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Codice Civile
Codice Penale

Responsabilità medica, rigetto risarcimento per decesso

In tema di responsabilità medica, il paziente deve dimostrare il nesso causale tra la condotta del medico e il danno subito. Nel caso di specie, non essendo stato possibile dimostrare tale nesso causale, la domanda di risarcimento è stata rigettata.

Pubblicato il 04 October 2024 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile

R.G. N. 4248/2023
TRIBUNALE ORDINARIO DI COMO SEZIONE SECONDA CIVILE VERBALE D’UDIENZA
Successivamente all’udienza del 10/09/2024, sono presenti:
per , l’avv. NOME COGNOME
per , l’avv. NOME COGNOME.
L’Avv. COGNOME si riporta all’atto introduttivo e alle note conclusive, insistendo per l’accoglimento delle proprie conclusioni e chiedendo che la causa sia rimessa in istruttoria per un supplemento di CTU, stanti le gravi incongruenze dell’elaborato peritale svolto in fase di ATP, già evidenziate nei propri scritti difensivi, nella relazione tecnica di parte e alla scorsa udienza.
L’Avv. COGNOME precisa le conclusioni e discute oralmente la causa riportandosi alle note conclusive e ai precedenti scritti difensivi ed opponendosi ad una rimessione della causa in istruttoria, già valutata come superflua dal giudice all’esito della scorsa udienza.
Chiede liquidarsi le spese legali come da apposita nota spese, anche per la fase di ATP.
Il giudice Si ritira in camera di consiglio e, all’esito, provvede come da separata sentenza che costituisce parte integrante del verbale di udienza.
Il giudice dott. NOME COGNOME R.G. N. 4248/2023

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE ORDINARIO DI COMO SEZIONE SECONDA CIVILE
Il Tribunale in composizione monocratica, in persona del giudice dott. NOME COGNOME ha emesso ai sensi dell’art. 281-sexies c.p.c. la seguente

SENTENZA N._985_2024_- N._R.G._00004248_2023 DEL_10_09_2024 PUBBLICATA_IL_10_09_2024

nella causa civile di primo grado iscritta al R.G. N. 4248/2023, all’esito di discussione orale avvenuta all’udienza del 10 settembre 2024, vertente TRA (C.F. (C.F. (C.F. (C.F. (C.F. (C.F. elettivamente domiciliati in Milano, INDIRIZZO presso lo studio dell’avv. NOME COGNOME che li rappresenta e difende come da procura allegata al ricorso ex art. 281-decies c.p.c.;
RAGIONE_SOCIALE – (P.IVA , in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Milano, INDIRIZZO presso lo studio dell’avv. NOME COGNOME che la rappresenta e difende come da procura allegata alla comparsa di costituzione e risposta;
– Convenuta –

Conclusioni delle parti:
C.F. C.F. C.F. C.F. C.F. C.F. Per gli attori:
“Piaccia l’Ill.mo Giudice adito, contrariis rejectiis, così giudicare In via principale nel merito:
Accertare e dichiarare la condotta colpevole dei sanitari operanti nella struttura sanitaria RAGIONE_SOCIALE Lariana in relazione alla prestazione resa in data 09.11.2019 in favore della Sig.ra Accertare e dichiarare la sussistenza del nesso di causalità tra la condotta colpevole dei sanitari della sanitaria RAGIONE_SOCIALE Lariana ed il decesso della Sig.ra Sig.ra ;
Accertare il danno non patrimoniale occorso alla Sig.ra in ragione della condotta colpevole del sanitari della struttura sanitaria – , da quantificarsi in € 100.000,00 per danno morale ed € 745,00 per danno biologico, od in altra somma da quantificarsi in via equitativa, oltre interessi ex art 1284 comma IV C.c. e rivalutazione monetaria dal 13.11.2019 al pagamento;
Accertare il danno non patrimoniale occorso ai prossimi congiunti in ragione della perdita del rapporto parentale da quantificarsi come segue:
€ 252.375,37 per il Sig. coniuge convivente, in considerazione dell’età della vittima ( 58 anni) e dell’età del congiunto ( 58 anni), della convivenza, dei familiari conviventi superstiti ( oltre 3) e dell’intensità del rapporto affettivo ( punti 20) o nella maggior o minor somma ritenuta equa in corso di causa, oltre interessi ex art 1284 comma IV C.c. e rivalutazione monetaria dalla data del decesso sino al soddisfo;
€ 272.565,01 per figlia convivente, in considerazione dell’età della vittima ( 58 anni) e del congiunto ( 24 anni), nonché dei familiari superstiti ( oltre 3), della convivenza e dell’intensità del legame affettivo ( punti 20) o nella maggior o minor somma ritenuta equa in corso di causa, oltre interessi ex art 1284 comma IV C.c. e rivalutazione monetaria dalla data del decesso sino al soddisfo;
€ 272.565,01 per figlio convivente, in considerazione dell’età della vittima ( 58 anni) e del congiunto leso ( 22 anni), nonché dei familiari superstiti ( oltre 3), della convivenza e dell’intensità del legame affettivo ( punti 15) o nella maggior o minor somma ritenuta equa in corso di causa, oltre interessi ex art 1284 comma IV C.c. e rivalutazione monetaria dalla data del decesso sino al soddisfo;
€ 208.630,00 per NOME figlia non convivente, in considerazione dell’età della vittima ( 58 anni) dell’età del congiunto leso ( 46 anni) nonché dei familiari superstiti ( oltre 3) e dell’intensità del legame affettivo ( punti 15) o nella maggior o minor somma ritenuta equa in corso di causa, oltre interessi ex art 1284 comma IV C.c. e rivalutazione monetaria dalla data del decesso sino al soddisfo;
€ 215.360,00 per , figlio non convivente, in Pers Parte considerazione dell’età della vittima ( 58 anni), dell’età del congiunto leso ( 36 anni), dell’intensità del legame affettivo ( punti 15) nonché dei familiari o nella maggior o minor somma ritenuta equa in corso di causa, oltre interessi ex art 1284 comma IV C.c. e rivalutazione monetaria dalla data del decesso sino al soddisfo;
€ 269.200,00 per , figlio convivente, in considerazione dell’età della vittima (58 anni) dell’età del congiunto leso (38 anni), della convivenza, dell’intensità del legame affettivo ( punti 15) nonché dei familiari superstiti ( oltre 3) o nella maggior o minor somma ritenuta equa in corso di causa, oltre interessi ex art 1284 comma IV C.c. e rivalutazione monetaria dalla data del decesso sino al soddisfo.

Per l’effetto, condannare la struttura sanitaria la (P.IVA in persona del legale rappresentante pro tempore, con sede legale in Como, alla INDIRIZZO al risarcimento, in favore degli attori, dei danni non patrimoniali iure hereditatis quantificati in € 100.745,00 od in altra somma ritenuta equa, oltre interessi e rivalutazione monetaria dalla data del 13.11.2019 al soddisfo;

Per l’effetto, condannare la (P.IVA in persona del legale rappresentante pro tempore, con sede legale in Como, alla INDIRIZZO al risarcimento, in favore degli attori, dei danni non patrimoniali iure proprio, come sopra quantificati;

In via istruttoria:
Si chiede di ammettere prova per testi sui seguenti capitoli di prova:
1) “Vero che la Sig.ra dal 2015 al momento del decesso lavorava tutti i giorni presso il ristorante di famiglia denominato “ RAGIONE_SOCIALE INDIRIZZO” e sito in Faloppio” 2) “Vero che dal giugno 2015 al momento del decesso della Sig.ra Sigg.ri lavoravano insieme alla madre e moglie, nel ristorante di famiglia denominato “ INDIRIZZO” e sito in Faloppio” 3) “Vero che a seguito del decesso della Sig.ra i Sigg.ri decidevano di chiudere il ristorante di famiglia” 4) “Vero che la Sig.ra era solita andare a prendere i nipoti a scuola ed all’asilo tutti i giorni” 5) “Vero che dal 09.11.2019 al 13.11.2019 i Sigg.ri hanno assistito personalmente la madre negli ultimi giorni di vita” Si indicano come testimoni: domiciliato in Grandate, INDIRIZZO
, domiciliato in Grandate, INDIRIZZO. Si chiede sin d’ora l’acquisizione del fascicolo d’ufficio del procedimento ex art 696 bis cpc instaurato dai ricorrenti innanzi al Tribunale di Como, RG 4702/22.

Si chiede inoltre di revocare l’ordinanza di rimessione della causa in decisione, rimettendo la causa in istruttoria al fine di rinnovare e/o disporre consulenza tecnica d’ufficio volta ad accertare:
quale sia stata la causa biologica della morte della Sig.ra se la morte della Sig.ra sia, o meno, da porsi in nesso di casualità materiale con la condotta degli operatori sanitari, indicando il grado di probabilità del nesso causale;
se la prestazione resa dagli operatori sanitari comportasse, o meno, una speciale difficoltà;
se la prevedibile sopravvivenza del Sig.ra sia stata ridotta dalla condotta professionale inadeguata ed indichi, sulla base delle conoscenze statistiche e dello stadio della malattia al momento della prestazione d’opera, quale sarebbe stata la durata della vita del paziente in assenza dell’inadempienza professionale.
Con riserva di ulteriormente dedurre, produrre ed eccepire nei prefiggendi termini.

In ogni caso:
Con vittoria di spese e compensi”.

Per la convenuta:
“Conclusioni per la Voglia l’Ill.mo Tribunale adito, rigettata ogni diversa istanza, eccezione e deduzione, così giudicare:
NEL MERITO In via principale, respingere le domande formulate dai ricorrenti, poiché infondate in fatto e in diritto.
Con vittoria di spese e competenze di lite.
In via subordinata, limitare il risarcimento dovuto dalla ai ricorrenti a quanto ritenuto di giustizia”.

Oggetto: Responsabilità medica

RAGIONI DI FATTO

E DI DIRITTO DELLA DECISIONE 1. Con ricorso semplificato, ritualmente depositato in data 15.12.2023, adivano l’intestato Ufficio esponendo di essere, rispettivamente, il marito ed i figli di deceduta in data 13.11.2019 per uno shock cardiogeno da dissecazione aortica, non tempestivamente diagnosticato.

Rappresentavano infatti gli istanti che, in data 9.11.2019, alle ore 13:08 circa, quest’ultima si era recata al Pronto Soccorso del presidio ospedaliero di Como, gestito dalla parte convenuta, lamentando cefalea, algie agli arti superiori ed in regione dorso lombare da circa tre giorni, per poi essere dimessa il giorno stesso, alle ore 23:30, con la diagnosi di “stato influenzale, lieve flogoso polmonare”, prognosi di cinque giorni e la prescrizione di una terapia antibiotica ed antipiretica, accompagnata al consiglio di seguire una dieta in bianco e mantenere una buona idratazione.

Nei giorni immediatamente successivi, il suo stato di salute era tuttavia drasticamente peggiorato, tanto ciò vero che, in data 13.11.2019, dopo essere stata trasportata d’urgenza al Pronto Soccorso di , ove era stata sottoposta ai necessari esami ematici e strumentali, i sanitari avevano riscontrato nella paziente un abbondante versamento pericardico, con grave compromissione della funzionalità cardiaca, e, alle ore 19:50 circa, si era verificato il decesso, da ricondurre causalmente alla dissecazione aortica.

Premessa, quindi, la responsabilità degli operatori sanitari al momento del primo accesso al Pronto Soccorso dell’ di , per non avere gli stessi effettuato quegli esami (quali ECG, dosaggio degli enzimi cardiaci e della troponina, RX colonna e RX diretto addome, visita cardiologica ed ETG addome), che avrebbero consentito di diagnosticare per tempo la patologia, in ragione dei sintomi lamentati dalla paziente, per non avere gli stessi ripetuto gli esami ematici di routine, nonostante il campione di sangue si fosse emolizzato, per non avere i sanitari prescritto la terapia farmacologica idonea a correggere l’ipertensione (notroiderivati, betabloccanti o calcio antagonisti) ed infine per avere gli stessi colpevolmente ignorato gli esiti della RX torace, dalla quale era emersa “una sclerosi aortica ed un aumento dei diametri trasversi del cuore”, gli istanti avevano incardinato un giudizio di accertamento tecnico preventivo ex art. 696-bis c.p.c., innanzi a questo stesso Tribunale, le cui risultanze venivano fatte oggetto di censura da parte ricorrente.

Contestavano, in particolare, gli attori quanto rappresentato dal collegio peritale in ATP, ovvero che, al momento del primo accesso al pronto soccorso, la paziente non lamentasse un dolore toracico, giacché lo stesso va inteso come “qualsiasi dolore o senso di oppressione che si collochi sia anteriormente, tra la base del naso e l’ombelico, sia posteriormente, tra la nuca e la 12° vertebra e che non abbia causa traumatica o chiaramente identificabile”, con la conseguenza che i sanitari avrebbero, in ogni caso, dovuto eseguire quegli approfondimenti necessari ad una corretta diagnosi della patologia in atto.

Considerato quindi il danno da loro riportato, tanto iure proprio, quanto iure hereditatis, atteso che, tra l’errata diagnosi e il momento del decesso, era trascorso un lasso di tempo non trascurabile durante il quale la paziente aveva mantenuto piena lucidità e compreso appieno l’imminenza della propria morte, gli attori chiedevano la condanna dell’ previa rinnovazione delle operazioni di consulenza, al pagamento dei seguenti importi a titolo di risarcimento:
€ 100.000,00 per danno morale ed € 745,00 per danno biologico, riportati dalla stessa paziente deceduta e pervenuti agli attori iure hereditatis;
€ 252.375,37, per il danno da perdita del rapporto parentale subito dal coniuge € 272.565,01 ciascuno, per i due figli conviventi, € 208.630,00, per € 215.360,00, per il figlio ed € 269.200,00 per il figlio Il tutto, oltre interessi ex art. 1284, quarto comma, c.c. e rivalutazione monetaria.

Fissata l’udienza e notificato il ricorso, si costituiva tempestivamente in giudizio la struttura sanitaria convenuta contestando la fondatezza dell’avversa domanda di condanna.

Deduceva, in particolare, la che la paziente era stata correttamente gestita a seguito del suo accesso al Pronto Soccorso, alla luce dei sintomi da lei lamentati, tra i quali non rientrava il dolore toracico;
contestava inoltre la sussistenza del nesso di causalità tra il lamentato inadempimento e l’evento-morte giacché, quand’anche i sanitari avessero eseguito un ECG e il dosaggio della troponina, tali esami non avrebbero ragionevolmente condotto ad una diagnosi della dissecazione aortica, a meno che la patologia non avesse interessato il c.d. bulbo aortico, ipotesi poco probabile dal punto di vista epidemiologico.

Concludeva, quindi, per il rigetto delle avverse domande di condanna, contestando altresì le conseguenze lesive addotte dalla controparte, oltre ai presupposti per il riconoscimento degli interessi moratori di cui al quarto comma dell’art. 1284 c.c.

All’esito della prima udienza, ritenuta superflua la rinnovazione della CTU, la controversia veniva rinviata all’odierna udienza per la precisazione delle conclusioni con discussione orale ex art. 281-sexies c.p.c., esaurita la quale viene pronunciata la presente sentenza.

2.
Tanto esposto, la domanda attorea è infondata e merita di essere respinta.

Sul punto, preme innanzitutto rammentare che la responsabilità della struttura sanitaria convenuta può essere ricondotta al paradigma della responsabilità contrattuale, con tutto ciò che ne consegue in termini di onere di allegazione e della prova, solo rispetto alla domanda di risarcimento del danno avanzata dagli attori iure hereditatis, per la lesione dell’integrità fisica, subita dalla paziente, a seguito della presunta omessa diagnosi.

Va invece ricondotta al paradigma della responsabilità c.d. extracontrattuale la domanda di risarcimento del danno da perdita del rapporto parentale, avanzata dai prossimi congiunti della vittima primaria dell’illecito:
questo, anche nel contesto rappresentato dall’art. 7 legge n. 24 del 2017, che pure ha stabilito che “la struttura sanitaria o sociosanitaria pubblica o privata che, nell’adempimento della propria obbligazione, si avvalga dell’opera di esercenti la professione sanitaria, anche se scelti dal paziente e ancorché non dipendenti della struttura stessa, risponde, ai sensi degli artt. 1218 e 1228 c.c., delle loro condotte dolose o colpose”.

Va detto, infatti, che il rapporto contrattuale c.d. di spedalità o di assistenza terapeutica sul quale si fondano le obbligazioni a carico della struttura intercorre unicamente con il paziente, e non anche con i familiari di quest’ultimo;
né i parenti non rientrano nella limitata categoria dei terzi comunque protetti dal contratto, giacché l’efficacia protettiva del contratto concluso tra nosocomio e paziente ricorre unicamente ove l’interesse, del quale i terzi siano portatori, risulti anch’esso strettamente connesso a quello già regolato sul piano della programmazione negoziale, come accade nel ristretto campo delle prestazioni sanitarie afferenti alla procreazione (cfr. Cass., sez. III, 12 maggio 2023, cit.; nello stesso senso, v. anche Cass., sez. III, 9 luglio 2020, n. 14615;
Cass., sez. III, 7 aprile 2022, n. 11320).

A prescindere da ciò, va detto tuttavia che, indipendentemente dalla qualificazione giuridica della fattispecie, anche in caso di responsabilità contrattuale sanitaria, il danneggiato è tenuto a dimostrare, oltre all’esistenza del contratto e del danno subito, anche il rapporto eziologico tra i due, quale elemento costitutivo del suo diritto al risarcimento del danno ex art. 2697
c.c. (cfr. Cass., sez. III, 29 marzo 2022, n. 10050, così massimata:
“in tema di responsabilità contrattuale per inadempimento delle obbligazioni professionali (tra le quali si collocano quelle di responsabilità medica, anteriormente alla l. n. 24 del 2017), è onere del creditore- danneggiato provare, oltre alla fonte del suo credito (contratto o contatto sociale), il nesso di causalità, secondo il criterio del “più probabile che non”, tra la condotta del professionista e il danno lamentato, mentre spetta al professionista dimostrare, in alternativa all’esatto adempimento, l’impossibilità della prestazione derivante da causa non imputabile, provando che l’inesatto adempimento è stato determinato da un impedimento imprevedibile ed inevitabile, da intendersi nel senso oggettivo della sua inimputabilità all’agente”; nello stesso senso, v. anche Cass., sez. III, 11 novembre 2019, n. 28991; Cass., sez. III, 31 agosto 2020, n. 18102).

La causalità materiale, attinente al collegamento naturalistico tra fatti ed accertabile sulla base di cognizioni tecnico-scientifiche, va infatti tenuta ben distinta dalla dimensione soggettiva dell’imputazione, che deriva dall’inadempienza, nella responsabilità contrattuale, o dalla colpa o dal dolo in quella aquiliana.

Rispetto ad una serie di obbligazioni (segnatamente quelle di dare o di fare), l’eziologia non appare separabile dall’inadempimento, giacché quest’ultimo corrisponde alla lesione dell’interesse tutelato in contratto e, quindi, all’evento di danno:
in una simile eventualità, l’accertamento della causalità acquista rilevanza solo rispetto alla causalità c.d. giuridica, da intendersi cioè come forma di delimitazione del danno risarcibile attraverso il nesso eziologico fra evento di danno e danno conseguenza (art. 1223 c.c.).

A diverse conclusioni, si deve invece giungere tutte le volte in cui l’obbligazione si collochi sul piano del facere professionale, in cui l’interesse corrispondente alla prestazione appare strumentale rispetto all’interesse (primario) del creditore;
in tal caso, la prestazione oggetto dell’obbligazione non è infatti la guarigione dalla malattia o la vittoria della causa (che pure non corrispondono ad un elemento estrinseco rispetto al contratto d’opera professionale), ma il perseguimento delle leges artis nella cura dell’interesse del creditore.

Se ne ricava che la pura e semplice violazione delle regole di diligenza professionale non possiede un’intrinseca attitudine causale alla produzione dell’evento di danno, residuando la necessità di dimostrare, sul piano naturalistico, il collegamento causale tra la condotta materiale, integrante l’inadempimento, e la lesione dell’interesse primario tutelato.

Si è quindi persuasivamente concluso che “la causalità materiale nella disciplina delle obbligazioni non è soltanto causa di esonero da responsabilità per il debitore (art. 1218 c.c.), e perciò materia dell’onere probatorio di quest’ultimo, ma è nelle obbligazioni di diligenza professionale anche elemento costitutivo della fattispecie dedotta in giudizio ove risulti allegato il danno evento in termini di aggravamento della situazione patologica o di insorgenza di nuove patologie.

Il creditore di prestazione professionale che alleghi un evento di danno alla salute, non solo deve provare quest’ultimo e le conseguenze pregiudizievoli che ne siano derivate (c.d. causalità giuridica), ma deve provare anche, eventualmente avvalendosi di presunzioni, il nesso di causalità fra quell’evento e la condotta del professionista nella sua materialità, impregiudicata la natura di inadempienza di quella condotta, inadempienza che al creditore spetta solo di allegare”
(cfr. Cass., sez. III, 11 novembre 2019, cit.).

Solo allora, sorgerà l’onere per il debitore di dimostrare o il fatto estintivo rappresentato dall’adempimento, oppure che l’inadempimento sia stato determinato da un’impossibilità della prestazione per causa a lui non imputabile.

Tutto ciò chiarito, la domanda attorea non può essere accolta non essendovi prova né della colpa dei sanitari intervenuti al momento del primo accesso della paziente al Pronto Soccorso, né tantomeno della sussistenza del nesso di causalità tra i dedotti profili di colpa, riguardanti tutti l’omessa esecuzione di esami e di accertamenti ulteriori, e il successivo evento dannoso.

A tale riguardo, soccorrono gli accertamenti svolti dal collegio peritale in fase di ATP, dalle cui risultanze non vi è alcuna ragione per discostarsi.

Quanto al primo aspetto, i CTU hanno infatti persuasivamente osservato che, al momento dell’accesso in struttura, avvenuto in data 9.11.2019, la sintomatologica lamentata dalla era piuttosto aspecifica ed era integrata da “Algie diffuse agli arti superiori, dorso-lombari e cefalea da tre giorni.
Nega iperpiressia.
Ieri assunto OKI senza beneficio”.

Inoltre, “l’anamnesi patologia remota risultava muta ed all’ingresso la scala NRS era pari a 7/10;
all’esame obiettivo l’addome era trattabile e non dolente, il cuore e il torace nei limiti della norma e la signora si presentava lucida e collaborante, con una pressione arteriosa in posizione clinostatica di 180/80 mmHg e di 170/80 mmHg;
la frequenza cardiaca era pari a 92 bpm, la Saturazione di ossigeno a 96 aa e la scala GCS pari a 15” (cfr. CTU, pag. 17).

Pertanto, i sanitari avevano correttamente eseguito una radiografia del torace, che non aveva documentato alterazioni pleuro-parenchimali e aveva mostrato unicamente l’incremento dei diametri trasversi cardiaci ed una sclerosi aortica.

Erano stati quindi eseguiti esami ematici, quali emocromo, urea, creatinina, elettroliti (potassio non pervenuto), troponina (non pervenuta), e la Pers NOME ra stata dimessa, dopo poche ore, con diagnosi di stato influenzale, lieve flogosi polmonare e terapia con Tachipirina e Augmentin.

Non presentava, invece, la paziente alcun dolore toracico, con ciò intendendosi “quella sintomatologia di carattere doloroso che si presenta come una sensazione lancinante, bruciante, dolorante, acuta o simile a una pressione al petto”, che può anche irradiarsi o spostarsi in diverse altre aree del corpo (collo, braccio sinistro o destro, rachide cervicale, schiena e la parte superiore dell’addome) e che può essere associata anche ad altri sintomi tra cui nausea, vomito, vertigini, mancanza di respiro, ansia e sudorazione (cfr. CTU, pag. 20).

In mancanza di tali sintomi e considerate altresì le risultanze sia dell’esame obiettivo, che aveva escluso vizi valvolari in atto, in assenza di una riferita difficoltà respiratoria (cfr. CTU, pag. 20:
“Risultava sempre un quadro di buon compenso cardiocircolatorio, con donna che, all’arrivo e durante la permanenza in pronto soccorso, mostrava solo un aumento della pressione arteriosa, non riferiva nessuna sintomatologia che potesse ricondurre ad un aneurisma dell’aorta toracica con rischio immediato / a breve termine di rottura, quale l’assenza di un vizio valvolare aortico, una ipoperfusione / malperfusione con associata ischemia cerebrale, spinale, renale, né sofferenza da ischemia gastroenterica”), sia della radiografia al torace che aveva escluso indici rivelatori dell’aneurisma dell’aorta toracica o di una dissecazione, quali l’aumento delle dimensioni della finestra mediastinica, compressione della trachea o del bronco sinistro, non sussistevano i presupposti per chiedere una diagnostica di secondo livello, quale la TC torace con mezzo di contrasto (cfr. CTU, pag. 20). Peraltro, “la diagnosi posta dai curanti alla dimissione ospedaliera di “stato influenzale, lieve flogosi polmonare” era comunque fondata, nei termini in cui il riferito anamnestico, il quadro clinico e le risultanze di laboratorio ben si accordavano con una sindrome influenzale, con leucocitosi (11.8) e incremento del valore della PCR (27,6), a suggerire con forza il ricorrere di una condizione di flogosi”, senza che tale circostanza fosse in alcun modo indicativa della dedotta situazione di dissecazione aortica (cfr. CTU, pag. 21). Se ne ricava che la condotta dei sanitari risulta del tutto priva di colpa, alla luce dello stato di fatto e delle condizioni cliniche della paziente, al momento del suo primo accesso in struttura, per come percepibili dall’operatore sanitario mediamente avveduto.

Pers Né rileva la mancata somministrazione di farmaci contro l’ipertensione, posto che il decesso è stato cagionato dalla dissecazione aortica e non è chiaro, sulla scorta delle deduzioni svolte da parte ricorrente nei suoi scritti difensivi in che modo il predetto farmaco avrebbe impedito l’acuirsi della descritta patologia.

Infine, risulta assente il nesso di causalità tra i dedotti profili di imperizia e l’evento di danno, così come rappresentato nel ricorso ed integrato dal decesso della Sul punto, il collegio peritale ha infatti persuasivamente evidenziato che la RX colonna, la RX diretto addome e l’ETG addome non avrebbero in alcun modo consentito di diagnosticare la dissecazione della radice aortica, né avrebbero consentito una diagnosi differenziale.

Quanto alla mancata esecuzione dell’elettrocardiogramma e alla mancata ricerca degli indici di necrosi cardiaca (tra questi, la troponina), i CTU hanno evidenziato che la circostanza può certamente rappresentare indice di scarsa accuratezza;
tuttavia, difficilmente i predetti esami avrebbero consentito di diagnosticare tempestivamente la dissecazione aortica, a meno che la stessa non avesse riguardato il bulbo aortico (cfr. CTU, pag. 19).

Nel caso di specie, non vi è tuttavia alcuna evidenza di ciò:
in primo luogo, in quanto non è stata effettuato l’esame autoptico a seguito del decesso e non si può quindi avere certezza né sulla natura della patologia che ha condotto alla morte della paziente, né tantomeno sull’epoca della sua insorgenza;
in secondo luogo, perché si tratta di circostanza poco probabile da un punto di vista epidemiologico.

Infatti, “quando la dissecazione interessa il bulbo aortico è ben difficile che la sopravvivenza si prolunghi per circa novantasei ore, come accaduto alla signora essendo noto come nel caso di una dissecazione del bulbo aortico l’autonomia del malato consta di solo poche ore” (cfr. CTU, pag. 20).

Inoltre, “in queste circostanze è quasi inevitabile che il paziente presenti una sintomatologia dolorosa toracica significativa, con algie toraciche irradiate alle spalle e dispnea;
in aggiunta, sono spesso presenti manifestazioni di uno stato di ipoperfusione (ischemia cerebrale, cardiaca, renale, gastroenterica, compressione della vena cava superiore con congestione degli arti superiori, collo, testa, e insufficienza aortica)” (cfr. CTU, pag. 20).

Pers Considerata, dunque, la sintomatologia particolarmente aspecifica lamentata dalla paziente al momento del suo accesso in struttura, senza alcun dolore toracico in acuto o nel passato, non vi è alcuna evidenza che si trattasse di una dissecazione al livello del bulbo aortico.

Segue il rigetto della domanda avanzata dagli attori, senza necessità di procedere alla rinnovazione delle operazioni peritali, giacché l’unica ragione di critica, mossa dagli stessi rispetto all’elaborato peritale, attiene alla generica e astratta definizione di “dolore toracico”, senza che gli istanti, gravati dal relativo onere probatorio, abbiano fornito ulteriori elementi di prova nel senso della ricorrenza di tale sintomatologia nel caso di specie.

Come sopra chiarito, infatti, i sintomi lamentati dalla paziente riguardavano esclusivamente “algie diffuse agli arti superiori, dorso-lombari e cefalea da tre giorni”, del tutto compatibili con la diagnosi di “stato influenzale, lieve flogosi polmonare”, effettivamente riscontrata nel caso di specie, e non erano indicativi della dissecazione aortica eventualmente in atto.
Alla luce di quanto sopra, non vi sono dunque ragioni per rinnovare le operazioni di CTU.

3. Le spese processuali seguono la soccombenza e sono liquidate nel dispositivo secondo i valori medi di cui al DM n. 55/2014, così come modificati dal DM n. 147/2022, per tutte le fasi del processo, esclusa l’istruttoria, tenuto conto del valore effettivo della causa, così come determinato dagli attori (ricompreso nello scaglione da € 1.000.000,01 ad € 2.000.000,00) ad eccezione della fase decisionale da liquidare ai minimi per via del modulo decisionale scelto, all’esito di discussione orale, a cui vanno aggiunte le spese per la fase di ATP, da liquidarsi anch’esse secondo i valori medi di cui al DM n. 55/2014, ratione temporis applicabile, il tutto entro i limiti del valore della nota spese depositata da parte resistente. Devono inoltre essere poste a carico degli attori le spese di consulenza, già liquidate in fase di ATP.

Il Tribunale, definitivamente pronunciando ogni contraria istanza disattesa ed ogni ulteriore richiesta assorbita, così provvede:
• Rigetta le domande proposte da nei confronti della • Condanna gli attori alla refusione delle spese processuali in favore della convenuta, che liquida nella misura di € 10.684,00 per compensi relativi alla fase di merito e di € 5.164,00 per compensi relativi alla fase di ATP, il tutto oltre spese generali al 15%, IVA e CPA come per legge;
• Pone definitivamente a carico degli attori le spese di CTU.
Così deciso in Como, all’udienza del 10 settembre 2024 Il giudice dott. NOME COGNOME

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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