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Codice Penale

Responsabilità dell’assicurazione per l’appropriazione indebita del premio da parte dell’agente

La sentenza chiarisce che, in caso di appropriazione indebita del premio assicurativo da parte dell’agente, il cliente, per ottenere il risarcimento del danno dalla compagnia assicurativa, ha l’onere di provare l’effettivo affidamento del denaro all’agente. La quietanza di pagamento rilasciata dall’agente ha valore di confessione stragiudiziale e non costituisce prova legale nei confronti della compagnia assicurativa.

Pubblicato il 20 June 2024 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile, Procedura Civile

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

La Corte di Appello di Napoli, Settima Sezione civile, composta dai magistrati:
Dott.ssa NOME COGNOME Presidente Dott. NOME COGNOME Consigliere Dott.ssa NOME COGNOME Consigliere rel.
ed est. riunito in camera di consiglio, ha pronunziato la seguente

SENTENZA N._2591_2024_- N._R.G._00004197_2016 DEL_10_06_2024 PUBBLICATA_IL_11_06_2024

nella causa civile di secondo grado iscritta al n. 4197/2016 R.G., vertente TRA , C.F:
, rappresentato e difeso dall’Avv. COGNOME C.F: , in virtù di mandato in atti;
Appellante , in persona del legale rappresentante p.t., C.F.: , rappresentata e difesa dagli Avv.ti NOME COGNOME (cod. fisc.
, NOME COGNOME (cod. fisc.) e NOME COGNOME (cod. fisc.)
, in virtù di mandato in atti;
Appellato

NONCHE’ Appellato Contumace C.F. C.F. C.F. C.F. C.F. :
come da note scritte depositate telematicamente dalle parti costituite per la trattazione dell’udienza in forma alternativa scritta del 29/02/2024

FATTO E DIRITTO

Con ricorso depositato in data 18.05.2011 chiedeva al Tribunale di Sant’Angelo dei Lombardi di ingiungere all’ , in persona del legale rappresentante p.t. , il pagamento della somma di euro 5.052,54, oltre interessi e spese della procedura monitoria.

A sostegno della domanda il ricorrente deduceva:

-di aver stipulato con nella qualità di responsabile dell’agenzia assicurativa di , poi confluita in , la polizza assicurativa n. a premio unico, dell’importo di lire 10.000.000 (euro 5.164,56);
-che il pagamento del premio avveniva a mezzo assegno bancario ma la polizza veniva attivata da per il minor importo di lire 2.500.000 (euro 1.291,14).

Il ricorrente invocava la responsabilità oggettiva dell’ ai sensi dell’art 2049 c.c e chiedeva ingiungersi alla predetta società il pagamento della differenza tra l’importo versato e l’importo per il quale la polizza veniva effettivamente attivata.

L’adito Tribunale concedeva il decreto ingiuntivo recante n. 76/2011 per la somma di euro 5052,54, oltre interessi e spese della procedura.

proponeva opposizione avverso il predetto decreto ingiuntivo e ne chiedeva la revoca, eccependo la prescrizione ex art 2947 c.c. del diritto alla restituzione della somma di cui all’ingiunzione e deducendo l’infondatezza della pretesa creditoria azionata dalla controparte.

In subordine, chiedeva la condanna di , previa autorizzazione alla chiamata in garanzia, a manlevare la società da una pronuncia alla stessa sfavorevole.

L’opposto si costituiva in giudizio, spiegando le seguenti conclusioni:
“1) rigettare l’opposizione proposta da avverso il D.I. n. 76/2011 emesso dal Tribunale al pagamento delle spese di lite per entrambi i gradi di giudizio, oltre RF ed accessori di legge, con attribuzione allo scrivente difensore che le ha anticipate”.

Non si costituiva il chiamato , benché regolarmente evocato in giudizio.

Con sentenza n. 89/2016, pubblicata in data 21.03.2016, il Tribunale di Avellino così provvedeva:
“revoca l’opposto decreto;
rigetta la domanda di e dichiara integralmente compensate tra le parti le spese di lite”.
proponeva appello avverso la predetta sentenza, notificando l’atto di gravame in data 15.09.2016.

Con un unico motivo di appello, rubricato “violazione e falsa applicazione degli artt 2935 e 2947 c.c.”, l’appellante assumeva che erroneamente il primo giudice avrebbe accolto l’eccezione di prescrizione sollevata dall’opponente, dal momento che il dies a quo per il computo della prescrizione non poteva essere collocato al tempo del fatto asseritamente appropriativo, ma al momento in cui il danno sarebbe divenuto oggettivamente riconoscibile e percepibile al titolare della situazione giuridica soggettiva lesa.

Deduceva, sul punto, di essere venuto a conoscenza, tra la fine del 2009 e l’inizio del 2010, che era stato sostituito nella conduzione dell’Agenzia di perché aveva truffato una moltitudine di suoi clienti, tra i quali l’attore e la moglie.

Aggiungeva di aver avanzato una richiesta di rendiconto del patrimonio gestito alla che, nella risposta del 07.01.2010, aveva comunicato che la polizza vita per cui è causa era stata stipulata per un premio di euro 1291,14 e non per l’importo effettivamente versato di vecchie lire 10.000.000.

L’appellante concludeva chiedendo all’adita Corte di rigettare l’opposizione avverso il decreto ingiuntivo opposto con condanna dell’appellata società al pagamento delle spese del doppio grado di giudizio.

Instauratosi il contraddittorio, si costituiva l’ chiedendo:

“1) respingere l’appello proposto da avverso la ’eccezione di prescrizione, respingere in ogni caso le domande formulate da perché infondate.
3) Condannare l’appellante al pagamento, a favore di dei compensi professionali, nonché delle spese documentate e di quelle forfettarie (15% delle spese generali), oltre oneri e accessori (IVA-CPA)”.

Non si costituiva in giudizio , nonostante la ritualità della notifica dell’atto di citazione nei suoi confronti con conseguente sua contumacia volontaria anche in secondo grado.

All’udienza del 29 febbraio 2024, sostituita mediante deposito di note scritte ex art 127 ter, la causa veniva trattenuta in decisione, con assegnazione alle parti dei termini, rispettivamente, di 60 e 20 giorni (con decorrenza dal 1 marzo 2024) per il deposito di comparse conclusionali ed eventuali repliche.

L’appello è infondato e, pertanto, va rigettato con la correzione motivazione di seguito esplicitata rispetto alla sentenza appellata.
Innanzitutto, deve ritenersi che il dies a quo della prescrizione del diritto al risarcimento del danno azionato dall’odierno appellante decorra, non automaticamente dal momento dell’asserita appropriazione di parte del denaro versato per l’accensione della polizza a premio unico, ma dal momento in cui si concreta la manifestazione oggettiva del danno divenendo obiettivamente percepibile e riconoscibile da chi ha interesse a farlo valere.

In altri termini, per l’individuazione del momento iniziale di decorrenza del termine prescrizionale, rileva l’esistenza di un danno risarcibile e il suo manifestarsi all’esterno come percepibile dal danneggiato alla stregua della diligenza da quest’ultimo esigibile ai sensi dell’art. 1176 c.c.,

in base a un accertamento di fatto sulla base di tutte le circostanze del caso concreto (cfr, Cass, 12/06/2023, n.1663) Risulta erronea la sentenza gravata nella parte in cui il primo giudice ha ritenuto maturata la prescrizione del diritto al risarcimento con decorrenza iniziale del termine prescrizionale dal riferito impossessamento, nel 1999, da parte del per il suo della nota datata 7.01.2010, in atti (all.

3 in produzione del ricorrente in monitorio), con la quale , in risposta alla richiesta di rendiconto del 5.01.2010 (All 2 in produzione del ricorrente in monitorio), indicava l’importo liquidabile per il riscatto relativo alla polizza de qua con decorrenza dal 12.08.1999 per un ammontare dei premi versati pari ad euro 1291,14.

Né poteva pretendersi dall’ il compimento di preventive apposite indagini volte ad accertare l’effettiva destinazione dell’intera somma di denaro, che sarebbe stata versata al in pagamento del premio unico, dal momento che la polizza sottoscritta dall’ riportava l’indicazione del “totale premio di perfezionamento: lire 10.000.000” e la quietanza in calce del per la stessa somma.

Ciò posto, il termine iniziale di prescrizione della domanda risarcitoria deve ritenersi decorrente non dal momento del descritto evento appropriativo da parte dell’agente assicurativo, bensì dal momento in cui il danno è divenuto oggettivamente percepibile da parte del medesimo danneggiato, ossia, nella specie, dalla comunicazione all’ della suddetta nota del 07.01.2010 relativa al rendimento della polizza medesima.

Ne consegue che dalla predetta data a quella di notifica del decreto ingiuntivo ad istanza di non risulta compiutasi la prescrizione del diritto azionato in giudizio.

Sgomberato il campo dalla questione preliminare di merito attinente alla prescrizione del diritto risarcitorio, occorre esaminare la vicenda controversa sotto il profilo della prova della asserita corresponsione al della somma di vecchie lire 10.000.000 in luogo di quella minore, pari a euro 1.291,14, risultante impiegata per la stipula della polizza vita n

Al riguardo, va osservato che il cliente, al fine di ottenere la condanna della società affidato il proprio denaro per l’effettuazione di attività rientranti apparentemente, secondo un criterio di normale affidamento in buona fede, nel campo di operatività del rapporto tra preponente e preposto.

Stando così le cose, l’appellante è tenuto a dimostrare l’effettivo affidamento all’agente della somma indicata di vecchie lire 10.000.000 per l’attivazione della polizza assicurativa n. . (in tal senso: Cass. civ., Sez. III, Ord. , 26/06/2019, n. 17060).

Sulla base delle complessive acquisizioni processuali detta prova non può considerarsi raggiunta nel presente giudizio con conseguente conferma della sentenza di primo grado di rigetto della domanda risarcitoria.

In ordine alla quietanza, con sottoscrizione dell’agente in data 20.08.1999, apposta in calce alla citata polizza di assicurazione sulla vita, si rileva che essa reca la seguente dicitura “Attesto l’autenticità delle firme che precedono e dichiaro, altresì, di aver incassato il premio di perfezionamento di l. 10.000.000”.

Tuttavia, tale quietanza non costituisce prova, nei confronti dell’ dell’effettivo pagamento, da parte dell’ , del premio riferibile alla polizza in oggetto.

Secondo costante indirizzo giurisprudenziale, la quietanza fa piena prova dell’avvenuta ricezione, da parte dell’accipens, di un determinato pagamento e costituisce, “fra le parti” cioè tra autore e destinatario della dichiarazione di scienza), confessione stragiudiziale (Cass 28.02.2023 n. 5945).

Deve precisarsi che la piena prova riguarda solo i rapporti tra il solvens e l’accipiens, mentre nei confronti della società preponente le quietanze assumono una valenza meramente indiziaria.

L’onere della prova, che grava sul cliente, dell’illecita appropriazione del denaro consegnato al preposto ai fini dell’investimento varia nella prospettiva della responsabilità del preposto e del preponente.

Nei confronti di quest’ultimo non può, infatti, ritenersi rilevante nè una /06/2019, n. 17060; Cass Sez. I, 14/12/2018, n. 32514; cfr.
anche, quanto alla quietanza di pagamento rilasciata dall’agente e costituente confessione stragiudiziale, come tale sottoposta agli stessi limiti della confessione giudiziale, nel senso che non può acquisire il valore di prova legale nei confronti di un terzo, ossia della compagnia di assicurazioni, Cass. civ., Sez. III, Ord. , 08/10/2019, n. 2503; Cass. civ., Sez. I, 14/12/2018, n. 32514, secondo cui nel giudizio di risarcimento promosso dal cliente nei confronti dell’intermediario finanziario per i danni arrecati dal promotore finanziario infedele, l’intermediario assume la posizione di terzo rispetto al promotore autore dell’illecito, con la conseguenza che la dichiarazione del promotore sulla ricezione del denaro da parte dell’investitore ha una valenza meramente indiziaria e può essere liberamente contestata dall’intermediario).

Del resto, la contumacia del è un fatto processuale che non introduce deroghe al principio dell’onere della prova, perché non può assumere alcun significato di arricchimento del quadro probatorio in favore della domanda dell’odierno appellante (cfr Cass 24.03.2023 n 14372, secondo cui alla contumacia del convenuto non può riconnettersi la mancata contestazione dei fatti allegati dall’attore, dal momento che la non negazione fondata sulla volontà della parte non può presumersi per il solo fatto del non essersi la stessa costituita in giudizio; Cass., 21.11.2014, n. 24885, secondo cui alla contumacia, quale comportamento neutrale, non può essere attribuita valenza confessoria).

Nel caso di specie, la prova del pagamento della somma di lire 10.000.000 non può trarsi dalla sola quietanza sottoscritta dal poiché mancano ulteriori idonei elementi istruttori a supporto della prospettazione dell’odierno appellante.

Più precisamente, occorre osservare che la quietanza de qua, del seguente tenore “dichiaro di aver incassato il premio di perfezionamento di L. 10.000.000 in data 20.08.1999”, non fa alcun riferimento al pagamento della somma tramite assegno, mentre l’ ha dedotto di aver corrisposto il premio tramite assegno di pari importo.

Inoltre, detto assegno non è mai stato prodotto in giudizio neanche in copia in monitorio) che non ha alcuna valenza probatoria per la sua predisposizione unilaterale e generica e non ricollegabile di per sé alla vicenda per cui è causa.

Deve rimarcarsi che non emerge alcun collegamento obiettivo tra l’assegno sopra citato con e con specifico riferimento alla polizza per cui è causa.

Né la prova del pagamento della somma in questione può desumersi dai procedimenti penali a carico del non risultando prodotti gli atti processuali e, in particolare, le eventuali prove raccolte o i provvedimenti adottati in sede penale.

Infine, occorre evidenziare che nel presente giudizio non costituisce giudicato esterno la sentenza n. 1646/2021 della Corte di Appello di Napoli, che ha definito il giudizio n. 2399/2016 tra le stesse parti, in quanto avente ad oggetto altra polizza e, quindi, un ambito oggettivo diverso.

Le spese del presente grado di giudizio seguono la soccombenza dell’appellante e si liquidano in favore della società appellata come da dispositivo che segue, ai sensi del D.M. 55/2014 e successive modificazioni, avendo riguardo al valore della causa (scaglione da euro 1101 a euro 5200) e a un importo comunque compreso tra i minimi e i massimi tabellari (cfr. Cass. n. 89/21 :

«In tema di liquidazione delle spese processuali successiva al d.m. n. 55 del 2014, non trova fondamento normativo un vincolo alla determinazione secondo i valori medi ivi indicati, dovendo il giudice solo quantificare il compenso tra il minimo ed il massimo delle tariffe, a loro volta derogabili con apposita motivazione, la quale è doverosa allorquando si decida di aumentare o diminuire ulteriormente gli importi, affinché siano controllabili le ragioni che giustificano lo scostamento e la misura di questo»).

Nulla va disposto sulle spese nei confronti di , stante la contumacia della predetta parte.

Ricorrono i presupposti per il versamento, a carico dell’appellante, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato ex art. 13, comma 1quater T.U. n. 115/02, come modificato dall’art. 1, comma 17 L. 228/2012.

Corte di Appello di Napoli – Settima sezione civile – definitivamente pronunciando nel giudizio di appello in epigrafe indicato, così provvede:

A) Rigetta l’appello e, per l’effetto, conferma la sentenza appellata;
B) Condanna l’appellante al pagamento, in favore della società appellata, delle spese del presente giudizio di appello, che si liquidano in € 1.458,00 per compensi professionali, oltre il rimborso per spese generali al 15% sui compensi, Iva e Cpa se dovute come per legge;
C) Nulla sulle spese nei confronti dell’appellato contumace D) Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte dell’appellante, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l’impugnazione, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.

Alla cancelleria per gli adempimenti Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del 23.05.2024 Il Consigliere estensore Il Presidente dr.ssa NOME COGNOME dr.ssa NOME COGNOME

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