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Responsabilità dell’amministratore di società

La sentenza conferma la responsabilità degli amministratori di società per i danni causati da scelte gestionali irragionevoli, come il pagamento di compensi professionali eccessivi senza adeguata verifica e l’autodeterminazione di un compenso personale sproporzionato rispetto ai risultati ottenuti e alla situazione economica della società.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Corte D’Appello di Ancona Sezione Imprese
R.G. 300/2021
La Corte di Appello di Ancona – Sezione RAGIONE_SOCIALE – composta dai seguenti magistrati:
NOME
NOME COGNOME Presidente rel.
NOME
NOME COGNOME Consigliere Dr.
COGNOME Consigliere Ha pronunziato la seguente

SENTENZA N._887_2024_- N._R.G._00000300_2021 DEL_06_06_2024 PUBBLICATA_IL_06_06_2024

Nella causa civile in secondo grado, iscritta a ruolo al n. 300/2021 e promossa responsabilità limitata) p.
iva e n. iscr. registro imprese , e (C.F.-P.IVA: ), incorporante rappresentate e difese congiuntamente e disgiuntamente, dagli Avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME del Foro di Macerata e con loro elettivamente domiciliati ad Ancona, in , presso lo studio dell’Avv. NOME COGNOME– C.F.: rappresentato e difeso dall’Avv. NOME COGNOME del foro di Macerata – APPELLATO-

E NEI CONFRONTI DI (COGNOME , in persona del suo legale rappresentante pro tempore, con sede in Ascoli Piceno, , C.F.-P.IVA:
– Appellato non costituito

OGGETTO: Appello a sentenza n.860/2018 del Tribunale di Macerata pubblicata in data 13/07/2018 in materia di responsabilità degli amministratori di società

CONCLUSIONI

come da note telematiche depositate per l’udienza del

RAGIONI IN FATTO ED IN DIRITTO DELLA DECISIONE

Il presente giudizio di appello trae origine dalla separazione dei giudizi disposta dalla Corte di Appello di Ancona con ordinanza 12.03.2021 Con sentenza definitiva in pari data la Corte aveva ritenuto quanto segue:

“Con riferimento ai motivi di gravame con cui l’appellante deduce la responsabilità ex art. 2476 cc nella gestione dell’incarico professionale allo studio vanno integralmente richiamate le osservazioni contenute nell’ordinanza del Tribunale in data C.F. con la conseguenza che il Collegio non è in condizione di decidere senza un approfondimento istruttorio da attuarsi a mezzo Ctu che – sulla base esclusivamente della documentazione in atti – verifichi la congruità del compenso pagato alla società di consulenza (con la consapevolezza che solo un apprezzabile discostamento dai valori ordinari può costituire elemento integrativo di mala gestio). Analoghe considerazioni vanno fatte sul terzo motivo di gravame con cui si denunziano come abnormi i compensi attribuitisi dal per l’attività di amministratore nel 2009.

Se deve condividersi quanto osservato dall’appellante sull’estensione della sua domanda giudiziale all’accertamento della responsabilità anche del socio oltre che all’amministratore e dunque sulla sua ammissibilità, nondimeno allo stato la domanda non è decidibile nel merito perché occorre procedere ad accertamento peritale per valutare congruità del compenso per cui causa.

Di talché – in ragione dell’autonomia dei singoli titoli attributivi di responsabilità e dell’opportunità di definire celermente il resto del contenzioso – le domande di cui ai precedenti punti 8. e 9. vanno separate ed il nuovo procedimento va rimesso sul ruolo con fissazione di udienza per la nomina del Ctu come da provvedimenti dati con separata ordinanza”.

Il giudizio di appello riguarda la sentenza in epigrafe con cui il Tribunale di Macerata, fra l’altro rigettava la domanda di responsabilità proposta da avverso ;

la Corte di appello si è già pronunciata con sentenza definitiva, accogliendo l’appello e condannando l’appellato a pagare alla appellante la somma di euro 189.000,00 oltre iva ed oltre rivalutazione ed interessi, avendo ritenuto la responsabilità dell’amministratore con riguardo al pagamento di fatture ad una società terza per prestazioni inesistenti, ed alla autoliquidazione dei compensi in assenza di delibera assembleare, in violazione di norme fiscali ed in violazione delle norme organizzative e contabili della società. Pa Questa Corte territoriale osserva quanto segue sulla natura dell’azione di responsabilità dell’amministratore esercitata dal socio ex art. 2476 c.c.:

Ai sensi dell’art. 2476 c.c., gli amministratori devono adempiere i doveri ad essi imposti dalla legge e dall’atto costitutivo con la diligenza richiesta dalla natura dell’incarico e dalle loro specifiche competenze;
essi sono solidalmente responsabili verso la società dei danni derivanti dall’inosservanza di tali doveri.

L’azione sociale di responsabilità ha natura contrattuale, in quanto trova la propria fonte nell’inadempimento dei doveri imposti agli amministratori dalla legge o dall’atto costitutivo, ovvero nell’inadempimento dell’obbligo generale di vigilanza o dell’altrettanto generale obbligo di intervento preventivo e successivo (fra le più recenti, cfr. Cass. civ. Sez. 1, Sent. n. 17441 del 31/08/2016 e, da ultimo, cfr. Cass. Civ. Sez. 1 , Ord. n. 2975 del 07/02/2020:

“L’azione di responsabilità sociale promossa contro amministratori e sindaci di società di capitali ha natura contrattuale, dovendo di conseguenza l’attore provare la sussistenza delle violazioni contestate e il nesso di causalità tra queste e il danno verificatosi, mentre sul convenuto incombe l’onere di dimostrare la non imputabilità del fatto dannoso alla sua condotta, fornendo la prova positiva dell’osservanza dei doveri e dell’adempimento degli obblighi imposti”.).

La norma di cui all’art. 2476 c.c. struttura, infatti, una responsabilità degli amministratori in termini colposi, come emerge chiaramente sia dal richiamo alla diligenza quale criterio di valutazione e di ascrivibilità della responsabilità, sia dalla circostanza che la medesima disposizione codicistica consente all’amministratore di andare esente da responsabilità, fornendo la prova positiva di essere immune da colpa.

Più in particolare, l’azione sociale di responsabilità si configura, secondo il costante insegnamento della dottrina e della giurisprudenza di legittimità, come un’azione risarcitoria volta a reintegrare il patrimonio sociale in conseguenza del suo depauperamento cagionato dagli effetti dannosi provocati dalle condotte (dolose o colpose) degli amministratori, poste in essere in violazione degli obblighi su di loro gravanti in forza della legge e delle previsioni dell’atto costitutivo ovvero dell’obbligo generale di vigilanza o dell’altrettanto generale obbligo di intervento preventivo e successivo. In tale contesto per gli amministratori di una società a responsabilità limitata, al pari di quelli delle società per azioni, è richiesta non la generica diligenza del mandatario, cioè quella tipizzata nella figura dell’uomo medio, ma quella desumibile in relazione alla natura dell’incarico ed alle specifiche competenze, cioè quella speciale diligenza prevista dall’art. 1176, 2° comma, c.c. per il professionista.

La natura contrattuale della responsabilità degli amministratori e dei sindaci verso la società comporta che questa ha soltanto l’onere di dimostrare la sussistenza delle violazioni ed il nesso di causalità fra queste ed il danno verificatosi, mentre incombe sugli amministratori ed i sindaci l’onere di dimostrare la non imputabilità a sé del fatto dannoso, fornendo la prova positiva, con riferimento agli addebiti contestati, dell’osservanza dei doveri e dell’adempimento degli obblighi loro imposti (Cass. civ. Sez. 1, Sent. n. 22911 del 11/11/2010).

Invero, merita di essere evidenziato che spetta all’attore l’onere dell’allegazione e della prova, sia pure mediante presunzioni, dell’esistenza di un danno concreto, cioè del depauperamento del patrimonio sociale e della riconducibilità della lesione al fatto dell’amministratore inadempiente, quand’anche cessato dall’incarico.

In ciò appunto consiste il danno risarcibile, che è un quid pluris rispetto alla condotta asseritamente inadempiente e, in difetto di tale allegazione e prova, la domanda risarcitoria mancherebbe, infatti, di oggetto (cfr. Cass. civ., sez. III, 18 marzo 2005, n. 5960 secondo la quale sia nell’ipotesi di responsabilità extracontrattuale, sia in quella di responsabilità contrattuale, spetta al danneggiato fornire la prova dell’esistenza del danno lamentato e della sua riconducibilità al fatto del debitore).

Con riguardo alle condotte contestate veniva posto al CTU il seguente quesito:
“sulla base dei soli atti di causa valuti la congruità dei compensi di cui ai punti 8 e 9 della sentenza definitiva prendendo come riferimento e quantificando i valori ordinari di detti compensi all’epoca della liquidazione, tenendo conto delle circostanze concrete di espletamento degli incarichi desumibili ex actis”.

Il punto 8) della citata Sentenza fa riferimento ai compensi pagati allo RAGIONE_SOCIALE ha infatti versato allo studio le seguenti somme:- euro 105.000 + iva, da fattura n. 114 del 21/05/2009 (doc. 17 allegato all’atto di citazione del giudizio di primo grado), saldato dalla con assegno Banca delle Marche n. di euro 126.000,00 addebitato con valuta 26/05/2009 (doc. 16) + – euro 3.825,51 + iva, da fattura n. 144 del 30/06/2008 (doc. 23), avente ad oggetto “compenso per consulenza aziendale e societaria relativa al primo semestre 2008”. In particolare la fattura n. 114/2009 reca la seguente descrizione:
consulenza aziendale svolta nel periodo 01/04/2008 – 31/12/2008, con la specifica:
1) predisposizione budget 2008 e 2009;
2) redazione bilanci mensili di verifica ed analisi degli scostamenti;
3) analisi dell’efficienza produttiva e verifica della redditività della gestione;
4) analisi finanziaria, predisposizione del relativo piano per l’anno 2008 e controllo degli oneri finanziari”.

Il CTU ha esaminato quanto effettuato dalla studio professionale nello svolgimento dell’incarico, in particolare la Relazione di stima ex art. 2465 c.c. della ditta , lo studio di fattibilità e stima per il conferimento di beni in natura datato 1.03.2008, il Progetto e piano del budget del 01/02/2008;

il CTU ha constatato che lo studio di fattibilità non fa alcun cenno ai criteri adottati per la scelta dei dati inseriti nel budget e, soprattutto, alla documentazione aziendale e contabile esaminata al fine di prevedere – per ciascun mese – i ricavi, gli acquisti, i servizi, i crediti verso clienti, i debiti verso fornitori, i debiti tributari etc.;
lo studio professionale ha fornito comunicazione periodiche sull’analisi di scostamenti ma non ha fornito indicazioni scritte circa opportune strategie aziendali, né risulta provato che dette indicazioni siano state fornite, atteso che non vi è alcun verbale di riunione fra l’A.U. della e i consulenti incaricati.

Per quanto riguarda l’elaborazione dei dati di bilancio, lo studio ha prodotto tabelle corredate di grafici ed istogrammi, che tuttavia non sono accompagnati da note illustrative o commenti che spieghino degli scostamenti rilevati, le scelte organizzative prospettate alla luce dei risultati dello studio.

Per quanto riguarda i compensi pagati, il CTU si è basato sulle tariffe professionali per i dottori commercialisti previste dal DPR 10 ottobre 1994 n.645, e, sulla base delle attività descritte in fattura, ha ritenuto applicabile l’art. 54 della tariffa, considerando come valore della pratica quello di euro 750.215, pari al patrimonio netto dell’azienda al 31/12/2008 (come da perizia giurata del 28/03/2008, ha indicato per gli esercizi 2008 e 2009 l’onorario minimo medio e massimo in euro 7.502,00, euro 18.754,00 ed euro 30.009,00. Per quanto riguarda l’attività di “valutazione di aziende, rami di azienda e patrimoni”, il compenso è stato determinato ex art. 31 lett. c per l’attivo risultante dalla perizia di stima è di euro 1.806.644,20 e il passivo è di 1.056.429,20, applicando le percentuali sul totale di euro 2.863.073 si ottiene un onorario di euro 10.610;

il CTU ha chiarito che l’onorario ex art. 31 lett. c, deve essere decurtato dell’importo di euro 1.912,76 pari al 50% della fattura n. 144/2009 già corrisposta dalla riferita alla consulenza aziendale e societaria del primo semestre 2008.

Lo studio professionale risulta essere stato pagato anche per la prestazione di “consulenza economica e finanziaria” di cui all’art. 53 della tariffa professionale, con un compenso fisso e con compensi mensili;
tuttavia il CTU ha osservato che l’attività in concreto prestata non si avvicina a quella, ben più ampia, prevista dall’art. 53, che peraltro non comprende compensi mensili, mentre va rapportata all’art. 54.

Ritiene il Collegio pertanto che, non emergendo elementi di particolare apprezzabilità nell’incarico svolto dallo studio professionale, il compenso congruo debba determinarsi nei valori medi:

compenso medio ex art.54 + compenso ex art. 31 lett. c – 50% fattura n.144/2009 = euro 27.453,00.
tema di responsabilità dell’amministratore per i danni cagionati alla società amministrata, il principio della insindacabilità del merito delle scelte di gestione (cd. business judgement rule), le quali possono eventualmente rilevare come giusta causa di revoca dell’amministratore, ma non come fonte di responsabilità contrattuale nei confronti della società, non si applica in presenza di irragionevolezza, imprudenza o arbitrarietà palese dell’iniziativa economica (cfr. Cass. 6 febbraio 2023, n. 3552;
Cass. 19 gennaio 2023, n. 1678; Cass. 21 dicembre 2022, n. 37440; Cass. 16 dicembre 2020, n. 28718; Cass. 22 ottobre 2020, n. 23171;
Cass. 22 giugno 2017, n. 15470; Cass. 12 febbraio 2013, n. 3409; Cass. 28 aprile 1997, n. 3652).

Non è esimente della responsabilità la circostanza, dedotta dall’appellato, che il compenso per l’attività professionale svolta dallo studio sia stata concordemente e previamente pattuito tra le parti con la lettera di incarico del 3/12/2007 Certamente non può essere imputato al il conferimento dell’incarico professionale allo studio atteso che una tale decisione gestionale attiene alla discrezionalità imprenditoriale;

tuttavia l’appellato va ritenuto responsabile ai sensi dell’art. 2476 comma 3 c.c., costituendo una grave irregolarità nella gestione societaria avere omesso le necessarie cautele, verifiche e controlli, circa l’attività effettivamente svolta dallo studio incaricato, circa il rispetto della diligenza qualificata da parte dei professionisti incaricati, e circa la congruità del compenso professionale pagato, atteso il rilevate scostamento fra quanto corrisposto per una durata dell’incarico di circa 8 mesi per euro 108.435,37 oltre IVA, pari a più del triplo del compenso professionale accertato come congruo, a seguito di apposita consulenza, in euro 27.453,00; il danno va quindi determinato nella differenza, pari ad euro 81.000,37 oltre IVA, oltre interessi legali sulla somma anno per anno rivalutata secondo gli indici Istat vita dalla data degli esborsi (26/05/2009 con riguardo al pagamento di 126.000,00 della prima fattura) al saldo.

La seconda condotta addebita al riguarda il compenso per l’attività di amministratore nell’anno 2009, corrisposto nella misura di euro 68.295,00 lordi (euro 40.904,84 netti), come da certificazione rilasciata a maggio 2009 dalla sig. (doc. 27) e riferita al periodo gennaio – maggio 2009;
risulta infatti avere deliberato con assemblea ordinaria del 20/01/2009 un compenso mensile di euro 20.000 lordi omnicomprensivo a favore dell’A.U. (doc.24);
va inoltre osservato che la delibera societaria risulta essere stata adottata dal all’epoca socio unico di nell’esercizio 2009 ha ricoperto la carica di amministratore unico fino alla cessione della sua quota sociale a (atto del 27/05/2009), sicchè dal 03/06/2009 veniva nominato A.U. Il CTU ha valutato la congruità del detto compenso, comparandolo con i risultati dell’esercizio 2009 e segnatamente con i ricavi pari ad euro 2.316.765,00, e con l’utile di esercizio, pari ad euro 75.075,00:
orbene, il compenso incamerato rappresenta il 10,36% dei ricavi e il 300,20% degli utili.

Per la medesima attività l’ amministratore succeduto nella carica ha ricevuto un compenso di €. 2.500,00 lordi mensili (doc. 26 fascicolo parte appellante).

L’appellato, sul quale grava il relativo onere probatorio, non ha offerto alcun elemento di prova circa l’impegno profuso quale amministratore, allegando e dimostrando effettive prestazioni gestorie della (ad esempio, dimostrando orari di lavoro, incontri con lavoratori e rappresentanze sindacali, con clienti e fornitori, con i professionisti incaricati ecc.).

Ciò posto, ritiene la Corte distrettuale che costituisca grave irregolarità amministrativa l’adozione della deliberazione determinazione del compenso dell’amministratore unico con il solo voto di quest’ultimo nella sua contestuale qualità di socio, rilevante ai fini del disposto di cui all’art. 2476, comma 3, c.c., ove il compenso sia fissato in misura irragionevole – valutato in base al fatturato Papossa concretamente rapportare all’impegno profuso per la gestione della società;

né ha dimostrato che l’esercizio della carica abbia portato la società a risultati di gestione particolarmente rilevanti rispetto precedenti esercizi.

E’ infatti indubbio che l’avere percepito quale amministratore della un compenso sproporzionato ed irragionevole, ove rapportato al fatturato ed alla dimensione economica e finanziaria dell’impresa, per contro non giustificato da un particolare impegno per la gestione della società o da rilevanti e comprovati risultati di esercizio, costituisce condotta distrattiva del patrimonio sociale.

L’irragionevole e sproporzionata misura del compenso che il quale socio unico della ha riconosciuto a se stesso quale amministratore unico della società, è dimostrata grazie al confronto col compenso mensile riconosciuto a chi lo ha seguito nel medesimo compito, atteso che per cinque mesi di attività il ricevuto come compenso €.
68.295,00 al lordo, pari ad oltre 5 volte il compenso congruo di €.
12.500,00 al lordo per un periodo corrispondente, determinato prendendo come parametro di riferimento l’importo riconosciuto al successore Il danno va quindi determinato nella differenza fra il compenso loro percepito e l’indicato compenso congruo, differenza pari ad €. 55.795,00
oltre interessi legali sulla somma anno per anno rivalutata secondo gli indici Istat vita dalla data dell’ esborso al saldo.

In conclusione l’appello va accolto e per l’effetto, ritenuta la responsabilità di per le condotte sopra illustrate quale amministratore di va condannato in favore di al risarcimento del danno quantificato in €. 81.000,37 oltre IVA, oltre interessi legali sulla somma anno per anno rivalutata secondo gli indici Istat vita dalla data degli esborsi al saldo ed in €. 55.795,00
oltre interessi legali sulla somma anno per anno rivalutata secondo gli indici

La condanna alle spese di lite del doppio grado va comminata a carico dell’appellato in ragione della soccombenza e del principio di causalità, nei confronti della parte appellante costituita.

LA CORTE
DI APPELLO DI ANCONA, definitivamente pronunziando sull’appello proposto contro avverso la sentenza in epigrafe così provvede:
1) Accoglie l’appello e per l’effetto, in riforma della sentenza gravata, 2) condanna al pagamento in favore di della somme di €.
81.000,37 oltre IVA, oltre interessi legali sulla somma anno per anno rivalutata secondo gli indici Istat vita dalla data degli esborsi al saldo ed in €. 55.795,00 oltre interessi legali sulla somma anno per anno rivalutata secondo gli indici Istat vita dalla data dell’ esborso al saldo;
3) Condanna al pagamento in favore di delle spese di lite del doppio grado che liquida per il primo grado in €.
2.552,00 per la fase di studio €.
1.628,00 per la fase introduttiva €.
5,670,00 per la fase istruttoria €.
4.253,00 per la fase decisionale, per il secondo grado in €.
2.977,00 per la fase di studio, €.
1.911,00 per la fase introduttiva, €.
4326,00 per la fase istruttoria €.
5,103,00 per la fase decisionale oltre rimborso forfettario nella misura massima, iva e cap come per legge;
pone definitivamente a carico le spese di consulenza come liquidate con separato decreto.
Così deciso in Ancona nella camera di consiglio telematica del 5.06.2024 Il Presidente est. (Dott.ssa NOME COGNOME […

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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Carmine Paul Alexander TEDESCO - Avvocato
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