N. R.G. 20595/2021
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE DI TORINO
SEZIONE QUARTA CIVILE
Il Tribunale, in persona del giudice NOME COGNOME ha pronunciato e pubblicato ai sensi dell’art. 281 sexies u.c. c.p.c. la seguente
SENTENZA N._756_2025_- N._R.G._00020595_2021 DEL_12_02_2025 PUBBLICATA_IL_13_02_2025
nella causa civile di primo grado iscritta al n. 20595/21 R.G. proposta da:
(C.F. ), residente in Torino ed ivi elettivamente domiciliata in INDIRIZZO presso lo studio dell’Avv. NOME COGNOME che la rappresenta e difende per giusta delega in atti ATTRICE Contro , in persona del Sindaco pro tempore, con sede in Torino, INDIRIZZO ed elettivamente domiciliato in Torino, INDIRIZZO.INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME che la rappresenta e difende giusta delega in atti CONVENUTO
CONCLUSIONI
DELLE PARTI PARTE ATTRICE C.F. Nel merito In via principale, accertare e dichiarare l’esclusiva responsabilità civile, ex art. 2051 c.c., del , in persona del Sindaco pro tempore, nella causazione dei danni lamentati dall’esponente in narrativa, e per l’effetto, dichiarare tenuto e condannare il , in persona del Sindaco pro tempore, a corrispondere, alla signora , la somma di € 31.309,07, per le voci di danno specificate nelle premesse, ovvero di quella maggiore o minor somma accertanda in corso di causa, o liquidata dal Giudice in via equitativa ex art. 1226 e 2056 c.c., maggiorata della rivalutazione monetaria e degli interessi legali maturati e maturandi dal giorno del sinistro all’effettivo saldo. In via subordinata, accertare e dichiarare, ex art. 2043 c.c., l’esclusiva responsabilità civile del , in persona del Sindaco pro tempore, nella causazione dei danni lamentati dall’esponente in narrativa, e per l’effetto, dichiarare tenuto e condannare il , in persona del Sindaco pro tempore, a corrispondere, alla signora la somma di € 31.309,07, per le voci di danno specificate nelle premesse, ovvero di quella maggiore o minor somma accertanda in corso di causa, o liquidata dal Giudice in via equitativa ex art. 1226 e 2056 c.c., maggiorata della rivalutazione monetaria e degli interessi legali maturati e maturandi dal giorno del sinistro all’effettivo saldo. In via di estremo subordine Nella denegata e non creduta ipotesi di accoglimento delle superiori richieste, accertare e dichiarare, l’esclusiva responsabilità civile del , in persona del Sindaco pro tempore, nella causazione dei danni lamentati dall’esponente, e per l’effetto, dichiarare tenuto e condannare il , in persona del Sindaco pro tempore, a corrispondere, alla signora la somma della somma di € 18.215,00 (per arrotondamento) per danno biologico temporaneo, danno non patrimoniale e spese mediche ovvero nel limite dell’ordinanza ex art. 185 bis c.p.c. del 27.06.2024 emessa da Codesto Tribunale adito. In ogni caso, condannare il , in persona del Sindaco pro tempore, al pagamento delle spese processuali e degli onorari del presente giudizio, comprese quelle successive all’emanazione della sentenza ed eventuale tassa di registro, oltre rimborso spese generali 15%, IVA e CPA come per legge, con distrazione ex art. 93 cpc al procuratore attoreo che si dichiara antistatario di dette somme.
PARTE CONVENUTA respinta ogni contraria istanza, eccezione e deduzione;
– dato atto della disponibilità manifestata dall’odierna conchiudente a conciliare la lite, senza alcun riconoscimento delle avversarie pretese, come da note di trattazione scritta depositate in data 5.9.23;
– assolvere la conchiudente da ogni avversaria domanda in quanto infondata in fatto ed in diritto;
– con il favore dei compensi di avvocato, di CPA ed IVA, nonché delle spese successive tutte occorrende.
FATTO E DIRITTO
Svolgimento del processo e ricostruzione in fatto Con atto di citazione 19 ottobre 2021 la signora ha evocato in giudizio il indicandolo come responsabile delle lesioni riportate in data 25 marzo 2019 allorché – mentre era intenta, intorno alle ore 14.00, a percorrere in bicicletta, all’altezza della stazione di Porta Nuova di Torino, il INDIRIZZO in direzione INDIRIZZO – perdeva il controllo del velocipede a causa di una buca presente sul piano stradale e, cadendo a terra, riportava “frattura del piatto tibiale destra”, secondo quanto risulta a referto dell’Azienda Ospedaliera Mauriziano di Torino (doc. 4 parte attrice). All’episodio, sostiene parte attrice, seguiva la necessità di sottoporsi ad intervento chirurgico, con conseguenze in termini di invalidità permanente indicate in una percentuale variabile tra l’8% ed il 9% ed una malattia da lesione della durata di circa sei mesi.
La difesa attorea ha dedotto la responsabilità del convenuto nella causazione del sinistro in ragione della omessa o insufficiente manutenzione della carreggiata, con conseguente richiesta di condanna dell’Ente al risarcimento:
– del danno non patrimoniale quantificato, sulla base di perizia medica di parte (doc. 7), in complessivi € 23.934.67;
– del danno patrimoniale, quantificando le spese mediche sostenute in misura pari a 7.374,40 – oltre al pagamento delle spese del presente procedimento.
In esito a rituale notifica a mezzo PEC, il si è costituito con comparsa di costituzione 17 gennaio 2022, contestando la propria responsabilità per aver la condotta disattenta dell’attrice determinato, in via autonoma ed esclusiva, il sinistro sopra descritto (le dimensioni della buca sarebbero state tali da renderla ben visibile e la posizione del velocipede al momento era al centro della carreggiata anziché sulla destra della stessa, come previsto dall’art. 143 C.d.S.).
Chiedeva pertanto il rigetto delle domande attoree con vittoria di spese.
In esito allo scambio delle memorie istruttorie ex art. 183, comma VI, con ordinanza fuori udienza 12 maggio 2022 veniva disposta CTU col seguente quesito:
“Il CTU, in base alla documentazione versata in atti e previa visita/colloquio anamnestico (a) descriva l’attuale condizione psico-fisica della parte perizianda;
(b)individui le eventuali conseguenze dannose da porre in nesso di causa con i fatti del 25.3.2019 (caduta dalla bicicletta);
(c) quantifichi il danno ai fini dell’I.P. e dell’I.T. (d)riferisca l’incidenza della riscontrata patologia sulle ordinarie attività della vita individuale e sociale;
(e) computi le spese mediche di cura documentate e pertinenti;
La Consulente nominata rispondeva ai quesiti posti con elaborato peritale di data 27 ottobre 2022, addivenendo uenti conclusioni:
– attualmente la Sig.ra presenta esiti di frattura del piatto tibiale esterno del ginocchio dx COGNOME – I postumi sono rappresentati da artralgie al ginocchio dx con accenno all’instabilità in varo e dall’esito cicatriziale inestetico alla gamba dx.
– Il residuo danno biologico è valutabile in ambito di RC in misura del 7% ITT:
giorni 2 a totale in regime di ricovero;
ITP giorni 90 al 50% e giorni 30 al 25%.
– Non incidenza sulle ordinarie attività.
– Spese mediche:
4.074,40 € I testimoni escussi all’udienza del 5 giugno 2023 confermavano la dinamica dei fatti come descritta da parte attrice (perdita di equilibrio e caduta in coincidenza del passaggio sopra la buca presente sulla carreggiata di INDIRIZZO all’altezza della stazione di INDIRIZZO).
Il giudice, a fronte delle predette risultanze istruttorie – ritenuto sussistente un concorso di colpa della danneggiata stimabile pari al 20% – con ordinanza 27 giugno 2023 formulava ai sensi dell’art. 185 ter c.p.c. la seguente proposta transattiva:
integrale imputazione delle spese di CTU a parte convenuta;
pagamento dal convenuto in favore di della somma di € 18.215,00 (per arrotondamento) per danno biologico temporaneo, danno non patrimoniale e spese mediche (già detratta la percentuale del 20%);
pagamento dal convenuto in favore di delle spese del procedimento di invito alla negoziazione, se documentate; pagamento dal convenuto in favore di delle spese di lite, pari ad euro 545,00 per esposti documentati ed euro 5.500,00 per compenso (pari al medio del riconosciuto per le fasi effettuate:
studio, introduttiva ed istruttoria, con aumento pe la conciliazione in misura del 25%) oltre rimborso forfettario del 15%, c.p.a. e i.v.a per legge;
La proposta veniva accettata da parte attrice ma declinata dall’Ente convenuto, che riteneva troppo bassa la percentuale di responsabilità riconosciuta alla ciclista.
Visto il rigetto della proposta da parte del convenuto, fatte precisare le conclusioni come sopra e concesso termine per lo scambio di comparse conclusionali e memorie di replica, ritualmente depositate, la causa è stata trattenuta per decisione.
* * * 1.
La responsabilità della P.A. da custodia dei tracciati stradali Pare opportuno far precedere, ad una compiuta valutazione delle specifiche responsabilità per le lesioni lamentate dall’attrice, un conciso richiamo dell’evoluzione giurisprudenziale intervenuta nell’interpretazione delle norme invocate come applicabili anche d’ufficio al caso di specie.
Il tema della responsabilità civile gravante sulla Pubblica Amministrazione per danni originatisi dall’uso di beni demaniali è stato affrontato, dalla giurisprudenza di legittimità, con riferimento all’applicabilità o meno a tali ipotesi della responsabilità da custodia disciplinato, soprattutto quanto alla ripartizione degli oneri probatori, dall’art. 2051 c.c.
Per quanto concerne in particolare l’ipotesi di danno derivante da beni pubblici adibiti ad uso generale e diretto – che per loro estensione rendono difficilmente attuabile una attività di controllo continuo ed efficace volto ad impedire l’insorgere di cause di pericolo per la generalità degli utenti (frequentemente le fattispecie hanno riguardato proprio strade che per scarsa o difettosa manutenzione venivano indicate, come quella per cui è causa, foriere di insidie) – in passato è stato (come noto) ritenuto di dover escludere l’applicabilità della norma disciplinante la responsabilità da custodia a tali situazioni, sul rilievo che l’oggettiva impossibilità della custodia rendesse inapplicabile l’art. 2051 c.c. La tutela risarcitoria del danneggiato, per tale motivo, sarebbe stata da affidarsi alla disciplina di cui all’art. 2043 c.c. con conseguente applicazione dei relativi oneri probatori posti in via generale a carico del danneggiato, e con specificazione che tra gli elementi del fatto da provare – secondo un orientamento restrittivo della responsabilità della P.A. – vi fosse anche l’onere di fornire prova che le condizioni di (inadeguata) manutenzione del bene demaniale – indicate dalla danneggiata come fattore causale dell’evento dannoso – fossero tali da costituire per l’utente stesso una situazione di effettivo pericolo “occulto”: presentassero cioè quei caratteri di non visibilità e di imprevedibilità che, riassunti nella (tralaticia) terminologia di “trabocchetto o insidia”, erano divenuti la chiave per accedere al risarcimento in tali fattispecie (in questo senso ancora Cass. n. 22592 del 1.12.04; Cass. n 10654 del 4.6.04).
La superiore impostazione teorica è stata fatta oggetto di rivisitazione in occasione di pronunce del Giudice di legittimità intervenute in argomento epoche più prossime.
Per un verso, è stato ritenuto che “in caso di incidente avvenuto su strada statale, il danneggiato che domanda il risarcimento del pregiudizio sofferto in conseguenza dell’omessa o insufficiente manutenzione delle strade o di sue pertinenze – invocando la responsabilità della P.A. – è tenuto, secondo le regole generali in tema di responsabilità civile, a dare la prova che i danni subiti derivano dalla cosa, in relazione alle circostanze del caso concreto e del suo rapporto di causalità con la cosa in custodia, anche con presunzioni”, sulla considerazione che “la prova del danno è di per sé indice della sussistenza di un risultato “anomalo” (così Cass. sez. 3, Sentenza n. 3651 del 20/02/2006).
Inoltre e per converso, con l’intento di equiparare la posizioni del danneggiato nelle (analoghe) ipotesi di danno provocato da cose in proprietà di privati e da beni di proprietà pubblica, la Cassazione ha evidenziato come debba ritenersi ormai superata la precedente teorica ancorata alla necessità che il danneggiato provasse la non visibilità e non prevedibilità del pericolo, sottolineando a tal proposito come “la responsabilità della p.a. per danni conseguenti all’utilizzo di bene demaniale da parte del soggetto danneggiato non può essere limitata ai soli casi di insidia o trabocchetto, in quanto sebbene questi siano elementi sintomatici della responsabilità della p.a. non è escluso che possa individuarsi nella singola fattispecie anche un diverso comportamento colposo della p.a.” (in tale senso Cass. 6.7.06 n. 15383, con richiami a Cass. 14.3.2006, n. 5445). Appare pertanto condivisibile l’odierno orientamento, pressoché unitario, della giurisprudenza di legittimità e di merito, per il quale l’art. 2051 c.c. risulta pienamente applicabile, senza limitazioni o distinguo di sorta, anche alle ipotesi di danni cagionati da beni demandati alla custodia della Pubblica Amministrazione.
A coronamento del lungo percorso appena riassunto, infatti, ancora recentemente la Suprema Corte ha avuto modo di ribadire che “L’ente proprietario di una strada aperta al pubblico transito si presume responsabile, ai sensi dell’art. 2051 cod. civ., dei sinistri riconducibili alle situazioni di pericolo connesse in modo immanente alla struttura o alle pertinenze della strada stessa, indipendentemente dalla sua estensione, sussistendo la relazione di fatto tra un soggetto e la cosa, che si traduce nel potere effettivo di controllarla, di eliminare le situazioni di pericolo che siano insorte e di escludere i terzi dal contatto con essa”, in quanto “costituisce ius receptum nella giurisprudenza di questa Corte che la responsabilità ex art. 2051 c.c. ha natura oggettiva – in quanto si fonda unicamente sulla dimostrazione del nesso causale tra la cosa in custodia e il danno, non già su una presunzione di colpa del custode -e può essere esclusa o dalla prova del caso fortuito (che appartiene alla categoria dei fatti giuridici), senza intermediazione di alcun elemento soggettivo, oppure dalla dimostrazione della rilevanza causale, esclusiva o concorrente, alla produzione del danno delle condotte del danneggiato o di un terzo (rientranti nella categoria dei fatti umani), caratterizzate, rispettivamente, la prima dalla colpa ex art. 1227 c.c. (bastando la colpa del leso: Cass. 20/07/2023, n. 21675; Cass. 24/01/2024, n. 2376) o, indefettibilmente, la seconda dalle oggettive imprevedibilità e non prevenibilità rispetto all’evento pregiudizievole (da ultimo, con anelito nomofilattico, da Cass. 24/01/2024, n. 2376 e da Cass. 27/04/2023, n. 11152, sulle orme di Cass., Sez. U, 30/06/2022, n. 20943)” (Cass. civ., Sez. III, Ordinanza, 13/05/2024, n. 12988).
* * * A fronte di una siffatta perimetrazione dell’onere probatorio gravante sul danneggiato, conseguenza dell’applicazione anche all’Ente pubblico e senza ulteriori specificazioni del generale paradigma della responsabilità disciplinato dalla norma sopra richiamata, emerge peraltro (dall’esame delle numerose fattispecie portate all’attenzione della Corte di legittimità) come un siffatto giudizio di responsabilità vada effettuato valorizzando vieppiù tutti gli elementi del fatto storico, e tra essi, si è detto, prioritariamente l’eventuale incidenza che la condotta del danneggiato possa aver avuto nella verificazione dell’evento, con particolare riferimento alla mancata osservanza delle regole di cautela a salvaguardia anche della propria personale incolumità. Già la pronuncia sopra richiamata, ad esempio, aveva ritenuto di dover evidenziare che “l’esistenza di un comportamento colposo dell’utente danneggiato esclude la responsabilità della P.A., qualora si tratti di un comportamento idoneo ad interrompere il nesso eziologico tra la causa del danno ed il danno stesso, o comunque può integrare un concorso di colpa ai sensi dell’art. 1227, primo comma, cod. civ., con conseguente diminuzione della responsabilità del danneggiante (e, quindi, della P.A.) in proporzione all’incidenza causale del comportamento stesso” (così in motivazione Cass. n. 15383/06 cit.). Principio che nella coeva altra pronuncia qui rievocata la Suprema Corte aveva sostanzialmente ribadito – facendo leva sul richiamo dell’art. 1227 c.c. operato nell’ambito della responsabilità civile dall’art. 2056 c.c. – evidenziando come il custode (in quel caso, con riferimento alle strade pubbliche statali, l’ presunto responsabile per i danni cagionati dalla cosa ai sensi dell’art. 2051 cod. civ., oltre al fortuito previsto dal secondo comma di detto articolo, può dedurre e provare il concorso di colpa del danneggiato in presenza di condotte di quest’ultimo che valgano ad integrare la fattispecie di cui all’art. 1227, primo comma, c.c. “espressione (quest’ultima) del principio per il quale il danno deve essere sopportato dal suo autore, con conseguente diminuzione della responsabilità del danneggiante in proporzione alla gravità della colpa e all’entità delle conseguenze che ne sono derivate” (così Cass. n. 3651/06 citata). Ne è stato fatto derivare che “graverà sul danneggiato l’onere della prova dell’anomalia del bene demaniale (e segnatamente della strada), fatto di per sè idoneo – in linea di principio – a configurare il comportamento colposo della P.A.”;
gravando invece su quest’ultima “l’onere di invocare fatti impeditivi della propria responsabilità, quali la possibilità in cui l’utente si sia trovato di percepire o prevedere con l’ordinaria diligenza la suddetta anomalia” – vale a dire l’eventuale comportamento colposo del danneggiato – ed altresì la misura in cui siffatta condotta imprudente, negligente o imperita possa aver concorso causalmente alla verificazione dell’evento dannoso incidendo in tale modo sul nesso causale.
Accertata la presenza dell’anomalia nella pavimentazione ed il rapporto eziologico tra la stessa e l’evento “il comportamento sopravvenuto dello stesso danneggiato può porsi (quindi) come interruttivo del nesso di causalità quando il fatto di costui si ponga come unica ed esclusiva causa dell’evento di danno, sì da privare dell’efficienza causale e da rendere giuridicamente irrilevante il precedente comportamento dell’autore dell’illecito (per un’interpretazione del concorso di colpa del danneggiato disciplinato all’art. 1227 c.c. in termini oggettivi incidenti sul nesso causale, richiami a Cass. 8.7.1998, n. 6640; Cass. 7 aprile 1988, n. 2737; da ultimo, Cass. 24/05/2024, n. 14566).
La valorizzazione dell’apporto causale del danneggiato ai fini della decisione sull’an e sul quantum della pretesa risarcitoria si pone del resto in linea con l’insegnamento del Giudice delle leggi, che nel ritenere infondata la questione di legittimità costituzionale degli articoli 2043, 2051 e 1227 c.c., comma 1, in rapporto agli artt. 3, 24 e 97 Cost. ha richiamato il principio di autoresponsabilità a carico degli utenti “gravati di un onere di particolare attenzione nell’esercizio dell’uso ordinario diretto del bene demaniale per salvaguardare appunto la propria incolumità” (così Corte costituzionale 10/5/1999 n. 156). In sede di legittimità molte pronunce hanno ricondotto il comportamento del danneggiato al caso fortuito, valorizzando l’ultimo inciso della predetta norma, nel senso che tale fattore può assumere rilievo non soltanto per eventualmente escludere, ma anche per limitare quantitativamente la responsabilità dell’Ente pubblico.
In una di esse, che in motivazione ripercorre anche gli sviluppi giurisprudenziali di quel decennio – dopo aver ribadito a tal proposito che “la responsabilità da cosa in custodia presuppone che il soggetto, al quale la si imputa, abbia con la cosa o sia comunque sia in grado di esplicare riguardo un potere di sorveglianza e di modificarne lo stato, e che per le strade aperte al traffico, è certo che l’ente proprietario si trova in questa situazione” – i Supremi Giudici hanno per un verso ribadito che “quando l’evento di danno sia da ascrivere esclusivamente alla condotta del danneggiato, la quale abbia interrotto il nesso causale tra la cosa in custodia e il danno, si verifica un’ipotesi di caso fortuito che libera il custode dalla responsabilità di cui all’art. 2051 c.c.. ”, e non hanno mancato di evidenziare inoltre (per quanto qui rileva) che il fortuito costituisce criterio anche per graduare le responsabilità, perché “il giudizio sull’autonoma idoneità causale del fattore esterno ed estraneo deve essere adeguato alla natura ed alla pericolosità della cosa;
con la conseguenza che, quanto meno essa è intrinsecamente pericolosa e quanto più la situazione di possibile pericolo è suscettibile di essere prevista e superata attraverso l’adozione delle normali cautele da parte dello stesso danneggiato, tanto più incidente deve considerarsi l’efficienza causale del comportamento imprudente del medesimo nel dinamismo causale del danno, fino ad interrompere il nesso eziologico tra cosa e danno e ad escludere, pertanto, la responsabilità del custode” (così Cass Sez. 3, n. 24419 del 19/11/2009). Il predetto principio, improntato alla valutazione congiunta ed al contemperamento ed alla graduazione dei possibili plurimi apporti causali all’evento dannoso, ha trovato esplicita conferma in numerose successive pronunce, ove si è avuto modo di ribadire che “in ambito di responsabilità da cose in custodia, ex art. 2051 c.c., nel caso di caduta di pedone in una buca stradale non risulta predicabile la ricorrenza del caso fortuito a fronte del mero accertamento di una condotta colposa della vittima (la quale potrà invece assumere rilevanza, ai fini della riduzione o dell’esclusione del risarcimento, ai sensi dell’art. 1227 c.c., commi 1 o 2), richiedendosi, per l’integrazione del fortuito, che detta condotta presenti anche caratteri di imprevedibilità ed eccezionalità tali da interrompere il nesso causale tra la cosa in custodia e il danno (cfr. ancora Cassazione civile sez. III, 20/11/2020, n.26524; Cassazione civile sez. VI, 18/02/2020, n. 4129).
Applicazioni dell’orientamento sopra richiamato si rinvengono frequentemente anche nella giurisprudenza di merito, che in molte vicende analoghe a quella in oggetto valorizza la funzione dell’art. 1227 c.c. per ponderare la misura dell’apporto causale da riconoscersi alla condotta colposa del danneggiato in ordine alla determinazione dell’evento, riducendo proporzionalmente la misura del risarcimento.
L’accertamento di eventuale condotta colposa del danneggiato – deve infine evidenziarsi – può essere oggetto di esame anche di ufficio, non integrando tale fattore causale, al pari degli altri che nel caso concreto possono escludere o attenuare la responsabilità della amministrazione proprietaria del bene demaniale un’eccezione in senso proprio, bensì “una semplice difesa, che deve essere esaminata e verificata dal giudice attraverso le opportune indagini sull’eventuale sussistenza della colpa del danneggiato e sulla quantificazione dell’incidenza causale dell’accertata negligenza nella produzione dell’evento dannoso, indipendentemente dalle argomentazioni e richieste della parte” (da ultimo Cass Sez. 3, n. 18544 del 20/08/2009; anche Cass. 2.4.2001, n. 4799), e ciò sulla base della considerazione che siffatta indagine è intrinseca alla ricostruzione del fatto storico.
Si verte in particolare in quell’accertamento del nesso di causalità che nell’ambito della responsabilità aquiliana deve essere condotto in base al criterio della c.d. causalità giuridica dettato dagli artt. 1223 c.c. (richiamato dall’art. 2056 comma 1) – secondo cui il risarcimento è dovuto per i soli danni che siano conseguenza immediata e diretta dell’illecito – giudizio per cui viene in rilievo il rapporto agente-evento volto a rinvenire il nesso che deve sussistere tra condotta ed evento – legame eziologico che è a norma del primo comma dell’art. 1227 c.c. è escluso da quei fattori causali riconducibili al fatto del danneggiato creditore. Accertamento questo distinto dall’altro, riguardante invece il successivo momento di verifica dell’estensione della responsabilità (e dunque la delimitazione dell’area delle conseguenze risarcibili), che per quanto previsto dal capoverso dell’art. 1227 c.c. si fonda su diverso giudizio formulato in termini ipotetici, dove l’esigenza è piuttosto quella di verificare in che modo il fatto del creditore possa aver influito, a valle, sul diverso rapporto evento-danno, con la possibilità che divengano non (più) risarcibili talune delle conseguenze ancorché immediate e dirette dell’evento, nonostante sia già stata accertata la piena responsabilità del danneggiante. (sull’argomento si veda diffusamente Cassazione civile, sez. I, 15 ottobre 1999, n. 11629).
2.
Le responsabilità dell’evento lesivo nella vicenda in esame – conseguenze Tali gli esiti della riflessione operata negli anni dai giudici di merito e di legittimità in materia di responsabilità da custodia ascrivibile alla Pubblica Amministrazione, occorre ora applicare i principi appena descritti alla vicenda oggetto di causa.
Più precisamente, si tratta di sciogliere, in ordine, i seguenti passaggi:
1) Sussiste un nesso di causa tra le condizioni della strada percorsa dall’attrice in data 25.3.2019 e la caduta dalla stessa dalla bicicletta?
2) È ravvisabile un evento fortuito e, più precisamente, una condotta dell’attrice tale da elidere, in tutto o in parte, tale nesso di causa e/o limitare il danno risarcibile?
3) Quali sono e a quanto ammontano i danni conseguenza dell’evento ?
2.1 Fatto storico e nesso di causa – condizioni della carreggiata e caduta dal velocipede Il fatto storico come descritto da parte attrice nell’atto di citazione risulta essere stato pienamente confermato dalle escussioni testimoniali esperite.
È dunque possibile affermare che, intorno alle ore 14 del 25 marzo 2019, la sig.ra percorreva in bicicletta il INDIRIZZO in Torino, direzione est (INDIRIZZO).
Giunta all’altezza della stazione ferroviaria Porta INDIRIZZO, tenendosi nella corsia più a destra della carreggiata, perdeva l’equilibrio per essere passata sopra una profonda ed estesa buca, visibile nelle foto allegate all’atto di citazione, derivante dalla progressiva asportazione dello strato bituminoso, così rovinando a terra.
I testimoni, infatti, hanno affermato:
– “io l’ho vista traballare a andare giù, era davanti alla stazione di Porta Nuova ho visto questa buca in cui è caduta anche perché è abbastanza grande era perché adesso non c’è più io l’ho proprio vista prima traballare su questa buca e poi andare giù” (teste – pag. 1 verbale di udienza 5 giugno 2023);
– “ io l’ho vista cadere in bici davanti a me io l’ho proprio vista cadere in questa buca anche perché era evidente” (teste – pag. 2 verbale di udienza 5 giugno 2023).
Le testimonianze rese risultano sicuramente credibili nella loro spontaneità e concordanza, né il mancato intervento nell’immediatezza della Polizia Municipale, lamentato dal vale a togliere rilevanza probatoria alle due deposizioni.
Afferma infatti la Corte di Cassazione:
“In materia di prova testimoniale, la verifica in ordine all’attendibilità del teste – che afferisce alla veridicità della deposizione resa dallo stesso – forma oggetto di una valutazione discrezionale che il giudice compie alla stregua di elementi di natura oggettiva (la precisione e completezza della dichiarazione, le possibili contraddizioni, ecc.) e di carattere soggettivo (la credibilità della dichiarazione in relazione alle qualità personali, ai rapporti con le parti ed anche all’eventuale interesse ad un determinato esito della lite)” (Cass. civ., Sez. III, Sentenza, 18/04/2016, n. 7623). Sulla base di tali coordinate, sotto il profilo oggettivo è possibile apprezzare la concordanza delle dichiarazioni, che hanno descritto il medesimo accadimento da due punti di vista differenti:
la prima teste, infatti, percorreva l’attraversamento pedonale in direzione perpendicolare a quella tenuta dalla sig.ra (“quel giorno ero in INDIRIZZO stavo attraversando per andare in INDIRIZZO
io ero ferma al semaforo aspettavo il verde per attraversare e ho visto sulla sinistra la mia collega in bici traballare e poi cadere” – pag. 1 verbale di udienza 5 giugno 2023), mentre il secondo teste si trovava, in macchina, dietro l’attrice, sulla medesima carreggiata occupata dalla ciclista (“io ero dietro in macchina dietro di lei e quando l’ho vista cadere ho cercato un posto dove fermarmi con l’auto e l’ho soccorsa” pag. 2 verbale di udienza 5 giugno 2023).
In ottica soggettiva, da un lato il teste vanta un sicuro profilo di disinteresse personale, non conoscendo la sig.ra se non per l’evento storico del sinistro (“Ho conosciuto la signora cocco in occasione del sinistro perché io l’ho vista cadere in bici davanti a me” ibidem), dall’altro i testimoni risultano non conoscersi fra loro (“io la signora uscita dall’aula non l’ho vista” – ibidem).
Detta dinamica storica permette di desumere lo specifico nesso di causa tra le condizioni della carreggiata e la caduta della Sig.ra La causalità di fatto è provata dalla contestualità del passaggio della bicicletta sopra la buca (la cui esistenza e conformazione risultano non contestate, ex art 115 c.p.c., dal e dell’immediata perdita di equilibrio e caduta.
Costituisce d’altra parte fatto notorio la circostanza che il velocipede, per la sua natura di veicolo dotato di due ruote posizionate in linea retta, risulta sicuramente più sensibile di altri veicoli, in punto equilibrio, alle asperità del terreno;
laddove le stesse risultino poi improvvise ed impreviste, possono più facilmente determinare la perdita di controllo del mezzo con possibile caduta del conducente.
Ne consegue che, laddove il manto stradale fosse risultato liscio, livellato e privo di asperità, in applicazione del noto criterio del “più probabile che non” l’evento non si sarebbe verificato (“Nel regime dell’illecito civile, vige il principio della preponderanza dell’evidenza, per cui un evento è da ritenere causato da un dato comportamento quando il suo verificarsi per effetto di quel comportamento sia più probabile che non il suo contrario.
” Cass. civ., Sez. III, 11/02/2014, n. 3010).
2.2 Caso fortuito e incidenza della condotta di parte attrice Si è detto, tuttavia, che anche a fronte di un evento causalmente riconducibile, prime facie, ad un bene sottoposto ad altrui custodia, il nesso di causa potrebbe andare eliso (ovvero il risarcimento del danno potrebbe risultare ridotto ai sensi dell’art. 1227 c.c.) in presenza di una condotta colposa del danneggiato.
In altri termini, un comportamento non ravveduto, al momento del fatto allegato, da parte di chi lamenti un danno potrebbe mandare esente da responsabilità del custode della res danneggiante ovvero ridurre l’importo che lo stesso verrà chiamato a risarcire al danneggiato.
In tal senso, le difese del si sono concentrate sull’individuare, quale causa specifica della caduta, la guida incauta della sig.ra la quale:
– non avrebbe impegnato la corsia più a destra della carreggiata, conformemente al vigente Codice della Strada, così incorrendo nella buca;
– non avrebbe prestato sufficiente attenzione alle condizioni della strada, ciò in quanto la buca, descritta tanto da parte attrice, quanto dai testimoni come avente dimensioni significative, sarebbe risultata facilmente avvistabile con sufficiente preavviso, date anche le condizioni di luminosità che caratterizzavano il frangente temporale in cui si è verificato il sinistro.
Da tali circostanze, che dimostrerebbero l’esigibilità di una condotta alternativa, idonea a scongiurare l’episodio lesivo, deriverebbe secondo il una riconducibilità causale esclusiva del sinistro a parte attrice, idonea a recidere totalmente il nesso eziologico fra le condizioni della strada e la perdita di controllo della bicicletta con caduta.
Dette considerazioni, valutate nella loro complessità, non possono essere accolte se non in minima parte, per quanto di seguito precisato.
Come in premessa si è sopra ampiamente rilevato, “In tema di responsabilità civile per danni da cose in custodia, ove sia dedotta la responsabilità del custode per la caduta di un pedone in corrispondenza di una sconnessione o buca stradale, l’accertamento della responsabilità deve essere condotto ai sensi dell’art. 2051 c.c. e non risulta predicabile la ricorrenza del caso fortuito a fronte del mero accertamento di una condotta colposa della vittima (la quale potrà invece assumere rilevanza, ai fini della riduzione o dell’esclusione del risarcimento, ai sensi dell’art. 1227, comma 1 o 2, c.c.), richiedendosi, per l’integrazione del fortuito, che detta condotta presenti anche caratteri di imprevedibilità ed eccezionalità tali da interrompere il nesso causale tra la cosa in custodia e il danno, così da degradare la condizione della cosa al rango di mera occasione dell’evento. ” (C. Cass., Sez. 3 – Ordinanza n. 37059 del 19/12/2022).
Tali requisiti, individuati dalla Suprema Corte, sono come detto ravvisabili nel caso di specie soltanto in minima parte.
Il comportamento della sig.ra nel frangente in esame, non ha certo assunto le caratteristiche di abnormità, inopinabilità ed esorbitanza, nel suo non essersi accorta di una improvvisa discontinuità del manto stradale, peraltro nemmeno segnalata.
Non è, infatti, ravvisabile una condotta di guida talmente esorbitante dalla normalità da determinare, ex se, l’evento foriero di danno, che si pone invece come diretta conseguenza della buca presente sulla carreggiata, le cui caratteristiche principali:
– notevoli dimensioni, sia in lunghezza profondità che in lunghezza (come ritratta nelle foto in atti);
– sviluppo in senso longitudinale alla marcia, tale da aumentarne esponenzialmente la pericolosità, rispetto alla diversa ipotesi di proiezione perpendicolare;
hanno determinato la perdita di controllo del velocipede e la caduta dell’odierna attrice.
E purtuttavia, come detto, le doglianze di parte convenuta non paiono completamente prive di pregio, quantomeno nell’ottica di una riduzione del risarcimento dovuto per concorso della danneggiata alla verificazione dell’evento, ai sensi dell’art. 1227 comma 1 c.c. Escluso, in quanto non provato e anzi contraddetto dalle risultanze istruttorie, l’asserito errato posizionamento della bicicletta rispetto al margine stradale (la buca si trova nella parte destra della carreggiata più laterale impegnabile dalla bicicletta, essendo quella immediatamente laterale riservata al trasporto pubblico), può invece rilevasi come le stesse dimensioni del dislivello risultassero tali poterlo avvistare e, sia pur forse con manovra tardiva che presupporrebbe una vigilissima attenzione, sempre secondo il principio del più probabile che non, tentare di evitarla. Circostanza questa che giustifica una riduzione del risarcimento dovuto, ex art. 1227 c.c., in misura proporzionale minoritaria, alla partecipazione causale della danneggiata nell’evento lesivo.
Ritenuta una partecipazione causale della condotta di guida della sig.ra all’evento di danno, occorre procedere ad una quantificazione in termini percentuali dell’incidenza causale della stessa sull’evento, Per la Suprema Corte, infatti, “In tema di responsabilità civile per danni da cose in custodia, la condotta del danneggiato, che entri in interazione con la cosa, si atteggia diversamente a seconda del grado di incidenza causale sull’evento dannoso, in applicazione – anche ufficiosa – dell’art. 1227, comma 1, c.c., richiedendo una valutazione che tenga conto del dovere generale di ragionevole cautela, riconducibile al principio di solidarietà espresso dall’art. 2 Cost., sicché, quanto più la situazione di possibile danno è suscettibile di essere prevista e superata attraverso l’adozione da parte del danneggiato delle cautele normalmente attese e prevedibili in rapporto alle circostanze, tanto più incidente deve considerarsi l’efficienza causale del comportamento imprudente del medesimo nel dinamismo causale del danno, fino a rendere possibile che detto comportamento interrompa il nesso eziologico tra fatto ed evento dannoso, quando sia da escludere che lo stesso comportamento costituisca un’evenienza ragionevole o accettabile secondo un criterio probabilistico di regolarità causale, connotandosi, invece, per l’esclusiva efficienza causale nella produzione del sinistro. ”(C. Cass., Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 34886 del 17/11/2021 (Rv. 663127 – 01); conforme N. 9315 del 2019 Rv. 653609 – 01).
Il concreto svolgimento del sinistro come ricostruito, tenuto conto della notoria intensità del traffico veicolare davanti alla stazione ferroviaria principale della città di Torino e della correlata esigenza per un ciclista di dedicare la maggior parte delle attenzioni a procedere in sicurezza tra vari tipi e dimensioni di veicoli, conduce a quantificare l’apporto causale, della condotta tenuta dalla sig.ra nella misura del 20%, con proporzionale riduzione del suo diritto al risarcimento del danno.
In tal senso, si rileva (come già sopra esposto) che difficilmente, pur a fronte di una condotta estremamente attenta, la sig.ra sarebbe stata in grado di individuare l’ostacolo.
Costituisce come sopra osservato circostanza notoria la presenza del traffico intenso che interessa, nelle ore centrali della giornata, un viale dell’importanza del INDIRIZZO in Torino.
Non risulta quindi ipotesi priva di fondamento immaginare una concentrazione di macchine tale da nascondere, fino all’ultimo, l’insidia stradale, così impedendo una pronta sterzata.
La buca sarebbe stata, quindi, agevolmente individuabile solo in un contesto di minore intensità di traffico;
occorre invece, in questa sede, valutare con attenzione le concrete circostanze nelle quali la sig.ra è trovata ad affrontare l’ostacolo.
A non diverse conclusioni si addiviene analizzando il diverso – ma collegato – aspetto della esigibilità di una condotta alternativa.
Anche a fronte di un anticipato avvistamento (che, si è detto, risulta più agevole in condizioni “di laboratorio” rispetto alla quotidianità della guida cittadina), le dinamiche del traffico e la natura del velocipede non sempre consentono la possibilità di effettuare una manovra di emergenza idonea ad evitare l’ostacolo.
Costituisce infatti circostanza altrettanto notoria il fatto che, nel traffico, non sempre un ostacolo sia evitabile, vuoi per la conformazione dei luoghi, vuoi per il posizionamento e le manovre degli altri utenti della strada.
Un’improvvisa svolta, a destra o sinistra, quando non resa impossibile dall’affiancamento di altri veicoli, espone comunque l’utente della strada al rischio di collisione con altri veicoli.
Rischio foriero di conseguenze ancora più significative per un ciclista:
la natura meno stabile del velocipede riduce ulteriormente la possibilità di manovra improvvisa in mezzo al traffico cittadino, specie laddove accerchiato dalle altre macchine o, peggio ancora, dalle rotaie del tram, note per favorire lo scivolamento degli pneumatici delle biciclette (si noti che, nella corsia riservata alla destra della buca, erano proprio presenti i binari).
Dovendo conclusivamente individuare una percentuale di compartecipazione al danno dell’attrice, la stessa può essere equitativamente e conclusivamente stimata e contenuta nella misura del 20%.
2.3 Quantificazione del danno risarcibile Ciò posto per quanto concerne il giudizio di responsabilità, si tratta di liquidare i danni patrimoniali e non patrimoniali subìti e provati da parte attrice.
Prendendo le mosse dalla perizia elaborata dal CTU – che ha individuato la percentuale di invalidità permanente, conseguente al sinistro per cui è causa, nella percentuale del 7% – essendo il danno riferibile alla circolazione stradale il referente normativo va rinvenuto nei criteri di cui all’art. 139 del codice delle assicurazioni private, come da ultimo aggiornati con il decreto ministeriale 16 luglio 2024 e pertanto attualmente vigenti (sull’applicabilità dei criteri di liquidazione vigenti al momento della decisione anziché del verificarsi del danno, cfr. ex plurimis Cass. n. 25485, 13.12.2016). Tenendo conto della entità delle conseguenze dannose in concreto verificatesi, rilevate ed esposte nella relazione di CTU medico-legale espletata e non contestate dalle parti (se non implicitamente nelle conclusioni in via di principalità dell’attrice), possono dunque valutarsi e liquidarsi i danni all’integrità psicofisica della persona come segue:
Danno non patrimoniale – invalidità temporanea (€ 55,24 pro die) invalidità temporanea parziale massima per giorni 2, risarcibili con complessivi € 110,48;
invalidità temporanea parziale al 50% protrattasi per ulteriori giorni 90, risarcibili con complessivi € 2.485,80;
invalidità temporanea parziale minima al 25% protrattasi per ulteriori giorni 30, risarcibili con complessivi € 414,30;
Totale danno biologico temporaneo:
€ 3.010,58 Danno non patrimoniale – invalidità permanente (punto base € 947,30) postumi di natura permanente stimabili in misura pari al 7%, che, tenendo conto dell’età della danneggiata alla data del fatto, anni 32, in base ai parametri della tabella richiamata, è liquidato nella misura di 11.213,19;
DANNO NON PATRIMONIALE:
14.223,77 È inoltre possibile procedere alla personalizzazione del danno, calando le conseguenze dannose del sinistro nella realtà della vita quotidiana della ricorrente.
Se, invero, i criteri di cui all’articolo 139 del Codice delle Assicurazioni permettono di identificare l’incidenza “standard” di una invalidità, temporanea come permanente, sulla vita del danneggiato, l’importo così individuato può essere adattato tenendo in considerazione quanto le limitazioni conseguenti al sinistro abbiano in concreto limitato la quotidianità di chi abbia patito il danno.
Tale personalizzazione, volta a valorizzare i risvolti soggettivi dell’evento, consiste in una frazione dell’importo riconosciuto a titolo di danno biologico.
La legittimità di tale operazione viene riconosciuta dalla Giurisprudenza costante della Suprema Corte, per la quale “La valutazione equitativa del danno morale da fatto illecito (art. 2059 c.c.) liquidandolo in una frazione – solitamente da un terzo alla metà – di quello biologico riconosciuto, risponde all’esigenza di evitare liquidazioni ogni volta diverse, imprevedibili, suscettive quanto meno di apparire arbitrarie, ed è perciò legittima, se, nell’applicare tale criterio, il giudice del merito dà conto delle particolarità del caso concreto” (Cass. civ., Sez. III, 09/01/1998, n. 134). L’importo della personalizzazione, riconosciuta nella frazione del terzo del danno non patrimoniale biologico, è dunque pari a € 4.740,78.
DANNO NON PATRIMONIALE PERSONALIZZATO:
€ 18.964.55 Danno patrimoniale – Spese mediche sostenute e riconosciute come congrue e riferibili all’evento dalla CTU:
€ 4.074,40
TOTALE DANNO (PATRIMONIALE E NON PATRIMONIALE):
€ 23.038.95 L’importo deve essere ridotto del 20% in ragione della compartecipazione causale al danno dell’attrice, ai sensi dell’art. 1227 c.c, pertanto l’importo deve essere limitato alla minor somma di € 18.431,16.
Interessi legali e rivalutazione – l’importo così calcolato, pari a € 18.431,16, deve quindi essere devalutato alla data del danno, 25.03.2019, al fine di calcolare l’esatto ammontare degli interessi legali.
Sottraendo quindi la somma di € 2.718,32, pari alla rivalutazione monetaria maturata dal 25.03.2019, si ricava l’importo di € 15.712,84.
– Interessi:
gli interessi legali devono essere calcolati su detto importo devalutato e sono pari a € 1.703,01.
– Rivalutazione:
gli interessi legali devono essere sommati all’importo liquidato, che si è detto essere pari a € 18.431,16;
pervenendo in tal modo, ad importo complessivo pari a € 20.134,17.
Somma da maggiorarsi per gli ulteriori interessi legali dal giorno successivo al deposito della sentenza fino ad effettivo soddisfo.
3. Spese di giudizio Il regolamento delle spese di lite segue anche nella presente controversia il criterio della soccombenza, regola fissata all’art. 91 cpc e dalla quale non si ravvisano ragioni per discostarsi.
convenuto va condannato a rimborsare all’attrice l’importo che – facendo riferimento per la sua determinazione all’entità del credito risarcitorio riconosciuto, in applicazione del criterio c.d. del decisum (Cass. S.U. 19014/07), e tenuto conto della tariffa professionale vigente – viene liquidata come in dispositivo.
Vanno poi definitivamente poste a carico del anche le spese di CTU, resasi comunque necessaria per l’accertamento dell’entità complessiva delle lesioni riportate dalla danneggiata nell’evento per cui è causa, nella misura che è stata liquidata in corso di causa, quindi € 800,00 oltre I.V.A. pari a € 176,00 e così per un importo complessivo pari a € 976,00
Importo dovuto da parte convenuta direttamente al difensore distrattario dell’attrice, ai sensi e per gli effetti dell’art. 93 c.p.c.
Il Tribunale di Torino, rigettata ogni contraria istanza, deduzione, difesa o eccezione, definitivamente pronunciando, DICHIARA che il sinistro per cui è causa si è verificato per concorrente responsabilità dell’attrice e del convenuto nella misura rispettivamente del 20 % e dell’80% e, per l’effetto, CONDANNA il predetto Ente convenuto al pagamento in favore dell’attrice della somma di € 20.134,17, oltre interessi calcolati al tasso legale dalla data della sentenza al saldo;
CONDANNA inoltre parte convenuta a pagare in favore del difensore dell’attrice le spese di lite per un importo che – con riferimento ai criteri sopra indicati, alla difficoltà della causa ed all’attività difensiva espletata – si liquida in € 6.768,00 per compenso professionale – di cui € 919,00 per la fase di studio, € 777,00 per la fase introduttiva, € 2.520,00 per la fase istruttoria ed € 2.552,00 per la fase della decisione – ed € 1.201,20 per spese, di cui € 518,00 per esposti ed € 683,20 per rimborso CTP, oltre al rimborso per spese generali, IVA e CPA come per legge, con distrazione ex art. 93 cpc al procuratore di parte attrice che si è dichiarato antistatario di dette somme; PONE infine definitivamente a carico della parte convenuta le spese di CTU nella misura liquidata in corso di causa.
Così deciso in Torino, lì 11 febbraio 2025 Il Giudice NOME COGNOME Provvedimento predisposto dal MOT NOME COGNOME
La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di
Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.
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