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Codice Civile
Codice Penale

Responsabilità per caduta su strada dissestata

La sentenza conferma la responsabilità del Comune, ex art. 2051 c.c., per i danni subiti da un pedone a causa della cattiva manutenzione stradale, escludendo la responsabilità dell’appaltatore dopo la consegna dei lavori. Il Comune non ha fornito prove del caso fortuito e il comportamento della danneggiata non è stato considerato colposo.

Pubblicato il 19 September 2024 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile

N. R.G. 3233/2020

TRIBUNALE ORDINARIO di RIMINI Sezione Unica CIVILE

VERBALE DELLA CAUSA n. r.g. 3233/2020 tra  ATTORE CONVENUTO TERZO CHIAMATO

Oggi 11 settembre 2024 ad ore 9,00 innanzi al dott. NOME COGNOME sono comparsi:
Per l’avv. COGNOME Per ’avv. COGNOME Per l’avv. COGNOME Preliminarmente il Giudice dà atto di quanto segue:

La presente udienza viene tenuta con modalità da remoto ai sensi degli artt. art 127 3° comma 127 bis cpc e 196 duodecies disp.
Attuaz. Cpc mediante collegamento effettuato tramite il programma Microsoft Teams;

Con decreto del 2.9.24 sono state comunicati ai procuratori delle parti:
giorno, ora e modalità di collegamento per la partecipazione alla presente udienza;
Il giudice ai sensi dell’art 196 duodecies disp. Attuaz. Cpc 96 ha provveduto all’identificazione dei Procuratori delle parti mediante esibizione del tesserino di iscrizione all’Ordine degli Avvocati L’identità delle parti se presenti, come da protocollo di cui al provvedimento n. 12/2020 del Presidente del Tribunale, è stata attestata dai Procuratori delle parti medesime;
Le parti hanno dichiarato al giudice di essere liberamente comparse in udienza mediante collegamento da remoto;

Tutti i presenti si impegnano a mantenere attiva la funzione video per tutta la durata dell’udienza.

Agli stessi è vietata la registrazione dell’udienza in ogni forma anche parziale.

L’udienza viene tenuta con modalità idonee a salvaguardare il contraddittorio e ad assicurare l’effettiva partecipazione delle parti Ciò premesso, il Giudice invita i Procuratori delle parti a dedurre.

I procuratori delle parti si riportano ai propri scritti difensivi contestando reciprocamente le deduzioni, argomentazioni ed eccezioni avversarie in atti.

L’Avv. COGNOME chiede che il CTU venga chiamato a chiarimenti.

Dopo breve discussione orale, il Giudice trattiene la causa in decisione ex art. 281 sexies c.p.c. dandone lettura al termine dell’udienza.

Il Giudice on dott. NOME COGNOME Alle ore 18.50 il Giudice procede alla lettura del dispositivo e delle ragioni della domanda dando atto che al momento della lettura nessuna delle parti è presente.

Il Giudice on dott. NOME COGNOME

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALEORDINARIO di RIMINI
Sezione Unica CIVILE
Il Tribunale, nella persona del Giudice on dott. NOME COGNOME ha pronunciato ex art. 281 sexies c.p.c. la seguente

SENTENZA N._815_2024_- N._R.G._00002159_2023 DEL_10_09_2024 PUBBLICATA_IL_10_09_2024

nella causa civile di I Grado iscritta al n. r.g. 3233/2020 promossa da:
(C.F. ), con il patrocinio dell’avv. COGNOME elettivamente domiciliato in INDIRIZZO 47921 ITALIA presso il difensore avv. COGNOME ATTORE contro (C.F. ), con il patrocinio dell’avv. COGNOME elettivamente domiciliato in INDIRIZZOINDIRIZZO 65015 Montesilvano presso il difensore avv. COGNOME (C.F. ) rappresentato e difeso dall’avv. COGNOME elettivamente domiciliato in INDIRIZZO 47921 resso il difensore avv. COGNOME

CONCLUSIONI

Le parti hanno concluso come da verbale d’udienza.

Concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione L’attrice deduceva, in citazione, che il giorno 21.05.2018 alle ore 8,00, mentre si recava alla in compagnia della figlia parcheggiata l’automobile nella via adiacente alla , nello specifico nel INDIRIZZO all’altezza del INDIRIZZO di Torre Pedrera (RN), si accingeva, affiancata dalla figlia, a percorrere tale via priva di marciapiede in direzione monte/mare quando nei pressi della linea di arresto dello STOP, cadeva rovinosamente a terra.

Precisava che la caduta era dovuta ad un rattoppamento del manto stradale con un conseguente dislivello non visibile in quanto l’acqua fangosa che lo riempiva non dava a possibilità di rendersi conto che non si trattasse di asfalto.

NOME Esponeva inoltre che in seguito alla caduta, veniva soccorsa e sollevata dalla figlia che accusava fortissimi dolori a tutto il braccio destro.

Si recava quindi nella vicina dove il personale medico le consigliava andare al Pronto Soccorso.

All’arrivo in Pronto Soccorso presso l’Ospedale di Santarcangelo di Romagna, sottoposta a visita, rx polso e spalla destra, le veniva diagnosticata la frattura ingrata dell’epifasi distrae del radio con interessamento della superficie articolare radiocarpica.

Inviata in ortopedia a veniva sottoposta a riduzione della frattura e confezionato un apparecchio gessato da mantenere per 30 gg venne dimessa con diagnosi “ frattura ingrata dell’epifasi distrale del radio dx” e prognosi di 30gg.

Esponeva quindi a seguito del sinistro di aver subito lesioni personali con inabilità temporanea parziale al 50% per 30 gg;
inabilità temporanea parziale al 25% per 30 gg;
esiti invalidanti permanenti pari al 7- 8 % (sette – otto per cento).

Conseguentemente invocava la responsabilità del quale proprietario della strada ex art. 2051 cc e in subordine ex art. 2043.

In particolare invocava la responsabilità del omessa e/o insufficiente custodia della strada in palese violazione del precetto dell’art. 2051 c.c. o, in subordine di quello di cui all’art. 2043 c.c..

Rassegnava le seguenti conclusioni:

“- ACCERTARE la responsabilità del persona del sindaco pro-tempore, del sinistro di cui è causa – CONDANNARE DI CONSEGUENZA il , in persona del sindaco pro-tempore, al pagamento del complessivo importo di 24.497,00da versarsi alla sig.ra a titolo di danni in conseguenza del sinistro de quo;
ovvero alla diversa somma, maggiore o minore, che risulterà di giustizia.

Alla sorte andranno aggiunte la rivalutazione monetaria e gli interessi legali, come per Legge, dal dies natae obligationis al saldo.
– PORRE in ogni caso, a carico di parte avversa, spese, competenze ed onorari del presente procedimento.

Il convenuto costituendosi in giudizio, contestava la domanda attorea sia in ordine all’an che al quantum chiedendone il rigetto deducendo in via preliminare il proprio difetto di legittimazione passiva posto che in data antecedente al sinistro, il convenuto, a mezzo atto dirigenziale di “AUTORIZZAZIONE per interventi sulle strade comunali ai sensi degli artt. 21, 25, 26 e 27 D. Lgs.
285/1992”, aveva assentito a che effettuasse scavi su proprietà pubblica, al fine di eseguire lavori di competenza dello stesso Ente richiedente e, tra le varie strade, per cui era stata chiesta ed autorizzata l’esecuzione di detti scavi, vi era quella, teatro del sinistro.

Di conseguenza, nella denegata ipotesi in cui i lamentati danni potessero essere imputati alla strada, per eventuali carenze relative alla custodia e alla manutenzione, deduceva la responsabilità non del ma di Chiedeva quindi di poter essere autorizzata alla chiamata in causa di Rassegnava le seguenti conclusioni:
“in via preliminare:
-accertare e dichiarare il difetto di legittimazione passiva in capo al in relazione al rapporto giuridico oggetto di causa per le motivazioni in premessa e, per l’effetto, pronunciare la cessazione della materia del contendere, con ogni conseguenza di legge anche in ordine al pagamento delle spese e degli onorari di causa;
-sempre in via preliminare, qualora non dovesse essere accolta l’eccezione appena sopra estesa o anche decisa in un unico con il merito, autorizzare la chiamata in causa, ai sensi e per gli effetti dell’articolo 106 c.p.c., di per le motivazioni in premessa ed all’uopo disporre il differimento dell’udienza di prima comparizione e trattazione ex art. 269 c.p.c., affinché consentire la citazione del Terzo in piena osservanza dei termini di cui all’art. 163 bis c.p.c.;
nel merito, nella denegata ipotesi di rigetto dell’eccezione di carenza di legittimazione passiva:
– in via principale rigettare la domanda attorea, poiché non provata, sia nell’an, sia nel quantum e, in ogni caso, infondata in fatto e in diritto, stante, altresì, la responsabilità esclusiva della sig.ra nella causazione del sinistro, ai sensi dell’art. 1227, comma II, c.c.;
-in via subordinata, per la denegata ipotesi di accoglimento, anche parziale, della domanda attorea, accertare e dichiarare che unico soggetto responsabile dei danni subiti da parte attrice è la p.ae, per l’effetto, condannare esclusivamente detta Società al relativo risarcimento che si riterrà dovuto e/o comunque a manlevare e tenere indenne il da ogni e qualsivoglia conseguenza pregiudizievole derivante dal presente giudizio per le causali di cui sopra;
-in via subordinata, in qualsivoglia caso di eventuale quanto incomprensibile condanna anche del accertare e dichiarare un prevalente concorso di colpa dell’Attrice nella causazione del sinistro, a norma dell’art. 1227, comma I, c.c. e, per l’effetto, ridurre proporzionalmente la pretesa risarcitoria formulata da Controparte, previo contenere la stessa alla reale ed effettiva entità del danno subito dalla Danneggiata in conseguenza dei fatti di causa in quella misura che risulterà acclarata in corso di causa, senza vincolo di solidarietà tra le parti; -in via ulteriormente subordinata, nella denegata ipotesi di accoglimento della domanda attorea con eventuale quanto incomprensibile condanna anche del contenere la pretese risarcitoria e le relative richieste alla reale ed effettiva entità del danno subito dalla Danneggiata inconseguenza dei fatti di causa in quella misura che risulterà acclarata in corso di causa, senza vincolo di solidarietà tra le parti;
sempre con vittoria di spese e onorari di giudizio.

” Per effetto della conseguente chiamata in causa si costituiva in giudizio eccependo preliminarmente, e in via assorbente, la propria carenza di legittimazione passiva nonché contestando la fondatezza della domanda attorea sia in ordine all’an che al quantum debeatur invocando altresì l’esistenza del caso fortuito.

La causa veniva istruita documentalmente, mediante espletamento di prove orali e CTU medico-legale.

Preliminarmente, è necessario inquadrare la fattispecie in esame nella previsione di cui all’art. 2051 cod. civ..

Con riguardo all’applicabilità della disciplina in esame anche agli enti pubblici, con numerose pronunce la Suprema Corte ha precisato che l’esenzione del custode del bene pubblico dalla responsabilità di cui all’art. 2051 cod. civ. deve essere valutata non solo e non tanto in considerazione dell’estensione dello stesso e della possibilità di un effettivo controllo, quanto piuttosto anche in ragione della causa concreta da cui è derivato il danno, in quanto se quest’ultimo “è stato determinato da cause intrinseche alla cosa (come il vizio costruttivo o manutentivo), l’amministrazione ne risponde ai sensi dell’art. 2051 cod. civ.; per contro, ove l’amministrazione – sulla quale incombe il relativo onere – dimostri che il danno sia stato determinato da cause estrinseche ed estemporanee create da terzi (come ad esempio la perdita o l’abbandono sulla pubblica via di oggetti pericolosi), non conoscibili né eliminabili con immediatezza, neppure con la più diligente attività di manutenzione, essa è liberata dalla responsabilità per cose in custodia in relazione al cit. art. 2051 cod. civ.. ” (cfr. Cass. n. 15042/2008; n. 20427/2008).

La ratio dell’esclusione della responsabilità a titolo di custodia è, dunque, fondata sulla impossibilità di evitare l’insorgenza di situazioni di pericolo del bene, non per la natura propria di bene demaniale ma in quanto soggetto all’uso diretto da parte della generalità degli utenti e di estensione e dimensioni tali da rendere impossibile l’esercizio di un controllo adeguato, sia dalla individuazione della causa concreta del danno in fattori estrinseci al bene in sé e ineliminabili neanche con l’uso della diligenza richiesta rispetto alla destinazione propria del bene. Ne consegue che, allorquando per le caratteristiche proprie del bene deve ritenersi consentita ed esigibile un’adeguata attività di vigilanza idonea ad impedire l’insorgenza di cause di pericolo per i terzi, va affermata l’applicabilità della norma di cui all’art. 2051 c.c. anche nei confronti della pubblica amministrazione proprietaria del bene.
(Cass. 27.11.1995, n. 13114; Cass. n. 1542/2008; n. 24529/2009; n. 6101/2013; n. 8935/2013).

Ciò posto, nel caso di specie, il rapporto di custodia tra l’ comunale e il vialetto sito in non è oggetto di contestazione e deve, pertanto ritenersi provato ai sensi dell’art. 115 c.p.c.

L’applicabilità dell’art. 2051 cod. civ. non può, pertanto, essere posta in dubbio.

Inquadrata la fattispecie in esame nell’ambito dell’art. 2051 cc, si rammenta che in tema di ripartizione dell’onere della prova, all’attore danneggiato compete, sempre ed unicamente, di provare l’esistenza del rapporto eziologico tra la cosa e l’evento lesivo, mentre l’onere probatorio della parte convenuta deve riguardare l’esistenza di un fattore esterno (che può essere anche il fatto di un terzo o dello stesso danneggiato) idoneo ad interrompere tale nesso causale ovvero a superare la sua presunzione di responsabilità, presentando i caratteri tipici del fortuito, che sono l’imprevedibilità e l’eccezionalità (Cass. n. 1947/94, n. 5031/98). Infatti secondo l’orientamento espresso in numerose occasioni dalla S.C., “la responsabilità prevista dall’art. 2051 cod. civ. per i danni cagionati da cose in custodia ha carattere oggettivo e, ai fini della sua configurabilità, è sufficiente che sussista il nesso causale tra la cosa in custodia e l’evento dannoso, indipendentemente dalla pericolosità attuale o potenziale della cosa stessa (e, perciò, anche per le cose inerti) e senza che rilevi al riguardo la condotta del custode e l’osservanza o meno di un obbligo di vigilanza. La responsabilità del custode, in base alla suddetta norma, è esclusa in tutti i casi in cui l’evento sia imputabile ad un caso fortuito riconducibile al profilo causale dell’evento e, perciò, quando si sia in presenza di un fattore esterno che, interferendo nella situazione in atto, abbia di per sé prodotto l’evento, assumendo il carattere del c.d. fortuito autonomo, ovvero quando si versi nei casi in cui la cosa sia stata resa fattore eziologico dell’evento dannoso da un elemento o fatto estraneo del tutto eccezionale (c.d. fortuito incidentale), e per ciò stesso imprevedibile, ancorché dipendente dalla condotta colpevole di un terzo o della stessa vittima”. (cfr. Cass. n. 2563/2007; n. 4279/2008; n. 4476/2011).

Inoltre, – per quanto non rilevi ai fini dell’affermazione della responsabilità per i richiamati principi sulla natura oggettiva della responsabilità di cui all’art. 2051 c.c. (“La responsabilità per i danni cagionati da cose in custodia prevista dall’art. 2051 cod. civ., prescinde dall’accertamento del carattere colposo dell’attività o del comportamento del custode e ha natura oggettiva, necessitando, per la sua configurabilità, del mero rapporto eziologico tra cosa ed evento;

tale responsabilità prescinde, altresì, dall’accertamento della pericolosità della cosa e sussiste in relazione a tutti i danni da essa cagionati, sia per la sua intrinseca natura, sia per l’insorgenza di agenti dannosi, essendo esclusa solo dal caso fortuito, che può essere rappresentato – con effetto liberatorio totale o parziale – anche dal fatto del danneggiato, avente un’efficacia causale idonea a interrompere del tutto il nesso causale tra cosa ed evento dannoso o da affiancarsi ad esso come ulteriore contributo utile nella produzione del pregiudizio”, Cass. n. 4476/2011; Cass. civ. 7 aprile 2010, n. 8229; Cass. civ. 19 febbraio 2008, n. 4279; Cass. civ.
5 dicembre 2008, n. 28811) – sull’ente comunale, considerata la destinazione propria del bene in cui si è verificato il fatto, ossia una strada aperta al pubblico transito, gravava uno specifico obbligo di manutenzione del suddetto bene.

Ciò premesso, la responsabilità per danni cagionati da cose in custodia si fonda, da un lato, nell’essersi il danno verificato nell’ambito del dinamismo connaturato alla cosa o per lo sviluppo di un agente dannoso sorto in essa e dall’altro, nell’esistenza di un concreto potere fisico del custode sulla cosa ossia di una effettiva relazione di custodia intercorrente tra il soggetto e la cosa.

In presenza di questi due elementi l’art. 2051 cod. civ. pone a carico del custode una presunzione di responsabilità dell’evento dannoso che può essere vinta solo dalla prova che il danno è derivato esclusivamente dal caso fortuito, inteso nel senso più ampio, comprensivo del fatto del terzo e della colpa del danneggiato (cfr. tra le altre Cass. 20427/2008; n. 5578/2003; n. 5031/1998).

Pertanto, mentre incombe al danneggiato l’onere di provare i due indicati requisiti sui quali si basa la responsabilità, presunta iuris tantum del custode, quest’ultimo, ai fini della prova liberatoria, ha l’onere di indicare e provare che la causa del danno sia estranea alla sua sfera di azione (caso fortuito, fatto del terzo, colpa del danneggiato), rimanendo a suo carico la causa ignota, (Cass. n. 30776/2017), con la precisazione che ove la cosa in custodia sia inerte e priva di intrinseca pericolosità, incombe, altresì, sull’attore dimostrare che lo stato dei luoghi presentava un’obiettiva situazione di pericolosità, tale da rendere molto probabile, se non inevitabile, il verificarsi dell’evento dannoso, nonché di aver tenuto un comportamento di cautela correlato alla situazione di rischio percepibile con l’ordinaria diligenza, atteso che il caso fortuito può essere integrato anche dal fatto colposo dello stesso danneggiato. (cfr. Cass. n. 11526/2017; n. 12895/2016).

Non è in contestazione nel caso di specie né il rapporto di custodia tra l’ente convenuto e la strada in cui l’evento ebbe a verificarsi, né l’evento.

La domanda proposta dall’attrice è fondata e va accolta per le ragioni di seguito precisate.

Le circostanze di tempo e di luogo del sinistro nonché la dinamica dello stesso come indicate nell’atto di citazione hanno trovato piena conferma a seguito dell’istruttoria svolta e, segnatamente, delle esaurienti deposizioni rese dai testimoni oculari escussi sulla cui attendibilità non vi sono ragioni di dubitare considerata la concordanza, coerenza, precisione ed univocità delle stesse.

Detta dinamica rivela in modo evidente la sussistenza di una responsabilità da fatto illecito dell’ente comunale, titolare e custode della strada e come tale preposto alla vigilanza e manutenzione della stessa, ai sensi dell’art. 2051 cc.

Il fatto storico può, dunque, dirsi senz’altro provato, così come il nesso causale tra la cosa in custodia (strada) e l’evento (la caduta).

Tanto premesso, il Tribunale, che non intende discostarsi dal suddetto orientamento giurisprudenziale, ritiene che nel caso di specie sussista, certamente, il sopramenzionato nesso di causalità, invero, la caduta dell’attrice è stata provocata da una sconnessione, nello specifico una buca, determinandone la perdita di equilibrio della stessa, mentre di contro alcuna prova del caso fortuito è stata fornita dal convenuto.

Quest’ultimo, infatti, non ha dato prova di avere nella specie, con lo sforzo diligente adeguato alla natura della cosa e alle circostanze del caso concreto, adottato tutte le misure idonee a prevenire che il bene demaniale presentasse per l’utente una situazione di pericolo occulto ed arrecasse danno;

che la situazione di pericolo in argomento sia stata nella specie provocata da una repentina ed imprevedibile alterazione dello stato della cosa, se l’evento dannoso si sia verificato prima che l’ente proprietario o gestore abbia potuto rimuovere, nonostante l’attività di controllo espletata con la dovuta diligenza al fine di tempestivamente ovviarvi il verificatosi evento dannoso presentasse nello specifico caso concreto i caratteri dell’imprevedibilità e dell’inevitabilità non superabili con l’adeguata diligenza, ovvero il danno si presentasse evitabile solamente con l’impiego di mezzi ( non già di entità meramente considerevole bensì ) straordinari. Al proposito la teste ha dichiarato :
“… preciso che io ero in compagnia di mia madre ed avevo parcheggiato l’autovettura non nel lungomare ma in una traversa che è da considerarsi sempre proseguimento della INDIRIZZO strada che porta senza uscita che porta al parcheggio della casa di cura Io ero proprio a fianco di mia madre avevamo appena parcheggiato l’auto e ci stavamo dirigendo verso la casa di cura perché mia madre doveva posizionare un Holder.

Siccome la strada è priva di marciapiede e stretta mi ero posizionata verso la destra e mia madre si trovava al mio fianco sinistro.

Quella mattina (erano circa le ore 8,00 – 8,15) l’asfalto a causa della luce solare sembrava di un altro colore e non si percepivano buche o avvallamenti.

Mentre eravamo una di fianco all’altra come già detto in precedenza ho sentito un tonfo e girandomi ho visto mia madre a terra quando sono andata per sollevarla accusava un forte dolore al polso destro mi pare.

Mia madre mi continuava a dire che aveva preso una buca a causa della quale il piede aveva avuto una storta.

Nell’aiutarla a rialzarsi mi sono resa poi conto che era caduta esattamente sopra la buca in questione.

La buca non era evidente era lunga stretta e profonda circa 6-7- centimetri tanto da infilare un piede in parte” aggiungendo “confermo che il luogo del sinistro è quello rappresentato nelle fotografie sub doc. 6 fascicolo parte attrice, preciso di aver personalmente scattato le fotografie nell’immediatezza mentre la stavo caricando in macchina per portarla al P.S” Anche la teste ha precisato “… io mi trovavo a piedi dietro a questa signora di qualche passo.

Percorrevo la loro stessa direzione quando ho visto che all’improvviso la signora più anziana cadde.

Mi sono prestata a rialzarla aiutando penso la figlia che era con lei.

Ci siamo accorte di una buca in corrispondenza del punto ove era caduta.

Si trattava di una buca lunga a forma di fessura in cui poteva entrarci un piede.

In un primo momento non si vedeva sembrava un inganno ottico perché era più scura rispetto all’asfalto vicino” specificando “… riconosco la buca nelle fotografie che mi si mostrano sub doc. 6 fascicolo parte attrice …”.

A ciò aggiungasi che nessuna risultanza processuale depone per un’andatura affrettata dell’attrice;
anzi, la sua età all’epoca del sinistro, depone per la credibilità dell’allegata andatura regolare.

In tale contesto, ad avviso della scrivente, deve ritenersi in base al criterio del “più probabile che non” l’esistenza di un nesso causale tra la caduta dell’attrice e le condizioni della pavimentazione della strada dalla stessa percorso.

Ebbene da quanto sopra illustrato non sussiste dubbio sul fatto che la strada aperta al pubblico e quanto alla esistenza dell’avvallamento non solo la stessa è stata espressamente allegata quale causa petendi dall’attrice ma risulta confermata dalla documentazione prodotta in atti e dalle rivenienze istruttorie le quali hanno acclarato anche che non vi fossero segnali in loco indicanti la presenza della predetta insidia.

Le complessive risultanze processuali sin qui sintetizzate consentono, ad avviso di chi scrive, di affermare quanto segue.

Il sinistro è avvenuto su una strada di proprietà (come peraltro incontroverso) del conseguentemente gravato dai sopra evidenziati obblighi inerenti la sua qualità di custode.

La strada, nel luogo della caduta, presentava caratteristiche di intrinseca pericolosità per gli utenti, certamente risalenti nel tempo (attesa la tipologia dei danni alla pavimentazione evidenziati dalla più volte richiamata documentazione fotografica in atti) e ascrivibili a carenza di manutenzione piuttosto che a cause estrinseche o estemporanee addebitabili a terzi.

E’ presumibile che l’attrice non conoscesse la zona e lo stato della pavimentazione, e, comunque, non è stato allegato e provato il contrario.

Va a questo punto evidenziato che, ad avviso della scrivente, il principio solidaristico di cui all’art. 2 della Costituzione deve valere anche per chi é onerato della custodia di un bene soggetto all’uso di un numero indiscriminato di utenti, anche anziani o minori o diversamente abili;
trattandosi tra l’altro, nel caso di specie, di un percorso pedonale in zona della città frequentata attesa la presenza di un asilo.

Considerato, inoltre, e sempre tenuto conto delle condizioni della pavimentazione come sopra descritte, che si trattava di un percorso necessario per accedere all’asilo – e destinato, pertanto, anche al transito di numerosi soggetti.

Pertanto al caduta di un pedone in conseguenza della inavvertita posa del piede sulla zona dissestata non può ritenersi evento imprevedibile o connesso ad una condotta irragionevole o inaccettabile secondo un criterio probabilistico di regolarità causale.

In conclusione l’attrice ha pertanto provato, come detto, l’anomalia;
risulta provato anche il nesso causale tra l’evento lesivo occorso alla e l’anomalia suddetta.

In altri termini sussiste, dunque, responsabilità del convenuto ex art. 2051 c.c., avendo l’attrice provato il danno ed il nesso di causalità tra la inadeguata manutenzione e la conseguenza dannosa per la salute.

Diversamente, il sul quale incombeva il relativo onere, non ha provato l’evento imprevedibile ed imprevenibile causativo dell’evento dannoso.

Si ritiene che il comportamento della danneggiata non sia atto ad integrare gli estremi del caso fortuito e che non sia ravvisabile un suo concorso di colpa.

Sussiste, pertanto, incontrovertibilmente la piena responsabilità da fatto illecito per i danni alla persona subiti dall’attrice in conseguenza della caduta, ai sensi dell’art. 2051 c.c.

Per quanto attiene l’individuazione del soggetto sul quale ricade l’obbligo di custodia della strada in oggetto si osserva quanto segue.

L’affidamento in appalto della manutenzione stradale ad una o più ditte private non trasferisce l’obbligo di custodia del bene demaniale dal alle imprese appaltatrici;
anche in questo caso, permane in capo all’Ente proprietario il dovere di sorveglianza, espressamente posto a suo carico dell’art. 14 C.d.S. (Cass. civ., Sez. III, 23 gennaio 2009, n. 1691).

Con riferimento alla manutenzione delle strade, il principio secondo il quale “l’appaltatore deve ritenersi unico responsabile dei danni derivati a terzi dall’esecuzione dell’opera”, non può trovare applicazione, atteso che tale principio è destinato ad operare solo se vi sia il trasferimento totale, da parte del committente all’appaltatore, del potere fisico sulla cosa (principio, peraltro, già sancito dalla Corte di Cassazione con sentenza n. 7755/07).

Nel caso di una strada pubblica, un simile totale trasferimento non può avere luogo, in quanto il non può spogliarsi del dovere, di fonte pubblicistica, di curare la manutenzione, la gestione e la pulizia delle strade, sancito dal citato art. 14 C.d.
RAGIONE_SOCIALE Esaminando il caso di specie, va sottolineato che INDIRIZZO era stata oggetto di lavori affidati alla società e, pertanto, secondo le difese svolte dall’ente comunale, le responsabilità per la custodia della strada medesima devono ricadere sull’appaltatore.

L’eccezione dell’Ente non può essere accolta.

La difesa della terza chiamata in causa ha, infatti, prodotto Ordinanza emessa dal Comando di Polizia Municipale per l’esecuzione dei lavori” (soprarichiamata) recante la data del 06.03.2017, in cui “ la realizzazione” dei lavori in questione “dovrà avvenire, a far tempo dal 13.03.2017 al 07.08.2017”, “certificato di ultimazione lavori” recante la data del 20.07.2017 reso in contraddittorio con la ditta esecutrice e “certificato di regolare esecuzione” recante la data del 31.08.2017 reso in contraddittorio con la ditta esecutrice. Da tali documenti si evince che si era esaurito l’importo contrattuale, e quindi l’appalto era da ritenersi concluso.

A fronte di tanto, l’impresa appaltatrice ha dimostrato inequivocabilmente che alla data del sinistro, ossia il giorno 21.5.2018, l’appalto era terminato per esaurimento dell’importo contrattuale.

L’emissione del certificato di regolare esecuzione dei lavori costituisce il momento conclusivo dei suddetti lavori, ovvero il momento in cui si è concluso il rapporto.

Infatti, “in tema di appalto di opere pubbliche, il verbale di ultimazione dei lavori e la consegna delle chiavi trasferiscono al committente sia il possesso dell’opera sia il conseguente onere di custodia, senza che sia anche necessario il collaudo (o il rilascio del relativo certificato), che costituisce l’atto formale indispensabile ai soli fini dell’accettazione dell’opera da parte della pubblica amministrazione” (in tal senso, Corte di Cassazione, sentenza 31 ottobre 2017 n. 25820; Corte di Cassazione, sentenza 16 aprile 2014 n. 8874). Nel caso che ci occupa non poteva esserci consegna delle chiavi, trattandosi di cantiere avente ad oggetto la manutenzione di una strada.

La responsabilità per la custodia, ai sensi dell’art. 2051 c.c., ricade, quindi, sul e non sulla ditta appaltatrice che alla data del sinistro aveva già consegnato i lavori.

Per tali ragioni non può essere accolta la domanda di manleva formulata dal nei confronti della ditta appaltatrice.

Venendo alla quantificazione dei pregiudizi allegati dall’attrice per quanto concerne i danni conseguenti alle lesioni fisiche riportate dal medesimo, ci si riporta alle conclusioni della CTU medico- legale, in quanto immuni da vizi logico-giuridici.

Conseguentemente, sulla base delle conclusioni della Ctu, per le menomazioni subite, deve riconoscersi a parte attrice un danno biologico permanente del 3% per cento.

Alla luce dell’evoluzione clinica documentata in atti, devono, altresì, essere riconosciuti a parte attrice giorni 30 di I.T.P. al 75%, giorni 20 al 50% e giorni 20 al 25%.

La liquidazione del danno deve essere effettuata facendo applicazione delle tabelle dell’Osservatorio sulla Giustizia Civile di Milano, rivisitate nella versione del 2021 a seguito dei recenti orientamenti della Corte di Cassazione.

E’ noto, infatti, che, a seguito delle sentenze delle Sezioni Unite dell’11/11/2008, le tabelle milanesi erano state rielaborate tenendo in considerazione anche il ristoro dovuto per la sofferenza morale soggettiva.

Fino alla versione 2018, le Tabelle mostravano, dunque, una liquidazione unitaria del danno non patrimoniale conseguente a “lesione permanente dell’integrità psicofisica della persona suscettibile di accertamento medico-legale”, nei suoi risvolti anatomo-funzionali e relazionali medi ovvero peculiari, e del danno non patrimoniale conseguente alle medesime lesioni in termini di “dolore”, “sofferenza soggettiva”, in via di presunzione in riferimento ad un dato tipo di lesione.

Con la versione del 2021 l’Osservatorio, prendendo atto dei recenti orientamenti espressi dalla giurisprudenza di legittimità, che hanno nuovamente attribuito una propria autonomia alla categoria del danno morale (o “da sofferenza soggettiva interiore”), distinguendola dal danno biologico/dinamico-relazionale, ha esplicitato gli addendi monetari delle singole componenti del danno non patrimoniale, fermi i valori monetari come aggiornati secondo gli indici ISTAT.

Pertanto, applicando le tabelle del Tribunale di Milano, per l’anno 2021, tenuto conto dell’età che la danneggiata aveva al momento del sinistro alla luce della tipologia delle lesioni riportate dallo stesso e descritte nella relazione del Ctu, si ritiene equo liquidare il risarcimento del danno non patrimoniale nelle seguenti somme:
euro 5.225,00, per danno non patrimoniale permanente;
euro 4.312,50 per danno non patrimoniale temporaneo.
Totale euro 9.537,50.

Su tali somme, devalutate e rivalutate annualmente, sono dovuti gli interessi legali dalla data dell’evento al saldo.
Sulla base di quanto accertato dal Ctu, è dovuto, infine, il risarcimento del danno patrimoniale, per spese sanitarie sostenute per euro 599,00.

Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate tenuto conto dei parametri di cui al D.M. n. 55/14 così come aggiornati dal D.M. n. 147/22 tenendo a mente valori medi.

Con pagamento in favore dello stato ai sensi dell’art. 133 DPR n 115/2002 essendo parte attrice ammessa al gratuito patrocinio.
Le spese di CTU vengono poste definitivamente a carico di parte convenuta.

Il Tribunale, definitivamente pronunciando, ogni altra istanza disattesa o assorbita, così dispone:
accerta e dichiara la responsabilità del convenuto per l’evento dannoso occorso all’attrice e, per l’effetto, lo condanna al risarcimento dei danni a favore di che si liquidano nella somma di € 10.136,50, oltre rivalutazione e interessi legali come da motivazione;
condanna il convenuto alla rifusione delle spese di lite in favore dell’attrice, che si liquidano in € 5.077,00 per compensi professionali, oltre a spese generali, I.v.a. e c.p.a.
di legge con pagamento a favore dello stato ai sensi dell’art. 133 DPR n 115/2002.
Condanna il convenuto alla rifusione delle spese di lite in favore della terza chiamata che si liquidano in € 5.077,00 per compensi professionali, oltre a spese generali, I.v.a. e c.p.a. di legge.
Pone le spese di CTU definitivamente a carico del La presente sentenza si intende pubblicata con l’allegazione al verbale d’udienza ai sensi e per gli effetti dell’ articolo 281 sexies c.p.c.,.
Rimini, 11 settembre 2024 Il Giudice on dott. NOME COGNOME

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