, poi, di spostarsi sulla sinistra, aggirando l’ostacolo (considerata l’ampiezza della strada, sopra indicata, vi era infatti spazio sufficiente, anche tenendo in considerazione le dimensioni del mezzo e del veicolo parcheggiato), costituito dalla sporgenza del tronco che, come si è detto, era perfettamente visibile ed evitabile. Si ritiene dunque che l’evento dannoso non può che essere ascritto in via esclusiva alla condotta del conducente del mezzo di proprietà dell’appellante tale da escludere, in base ai principi in precedenza illustrati, la sussistenza del necessario nesso causale tra la cosa in custodia ed il danno subito, nesso che la parte danneggiata ha, comunque, l’onere di provare nel caso in cui la domanda sia qualificata ai sensi dell’art. 2051 c.c. o dell’art. 2043 c.c.
Per le considerazioni svolte – che, per il loro carattere dirimente assorbono l’esame delle altre doglianze (anche articolate con il secondo motivo) – l’appello va respinto.
4.) Inammissibile risulta la domanda proposta in via subordinata con le conclusioni finali (diretta alla riforma dell’”impugnata sentenza in relazione alle spese liquidate nel giudizio di primo grado in favore dell’ente convenuto con riduzione delle stesse in conformità ai parametri di legge”) sia perché tale domanda non era stata avanzata con l’atto di appello (con cui era stata articolata soltanto quella principale, così come trascritta in epigrafe) sia perché e, in ogni caso, l’appellante non ha censurato la statuizione del condanna al pagamento delle spese processuali, con riferimento alla entità delle spese liquidate (che, peraltro, risultano determinate nel rispetto dei criteri stabiliti dalla legge e congrue, in considerazione del valore della controversia, della natura delle questioni trattate e dell’attività difensiva svolta): invero la liquidazione delle spese processuali può essere censurata solo attraverso la specificazione delle voci in ordine alle quali il giudice sarebbe incorso in errore, con la conseguenza che la generica doglianza in ordine alla eccessività della somma liquidata, senza la esposizione delle prestazioni svolte ed in concreto liquidate dal giudice in violazione della tariffa ed in mancanza di individuazione degli specifici errori attribuiti al giudice di primo grado, è da qualificarsi impugnazione generica, con conseguente inammissibilità della relativa domanda. 5.) In applicazione del principio di soccombenza, al quale non si ravvisano ragioni di deroga, l’appellante va condannato a rifondere alla controparte le spese di lite del presente grado, liquidate come da dispositivo, tenuto conto del valore della controversia e dell’attività difensiva svolta (escluso, quindi, l’importo relativo alla voce “istruttoria/trattazione”, in mancanza della relativa attività processuale).
Ai sensi del D.P.R. n. 115/2002 art. 13, comma 1 quater, va infine dato atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dell’appellante dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, previsto per la impugnazione, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis
La Corte di Appello di Ancona, pronunciando sull’appello proposto da , nei confronti del avverso la sentenza del Tribunale di Macerata n. 1014/2020, pubblicata in data 11.11.2020, così dispone:
– rigetta l’appello e, per l’effetto, conferma la sentenza impugnata;
– condanna a rifondere al le spese di lite del presente grado che si liquidano in €. 1.000,00 per fase di studio, €. 900,00 per fase introduttiva ed €. 1.000,00 per fase decisionale, oltre rimborso forfettario al 15%, Iva e Cpa come per legge;
– ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dell’appellante, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello, ove dovuto, per la impugnazione, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.
Così deciso in Ancona, nella Camera di Consiglio del 17 gennaio 2024.
Il Consigliere estensore Dott.ssa NOME COGNOME Il Presidente Dott. NOME COGNOME
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