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Codice Civile
Codice Penale

Responsabilità della banca per pagamento assegno non trasferibile

La sentenza afferma la responsabilità per il pagamento di un assegno non trasferibile ad un soggetto non legittimato, non avendo la banca adempiuto all’obbligo di diligenza nell’identificazione del presentatore. Tuttavia, la Corte riconosce anche un concorso di colpa del mittente che aveva spedito l’assegno tramite posta ordinaria, esponendosi ad un rischio maggiore di sottrazione del titolo.

Pubblicato il 12 June 2024 in Diritto Bancario, Giurisprudenza Civile

N. R.G. 655/2022

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Corte D’appello di Milano Prima sezione La Corte d’Appello di Milano, Prima Sezione, in persona dei magistrati:
NOME COGNOME Presidente NOME COGNOME Consigliere NOME COGNOME Consigliere relatore ha pronunciato la seguente

SENTENZA N._16_2024_- N._R.G._00000655_2022 DEL_02_01_2024 PUBBLICATA_IL_03_01_2024

nella causa civile di II grado tra (C.F. ), rappresentata e difesa dall’Avv. ed elettivamente domiciliata presso lo studio del difensore, in , che la rappresenta e difende come da delega in atti.
appellante (C.F. ), rappresentata e difesa dall’Avv. ed elettivamente domiciliata presso lo studio del difensore, in , che la rappresenta e difende come da delega in atti.
appellata

CONCLUSIONI

Per parte appellante:
‘Voglia l’Ecc.ma Corte d’Appello adita, contrariis reiectis, in totale riforma della sentenza nr. 1655/2022 emessa dal Tribunale di Milano, così giudicare:
in accoglimento del presente appello, accertare e dichiarare la mancanza di qualsivoglia responsabilità di in ordine alla negoziazione dell’assegno n. del di importo pari a € 7.500,00 intestato alla sig.ra e conseguentemente rigettare la domanda di risarcimento del danno proposta i conseguentemente, condannare la lla restituzione dell’importo pagato da in forza della senten idate.
– in via subordinata:
nella denegata ipotesi si dovesse ravvisare colpa nella condotta dell’esponente in relazione ai fatti per cui è causa, accertato e dichiarato il concorso del fatto colpos preminente gravità della colpa della stessa appellata e/o la preminente importanza delle conseguenze derivatene, a mente dell’art. 1227 cod civ. mandare assolta l’odierna appellante, per l’intero o nella percentuale che sarà ritenuta di giustizia, dalle domande formulate da – in ogni caso, con vittoria di spese e competenze professionali di entra

Per parte appellata: ‘Voglia l’Ecc.ma Corte d’Appello adìta, reiectis adversis;
previa ogni più opportuna e necessaria declaratoria di rito e del caso, anche in ordine alla responsabilità della convenuta, per tutti i motivi indicati in atti, respingere l’appello notificato da alla sentenza resa dal Tribunale di Milano al n. 1655/2022 nella causa RG n. 27442/21 sia perché inammissibile sia perché, in subordine, completamente infondato.
• Per l’effetto confermare la già disposta condanna di in persona del legale rappresentante pro tempore, al pagamento in favore dell ma di Euro 7.500,00 (settemilacinquecento/00), oltre interessi e rivalutazione monetaria dal diritto al saldo effettivo, e quelli maturati durante il presente giudizio a sensi dell’art.1284 c.c. siccome novellato dalla L. 162/2014.
• Con vittoria di ogni spesa ed onorario di lite, anche stragiudiziale, e oneri fiscali anche del presente grado.
• In via istruttoria:
senza inversione dell’onere probatorio, soltanto ove ritenuto di necessità dal Giudicante a fronte di quanto già acclarato per tabulas, chiede ammettersi le prove articolate nella comparsa di costituzione e risposta in appello depositata in data Chiede che la causa venga trattenuta a decisione, e già previsti i termini di legge per il deposito di conclusionali e repliche, con decorrenza dall’udienza indicata in epigrafe.
Opposta ogni avversa istanza e difesa, declinato il contraddittorio su domande, documenti ed eccezioni nuove’.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO E

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il giudizio di primo grado 1.

Con atto di citazione notificato in data conveniva in giudizio al fine di ottenerne la condanna al risarcimento dei danni conseguenti all’intervenuto pagamento da parte della convenuta di un assegno di traenza non trasferibile a persona diversa dal legittimo beneficiario.

A sostegno delle proprie richieste, l’attrice esponeva che:
nell’ambito della propria attività assicurativa in data aveva emesso, per mezzo di l’assegno di traenza non trasferibile n. per l’importo di euro 7.500,00, in favore di l’assegno era stato posto all’incasso da un soggetto diverso dal legittimo beneficiario;
avendo pagato a beneficiario diverso un titolo non trasferibile e non avendo rispettato gli standard di diligenza richiesta, doveva rispondere a titolo di responsabilità contrattuale del danno così procurato all’attrice.

Si costituiva in giudizio chiedendo, nel merito, il rigetto della domanda proposta nei suoi confronti e, in subordine, il riconoscimento di colpa in capo all’attrice per aver inviato l’assegno per posta ordinaria.

Allegava, in particolare, che:

l’impiegato dell’ufficio postale aveva identificato la cliente attraverso il documento d’identità e il codice fiscale e il nominativo del soggetto che aveva presentato l’assegno per l’incasso corrispondeva a quello indicato sul titolo come prenditore;
l’assegno portato all’incasso non presentava segni di alterazione o contraffazione e, in ogni caso, nulla le si poteva addebitare, avendo adottato tutte le cautele necessarie alla diligente identificazione del beneficiario.

2.
Con sentenza n. 1655/2022 emessa il il Tribunale di Milano, definitivamente pronunciando sulle domande proposte da accoglieva la domanda proposta dall’attrice e, per l’effetto, disponeva la condanna di al pagamento di € 7.500,00, oltre interessi e spese processuali.

In particolare, il Giudice:

− riteneva la convenuta responsabile per non avere osservato il parametro di diligenza qualificata ex art. 1176 c.c.:
avrebbe dovuto osservare un maggiore standard di attenzione, tenuto conto del fatto che le raccomandazioni codificate dall’ABI fin dalla circolare del suggerivano alle associate di identificare il beneficiario di assegno non trasferibile, ove non conosciuto, sulla base di due documenti di identità con foto e tale non era il tesserino del codice fiscale, invocato dalla convenuta a giustificazione della propria condotta;

− affermava che la circostanza relativa alla spedizione per posta ordinaria dell’assegno non costituiva condotta idonea a giustificare il concorso di colpa del creditore.

L’appello proponeva appello avverso tale sentenza, lamentandone l’erroneità per aver il primo giudice:
− ritenuto responsabile per non avere osservato il parametro di diligenza qualificata ex art. 1176 c.c.;
− escluso il concorso di colpa in capo a per aver inviato l’assegno di traenza per posta ordinaria.

Si costituiva chiedendo il rigetto dell’appello e la conferma della sentenza impugnata.

Precisate dalle parti le conclusioni come in epigrafe trascritte, concessi dalla Corte – e decorsi – i termini per il deposito di comparse conclusionali e repliche, la causa perviene ora in decisione.

Motivi di appello

4. Ad avviso di avrebbe errato il giudice di prime cure nell’accertare la sua responsabilità contrattuale.

Secondo l’appellante, la circolare ABI del , a cui fa riferimento il giudice di prime cure, costituirebbe una mera raccomandazione, non anche un obbligo di legge cui attenersi in maniera imprescindibile.

Inoltre, come risulta dai documenti prodotti e come già allegato nel giudizio di primo grado, l’ufficio postale ha assolto il proprio incarico contrattuale con la cura e la diligenza professionale richieste.

Invero, l’operatore di sportello effettuava l’operazione de qua soltanto dopo avere:
– svolto un attento esame circa l’autenticità del titolo e verificato l’assenza di segni di contraffazione;
– verificato, diligentemente, l’identità della persona a favore della quale, in conformità del contenuto del titolo, veniva eseguito il versamento sul rapporto al medesimo intestato.

Il motivo di appello non è meritevole di accoglimento.

Si premette che, come la Suprema Corte ha già avuto modo di evidenziare, esula dai parametri, a cui deve conformarsi la diligenza professionale richiesta al banchiere dall’art. 1176 comma 2, c.c., la raccomandazione, contenuta nella circolare ABI del indirizzata agli associati, che segnala l’opportunità per la banca negoziatrice dell’assegno di traenza di richiedere due documenti d’identità muniti di fotografia al presentatore del titolo, perché a tale prescrizione non può essere riconosciuta «alcuna portata precettiva, e tale regola prudenziale di condotta non si rinviene negli standard valutativi di matrice sociale ovvero ricavabili dall’ordinamento positivo, posto che l’attività di identificazione delle persone fisiche avviene normalmente tramite il riscontro di un solo documento d’identità personale» (Cass. civ., 17769 del 2012; Cass. civ, Cass. civ., n. 34107 del 2019).

Ciò premesso, si osserva quanto segue.
Secondo l’orientamento della Suprema Corte (S.U. n. 12477/2018 e successive), sulla banca negoziatrice, in questo caso grava, ai sensi dell’art. 43 comma 2 RD n. 1736 del 1933 (c.d. “legge assegni”), l’obbligo di procedere con diligenza nell’identificazione del soggetto, che si presenta per l’incasso di un assegno non trasferibile, e, in caso di inadempimento di tale obbligo, la responsabilità che si delinea – superata la tesi che vedeva in tale ipotesi una responsabilità di natura oggettiva – si fonda sugli artt. 1176, 1218 c.c.

Dalla natura contrattuale della responsabilità segue che, in tema di riparto degli oneri di allegazione e di prova, l’attore è tenuto ad allegare l’inadempimento del debitore, id est, il fatto costitutivo rappresentato dal pagamento del titolo intrasferibile in favore di soggetto non legittimato e il danno derivato da tale inadempimento, mentre la convenuta è onerata della prova che l’inadempimento non sia imputabile a sua colpa (art. 1218 c.c.).

I parametri della responsabilità per negligenza e colpa professionale sono quelli previsti dall’art. 1176 comma 2 c.c., considerata la natura di operatore professionale della banca o, come in questo caso, delle , che risponde anche per colpa lieve.

Tutto ciò premesso, va verificato in concreto se, con riguardo al caso in esame, l’appellante abbia provato di avere adempiuto, con la diligenza professionale richiesta, al pagamento del titolo negoziato da soggetto non legittimato, con conseguente esonero da responsabilità.

ha dato prova di aver effettuato un controllo sui documenti presentati dal soggetto che aveva incassato l’assegno e, segnatamente, un controllo sulla carta di identità e sul codice fiscale.

In generale, come già evidenziato da questa Corte con sentenza n. 1549 del 2022, «a fronte dell’esibizione di documenti di riconoscimento, ove non risulta che vi siano dei segni di contraffazione (sul rilievo di un dato siffatto:
Cass. , n. 3649), non può sostenersi che l’obbligo di diligenza del bonus argentarius implichi l’effettuazione di complesse indagini dirette a verificare l’autenticità dei documenti di identità, …, a meno che non risultino accertate altre anomalie, che avrebbero dovuto indurre la banca negoziatrice ad una maggiore cautela”.

Nel caso di specie, questa Corte, in effetti, ritiene che le cautele adottate da nell’identificazione del soggetto che si è presentato per l’incasso degli assegni non possano dirsi sufficienti a soddisfare il grado di diligenza esigibile da un operatore qualificato.

In primo luogo, il soggetto che ha presentato i titoli per l’incasso – la sedicente – non era cliente della filiale di e tale filiale risultava ben distante dal comune di luogo di residenza della sedicente come risultante dal documento d’identità (falsificato) presentato all’impiegato postale.

In secondo luogo, la sedicente ha provveduto contestualmente ad aprire un conto corrente sul quale ha poi versato l’assegno questione.

Tale circostanza, benché non indefettibilmente correlata ad un’operazione fraudolenta, avrebbe dovuto indurre l’operatore qualificato a un livello di accortezza più elevato.

Inoltre, nel documento di identità personale sottoposto al controllo dell’addetto di la sedicente risultava residente a , mentre, nel modulo di richiesta apertura , sempre sottoposto al controllo dell’addetto postale, la sedicente affermava di essere residente in

Parimenti, mentre la carta di identità presentata risultava emessa dal nel modulo di richiesta di apertura del c/c vi era scritto che la carta di identità era stata rilasciata dal Nel caso in esame, dunque, una diligente identificazione del prenditore avrebbe richiesto l’espletamento di qualche ulteriore verifica, eventualmente interpellando i competenti uffici comunali, dal momento che, all’epoca di fatti, era già notoria l’illecita intercettazione di assegni in area postale e che l’apertura di un conto o libretto di risparmio postale da parte del soggetto presentatosi all’incasso, non precedente cliente dell’Istituto negoziatore, contestualmente al versamento di un assegno di traenza rappresentava una delle modalità più diffuse e conosciute per incassare illecitamente assegni di traenza sottratti. Tali circostanze, pertanto, avrebbero dovuto indurre qualche sospetto e suggerire ulteriori verifiche, pacificamente non eseguite, dato che si è limitata a verificare l’identità del sedicente beneficiario tramite la sola acquisizione della Carta d’identità e del codice fiscale (tessera sanitaria), senza neppure procedere a un raffronto tra i documenti e i dati inseriti nel modulo di apertura del conto.

Conseguentemente, per le ragioni sopra esposte, la Corte ritiene che sia responsabile del danno cagionato a non avendo fornito un’adeguata prova liberatoria.

5. Con il secondo motivo d’appello, ha impugnato la sentenza nella parte in cui ha escluso un concorso di colpa in capo a ex artt. 1227 e 1175 c.c.

Secondo l’appellante, l’assegno in oggetto era stato inviato dalla società di assicurazione per posta ordinaria, senza osservare le precauzioni atte ad evitare la sottrazione del titolo e a consentire l’individuazione di anomalie nell’iter della spedizione postale.

Il motivo è fondato.

La controversa questione è stata risolta dalla Cassazione con la sentenza, pronunciata a Sezioni Unite, n. 9769 che ha espresso il seguente principio di diritto:

«la spedizione per posta ordinaria di un assegno, ancorché munito di clausola di intrasferibilità costituisce, in caso di sottrazione del titolo e riscossione da parte di un soggetto non legittimato, condotta idonea a giustificare l’affermazione di colpa del mittente, comportando l’«esposizione volontaria del mittente a un rischio superiore a quello consentito dal rispetto delle regole di comune prudenza e del dovere di agire per preservare gli interessi degli altri soggetti coinvolti nella vicenda.

La spedizione per posta ordinaria di un assegno si configura come un antecedente necessario dell’evento dannoso, concorrente con il comportamento colposo eventualmente tenuto dalla banca nell’identificazione del presentatore».

La Suprema Corte ha statuito che l’utilizzazione della posta ordinaria si pone in contrasto, non solo con le regole di comune prudenza che suggeriscono di avvalersi di modalità di trasmissione più idonee ad assicurare il controllo sul buon esito della spedizione, ma anche con il dovere di agire in modo da preservare gli interessi di tutti i soggetti coinvolti, ove ciò non comporti un apprezzabile sacrificio a carico del mittente, in conformità al principio solidaristico di cui all’art. 2 Cost., che trova espressione nell’art. 1227 c.c., operante sia in materia extracontrattuale, sia in materia contrattuale, come riflesso dell’obbligo di comportarsi secondo correttezza e buona fede, previsto dall’art. 1175 cod. civ. in riferimento sia alla formazione, sia all’interpretazione ed esecuzione del contratto (cfr. Cass., Sez. Un. , n. 24406; Cass., n. 11698; Cass. n. 5348, Cass. n 9769).

Nel caso di specie, con riguardo alla condotta della società di assicurazione, l’appellata ha dedotto che ha ritenuto di trasmettere l’assegno per mezzo del servizio postale, con spedizione in plico ordinario.

La circostanza non risulta contestata.

Sembra dunque a questa Corte certamente esigibile richiedere a un soggetto professionalmente qualificato – quale una compagnia assicurativa – di far sì che i pagamenti vengano disposti con modalità più sicure, quali la posta assicurata o raccomandata, atte a consentire il tracciamento della spedizione e dunque la regolare ricezione del titolo, così evitando, se non il rischio di possibili sottrazioni, almeno quello di un errato benestare e di un indebito pagamento.

Concludendo, entrambe le condotte, sia quella dell’appellata, sia quella dell’appellante, appaiono connotate da altrettanta negligenza e imprudenza, sicché pare equo attribuire a ciascuna delle due parti il 50% della responsabilità nella produzione dell’evento e, quindi, del danno patito da Ne consegue che la sentenza impugnata va riformata limitatamente al mancato accertamento del concorso di colpa del creditore e, per l’effetto, deve essere condannata a risarcire a il 50% del danno come determinato nella sentenza impugnata; inoltre, avendo dichiarato (e tale affermazione non è stata contestata dalla compagnia di assicurazioni) di avere adempiuto al decisum di primo grado, dovrà restituire quanto in eccedenza percepito, con gli interessi legali dal giorno della riscossione al saldo.

La parziale riforma della sentenza impugnata comporta, indipendentemente dalla formulazione di un autonomo motivo di appello, che si proceda ad un nuovo regolamento delle spese processuali, tenendo presente l’esito complessivo della lite, poiché la valutazione della soccombenza opera, ai fini della liquidazione delle spese, in base a un criterio unitario e globale (Cass. n. 22446/2018).

Tenuto conto dell’esito complessivo del giudizio e stante la reciproca parziale soccombenza, ritiene la Corte congruo compensare le spese di lite, relativamente al 1° ed al 2° grado di giudizio, nella misura del 50%, ponendo la restante parte a carico di Le spese vengono liquidate utilizzando i valori medi delle tariffe forensi vigenti.
escludendo, dalla liquidazione relativa al 2° grado, quelle relative alla fase istruttoria in quanto fase non svoltasi.

La Corte d’Appello di Milano, disattesa ogni diversa contraria o ulteriore domanda, definitivamente pronunciando sull’appello proposto da avverso la sentenza del Tribunale di Milano n. 1655/2022 pubblicata il , in parziale accoglimento dello stesso, così provvede:
condanna al pagamento in favore di della somma di euro 3.750,00, oltre interessi legali dalla domanda al saldo effettivo;
condanna alla restituzione a favore di quanto ricevuto in eccedenza in esecuzione della sentenza di primo grado, con gli interessi legali dalla data del pagamento al saldo effettivo;
dichiara le spese di lite relative ad entrambi i gradi di giudizio compensate fra le parti nella misura del 50%;
Condanna a rifondere a il 50% delle spese lite che liquida, per tale quota, in euro 2.538,50 per quanto attiene al 1° grado ed in euro 1.983,00 per il 2° grado, oltre spese forfettarie (15%) Iva e Cpa.
Così deciso in Milano, nella camera di consiglio del Il Consigliere estensore Il Presidente

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