RG.
n. 912/2021
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE D’APPELLO DI GENOVA SEZIONE SECONDA nelle persone dei magistrati:
dott. NOME COGNOME Presidente dott.ssa NOME COGNOME Consigliere relatore dott.ssa NOME COGNOME Consigliere riuniti in camera di consiglio, ha pronunciato la seguente:
SENTENZA N._1339_2024_- N._R.G._00000912_2021 DEL_07_11_2024 PUBBLICATA_IL_08_11_2024
nella causa d’appello contro la sentenza n. 226/2021 del 7/04/2021 del Tribunale di Massa, promossa da:
(C.F. ) e (C.F. ), in qualità di eredi di , rappresentati e difesi dall’Avv. NOME COGNOME in forza di procura in calce all’atto di appello, presso il quale sono elettivamente domiciliati in Massa, INDIRIZZO APPELLANTI contro (C.F. ), rappresentata e difesa, in forza di procura allegata alla comparsa di costituzione e risposta, dagli Avv. NOME COGNOME e NOME COGNOME, presso il quale è elettivamente domiciliata in Massa, INDIRIZZO APPELLATA e contro (C.F. ), rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME in forza di procura allegata alla comparsa di costituzione e risposta, presso la quale è elettivamente domiciliata in Carrara, INDIRIZZO
CONCLUSIONI
DELLE PARTI PER GLI APPELLANTI C.F. C.F. C.F. C.F. formulate, alla luce della relazione tecnica depositata dalla C.T.U., si precisano così le conclusioni:
Voglia l’Ecc.ma Corte di Appello, in riforma della sentenza impugnata, tenuto conto delle risultanze della C.T.U. depositata dalla Dott.ssa accertare e dichiarare che non hanno alcuna responsabilità nel verificarsi degli eventi oggetto di causa, che non sono tenuti ad eseguire gli interventi di messa in sicurezza come specificati nella C.T.U. dell’Ing. e, per l’effetto, rigettare tutte le domande di e di.
Con vittoria delle spese di lite di entrambi i gradi del giudizio” PER L’APPELLATA DELLA “Piaccia alla Ecc.ma Corte di appello di Genova rigettare l’atto di appello in quanto infondato in fatto ed in diritto e confermare la Sentenza impugnata.
Con vittoria di spese e competenze di causa di entrambi i gradi di giudizio”.
PER L’APPELLATA “Piaccia all’Ecc.llma Corte di Appello di Genova prendere atto che l’appellata si rimette a giustizia e quindi si dichiara remissiva in ordine all’emananda sentenza, dovendosi in ogni caso tenere conto del suo ruolo, invero marginale (così prottratosi nella presente causa di appello), avuto nel giudizio per danno temuto di primo grado dinanzi al Tribunale di Massa (concluso con l’appellata sentenza n. 226/2021), promosso, a sua totale insaputa, dalla zia materna, l’odierna appellata , che, pur comproprietaria con la nipote del compendio immobiliare in Massa, INDIRIZZO minacciato dal denunciato evento franoso, assumeva temerariamente di esserne l’unica, totale proprietaria. Con ciò a , assente nella iniziale fase cautelare (RG n. 1597/2011) del giudizio di primo grado per danno temuto, nella quale si era svolta ed esaurita l’attività istruttoria (deposito 05/03/2013 della CTU del geol. e deposito 28/03/2013 dell’ing. e intervenuta, invero passivamente, in tale giudizio al termine della successiva fase di merito (RG n. 982/2014), venutane a conoscenza dopo esservi stata citata quale erede del defunto convenuto , era stata colposamente impedito di svolgervi una qualsiasi attività istruttoria, costretta quindi a recepire le risultanze delle anzidette CTU, in sua assenza depositate”. SVOLGIMENTO DEL PROCESSO annesso terreno, sito in Massa, INDIRIZZO confinante con i terreni di proprietà , del figlio , nonché di identificati al NCT Fg 84 mappali 694 NUMERO_CARTA, NUMERO_CARTA, NUMERO_CARTA, NUMERO_CARTA, NUMERO_CARTA, NUMERO_CARTA, NUMERO_CARTA, NUMERO_CARTA, 1001, 978, adiva il Tribunale di Massa, citando in giudizio i predetti al fine di sentirli condannare alla messa in sicurezza dei terreni di loro proprietà, sovrastanti quelli della stessa, così da evitare il pericolo di frane.
Affermava che, all’interno dei detti terreni, a seguito delle intense piogge intervenute nei giorni 31/10 e 01/11/2010, si erano verificati eventi franosi tali da determinare grave pericolo per il fabbricato sottostante di sua proprietà;
il Comune di Massa con ordinanza n. 4735 del 05/11/2010 aveva dichiarato l’inagibilità del detto fabbricato e ordinato la sua evacuazione sino al ripristino delle condizioni di sicurezza;
con successiva ordinanza n. 157 del 14/12/2010 l’Amministrazione comunale aveva precisato che “l’evacuazione è stata disposta a causa dello smottamento della scarpata retrostante l’abitazione della ricorrente”, costituendone potenziale pericolo Si costituiva nel giudizio , in proprio e quale erede di nel frattempo deceduta, chiedendo il rigetto del ricorso proposto dalla controparte e precisando che la responsabilità dell’evento fosse da ascrivere alla condotta di , la quale aveva disboscato la scarpata retrostante il fabbricato, nonché al Comune di Massa, che aveva tagliato le piante presenti sui terreni interessati dalle frane. Nel corso del giudizio il ricorrente, stante la mancata prova della notifica del ricorso, rinunciava alla domanda proposta nei confronti di Licenziata consulenza tecnica d’ufficio affidata al Geol. e all’Ing. Tribunale di Massa emetteva l’ordinanza del 5/02/2014, con la quale, in accoglimento del ricorso:
1) accertava che le cause del fenomeno franoso erano da ascriversi ai terreni intestati a ;
2) condannava quest’ultimo ad eseguire a sue cure e spese le opere di cui al progetto esecutivo a firma dell’Ing. 3) infine, poneva a carico del predetto resistente al pagamento delle spese di lite.
introduceva il giudizio di merito dinnanzi al Tribunale di Massa citando in giudizio , chiedendo che fosse esclusa la sua responsabilità per gli eventi franosi e affermando quella di (che aveva effettuato un disboscamento dei terreni) o, in subordine, di per non aver effettuato la manutenzione ordinaria a carico dell’usufruttuario.
costituiva nel giudizio chiedendo che fosse dichiarata la nullità del procedimento cautelare e che fossero rigettate le domande proposte dall’attore.
Si costituiva nel giudizio anche , instando per il rigetto delle domande dispiegate da e chiedendo che lo stesso fosse condannato al risarcimento dei danni.
All’udienza del 3/5/2018 il processo veniva dichiarato interrotto per la morte di , poi riassunto dall’attore nei confronti di , nella loro qualità di eredi del defunto.
All’esito della riassunzione del giudizio nessuna delle suddette parti si costituiva in qualità di erede di ed all’udienza del 26/02/2019 la difesa di dichiarava che la stessa aveva rinunciato all’eredità.
Successivamente decedeva anche pertanto, all’udienza del 24/09/2019 il giudizio veniva nuovamente interrotto.
Con ricorso depositato in data 20/12/2019 , quali eredi di (rispettivamente figlio e moglie del defunto), provvedevano alla riassunzione del processo nei confronti di (quest’ultima quale erede di ), nonché di (altro erede di si costituiva nel giudizio non in quanto erede di , all’eredità del quale dichiarava di rinunciare, ma quale comproprietaria della quota del 50% del compendio immobiliare sito in INDIRIZZO, minacciato dall’evento franoso oggetto di lite.
La stessa, in data 17/08/2020, depositava telematicamente la documentazione attestante l’avvenuta rinuncia, in data 21/07/2020, da parte sua e del figlio, , all’eredità di.
Nessuno si costituiva in giudizio, invece, per , nonostante la regolarità della notifica nei suoi confronti.
Ad ogni modo, l’avv. COGNOME produceva telematicamente copia della rinuncia all’eredità da parte di costui e dei figli minori, con annesso provvedimento autorizzativo del giudice tutelare.
Il Tribunale, istruita la causa solo documentalmente, con la sentenza impugnata, così provvedeva:
“conferma le statuizioni di cui all’ordinanza del 5.2.2014 pronunciata nell’ambito del procedimento cautelare n. 15972011 R.G., condannando , in qualità di eredi di , ad eseguire a propria cure e spese gli interventi di messa in sicurezza nei termini meglio specificati nell’elaborato peritale a firma ) condanna i sig.ri , in qualità di eredi di , al pagamento in favore dello Stato delle spese di lite del presente giudizio, liquidate in complessivi € 4.800,00 per compensi oltre spese generali ed accessori come per legge; 4) condanna i sig.ri , in qualità di eredi di , al pagamento in favore di delle spese di lite del presente giudizio che vengono liquidate in € 1.800,00 per compensi oltre spese generali ed accessori come per legge.
“ Il Tribunale -esclusa la nullità del giudizio di merito e della sentenza per la mancata partecipazione al giudizio nunciatorio di , citato invece nel giudizio di merito, alla luce della diversità dei due procedimenti;
ritenuto, in ogni caso, che il decesso , intervenuto nel corso del giudizio di primo grado, ha comportato l’estinzione dell’usufrutto ex art. 979 c.c., di talché i suoi eredi non hanno alcuna legittimazione passiva, posto che con esso è venuta meno qualsivoglia fonte di obbligazione per gli interventi di messa in sicurezza dei luoghi (mentre, di contro, non è stata reiterata al momento della precisazione delle conclusioni alcuna domanda di risarcimento del danno);
esclusa la natura abusiva dei beni in capo a – entrando nel merito, ha integralmente richiamato – stante il lineare percorso motivazionale e l’assenza di apparenti discrasie tecniche – le risultanze degli elaborati peritali formatisi nel corso della fase cautelare a firma del Geol. e dell’Ing. acquisiti al giudizio (anche alla luce del fatto che l’estinzione medio tempore sopravvenuta dell’usufrutto a favore di , non convenuto nella precedente fase cautelare, ha determinato il venir meno di qualsivoglia potenziale lesione del diritto di difesa discendente dal loro utilizzo, nonché del fatto che tenuto all’esecuzione delle opere necessarie ad eliminare il danno temuto solo il nudo proprietario e non anche l’usufruttuario, trattandosi di interventi di manutenzione straordinaria, la necessità dei quali non è imputabile ad un difetto di manutenzione ordinaria).
Sulla base degli accertamenti del CTU svolta nell’ambito del procedimento ex art. 1172 c.c. del Geol. per cui le cause del fenomeno franoso denunciato – e cartografato al mappale 695 siano state la concentrazione delle acque provenienti da monte (mappali 1115 – 697 – 696), quindi di proprietà dei convenuti, in punti preferenziali, in particolare nella parte centrale dell’attuale corona di frana, causando un dilavamento ed una saturazione dei terreni superficiali con aumento delle pressioni neutre, facendo sì che parte del peso del dell’asserito disboscamento eseguito sulla scarpata da parte della sig.ra , nonché del taglio delle piante effettuato su ciglio e sul versante stesso da parte del Comune di Massa, il Tribunale concludeva che abbiano fondata ragione di temere che dai terreni sovrastanti discenda il pericolo di un danno grave ai terreni ed all’immobile di INDIRIZZO costituenti l’oggetto del loro diritto di proprietà. Confermava, quindi, l’ordinanza del 5.2.2014 con cui , e in oggi, gli eredi, erano stati condannati all’esecuzione delle opere di messa in sicurezza individuate dall’ Ing. ( 1) la realizzazione di due berlinesi sormontate da palificata in legname, una posta a valle per metri lineari 25 ed una posta a monte per metri lineari 45 della frana;
2) la realizzazione di palizzate in legno ancorate alle berlinesi;
3) la realizzazione di una canaletta di raccolta funzionale alla regimentazione delle acque del versante, mediante convogliamento in un pozzetto di raccordo al canale tombato esistente) per il complessivo valore di euro 275.000,00.
Avverso la predetta sentenza hanno interposto appello , chiedendo la riforma della sentenza, con l’accoglimento delle originarie domande proposte, ed articolando i motivi di seguito indicati.
Si è costituita , chiedendo il rigetto dell’appello con la conferma della sentenza impugnata.
Si è costituita , chiedendo il rigetto dell’appello con la conferma della sentenza impugnata.
Disposta la sostituzione dell’udienza di precisazione delle conclusioni con il deposito di note scritte contenenti le conclusioni definitive delle parti, ai sensi dell’art. 83, c. 7, lett. h), D.L. 18/2020, la causa è stata trattenuta in decisione con ordinanza del 13/04/2023, con concessione dei termini di legge per conclusionali e repliche.
Con ordinanza del 18-20/7/2023, la Corte, ritenuta la necessità istruttoria, all’esito delle difese delle parti e delle perizie tecniche prodotte dalla parte appellante, ed in accoglimento dell’istanza della predetta parte appellante di rinnovare la CTU nel giudizio di merito, di disporre indagine tecnica diretta ad individuare le cause della frana e la situazione di pericolo di cui è causa, ha disposto la rimessione della causa in istruttoria, licenziando CTU sul seguente quesito:
“Il consulente tecnico, esaminati gli atti e i documenti di causa, nonché le CTU svolte nel procedimento ex art. 1172 c.c. n. 1597/2011 del Tribunale civile di Massa, acquisito agli atti, delle cose interessate dall’evento franoso per cui è causa, l’esistenza e le cause del movimento franoso, individuandone la zona di origine ed indicando i titolari delle proprietà dei terreni dai quali abbia avuto origine il movimento franoso e di quelli interessati dal dissesto.
Dica quali siano le cause del movimento franoso denunciato, specificando altresì se esso sia stato determinato e/o concausato da eventi atmosferici imprevedibili e di eccezionale intensità;
indichi le eventuali mancanze eo responsabilità attribuibili alle parti in causa, che siano da porsi in nesso causale con l’evento.
Riservata ogni ulteriore decisione in ordine a supplemento di CTU relativamente ai rimedi.
Depositata la CTU, sulle conclusioni di cui in epigrafe, la causa è stata trattenuta in decisione con ordinanza del 20/06/2024, con concessione dei termini di legge per conclusionali e repliche.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Col primo motivo parte appellante afferma la nullità della sentenza in quanto la decisione si fonda due CTU (Dott. e Ing. ) redatte nella fase sommaria del procedimento per danno temuto R.G. 1597/11 affetto da nullità per mancanza di integrazione del contraddittorio nei confronti di un litisconsorte necessario, , usufruttuario dei terreni di cui in oggetto, tenuto alla manutenzione ordinaria del bene, nullità da estendersi anche alle consulenze tecniche.
Col secondo motivo parte appellante afferma che il procedimento per danno temuto non può essere introdotto per tutelare degli immobili abusivi quali quello utilizzato come abitazione da e gli altri costruiti sui terreni di sua proprietà.
Dall’abusività consegue la mancanza in capo alla suddetta di interesse o legittimazione ad agire con procedimento per danno temuto.
Col terzo motivo, parte appellante contesta le risultanze delle CTU espletate nella fase del giudizio nunciatorio, affermando che il Tribunale non avrebbe tenuto conto delle consulenze tecniche di parte non solo di ma anche dello stesso ed ha omesso di specificarne in sentenza le motivazioni (in particolare Dott. relativa alla incidenza causale del disboscamento attuato dalla ;
Geom. da cui si evince che il fenomeno di concentramento delle acque meteoriche individuato dal C.T.U. non può essere esistente tenuto conto delle pendenze dei terreni soprastanti a quelli franati ed in cui sono individuate specificamente le direzioni di scolo delle acque piovane che non convergono nel punto indicato dal C.T.U;
geologo *** Il primo motivo è infondato, posto che, seppure l’ azione di denunzia di danno temuto ( diretta a sanzionare l’inerzia di colui il quale, essendovi obbligato, “abbia omesso di espletare l’attività necessaria per evitare l’insorgenza della situazione di pericolo”, ovvero di rimuoverne la causa), possa essere proposta oltre nei confronti del proprietario della cosa o del titolare del diritto reale portatore dell’obbligo, del possessore e di chi ha, comunque, la disponibilità della cosa dalla quale si assume provenga la minaccia di danno per i beni altrui, è altresì pacifico, per costante giurisprudenza, che i provvedimenti temporanei ed urgenti di natura cautelare assunti ai sensi dell’art. 1172 c.c. caratterizzano ed esauriscono la fase cautelare del procedimento cui dà luogo il ricorso del denunciante, mentre del tutto distinto ed autonomo rimane, rispetto ad essa, il successivo giudizio di merito a cognizione piena, diretto ad accertare l’esistenza del diritto per la cui tutela erano stati chiesti quei provvedimenti.
Il giudizio di merito successivo alla chiusura della fase cautelare del procedimento ha ad oggetto la verifica della ricorrenza dell’effettiva esistenza del pericolo di danno, della sua riconducibilità al comportamento del denunciato e dell’illiceità di tale comportamento, sicché, ricorrendo siffatti elementi, i provvedimenti emessi con sentenza a chiusura del giudizio di merito non rilevano di per sé ma in funzione della effettiva e piena tutela della situazione di possesso invocata (cfr. Cass., Sez. 2, Sentenza n. 14561 del 20/11/2001).
Nel giudizio di merito è quindi necessaria una valutazione completa ed esaustiva di ogni tema di giudizio introdotto dalle parti, ivi inclusa, ovviamente, quella relativa alla situazione di fatto addotta a fondamento della richiesta introduttiva del giudizio, onde regolare definitivamente il rapporto tra soggetto autore della situazione di pericolo e soggetto esposto alla stessa (l’uno e l’altro nella qualità di titolari di diritti reali sui due fondi confinanti), sulla base della effettiva entità di quel pericolo, della individuazione dell’intervento idoneo ad eliminarlo, della definitiva identificazione dell’onerato all’intervento e della misura di tale onere (v. Cass., Sez. 1, Sentenza n. 10282 del 28/05/2004).
Come affermato, poi, nella sentenza impugnata, la fase interdittale si conclude con un provvedimento che, qualora -come è avvenuto nel caso specifico- sia seguita dalla rituale instaurazione della fase di merito, è destinata essa pure ad esaurire i suoi effetti nei limiti della durata del giudizio di primo grado e ad essere superato dalla sentenza che definisce quest’ultimo.
Dal che consegue l’irrilevanza della mancata partecipazione di un contraddittore necessario alla predetta fase sommaria, laddove (come nel caso di specie) a contrario, la circostanza che il giudizio di merito si sia concluso con la conferma del provvedimento conclusivo della fase interdittale:
in tal modo, infatti, il giudice del merito ha fatto proprie le statuizioni rese all’esito della prima fase sommaria, così pronunciandosi sulla domanda, alla presenza di tutti i litisconsorti necessari -incluso per lui i suoi eredi- e privando di qualsiasi rilievo la mancata partecipazione di quest’ultimo alla predetta prima fase processuale.
Da quanto precede consegue che non si configura alcun profilo di violazione del contraddittorio neppure in conseguenza della mancata partecipazione dell’usufruttuario alla fase interdittale.
Venendo, ora, all’esame del terzo motivo di appello, avente rilevanza preliminare rispetto al secondo, in quanto inerente l’accertamento della causa della frana e dei terreni da cui ha originato, la Corte alla luce delle consulenze tecniche della parte appellante ha ritenuto di rinnovare la CTU affidandola ad esperto geologo-ingegnere al fine di valutare, nel pieno contraddittorio tecnico, le cause delle frane verificatasi, con incarico al predetto CTU di valutare ed esaminare anche le precedenti CTU – poste dal Tribunale a base della sentenza impugnata – nonché delle relazioni delle parti appellanti. Ritiene la Corte esaustiva, argomentata e persuasiva la CTU espletata durante il giudizio di appello, affidata ad esperto e stimato professionista, fondata su un accurato studio dello stato dei luoghi, delle caratteristiche geomorfologiche del versante, e dell’origine dell’evento franoso.
Dalla approfondita CTU emergono le seguenti circostanze che così si possono sintetizzare:
-i luoghi per cui è causa sono ubicati in INDIRIZZO, nel Comune di Massa, in INDIRIZZO dove si trova l’immobile delle appellate.
L’abitazione è ubicata in un settore pianeggiante, posto al piede di una ripida scarpata in terra, esposta ad Ovest.
Al Nuovo Catasto Terreni il pianoro nel quale sorge il fabbricato ricade nei mappali 977, 978, 1001 del Foglio, mentre la scarpata ricade nei mappali 694, 695 e 696;
-al Nuovo Catasto Terreni, la porzione di versante sistemata a fasce terrazzate e posta ad Est del ciglio di frana, ricade nei mappali 696, 697 e 1115.
All’epoca dell’evento oggetto del presente procedimento le fasce terrazzate risultavano ancora coltivate a frutteto/oliveto, mentre oggi risultano in stato di abbandono, infestate da robinie e rovi.
Lo stato di abbandono in cui versano oggi le fasce terrazzate ha reso necessario, preliminarmente all’esecuzione del rilievo topografico, un esteso intervento di pulizia della vegetazione, con taglio di alberature e arbusti infestanti;
elevata”, che comprende aree interessate da frane quiescenti, con indicatori geomorfologici precursori di fenomeni di instabilità, potenzialmente soggetti ad attivazioni o riattivazioni di movimenti di massa di media intensità.
L’area è inoltre soggetta a vincolo idrogeologico ai sensi del R.D. 3267/1923.
Il grado di pericolosità evidenziato dal PS del Comune di Massa risulta confermato anche dal PAI del Bacino Regionale Toscana Nord, approvato con Delibera del Consiglio Regionale n. 11/2005 e vigente alla data dell’evento franoso per cui è causa.
Nella Fig. 8 si riporta la Carta Tutela del Territorio del PAI, dalla quale si evince che il versante in esame risultava classificato (prima dell’evento de quo) in area PFME, ovvero area a pericolosità geomorfologica molto elevata.
(pag. 15 e segg. CTU);
-il dissesto avvenuto nell’autunno 2010, oggetto della presente vertenza, ha interessato la porzione più superficiale della coltre detritica di versante, secondo un movimento di scivolamento.
Natura analoga hanno anche gli altri movimenti franosi che hanno interessato il fronte in esame negli anni, sia precedenti che successivi al 2010 (pag. 16 CTU);
-la zona di origine del dissesto è localizzata in corrispondenza del ciglio di scarpata, essendo questo caratterizzato da pendenze massime, con porzioni addirittura in aggetto.
Al fine di individuare nel modo più accurato possibile i limiti catastali ed i confini di proprietà, è stata inoltre effettuata la sovrapposizione tra il rilievo laser scan eseguito da RAGIONE_SOCIALE e l’estratto di mappa catastale.
Il risultato della sovrapposizione è visibile in allegato (TAVOLA 002).
Da ciò emerge chiaramente che il ciglio di scarpata che determina la rottura di pendenza lungo il versante ricade:
– a Sud, alle spalle dell’immobile delle appellate, nel mappale 696;
– nel settore mediano segue il confine tra i mappali 695 e 1115;
– a Nord è interamente compreso nel mappale 694.
Risulta dalla CTU che “La frana del 2010 è interamente ricompresa (come già asserito dal CTU dott. geol. nei mappali di parte appellata ed in particolare nel mappale 695 (in massima parte) e 694 (in minima parte).
I titolari delle proprietà dei terreni dai quali ha avuto origine il movimento franoso e di quelli interessati dal dissesto sono quindi entrambi oggi in capo alle parti appellate”.
Ovviamente la posizione odierna del ciglio non rappresenta quella del 2010, epoca dei fatti di causa, in quanto negli anni intercorsi si sono verificate alcune altre frane, che hanno comportato l’ulteriore arretramento del ciglio, fino alla posizione attuale.
Attualmente, dopo -in ordine alle cause, in primo luogo il CTU ha escluso che l’evento meteorologico che ha investito il territorio di Massa tra il 31.10.2010 ed il 01.11.2010 abbia avuto carattere di eccezionalità, nonostante i numerosi ed ingenti dissesti al suolo provocati (pag. 16 CTU);
-in secondo luogo, il CTU ha distinto le cause predisponenti il dissesto (ossia l’elevata acclività e la presenza di depositi detritici incoerenti a copertura di un substrato tettonizzato (presenza della faglia sopra illustrata), e la causa scatenante, individuata nelle precipitazioni meteoriche dell’autunno del 2010, intense e prolungate, che hanno provocato la saturazione della coltre, con conseguente scadimento delle sue proprietà geomeccaniche e diminuzione della sua resistenza al taglio (pag. 25 CTU);
-in terzo luogo, il CTU ha escluso, alla luce dei rilievi svolti, sia in campo che strumentali, quale causa scatenante della frana del 2010 il ruscellamento concentrato delle acque meteoriche lungo il sentiero pedonale di collegamento tra le fasce terrazzate (Tav. 7 CTU Geol. nei terreni di proprietà appellante.
Al riguardo ha affermato che “la pendenza delle fasce terrazzate lungo il versante non è tale da poter concentrare le acque lungo il sentiero e da questo portarle verso il ciglio;
al contrario, le fasce risultano pianeggianti o al più a bassissima pendenza in direzione Sud e Sud-Est.
Tale conformazione favorisce l’infiltrazione delle acque meteoriche nel terreno, anziché il ruscellamento superficiale.
Lungo le porzioni di sentiero ancor oggi visibili, nonostante lo stato di abbandono in cui da anni ormai versa il frutteto, non vi sono evidenze di ruscellamento concentrato.
Sicuramente, stante l’elevata acclività della scarpata, le acque meteoriche che cadono in corrispondenza del ciglio ruscellano lungo la scarpata, provocandone l’instabilità;
detto fenomeno è assolutamente naturale e non implica, a giudizio della scrivente, alcuna responsabilità.
Ciò trova riscontro nei numerosi fenomeni di dissesto che si sono verificati (sia ante che post 2010) lungo l’intero fronte e non soltanto in corrispondenza della zona ove il CTU dott. geol. individuava il ruscellamento concentrato lungo il sentiero.
La scrivente ritiene inoltre che, anche in assenza del cosiddetto “sentiero-canale”, come definito dal CTU dott. geol. la frana oggetto della presente vertenza sarebbe avvenuta comunque, a causa della forte acclività del fronte e della progressiva saturazione del terreno di cui è formata la scarpata, ad opera delle prolungate precipitazioni meteoriche, così come accaduto sia prima che dopo l’evento de quo lungo l’intero versante.
A tale riprova sono state messe a confronto le fotografie del fronte scattate nel novembre 2010 e nell’aprile 2011 con quelle odierne.
Le immagini in Fig. 9 e 10 sono tratte dalla CTU del dott. geol. e riportano le linea nera i corpi di frana risalenti agli anni precedenti (a sinistra l’evento del 1999).
Mentre la frana di maggior estensione presenta il ciglio in corrispondenza dell’orlo di scarpata, in un settore prossimo al cosiddetto “sentiero-canale”, la frana di minor estensione risulta impostata nella coltre superficiale presente lungo il fronte.
Nella Fig. 10, in cui sono evidenziati solamente i due corpi di frana del 2010, è evidente l’arretramento dei due cigli:
anche quello della frana a destra della foto lambisce l’orlo della scarpata.
Si sottolinea come in questo settore il cosiddetto “sentierocanale” sia maggiormente distanziato dalla rottura di pendio e risulti attraversare le fasce terrazzate del frutteto.
” (pag. 29 e segg. CTU).
Ne consegue, alla luce degli approfonditi accertamenti ed analisi compiuti dal CTU nominato nel presente grado di giudizio, accertamenti e relative conclusioni condivise dalla Corte, che la frana, al 2010, è interamente ricompresa nei mappali 695 e 694.
Ciò trova conferma anche nella CTU di primo grado del Dott. (pagg. 6 e 7):
“l’ultimo dissesto oggetto di perizia avvenuto il 31/10/2010 principalmente sul mappale 695”.
In minima parte la frana coinvolgeva il mappale 694.
Di quanto sopra esposto si trova, altresì, evidenza nella Tavola 002 allegata alla CTU Ing. Geol.
in cui è riportata l’estensione della frana occorsa nel 2010, sulla base catastale, interamente ricompresa nei mappali delle parti appellate.
In assenza, pertanto, di una causa della frana riconducibile alla proprietà soprastante , e in presenza dell’accertata riconducibilità dell’evento franoso del 2010 esclusivamente ai terreni di proprietà delle parti appellate in quanto originato dai suddetti mappali 695 e 694, ne consegue che nessuna responsabilità può essere addossata agli appellanti né ex art. 2051 c.c. né ad altri titolo, né conseguentemente vi è spazio per individuare a loro carico alcun obbligo di messa in sicurezza.
Il secondo motivo di appello rimane assorbito.
Ne consegue che, in riforma della sentenza impugnata, in accoglimento della domanda proposta nel giudizio di merito da , come articolata nelle conclusioni del presente giudizio di appello, vanno respinte le domande proposte da , domande alle quali ha aderito , dirette ad accertare la responsabilità degli appellanti in ordine all’evento franoso del 2010, dirette ad ottenere la conferma dell’ordinanza 5.2.2014 nell’ambito del procedimento cautelare Rg. n. 1597/2011, e dirette alla condanna degli appellanti ad eseguire a propria cura e spese gli interventi di messa in sicurezza secondo la CTU Ing. , liquidate in base al DM n. 55/2015, secondo il valore della controversia e l’impegno profuso (da ripartirsi fra le stesse ex art. 97 c.p.c. nella misura di 2/3 a carico della e di 1/3 a carico della intervenuta nel giudizio in data 27/2/2020).
Le spese di CTU vanno poste in via definitiva a carico solidale delle appellate , in solido fra loro.
definitivamente pronunciando nella causa d’appello contro la sentenza n. 226/2021, del 07/04/2021, del Tribunale di Massa, così provvede:
In parziale accoglimento dell’appello ed accoglimento delle domande proposte da , come articolate nelle conclusioni del presente giudizio, ed in riforma della sentenza impugnata, respinge tutte le domande proposte da e da dirette ad accertare la responsabilità degli appellanti in ordine all’evento franoso del 2010;
dirette ad ottenere la conferma dell’ordinanza 5.2.2014 nell’ambito del procedimento cautelare Rg. n. 1597/2011, e dirette ad ottenere la condanna degli appellanti ad eseguire a propria cura e spese gli interventi di messa in sicurezza secondo la CTU Ing. Condanna le appellate , in solido fra loro, al pagamento in favore degli appellanti delle spese di lite del giudizio di primo grado, che si liquidano in euro 4.800,00 per compensi, oltre spese forfetizzate, iva e cpa (ripartite fra le stesse ex art. 97 c.p.c. in 2/3 a carico della e di 1/3 a carico della ome detto in parte motiva), nonché delle spese del presente giudizio di appello, che si liquidano in euro 5.800,00 per compensi, oltre spese forfetizzate, iva e cpa. Pone in via definitiva le spese di CTU a carico solidale di , in solido fra loro.
Genova, 22/10/2024 IL CONSIGLIERE ESTENSORE IL PRESIDENTE Dott.ssa NOME COGNOME Dott. NOME COGNOME
La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di
Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.
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