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Codice Penale

Responsabilità della banca per pagamento di assegni falsi

La sentenza affronta il tema della responsabilità contrattuale della banca in caso di pagamento di assegni con firma di emissione falsa. Il giudice, richiamando la giurisprudenza di legittimità, afferma che la banca risponde del pagamento di un assegno falsificato solo se l’alterazione del titolo sia rilevabile ictu oculi, sulla base delle conoscenze del bancario medio.

Pubblicato il 21 November 2024 in Diritto Bancario, Giurisprudenza Civile

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

CORTE DI APPELLO DI SALERNO II

SEZIONE CIVILE La Corte di Appello di Salerno II

Sezione Civile riunita in camera di consiglio nelle persone di:

dr.ssa NOME COGNOME Presidente dr.ssa NOME COGNOME Consigliere rel.

est. dr.ssa NOME COGNOME Consigliere ha pronunciato la seguente

SENTENZA N._962_2024_- N._R.G._00000816_2021 DEL_07_11_2024 PUBBLICATA_IL_07_11_2024

Nel procedimento civile n. 816/2021 avente ad oggetto l’appello avverso la sentenza n. 2962/2021 emessa dal Tribunale di Salerno in data 11/10/2021 e depositata il 12/10/2021 TRA rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME elettivamente domiciliato presso lo studio del predetto difensore in Salerno INDIRIZZO Appellante già rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOME elettivamente domiciliata presso lo studio del predetto difensore in Salerno INDIRIZZO

INDIRIZZO Salernitani INDIRIZZO – Appellata – Appellante incidentale Ragioni in fatto e diritto.

Con atto di citazione notificato il 30/12/2015 – premesso:

a) di avere intrattenuto con la filiale di Ravello, il rapporto di conto corrente n. 1299409;

b) che nel periodo tra aprile e luglio 2010 erano stati incassati quatto assegni per un importo complessivo di euro 36.960,00 tratti sul predetto conto con firma di emissione apocrifa – ha convenuto in giudizio la ed ha concluso affinchè l’adito Tribunale affermasse la responsabilità della banca “ per la violazione dell’art. 1176 II comma c.c.” e la condannasse alla restituzione, in favore dell’attore, della somma di euro 36.960,00 nonché al risarcimento di tutti i danni materiali e morali subiti dall’attore con vittoria delle spese processuali da attribuirsi al difensore antistatario. 1.1.

La , che aveva incorporato per fusione la costituitasi in giudizio, in via preliminare ha eccepito il difetto di legittimazione di in quanto il suindicato conto corrente n. 1299409, unitamente all’azienda alberghiera “ RAGIONE_SOCIALE Fraulo” di cui era titolare l’attore, era stato oggetto di un provvedimento cautelare di sequestro giudiziario emesso dall’autorità giudiziaria civile ;

di poi ha contestato i fatti costitutivi posti a fondamento della pretesa azionata dall’attore;

ha chiesto, pertanto, il rigetto della domanda con vittoria delle spese processuali.

1.2.

Il Tribunale di Salerno – all’esito dell’attività istruttoria, consistita nell’acquisizione della documentazione prodotta dalle parti processuali e nell’espletamento di una C.T.U. grafologica – con sentenza depositata il 12/10/2021 ha rigettato la domanda ed ha condannato l’attore al pagamento delle spese processuali.

In particolare il Giudice a quo – dopo avere evidenziato che “ nel rapporto di conto corrente bancario il termine di decadenza di sei mesi per l’impugnazione dell’estratto conto trasmesso al cliente, sì come fissato dall’art. 1832, 2o comma, c.c., ove non esercitato, non preclude la possibilità di contestare il debito da esso risultante che sia fondato su negozio nullo, annullabile, inefficace o, comunque, su situazione illecita” – ha posto a sostegno della decisione la seguente argomentazione: dell’emittente;

tale censura non può ritenersi fondata attesa l’emergenza di un comportamento di assoluta mala fede dell’attore per non avere egli denunciato lo smarrimento e/o la sottrazione degli assegni per cui è causa e la compilazione degli stessi da parte di un terzo che ha apposto la sua firma, tenuto conto altresì che il non poteva non avere contezza della circostanza del pagamento dell’assegno n. 16706545 di euro 28.300,00 all’ordine dello stesso , risultando altresì che, a fronte della regolare comunicazione effettuata dalla banca circa le operazioni compiute, alcuna censura l’attore ha mai mosso, di tal che deve ragionevolmente ritenersi che egli abbia dato consapevole ratifica all’operazione per averne avuto formale conoscenza (cfr. Cassazione Civile Sez. I sentenza n. 11626 del 26 maggio 2011).

” 1.3.

Avverso la predetta sentenza ha proposto appello con atto di citazione notificato il 21/10/2021;

ha criticato le ragioni della decisione impugnata ed ha concluso per l’accoglimento dell’interposto gravame con vittoria delle spese processuali del doppio grado di giudizio da attribuirsi al difensore antistatario.

1.4.

già costituitasi in giudizio, ha resistito e nel contempo ha proposto appello incidentale, ribadendo l’eccezione di difetto di legittimazione di già sollevata in primo grado;

ha chiesto il rigetto dell’impugnazione principale e l’accoglimento di quella incidentale con vittoria delle spese processuali.

1.5.

La Corte con ordinanza del 22/6/2023, resa all’esito dell’udienza celebrata nelle forme della trattazione scritta, ha riservato la causa in decisione con i termini di cui all’art. 190 c.p.c. per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica.

2. Ragioni di ordine logico impongono di esaminare con precedenza l’appello incidentale articolato perché incentrato sulla questione preliminare del difetto di legittimazione processuale di individuale “RAGIONE_SOCIALE ” ed ha evidenziato che l’azienda alberghiera ed il suindicato conto corrente sono stati oggetto di sequestro giudiziario disposto dall’autorità giudiziaria civile con decreto del 29/7/2014, confermato con provvedimento del 13/8/2014, a cui ha fatto seguito l’ordinanza del 29/1/2016 con la quale tutti i poteri di amministrazione ordinaria e straordinaria dei beni sequestrati sono stati attributi all’amministratore giudiziario dr. la cui nomina, come risulta dalla visura camerale, è stata iscritta nel registro delle imprese il 21/12/2015 sulla base di un’istanza del 14/12/2015, ossia presentata un giorno prima che venisse richiesta la notificazione dell’atto di citazione del giudizio di primo grado. 2.1.Ciò posto, la Corte ritiene che l’impugnazione incidentale è infondata e, pertanto, va respinta.

L’azione in esame – tesa all’affermazione della responsabilità contrattuale della banca e alla conseguente condanna dell’istituto di credito al risarcimento dei danni, peraltro non solo patrimoniali ma anche non patrimoniali subiti dal correntista – involge fatti verificatisi in epoca antecedente all’adozione del suindicato provvedimento di sequestro giudiziario giacchè gli assegni bancari in contestazione sono stati emessi ed incassati nell’anno 2010 con la conseguenza che va esclusa in radice la legittimazione processuale del custode giudiziario, sussistendo così la legittimazione processuale del titolare del conto corrente bancario n. 1299409, ( cfr. visura camerale in atti e provvedimento del 29/1/2016 da cui risulta che il dr è stato nominato custode giudiziario). Trova, infatti, applicazione il principio di diritto in forza del quale il custode dei beni oggetto di sequestro giudiziario è legittimato ad agire o resistere nei soli giudizi concernenti l’amministrazione di tali beni o la loro conservazione in relazione ai rapporti da lui posti in essere o che attengano a circostanze verificatesi in pendenza della custodia cautelare ( cfr. Cass. n. 11377/2011 anche in motivazione; cfr. Cass. n. 25278/2020 in motivazione).

3. Procedendo alla disamina dell’appello principale, va evidenziato che ha criticato “l’approvazione tacita o espressa del conto non comporta la decadenza da eventuali eccezioni relative alla validità in senso lato o all’efficacia di singoli negozi o fatti che costituiscono titolo all’annotazione”, di poi ha argomentato che “a fronte della regolare comunicazione effettuata dalla banca circa le operazioni compiute, alcuna censura l’attore ha mai mosso, di tal che deve ragionevolmente ritenersi che egli abbia dato consapevole ratifica all’operazione per averne avuto formale conoscenza”. Il Tribunale – prosegue l’appellante – ha richiamato erroneamente la sentenza della Corte di Cassazione n. 11626/2011 giacchè in tale pronuncia il Supremo Collegio ha esaminato un caso relativo ad un’operazione di giroconto e, dunque, del tutto diverso da quello in esame.

Il Giudice a quo – osserva ancora l’ appellante – non ha considerato gli esiti della C.T.U. grafologica avente ad oggetto la firma di sottoscrizione presente sugli assegni in contestazione;

l’esperto di ufficio – precisa l’appellante – ha accertato la falsità delle firme in questione e nel contempo ha evidenziato che la falsità era verificabile de visu dalla banca;

ne consegue che il Tribunale in applicazione del principio di diritto enunciato dalla Corte di Cassazione nella sentenza n. 20292/2011 – in forza del quale la banca può essere ritenuta responsabile del pagamento di un assegno falsificato non già in presenza della mera alterazione del titolo, ma soltanto qualora tale alterazione sia rilevabile ictu oculi, in base alle conoscenze del bancario medio, il quale non è tenuto a disporre di particolari attrezzature strumentali o chimiche per rilevare la falsificazione, nè è tenuto a mostrare le qualità di un esperto grafologo – avrebbe dovuto accogliere la domanda proposta dall’attore. 3.2.

La Corte ritiene che il gravame principale è parzialmente fondato e, pertanto, va accolto nei limiti di seguito indicati.

3.3.

Va subito chiarito, replicando ad uno specifico rilievo dell’appellante, che la motivazione posta a sostegno della sentenza impugnata non è contraddittoria.

La contraddittorietà della motivazione, come chiarito dalla giurisprudenza di legittimità, è configurabile solo in presenza di argomentazioni contrastanti e tali da non permettere di comprendere allorchè, dalla lettura della sentenza non sussistano incertezze di sorta su quella che è stata la volontà del Giudice ( cfr. Cass. S.U. n. 25984/2010; Cass. n. 3270/2015).

Nel caso di specie il Tribunale ha respinto la domanda non già perché l’approvazione del conto precludeva al correntista di sollevare eccezioni relative all’invalidità dei rapporti obbligatori sottostanti, ma in base alla diversa argomentazione che aveva “consapevolmente ratificato” l’operato della banca;

sotto tale profilo il Giudice a quo ha richiamato la sentenza n. 11626/2011 in cui la Corte di Cassazione ha appunto affermato che “ ai sensi dell’art. 1832 cod. civ., la mancata contestazione dell’estratto conto e la connessa implicita approvazione delle operazioni in esso annotate riguardano gli accrediti e gli addebiti considerati nella loro realtà effettuale, nonché la verità contabile, storica e di fatto delle operazioni annotate, ma non impediscono la formulazione di censure concernenti la validità ed efficacia dei rapporti obbligatori sottostanti; peraltro, dedotta l’inefficacia della registrazione di un’operazione di giroconto, in quanto derivante da un atto dispositivo compiuto in difetto o contro la volontà del correntista, ben può il giudice accertare che il cliente abbia avuto tempestiva comunicazione del giroconto e abbia dato consapevole approvazione all’operazione negoziale sottostante, e ritenere, quindi, tardive le sue contestazioni, non a causa della decadenza dal termine fissato dalla norma bancaria, quanto per la ragione sostanziale che l’operazione di giroconto sia stata consapevolmente ratificata dal medesimo”. Nel contempo il Tribunale ha posto a sostegno della decisione l’ulteriore argomentazione incentrata “sull’emergenza di un comportamento di assoluta mala fede dell’attore per non avere egli denunciato lo smarrimento e/o la sottrazione degli assegni per cui è causa e la compilazione degli stessi da parte di un terzo che ha apposto la sua firma, tenuto conto altresì che il non poteva non avere contezza della circostanza del pagamento dell’assegno n. 16706545 di euro 28.300,00 all’ordine dello stesso Chiarito tale profilo, il Collegio ritiene che, come correttamente evidenziato dall’appellante, il assenza della preventiva autorizzazione del correntista e, dunque, un caso del tutto diverso da quello in esame relativo al pagamento da parte di una banca di assegni con firma di emissione apocrifa. La domanda in esame involge, infatti,, quattro assegni bancari non trasferibili tratti sul conto corrente n. 1299409 intestato a ed acceso presso la filiale di Ravello;

tutti i titoli presentano la firma di emissione “ ” e sul retro la firma del beneficiario per l’incasso dell’assegno.

In particolare gli assegni in contestazione sono:

a) l’assegno emesso in data 14/4/2010 in favore dello stesso dell’importo di euro 28.300,00;

b) l’assegno emesso in data 31/5/2010 in favore di RAGIONE_SOCIALE dell’importo di euro 3.960,00;

c) l’assegno emesso in data 30/6/2010 in favore di dell’importo di euro 3.500,00;

d) l’assegno emesso in data 30/7/2010 in favore di RAGIONE_SOCIALE.n.c. dell’importo di euro 1.200,00 ( cfr. documentazione in atti).

La consulenza grafologica di ufficio espletata nel corso del giudizio di primo grado ha consentito di accertare che la firma di emissione presente sui predetti assegni è falsa;

inoltre l’esperto di ufficio, dopo avere evidenziato analiticamente le discrasie riscontrate tra la firma presente sugli assegni in questione e la firma apposta sullo specimen, ha concluso che “il grado di difficoltà della contraffazione accertata può definirsi piuttosto basso in quanto le divergenze dinamico – fisionomiche riscontrate risultano distinguibili agevolmente anche ad una visione non specifica in sostanza il confronto tra le firme false e la sottoscrizione apposta sullo specimen di firma depositato presso la banca convenuta fa emergere la sussistenza di una serie di dissomiglianze morfologiche che rendono la riconoscibilità della falsificazione palese pure ad un generico esame de visu” ( cfr. relazione tecnica di ufficio pag. 27). Orbene la giurisprudenza di legittimità ha costantemente affermato che nel caso di pagamento da parte di una banca di un assegno con sottoscrizione apocrifa, l’ente creditizio può essere ritenuto attrezzature strumentali o chimiche per rilevare la falsificazione, né è tenuto a mostrare le qualità di un esperto grafologo; ( cfr. ex multis Cass. n. 6513/2014; Cass. n. 8731/2016; Cass. n. 16178/2018; Cass. n. 17951/2021; Cass. n. 3314/2024).

Ne consegue che è condivisibile la censura dell’appellante incentrata sul rilievo che erroneamente il Tribunale ha escluso la responsabilità della banca trascurando del tutto gli esiti dell’espletata C.T.U. grafologica.

In particolare – focalizzando l’attenzione sull’assegno emesso in data 31/5/2010 in favore di RAGIONE_SOCIALE

dell’importo di euro 3.960,00, sull’assegno emesso in data 30/6/2010 in favore di dell’importo di euro 3.500,00 e sull’assegno emesso in data 30/7/2010 in favore di  s.n.c.

dell’importo di euro 1.200,00 – il Collegio ritiene che, avendo l’ausiliario di ufficio verificato che la falsità della firma di emissione apposta sui titoli in esame era rilevabile ictu oculi e trovando così applicazione il principio di diritto innanzi richiamato, deve concludersi che sussiste la responsabilità contrattuale della banca e conseguentemente va accolta la domanda di risarcimento danni.

Merita di essere evidenziato che non vi è spazio per le istanze istruttorie formulate dalla banca in primo grado e riproposte nel presente grado di giudizio, segnatamente:

a) la richiesta di “ ordine di esibizione ex art. 210 c.p.c. dei registri IVA acquisti della ditta relativi all’anno 2010 e l’acquisizione dei registri IVA vendita, delle fatture e delle bolle di consegna della merce o della prestazione delle società beneficiarie degli assegni, ;

b) la richiesta di “disporre indagini mediante la Guardia di Finanza al fine di individuare a fronte di quali prestazioni e per quale ditta i beneficiari hanno ricevuto in pagamento i titoli negoziati” ( cfr. comparsa di costituzione depositata in appello pag. 14).

L’ordine di esibizione in esame, infatti, ha evidenti finalità esplorative e per di più è finalizzato a conseguire la prova di fatti acquisibili attraverso altri mezzi istruttori, quali ad esempio, le , utilizzabile soltanto quando la prova dei fatti non possa in alcun modo essere acquisita con altri mezzi e l’iniziativa della parte istante non abbia finalità esplorativa”).

Quanto, poi, alla richiesta di accertamenti tramite la Guardia di Finanza va evidenziato che l’istanza sollecita l’esercizio di poteri di ufficio del Giudice al di fuori dei casi previsti dalla legge.

Chiarito tale profilo, la Corte ritiene che il danno subito dal correntista va quantificato nella misura di euro 8.660,00, pari all’importo complessivo dei suindicati assegni;

va precisato che non possono riconoscersi ulteriori voci di danno in quanto l’attore, non solo non ha fornito alcuna prova, ma nell’atto introduttivo si è limitato a richiedere genericamente la condanna dell’ente creditizio al risarcimento degli ulteriori danni patrimoniali e non patrimoniali subiti senza specificare i danni subiti.

Merita di essere ricordato che in tema di inadempimento di obbligazioni contrattuali diverse da quelle pecuniarie – come quella in esame – al danneggiato spettano la rivalutazione monetaria del credito da danno emergente e gli interessi compensativi per il lucro cessante, a decorrere dal giorno della verificazione dell’evento dannoso, poiché l’obbligazione di risarcimento del danno derivante da inadempimento contrattuale costituisce, al pari dell’obbligazione risarcitoria da responsabilità extracontrattuale, un debito non di valuta, ma di valore, che tiene luogo della materiale utilità che il creditore avrebbe conseguito se avesse ricevuto la prestazione dovutagli ( cfr. Cass. n. 37798/2022; Cass. n. 7948/2020; Cass. n. 1627/2022).

Inoltre la rivalutazione monetaria e gli interessi, costituendo una componente del danno, vanno riconosciuti anche in assenza di una specifica domanda, con la precisazione che gli interessi non vanno computati sulla somma complessivamente rivalutata ma sugli importi progressivamente rivalutati (cfr. Cass. n.13358/1999; Cass. n. 12140/2016. ; Cass. S.U. n. 1712/1995).

Ne consegue che sull’importo di euro 8.660,00

vanno riconosciuti la rivalutazione monetaria e gli interessi al tasso legale nel rispetto dei principi di diritto innanzi indicati.

A conclusioni diverse deve, invece, pervenirsi in ordine all’assegno bancario emesso in data 14/4/2010 in favore di dell’importo di euro 28.300,00 sebbene anche tale titolo, come accertato dal C.T.U., rechi la firma di emissione apocrifa.

Va, infatti, evidenziato che il beneficiario del titolo in esame è lo stesso , circostanza questa valorizzata nella sentenza impugnata, ma non adeguatamente contrastata con l’interposto gravame, dovendosi nel contempo rimarcare che , fin dall’atto introduttivo del giudizio di primo si è limitato a prospettare la falsità della sola firma di emissione e non anche della firma apposta sul retro per l’incasso, per di più neppure disconosciuta allorchè la banca ha prodotto in giudizio il titolo in questione ( cfr. assegno in atti; cfr. atto di citazione di primo grado in cui si legge che la falsità involge la firma apposta “in calce” agli assegni, senza alcun riferimento alla firma apposto sul retro dell’ assegno in questione ).

E allora in tale contesto con riferimento al predetto assegno, non essendo configurabile alcun danno per , non vi è spazio per l’accoglimento della domanda.

4. Le argomentazioni esposte conducono al rigetto dell’appello incidentale e all’accoglimento parziale dell’appello principale e alla conseguente riforma della sentenza impugnata nel senso che va condannata al pagamento della somma di euro 8.660,00 in favore di oltre rivalutazione monetaria a far data dal pagamento dei singoli assegni innanzi indicati ed interessi al tasso legale sull’ importo come rivalutato di anno in anno fino alla data di pubblicazione della presente sentenza nonché oltre interessi al tasso legale sulla complessiva somma come innanzi determinata dalla data di pubblicazione della presente sentenza e fino all’effettivo soddisfo. Passando al governo delle spese processuali, giova ricordare che il Giudice di appello , allorché riformi in tutto o in parte la sentenza impugnata, deve procedere di ufficio, quale conseguenza della pronuncia di merito adottata, ad un nuovo regolamento delle spese processuali, il cui onere va attribuito e ripartito tenendo presente l’esito complessivo della lite poiché la valutazione della in un grado di giudizio e, invece, vincitrice in un altro grado (cfr. Cass. n. 9064/2018; Cass. n. 11423/2016; Cass. n. 6259/2014).

E allora, in ragione dell’esito complessivo della lite, essendo rimasta soccombente, va condannata al pagamento delle spese processuali del doppio grado di giudizio in favore del difensore antistatario di ;

tali spese vanno liquidate secondo la tariffa vigente, tenendo conto del valore della controversia e dell’attività professionale espletata.

Infine va dato atto che sussistono i presupposti di cui all’art. 13 comma 1 quater del D.P.R. n. 115/2002 (comma introdotto dalla legge n. 228/2012) per il versamento da parte dell’appellante incidentale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la presente impugnazione.

La Corte di Appello di Salerno, II Sezione Civile, definitivamente pronunciando sull’appello proposto nei confronti di avverso la sentenza del Tribunale Salerno n. 2962/2021 nonché sull’appello incidentale formulato da così provvede:

1. rigetta l’appello incidentale;

2. accoglie parzialmente l’appello principale e per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, condanna al pagamento in favore di della somma di euro 8.660,00, oltre rivalutazione monetaria a far data dal pagamento dei singoli assegni indicati in motivazione ed interessi al tasso legale sull’ importo come rivalutato di anno in anno fino alla data di pubblicazione della presente sentenza nonché oltre interessi al tasso legale sulla complessiva somma come innanzi determinata dalla data di pubblicazione della presente sentenza e fino all’effettivo soddisfo; 3. condanna pagamento delle spese processuali del giudizio di primo grado in favore del difensore antistatario di , spese che liquida in euro 2.540,00 per compenso.

condanna pagamento delle spese processuali del giudizio di secondo grado in favore del difensore antistatario di , spese che liquida in euro 2.906,00 per compenso professionale oltre rimborso forfettario spese generali, I.V.A. e C.P.A. nella misura e come per legge;

5. dichiara la sussistenza dei presupposti di cui all’art. 13 comma 1 quater del D.P.R. n. 115/2002 (comma introdotto dalla legge n. 228/2012) per il versamento da parte dell’appellante incidentale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la presente impugnazione.

Salerno, 17/7/2024 Il Consigliere estensore Il Presidente NOME COGNOME NOME COGNOME

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