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Responsabilità medica, Risarcimento danni decesso del paziente

La sentenza ribadisce i principi di responsabilità medica e il nesso di causalità tra la condotta dei medici e l’evento lesivo, rigettando la domanda per mancanza di nesso causale tra la condotta omissiva e l’evento morte, non potendosi ritenere l’azione omessa idonea a scongiurare l’evento finale.

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Pubblicato il 22 febbraio 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile

N. R.G. 25048/2021

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

IL TRIBUNALE DI TORINO

SEZIONE QUARTA CIVILE

Il Tribunale, in composizione monocratica nella persona del giudice NOME COGNOME, ha pronunciato la seguente

SENTENZA N._803_2025_- N._R.G._00025048_2021 DEL_17_02_2025 PUBBLICATA_IL_17_02_2025

nella causa civile di primo grado iscritta al n. 25048/21 R.G. proposta da:

c.f.: , nata a Torino il 17/05/1961, elettivamente domiciliata in Torino INDIRIZZO presso lo studio del difensore avv. NOME COGNOME Nei confronti di (Cod. Fisc.) , in persona del Direttore Generale pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME (Cod. Fisc. ) ed elettivamente domiciliata presso il di lui studio in Torino, INDIRIZZO.INDIRIZZO (precedente denominazione sociale , Sede secondaria e , con sede legale in Lyon (Francia), INDIRIZZO e sede secondaria in Milano, alla INDIRIZZO, P.IVA , C.F. in persona del procuratore speciale e legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME del Foro di Torino C.F. CONVENUTE

CONCLUSIONI

DELLE PARTI PER PARTE ATTRICE

Voglia l’Ill.mo Giudice adito, respinta ogni avversa istanza, deduzione ed eccezione, previo l’esperimento degli incombenti di rito, NEL MERITO:

1. accertare e dichiarare la responsabilità delle parti convenute in ordine all’evento dannoso per i motivi in fatto e diritto allegati nelle odierne premesse e, per l’effetto 2. condannare le parti convenute, in via tra loro solidale, al risarcimento di tutti i danni patiti dall’attrice in conseguenza dei fatti allegati nelle odierne premesse e che si quantificano nella somma di €. 255.300= (di cui €. 5.300,00 a titolo di danno biologico terminale e danno morale catastrofale ed €. 250.000= a titolo di danno da perdita del rapporto parentale) o in quella diversa e veriore che sarà accertata e/o ritenuta equa; IN INDIRIZZO

3. ammettere la prova testimoniale sui capitoli dedotti nella memoria ex art. 186 6° co.

c.p.c. del 06-09-2022 4. per il solo caso di avversa contestazione sull’an e quantum debeatur, nominare C.T.U. IN OGNI CASO:

5. Con vittoria di spese e onorari di giudizio, oltre oneri fiscali.

PER PARTE CONVENUTA ASL RAGIONE_SOCIALE DI TORINO Voglia l’Ill.mo Tribunale Adito, contrariis reiectis Per la sola ipotesi in cui non sia ritenuta assorbente l’istruttoria già espletata IN INDIRIZZO Ordinare l’acquisizione ex art.210 c.p.c. presso la Procura della Repubblica di Torino, di tutta la documentazione e gli atti relativi al procedimento penale RG. n. 43684/2019 (P.M. Dott. COGNOME, aperto in conseguenza dei fatti per cui è causa, definito con decreto di archiviazione del 4/2/2020 per infondatezza della notizia di reato, comprensiva altresì della relazione medica del Dott. IN INDIRIZZO E/O PREGIUDIZIALE Accertare e dichiarare la carenza di legittimazione attiva dell’attrice, per le ragioni esposte in narrativa da intendersi in questa sede, integralmente ritrascritte Con vittoria di spese e compensi del giudizio, oltre rimborso forfettario, Iva e CPA. NEL MERITO Assolvere l’ , da ogni avversaria domanda, in quanto infondata in fatto ed in diritto.

PER PARTE CONVENUTA In via preliminare e/o nel merito:

accertare e dichiarare la carenza di legittimazione di Parte attrice ad agire nei confronti dell’esponente (già ), nonché l’illegittimità della sua vocatio in ius o comunque dichiarare nel merito il difetto di titolarità passiva del rapporto giuridico controverso e, per l’effetto, disporre l’estromissione di (già ) dal presente giudizio e/o dichiarare l’inammissibilità delle domande formulate nei confronti di (già ), con condanna di Parte attrice al pagamento delle spese processuali;

In via ulteriormente preliminare:

accertare e dichiarare nulla e/o improcedibile e/o inammissibile l’azione esperita dall’odierna attrice nei confronti della e di (già ), per difetto di legittimazione attiva;

Nel merito:

respingersi e dichiarare l’infondatezza di ogni avversa domanda formulata – a qualunque titolo – nei confronti della e di (già ) in quanto infondata, in fatto e in diritto, per mancato assolvimento dell’onere di allegazione dei fatti costitutivi e, comunque, per difetto del nesso di causa e assenza degli inadempimenti prospettati, attesa l’adeguatezza e la correttezza dell’assistenza e delle cure prestate in favore della Sig.ra ;

per l’effetto, dichiarare l’infondatezza di qualunque domanda risarcitoria a qualsiasi titolo formulata – iure proprio e iure hereditatis – nei confronti della Struttura sanitaria evocata in giudizio e di (già ), non essendo il decesso della Sig.ra in alcun modo imputabile o riferibile alle prestazioni espletate dai Sanitari in forze presso la In via subordinata:

nella denegata ipotesi di accoglimento, anche parziale, della domanda formulata da Parte attrice:

– limitare il quantum del risarcimento in relazione all’effettivo danno cagionato all’attrice, così come verrà accertato e provato in corso di causa, a seguito delle prestazioni professionali rese e per tutte le ragioni espresse in narrativa;

– in ogni caso, sul piano del rapporto assicurativo, dichiarare l’esponente (già ) tenuta a garantire e manlevare la – nei limiti del giusto e del provato – con esclusione di ogni solidarietà passiva rispetto alla propria Assicurata, nei limiti della sola quota eccedente la soglia di autoritenzione del rischio (RAGIONE_SOCIALE pari a euro 395.000,00), entro il limite dei massimali, delle franchigie e degli scoperti (e, in particolare, al netto dello scoperto nella misura del 39% sulla quota di danno eccedente la soglia RAGIONE_SOCIALE, nel rispetto delle Condizioni Generali del contratto di assicurazione n. 160833, per le ragioni svolte in atti. In via istruttoria, la scrivente difesa torna ad opporsi alle istanze istruttorie formulate da Parte attrice e insiste affinché l’Ill.mo Giudice adito voglia disporre l’acquisizione dell’intero fascicolo relativo al procedimento penale n. 43684/2019 R.G.N.R. Mod. 44 Procura di Torino (Pubblico Ministero: Dott.NOME COGNOME).

FATTO E DIRITTO Viene esposta una concisa narrazione della vicenda che ha formato oggetto del giudizio, nelle sue premesse sostanziali e nei risvolti processuali, nonché una sintetica prospettazione delle ragioni di diritto che determinano la decisione.

* * * Con unico atto di citazione di data 29 dicembre 2021, ritualmente notificato, la Sig.ra evocava in giudizio L e la deducendo la responsabilità dei sanitari in servizio presso detta struttura ospedaliera in relazione al decesso della madre, Sig.ra (nata a Torino il 07/03/1937).

Riferiva parte attrice che, in data 27 agosto 2019, alle ore 12:48, la predetta sig.ra venne ricoverata presso il DEA dell’Ospedale INDIRIZZO di Torino e, subito dimessa alle ore 15:58 con diagnosi di “gastroenterite”.

Persistendo disturbi caratterizzati da confabulazione, disartria, sonnolenza, scarsa risposta agli stimoli esterni, la paziente venne nuovamente trasportata alle ore 21:06 dello stesso giorno nuovamente presso il predetto nosocomio, dove veniva diagnosticata una emorragia celebrale.

La sig.ra decedeva quindi alle ore 01:34 del 28-08-2019.

Nel convenire l , la Sig.ra – attribuiva il decesso della madre all’emorragia celebrale massiva da cui la stessa era stata colpita il 27 agosto 2019, in uno stato anteriore caratterizzato da diffusa sistemica aterosclerosi;

– attribuiva ruolo causale di tale evento alla terapia anticoagulante cui il soggetto era già sottoposto;

– rilevava che, nonostante in ambito di DEA fosse stato correttamente diagnosticato il sovradosaggio dell’anticoagulante ed accertati i valori di INR, erano stati omessi controlli strumentali sulle cause dell’alterazione di detti valori;

– deduceva quindi inadeguatezza, incompletezza e superficialità nella dimissione con rinvio al proprio domicilio di un soggetto con tali valori di INR, in assenza di trattamento antagonista di vitamina K per contrastare il sovradosaggio di anticoagulante;

Nella prospettazione di parte attrice, il decesso della madre risulterebbe così causalmente correlato alle omissioni in cui sarebbero incorsi i sanitari addetti alla predetta struttura sanitaria, di cui veniva chiesta la condanna, in via solidale con la Compagnia assicuratrice convenuta, al risarcimento del danno non patrimoniale patito dall’attrice, iure proprio e iure hereditatis, per il decesso della madre.

Con comparsa 6 aprile 2022 si è costituita in giudizio l eccependo:

– il difetto di legittimazione attiva per non aver l’attrice provato il proprio legame di parentela con la deceduta;

– il mancato assolvimento dell’onere probatorio incombente su parte danneggiata;

– la correttezza dell’operato dei sanitari intervenuti negli accadimenti per cui è causa;

– l’inevitabilità dell’evento riconducibile al quadro sanitario complessivo della paziente, gravemente compromesso da patologia preesistente;

e contestando in subordine anche la quantificazione del risarcimento richiesto.

Si è altresì costituita la Compagnia assicuratrice con comparsa 31 marzo 2022, eccependo il difetto di propria legittimazione passiva, in assenza di un rapporto contrattuale intercorso con la de cuius e/o con parte attrice, ed in carenza di azione diretta nei confronti dell’assicurazione dell’asserito danneggiante;

eccepiva altresì la carenza di legittimazione attiva per non aver l’attrice provato il proprio legame di parentela con la deceduta, deduceva ed opponeva infine alle pretese attore l’adeguatezza dell’operato dei sanitari intervenuti e concludeva per il rigetto della domanda.

In esito allo scambio delle memorie istruttorie ex art. 183, comma VI c.p.c., con ordinanza 16 novembre 2022 è stata disposta CTU medico-legale con l’incarico di accertare – ”previa descrizione delle condizioni cliniche e delle cause di morte di ”..

“se sussista un nesso causale o concausale (e in quali termini percentuali) tra il trattamento ricevuto in RAGIONE_SOCIALE. e il decesso;

e se le procedure adottate nel caso di specie dai sanitari e dalla struttura siano state corrette e aderenti alle linee guida”.

Con elaborato peritale depositato in data 22 maggio 2023, il Collegio formato da medico legale e da specialista in medicina interna e d’urgenza ha risposto ai quesiti formulati concludendo per la sostanziale correttezza delle procedure adottate dai sanitari, ed escluso comunque che l’adozione di ulteriori terapie o trattamenti avrebbe potuto evitare il decesso della paziente Ad avvenuto deposito della CTU, la causa è stata ritenuta esaurientemente istruita e trattenuta per la decisione, sulle conclusioni precisate dalle parti nei termini in epigrafe riportati, in esito allo scambio delle comparse conclusionali e memorie di replica.

MOTIVI DELLA DECISIONE

1. Sul difetto di legittimazione passiva della Occorre esaminare innanzitutto l’eccezione preliminare avanzata dalla società di assicurazione, la cui difesa ha eccepito la carenza di propria legittimazione passiva per essere stata convenuta direttamente dalla danneggiata (iure proprio e iure hereditatis) unitamente alla struttura sanitaria asseritamente responsabile.

L’eccezione è fondata.

Com’è noto, fra le importanti innovazioni legislative apportate dalla cd. “Legge Gelli” (L. 8 marzo 2017, n. 24), è stata prevista la possibilità per chi lamenti un danno ascrivibile al novero della responsabilità medica, l’azione diretta tanto contro la struttura sanitaria asserita danneggiante, quanto contro la Compagnia con cui la prima abbia stipulato contratto di assicurazione per la responsabilità civile:

Art. 12

Azione diretta del soggetto danneggiato 1.

Fatte salve le disposizioni dell’articolo 8, il soggetto danneggiato ha diritto di agire direttamente, entro i limiti delle somme per le quali è stato stipulato il contratto di assicurazione, nei confronti dell’impresa di assicurazione che presta la copertura assicurativa alle strutture sanitarie o sociosanitarie pubbliche o private di cui al comma 1 dell’articolo 10 e all’esercente la professione sanitaria di cui al comma 2 del medesimo articolo 10. Si tratta di una (delle non frequenti) ipotesi previste dall’ordinamento di azione diretta nei confronti della compagnia assicurativa del danneggiante, in deroga all’ordinario strumento di chiamata in manleva che fa invece dipendere dalla scelta del convenuto l’evocazione in giudizio dei terzi che ritenga obbligati in via di garanzia a tenerlo indenne da eventuali pronunce di condanna (cfr. Cassazione n. 5259 del 25.02.2021). Tuttavia, è altresì noto che tale strumento processuale risulta operativo soltanto dal 1 marzo 2024, allorquando il Ministero delle Imprese e del Made in Italy ha adottato e pubblicato il DM 232 del 15.12.2023.

Recita infatti l’ultimo comma del summenzionato art. 12 che “le disposizioni del presente articolo si applicano a decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto di cui al comma 6 dell’articolo 10 con il quale sono determinati i requisiti minimi delle polizze assicurative per le strutture sanitarie e sociosanitarie e per gli esercenti le professioni sanitarie.

Il decreto ministeriale 232/2023 assume la natura di vero e proprio presupposto processuale (cfr Trib. Milano, sez. I°, ord. 26.8.2024), in assenza del quale la domanda di risarcimento avanzata dalla sig.ra direttamente nei confronti della compagnia assicuratrice risulta (all’epoca) mal proposta per difetto di legittimazione passiva.

Ne consegue che le seguenti valutazioni di merito sulla eventuale fondatezza della domanda attorea varranno – anche ai fini della decisione sulle spese di lite – soltanto per quanto riguarda l’unico rapporto processuale validamente instaurato e, pertanto, quello fra la sig.ra e l * * * Venendo al merito della domanda avanzata da parte attrice, le risultanze e le conclusioni cui è pervenuto il collegio peritale nominato dall’Ufficio – composto come detto da medico specialista in medicina legale e da specialista in medicina interna e d’urgenza – conducono ad escludere che possa ravvisarsi un nesso causale tra condotta tenuta dai sanitari in occasione dell’accesso al Pronto Soccorso dell’Ospedale San Giovanni Bosco di Torino ed il decesso della signora ed al rigetto per tale ragione della domanda risarcitoria per danno non patrimoniale (iure proprio) di perdita della relazione parentale e danno (iure hereditatis) terminale e catastrofale, formulate in questa sede. Pare opportuno in via preliminare premettere all’esposizione delle motivazioni della decisione un conciso richiamo ai principi giurisprudenziali elaborati in ambito civilistico in materia di responsabilità medico-chirurgica, con particolare riferimento all’esigenza di verificare la sussistenza di nesso di causalità tra operato dei sanitari e conseguenze lesive costitutive del danno alla persona.

2 – Conciso richiamo ai principi giurisprudenziali in tema di responsabilità medica in ambito civile L’atteggiarsi della responsabilità professionale nell’ambito del trattamento medico- chirurgico ha formato (e continua ad essere) oggetto di approfondimenti ed evoluzioni giurisprudenziali, a partire dall’importante sviluppo che ha visto il superamento in tale settore di attività professionale della tradizionale dicotomia tra obbligazione di mezzi ed obbligazione di risultato.

Con specifico riferimento all’attività medica ed alla conseguente responsabilità la giurisprudenza di legittimità è da tempo pervenuta alla conclusione che anche in tale ambito la responsabilità deve essere ricondotta all’area contrattuale, che in forza di cd. “contatto sociale” la struttura sanitaria è contrattualmente impegnata al risultato dovuto (v. Cass., 19/5/2004, n. 9471) – quello cioè conseguibile secondo criteri di normalità, da apprezzarsi in relazione alle condizioni del paziente, alla abilità tecnica del primo e alla capacità tecnico-organizzativa del secondo – e che il mancato raggiungimento del risultato che il paziente può ragionevolmente attendersi dall’esecuzione di interventi routinari deve perciò essere valutata alla luce della disciplina prevista agli artt. 1218 ss. c.c., con tutti i suoi corollari anche sotto il profilo probatorio. (v. Cass., 22/12/1999, n. 589 Cass., n. 2750/98; Cass. 8/1/1999, n. 103).

A carico della struttura sanitaria che (come nel caso di specie) sia convenuta in giudizio per il risarcimento danno da inesatto adempimento, grava dunque in tali casi un duplice onere probatorio:

– di dimostrare di aver impiegato la perizia ed i mezzi tecnici adeguati allo standard professionale della sua categoria, tale standard valendo a determinare in conformità alla regola generale in materia contrattuale il contenuto della perizia dovuta e la corrispondente misura dello sforzo diligente adeguato per conseguirlo, nonché del relativo grado di responsabilità;

– inoltre, che l’eventuale inesatto adempimento che dovesse ravvisarsi nella prestazione espletata sia dovuto a causa a sé non imputabile, in quanto determinato da fattore non prevedibile né prevenibile con la diligenza nel caso dovuta (cfr. Cass. Sez. 3, n. 8826 del 2007).

Affinché possa ravvisarsi inesatto adempimento nell’erogazione della prestazione sanitario, in quanto tale di per sé foriero di responsabilità contrattuale per danni in capo alla struttura ospedaliera, è tuttavia pur sempre necessario il previo accertamento – oltre che dell’insorgere o dell’aggravamento di patologie o lesioni preesistenti – anche (e soprattutto) dell’esistenza di un nesso di causalità tra operato dei sanitari e le lesioni o il peggioramento (o mancato miglioramento che era ragionevole attendersi) del quadro clinico precedente alla prestazione erogata. Indagine sull’elemento eziologico che si presenta se possibile ancor più rigorosa allorché l’inadempimento imputato ai sanitari è quello di aver provocato o di non aver impedito il decesso del paziente, in presenza di un coacervo di multipli elementi disfunzionali, agenti sinergicamente in senso purtroppo deficitario, tali da far dubitare che il decesso possa essere stato determinato da un generalizzato degrado delle sue condizioni cliniche.

La necessità di una correlazione causale tra danno derivato al paziente e profili di inadempimento riconducibili alla prestazione dei sanitari è ribadita anche in successive pronunce della Corte di legittimità laddove – richiamato quanto esposto nella sentenza delle S.U. n. 577 del 2008 in ordine “al superamento della tradizionale dicotomia tra obbligazioni di mezzi e obbligazioni di risultati, con l’operare quasi una sorta di metamorfosi dell’obbligazione di mezzi in quella di risultato” – è stato al contempo evidenziato come in tal modo “non si vuole tuttavia affermare che la responsabilità del medico deve essere ipso facto desunta dal mancato raggiungimento del risultato, quanto piuttosto evidenziare – seguendo le linee tracciate dalle SS.UU. (sentenza n. 577 cit.) – che l’inadempimento rilevante nell’ambito dell’azione di responsabilità per risarcimento del danno, nelle obbligazioni così dette di comportamento, non è qualunque inadempimento, ma solo quello che costituisce causa (o concausa) efficiente del danno. (così Sez. Cass. Sez. 3, n. 16394 del 13/07/2010).

Con altra recente ed importante arresto giurisprudenziale (resa in vicenda in cui, come nella presente, la struttura ospedaliera per il tramite dei suoi sanitari era stata indicata quale responsabile del decesso di un paziente) la Suprema Corte ha avuto modo di delineare in modo sistematico il differente oggetto degli oneri probatori rispettivamente a carico di ciascuna delle parti.

Osserva la Corte come nei giudizi risarcitori (anche in quelli per responsabilità medica) si delinea “un duplice ciclo causale, l’uno relativo all’evento dannoso, a monte, la cui prova incombe sul creditore/danneggiato, l’altro relativo all’impossibilità di adempiere, da provarsi a cura del debitore/danneggiante”.

Con la conseguenza che ” se al termine dell’istruttoria, resti incerti la causa del danno la causa incognita resta a carico dell’attore relativamente all’evento dannoso”.

In questa prospettiva il ciclo causale a valle, quello relativo alla possibilità di adempiere acquista, rilievo solo ove risulti dimostrato il nesso causale fra evento dannoso e condotta attiva o omissiva dei sanitari.

Solo una volta che “il danneggiato abbia dimostrato che l’aggravamento della situazione patologica o (come nel caso di specie) il decesso è causalmente riconducibile a condotta attiva dei sanitari” – precisa la Suprema Corte – “sorge per la struttura sanitaria l’onere di provare che l’inadempimento, fonte del pregiudizio lamentato dall’attore, è stato determinato da causa non imputabile” (così Cass. Sez. 3, sent. n. 18392 del 2017, cit.).

Dovendosi ancora precisare – come è stato più volte ribadito anche in sede di legittimità – che in tanto può ravvisarsi nesso causale tra comportamento omissivo del medico e pregiudizio subito dal paziente in quanto possa ritenersi, attraverso un criterio necessariamente probabilistico di prevalenza causale elaborato dalla giurisprudenza in ambito civile e noto come “del più probabile che non”, che gli interventi terapeutici omessi – nella vicenda in esame la mancata somministrazione della vitamina K – rispetto a quelli in concreto praticati avrebbero avuto serie ed apprezzabili possibilità di evitare il decesso. L’accertamento del rapporto di causalità ipotetica passa infatti attraverso l’enunciato “controfattuale”, che pone al posto dell’omissione il comportamento alternativo dovuto, onde verificare se la condotta doverosa avrebbe evitato il danno lamentato dal danneggiato.

(in argomento, tra altre, Cass. Sez. 3, n. 10741 del 11/05/2009; Cass. Sez. 3, n. 15709 del 18/07/2011).

3. Difetto nel caso in esame di nesso causale e quindi dell’inadempimento qualificato indicato nel non aver impedito il decesso della paziente Alla luce dei principi di diritto sopra brevemente richiamati può ora procedersi all’esame della vicenda che forma oggetto del presente giudizio, per la cui valutazione si pongono come determinanti gli elementi emersi dall’accertamento medico specialistico disposto mediante CTU collegiale, e che sono stati riferiti nelle relazioni depositate in atti.

Nell’elaborato peritale sono esposte e risultano essere state attentamente esaminate le condotte tenute dai sanitari che, nella giornata del 27 agosto 2019, avevano accolto presso il DEA dell’Ospedale SINDIRIZZO Bosco di Torino la sig.ra L’aspetto più rilevante, in quanto ritenuto idoneo ad aver di per sé determinato il decesso della de cuius, è rappresentato dalle specifiche condizioni di salute della sig.ra al momento dell’accesso alla struttura.

La paziente risultava “affetta da una aterosclerosi generalizzata dei vasi che aveva già dato manifestazioni cliniche:

1) Aritmia cardiaca fibrillante non valvolare (FANV) da miocardioclerosi ;

2) Ictus cerebrale da aritmia cardioemboligena ;

3) Deterioramento cognitivo da aterosclerosi cerebrale.

” e “tali condizioni patologiche avevano richiesto la prescrizione di una Terapia Anticoagulante Orale (TAO)” (cfr. Elaborato peritale, pagina 21).

L’assunzione dell’anticoagulante, con finalità antitrombotiche, aveva determinato significativo aumento del valore INR (tempo di protrombina), non dosabile ovvero maggiore di 10. Riferiscono i CTU come detto valore debba in effetti essere tenuto sotto stretta osservazione, in quanto, se una somministrazione in misura insufficiente vanificherebbe la finalità di evitare episodi trombotici, specularmente un eventuale sovradosaggio – che determini un valore INR maggiore di 5 – aumenta il rischio di emorragie.

Secondo i CTU, è possibile affermare che, se in punto cura dei sintomi più manifesti le prescrizioni adottate dalla struttura possono dirsi appropriate (“1- abbondante idratazione;

3 – esecuzione ambulatoriale di assetto marziale, 4- dosaggio vit. B12 e folati, 5 – esecuzione ambulatoriale di ETG addome”), non altrettanto sarebbe a dirsi della gestione dell’anomalo valore INR, in quanto i medici si limitarono a prescrivere la sospensione del (farmaco T.A.O.) per 3 giorni, con successivo controllo INR, omettendo la somministrazione della vitamina K in chiave di contrasto al rischio emorragico.

E purtuttavia, a giudizio del Collegio peritale, tale omissione non può ritenersi aver causalmente inciso sul decesso ed è comunque e inidonea a far ritenere una responsabilità della struttura con riferimento all’evento morte della Sig.ra COGNOME in materia di responsabilità colposa, in quanto risulta ascrivibile ai medici intervenuti nelle circostanze per cui è causa una omissione (più precisamente, omessa somministrazione di vitamina K), occorre infatti procedere – ricorrendo al citato “giudizio controfattuale” – a verificare se l’azione omessa, nelle specifiche circostanze in esame, fosse in concreto idonea a scongiurare l’evento finale infausto. Detto in altri termini, correttamente i CTU si sono chiesti ed hanno risposto al dubbio se la somministrazione della vitamina K avrebbe permesso di evitare, quanto meno in termini di “più probabile che non”, conformemente all’insegnamento costante della Corte di Cassazione (ex pluribus, Cass. Sez. 3, n. 23575 del 17/10/2013), il decesso della Sig.ra Pervenendo alla conclusione di escludere con certezza l’idoneità ed efficacia del predetto intervento medico a salvare la vita della madre dell’attrice.

Come precisamente riportato in relazione peritale (pagg. 42-43):

“Occorre peraltro far rilevare che tale provvedimento avrebbe avuto un effetto terapeutico solamente alcune ore dopo (4-6 ore di latenza per divenire efficace).

Se la paziente fosse stata trattata con Vitamina K il tempo necessario per l’effetto sarebbe comunque stato superiore a quello che intercorse fra la prima dimissione delle 15,58 e il secondo accesso delle ore 21,06.

Ne deriva, come esposto nella relazione di CTU, che anche a fronte della regolare somministrazione dei medicinali reputati necessari, le specifiche circostanze di tempo nelle quali la paziente si è presentata al nosocomio avrebbero comunque vanificato qualsiasi intervento salvifico da parte degli operatori sanitari:

nemmeno la vitamina K avrebbe più probabilmente che non potuto evitare il tragico evento, che può pertanto ritenersi in rapporto di derivazione causale esclusivo con il pregresso quadro clinico della paziente, escludendo qualsiasi ipotesi risarcitoria, anche solo in termini di chance.

Senza considerare ulteriori fattori valutati dal Collegio peritale, vale a dire:

– Che una ricoagulazione, conseguente all’assunzione della vitamina K, avrebbe aggravato l’Ischemia mesenterica e cardiaca (casi nei quali come è noto si utilizzano agenti trombolitici anticoagulanti);

– Che la sintomatologia emorragica si è resa evidente dopo il rientro a domicilio;

constatazione da cui i CTU hanno fatto derivare il dubbio che il trasporto in ambulanza, operato senza i dovuti accorgimenti che sarebbero stati presi a fronte della conoscenza dell’episodio emorragico in essere, ben potrebbe aver provocato, in autonomia, traumi minori e pur tuttavia anche potenzialmente emorragici.

(elaborato peritale, sempre pagina 42).

La qui ritenuta mancanza di una relazione causale tra l’operato dei medici della struttura ospedaliera convenuta ed il decesso della signora – pur all’esito di approfondita indagine, con conclusioni che si presentano ben argomentate, sorrette da adeguata e convincente percorsi motivazionali – esclude che possa configurarsi la responsabilità della struttura ospedaliera convenuta per inesatto adempimento della prestazione sanitaria genericamente dedotta in citazione, e conduce al rigetto della domanda risarcitoria attorea. 4. Sulla liquidazione delle spese In punto spese di lite, occorre tenere distinte le posizioni delle due convenute.

Con riferimento ad , il rilievo dell’omissione di una omissione trattamento terapeutico e l’esclusione – solo all’esito di indagine medico collegiale – di una relazione causale tra detta condotta dei sanitari dipendenti della struttura ospedaliera ed evento, costituisce motivo per compensare integralmente tra le parti in causa le spese di lite.

A diverse considerazioni porta l’esame della posizione della convenuta Si è sopra rilevato il difetto di legittimazione passiva della Compagnia assicuratrice per la mancata operatività all’epoca dell’introduzione del presente giudizio del disposto di cui all’art. 12

L per carenza del presupposto del DM previsto dall’ultimo comma della norma.

Ne consegue che, risultando COGNOME illegittimamente coinvolta nell’odierno contraddittorio processuale, alla stessa devono essere rimborsate le spese di lite da parte della sig.ra NOME Quanto alle spese di CTU, pare opportuno evidenziare come alla verifica circa l’eventuale sussistenza di responsabilità della struttura sanitaria qui convenuta avrebbe potuto agevolmente pervenirsi anche senza l’instaurazione della presente controversia, mediante accertamento ante causam (in alternativa alla procedura di mediazione in concreto percorsa) nelle forme di ricorso per accertamento tecnico preventivo ai sensi dell’art. 696 bis c.p.c. richiamato dalla legge cd Gelli/Bianco n. 24/17. Procedura questa prevista dal legislatore proprio al fine di evitare l’istaurarsi di costosi e lunghi contenziosi in materia di responsabilità medica che dovessero poi risultare all’esito degli approfondimenti tecnici privi di fondamento, e che avrebbe invero verosimilmente consentito anche nella presente vicenda di addivenire al medesimo odierno risultato, contenendo tuttavia significativamente le spese ed attività entro i limiti del costo dell’accertamento stesso – nel procedimento cautelare da porsi sempre a carico di parte ricorrente – e che avrebbe altresì evitato alla struttura pubblica qui convenuta la necessità degli esborsi per l’attività difensiva espletata. Per tale ragione le spese di CTU vanno poste interamente a carico della parte attrice soccombente

Il Tribunale di Torino, definitivamente pronunciando, DICHIARA il difetto di legittimazione passiva di RIGETTA la domanda proposta da nei confronti dell’ COMPENSA integralmente tra le spese di lite e di CTU fra l’attrice e l CONDANNA la sig.ra al pagamento, in favore di , delle spese di lite, liquidandole nell’importo di € 4.400,00 per compensi (Fase di studio della controversia € 930,00, fase introduttiva del giudizio, € 800,00, Fase istruttoria e/o di trattazione, € 900,00, Fase decisionale, € 1.770,00) ed € 1.800,00 per esposti (rimborso spese CTP), oltre spese generali 15%, IVA e CPA come per legge. PONE le spese di CTU nella misura liquidata in corso di causa definitivamente a carico di parte attrice.

Torino, 12 febbraio 2025

Il Giudice NOME COGNOME

Provvedimento predisposto in bozza dal MOT NOME COGNOME

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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