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Codice Civile
Codice Penale

Responsabilità per danni da insidia stradale

La sentenza affronta la responsabilità per custodia (art. 2051 c.c.) in caso di insidia stradale per omessa manutenzione, in combinato disposto con l’art. 1227 c.c. in tema di concorso di colpa. Rileva anche l’onere probatorio del custode e del danneggiato.

Pubblicato il 14 November 2024 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

IL TRIBUNALE ORDINARIO DI TORINO SEZIONE QUARTA CIVILE in composizione monocratica, nella persona del Giudice dott. NOME COGNOME ha pronunciato la seguente

SENTENZA N._5578_2024_- N._R.G._00012866_2020 DEL_06_11_2024 PUBBLICATA_IL_06_11_2024

nella causa civile iscritta al n. 12866/2020, promossa da:

(C.F. , nato a Abriola (PZ) il 16/04/1964, rappresentato e difeso dall’Avv. NOME COGNOMEC.F.: , del Foro di Torino, ed elettivamente domiciliato presso lo studio di quest’ultimo sito in Torino, INDIRIZZO 71/D, in virtù di procura speciale alle liti allegata in atti;

attore– contro (P.IVA , con sede in Torino, INDIRIZZO, in persona del e legale rappresentante pro tempore , elettivamente domiciliata in Torino, INDIRIZZO presso lo studio dell’avv. NOME COGNOMEC.F.: dal quale è rappresentata e difesa in virtù di delega allegata in atti;

-convenuta- e contro (C.F. – P.IVA , in persona del Rappresentante Generale C.F. C.F. C.F. per l’Italia e del Procuratore Speciale dott.ssa rappresentata e difesa, come da procura speciale alle liti in atti, dall’Avv. NOME COGNOME del Foro di Milano (C.F ) presso il cui studio in Milano (MI), INDIRIZZO è elettivamente domiciliata;

-terza chiamata- Udienza di precisazione delle conclusioni:

13.06.2024

CONCLUSIONI

Per parte attrice come da note di p.c. depositate telematicamente:

“Nel merito In via principale -accertata e dichiarata l’esclusiva responsabilità della Torino, in persona del Metropolitano pro tempore, in ordine alla produzione del sinistro in narrativa e, per l’effetto, condannarla al risarcimento di tutti i danni, patrimoniali e non, comprensivi del danno biologico e morale nonché delle spese mediche sostenute, conseguenti e subiti dall’odierno attore nel predetto sinistro, così quantificabili in complessivi euro 232.144,58, ottenuti – seguendo i dettami di Cass. Civ., Ord. n. 26117/2021 – parametrando il danno biologico base sulle Tabelle dell’Osservatorio sulla Giustizia Civile del Tribunale di Milano per l’anno 2018 e pari al 38% (€ 213.522,00), provvedendo a scorporare dall’importo del predetto danno base (€213.522,00) la somma corrisposta all’attore da parte dell’ a titolo di danno biologico sotto forma di rendita (€ 59.993,42), e sommando all’importo così ottenuto (€ 153.528,58) una personalizzazione pari al 25% aumentata di 1/3 (€53.381,00), ed aggiungendo l’inabilità temporanea totale e parziale (€ 25.235,00), oltre alle spese di assistenza stragiudiziale prestate dallo scrivente procuratore, e così per un totale pari ad €232.144,58, oltre rivalutazione monetaria ed interessi nella misura di legge sulla somma rivalutata. In via subordinata -accertata e dichiarata l’esclusiva responsabilità della Torino, in persona del Metropolitano pro tempore, in ordine alla produzione del sinistro in narrativa e, per l’effetto, condannarla al risarcimento di tutti i danni, patrimoniali e non, comprensivi del danno biologico e morale nonché delle spese mediche sostenute, conseguenti e subiti dall’odierno attore nel predetto sinistro, quantificabili (sulla scorta della relazione medica del Dottor fiduciario della terza chiamata) in complessivi euro 154.830,58, ottenuti – seguendo i dettami di Cass. Civ., Ord. n. 26117/2021 – parametrando il danno biologico base sulle Tabelle dell’Osservatorio sulla Giustizia Civile del Tribunale di Milano per l’anno 2018 e pari al 33% (€165.719,00), provvedendo a scorporare dall’importo del predetto danno base (€ 165.719,00) la somma corrisposta all’attore da parte dell’ a titolo di rendita per danno biologico (€ 59.993,42) e sommando all’importo così ottenuto (€ 105.725,58) una personalizzazione pari al 25% aumentata di 1/3 (€28.917,00) ed aggiungendo l’inabilità temporanea totale e parziale (€ 20.188,00), oltre alle spese di assistenza stragiudiziale prestate dallo scrivente procuratore, e così per un totale pari ad €154.830,58, oltre rivalutazione monetaria ed interessi nella misura di legge sulla somma rivalutata In via ulteriormente subordinata -accertata e dichiarata l’esclusiva responsabilità della RAGIONE_SOCIALE di Torino, in persona del pro tempore, in ordine alla produzione del sinistro in narrativa e, per l’effetto, condannarla al risarcimento di tutti i danni, patrimoniali e non, comprensivi del danno biologico e morale nonché delle spese mediche sostenute, conseguenti e subiti dall’odierno attore nel predetto sinistro, quantificati secondo quanto ritenuto di giustizia dall’odierno Giudicante. In ogni caso Con vittoria di onorari e spese della presente procedura, oltre rimb. for. 15%, iva e cpa come legge, tenuto conto del valore e della natura, nonché della complessità della controversia de qua, tenuto altresì conto del pregio dell’opera prestata dallo scrivente procuratore.

Con condanna altresì alla rifusione nei confronti dell’attore delle spese di assistenza stragiudiziale espletate dallo scrivente procuratore ante causam, stante la lunghissima trattativa stragiudiziale intercorsa con il rappresentante dei tale RAGIONE_SOCIALE testimoniata dalla corrispondenza e dai documenti in atti.

Con condanna al risarcimento del danno ex art. 96 cpc, terzo comma, in favore dell’attore, da parte della terza chiamata, tenuto conto dell’atteggiamento processuale da questa tenuto.

Salvis Juribus”.

Per parte convenuta (P.IVA come da note di p.c. depositate telematicamente:

“Voglia il Tribunale Ill.mo respinte le avverse domande Nel merito in via principale – rigettare la domanda attorea poiché infondata in fatto ed in diritto per i motivi esposti in narrativa e per l’effetto assolvere la da ogni avversa pretesa;

in via subordinata – nella denegata ipotesi di accoglimento della domanda di parte attrice, condannare la compagnia assicurativa gli in persona del Rappresentante Generale per l’Italia, a tenere indenne e manlevare la – con piena vittoria di spese, tenuto conto del valore della natura e della complessità della controversia in oggetto.

In ogni caso si chiede che le spese di resistenza dell’odierna conchiudente siano poste a carico degli in persona del Rappresentante Generale per l’Italia, ex art. 1917 c.c., terzo comma.

Per la terza chiamata RAGIONE_SOCIALE come da note di p.c. depositate telematicamente:

“Voglia l’Ill.mo Tribunale di Viterbo adito, contrariis rejectis, così giudicare:

In via principale e di merito:

previo rigetto, poiché infondate in fatto ed in diritto e comunque non provate, delle domande formulate dal sig. nei confronti della in persona del Sindaco pro tempore, rigettare e/o dichiarare in ogni caso assorbita la domanda di garanzia e manleva da quest’ultima formulata nei confronti degli che hanno assunto il rischio del certificato n. 1916257;

In via subordinata e di merito:

nella denegata e non creduta ipotesi in cui venga accertato un qualsivoglia profilo di responsabilità, ancorché parziale, della in persona del Sindaco pro tempore in relazione ai fatti dedotti in giudizio dagli attori, e previo accertamento dell’eventuale concorso colposo dell’attore nella causazione del sinistro e dell’operatività della garanzia assicurativa prestata che hanno assunto il rischio del certificato n. 1916257, statuire di conseguenza in relazione alla domanda di garanzia e manleva formulata dalla limitando in ogni caso l’esposizione risarcitoria e/o l’indennizzo assicurativo sulla base del danno effettivamente accertato e dovuto all’esito del giudizio, delle condizioni contrattuali applicabili alla fattispecie, al netto dello scoperto contrattuale e nei limiti del massimale del certificato di polizza. In ogni caso:

con vittoria di spese e competenze di causa come per legge” *****

Concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione Con atto di citazione del 14.07.2020, adiva l’Autorità Giudiziaria al fine di sentir dichiarare tenuta e condannare la alla rifusione del danno, patrimoniale e non patrimoniale, da questi patito in conseguenza del sinistro stradale occorso in data 11.05.2017, ore 18.00 circa, presso la Strada INDIRIZZO con direzione da verso Cercenasco.

L’attore esponeva che il sinistro era da imputarsi, ex artt. 2051 e 2043 c.c., al carente stato manutentivo del manto stradale, nel tratto interessato dal sinistro, da parte della che ne aveva la gestione.

Più in particolare, secondo la ricostruzione di parte attrice, il si trovava alla guida dell’autocarro RAGIONE_SOCIALE TARGA_VEICOLO, tg. TARGA_VEICOLO, di proprietà della società di cui era dipendente, allorquando, “…giunto nei pressi della INDIRIZZO, nell’affrontare un curva sinistrosa, a causa della pioggia battente e delle pessime condizioni manutentive del manto stradale, nonché a causa dell’assenza di adeguata segnaletica stradale e di adeguati mezzi di protezione della circolazione..

”, perdeva il controllo dell’automezzo finendo fuori strada e terminando la sua corsa contro un ponte di cemento posto ad attraversamento di un canale irriguo.

A causa dell’impatto, il riportava gravi lesioni personali, che ne rendevano necessario il trasporto presso il P.S. dell’Ospedale CTO di Torino ove veniva ricoverato per “Politrauma”.

Nel sinistro decedeva il sig. , collega del , mentre rimanevano feriti i sigg.ri , che viaggiavano tutti, in qualità di trasportati, sull’autocarro condotto dall’attore.

Sul luogo dell’incidente intervenivano i Carabinieri della Stazione di Vigone, i quali eseguivano i dovuti rilievi, redigendo la Relazione Incidente Stradale depositata in atti.

Il procedimento penale per il reato di cui all’art. 589 bis c.p. instaurato presso la Procura della Repubblica di Torino, rubricato al n. R.G. N.R. /2017, si era concluso con la richiesta di archiviazione del P.M. accolta dal G.I.P. con decreto del 10.07.2018.

Atteso l’esito negativo delle trattative stragiudiziali, l’attore promuoveva il presente giudizio al fine di ottenere il risarcimento di tutti i danni, patrimoniali e non, comprensivi del danno biologico e morale, nonché delle spese mediche sostenute, subiti dall’attore in conseguenza del sinistro, secondo le conclusioni sopra riportate.

Costituitasi ritualmente in giudizio, la contestava sia la propria responsabilità in ordine alla causazione dell’evento dannoso, sia il profilo del quantum debeatur, deducendo la infondatezza delle argomentazioni addotte dal a sostegno delle proprie domande.

La predetta convenuta instava, comunque, per la chiamata in causa (autorizzata dal Giudice con provvedimento del 04.11.2020) della in virtù della polizza n. 1916257 stipulata in data 05/01/2017, per essere da questa tenuta indenne e manlevata nella denegata ipotesi di accoglimento delle domande attoree.

Regolarmente notificata dalla parte interessata la chiamata del terzo, con comparsa di risposta del 25.02.2021 si costituiva in giudizio la predetta Compagnia Assicurativa la quale, aderendo alle difese svolte da parte convenuta, chiedeva in via principale il rigetto delle domande attoree e, in via subordinata, nel caso di accertamento anche parziale della responsabilità in capo a , limitare l’indennizzo assicurativo sulla base del danno effettivamente accertato, tenuto conto delle condizioni contrattuali applicabili e nei limiti del massimale del certificato di polizza. ***** Quindi, assegnati i termini per il deposito delle memorie istruttorie, disposta l’escussione dei testi,

in conformità all’ordinanza del 17.08.2021, ordinata l’acquisizione della documentazione relativa alla liquidazione di trattamenti previdenziale in favore dell’attore, veniva disposto l’espletamento di CTU medico-legale, affidata al dott. Detto accertamento veniva successivamente rinunciato dalle parti, avendo dichiarato tutte di aderire alla valutazione medico legale espressa dal Dottor nella relazione del 23.10.2019 redatta quale medico fiduciario degli Assicuratori e depositata dalla terza chiamata con note del 29.11.2022. Con successiva ordinanza assunta a verbale, all’udienza del 18.10.2023, il Tribunale – attesa la mancata adesione di tutte le parti alla proposta conciliativa formulata dal Giudice con provvedimento del 18.04.2023 e ritenuta la causa matura per la decisione – fissava udienza per la precisazione delle conclusioni (udienza sostituita ex art. 127 ter c.p.c. dal deposito di note scritte), all’esito della quale, sulle conclusioni rassegnate dalle parti e riportate in epigrafe, la causa veniva trattenuta in decisione, con assegnazione dei termini per il deposito delle comparse conclusionali e delle eventuali memorie di replica. ***** Nel passare all’esame della causa petendi della domanda attorea, va anzitutto osservato come la fattispecie in esame debba essere inquadrata – come già si è avuto modo di affermare con l’ordinanza del 18.04.2023 assunta ex art. 185 bis c.p.c. – nell’ambito della disciplina prevista dall’art. 2051 c.c.

Detta disposizione normativa, “nell’affermare la responsabilità del custode della cosa per i danni da questa cagionati, individua un criterio di imputazione che prescinde da qualunque connotato di colpa, operando sul piano oggettivo del rapporto causale tra la cosa e l’evento dannoso e della ricorrenza del caso fortuito, quale elemento idoneo ad elidere tale rapporto causale” (Cass. 2477/2018; in termini anche Cass. 30775/2017 e Cass. 12027/2017, tra le altre).

Il principio di diritto è stato nuovamente ribadito con la recente ordinanza n. 18518 del 08.07.2024 con cui la Suprema Corte ha statuito che “in materia di responsabilità ex art. 2051 c.c., stante la natura oggettiva della responsabilità del custode, a carico del soggetto danneggiato sussiste l’onere di provare soltanto la derivazione del danno dalla cosa e la custodia della stessa da parte del preteso responsabile, non pure la propria assenza di colpa nel relazionarsi con essa (In applicazione del principio la SRAGIONE_SOCIALE. ha cassato con rinvio la sentenza che aveva rigettato la domanda risarcitoria per carenza di prova in ordine alla condotta di guida diligente e prudente della vittima)”. In capo al custode grava, invece, l’onere della prova liberatoria del caso fortuito, inteso come fattore che, in base ai principi della regolarità o adeguatezza causale, esclude il nesso eziologico tra cosa e danno, potendo al riguardo assumere rilevanza anche la condotta incauta della vittima, che rileva eventualmente ai fini del concorso di responsabilità ai sensi dell’art. 1227, comma 1, c.c., e che deve essere graduata sulla base di un accertamento in ordine alla sua effettiva incidenza causale sull’evento dannoso, che potrebbe anche essere esclusiva. Ora, nel caso in esame deve rilevarsi come risultino acquisiti al giudizio plurimi elementi di prova in merito all’effettiva, intrinseca pericolosità del tratto stradale interessato dai fatti di causa, caratterizzato da condizioni di carente manutenzione dell’asfalto, tale da inficiare, in combinazione con la presenza di eventi atmosferici avversi (nel caso di specie, al momento del fatto erano in corso abbondanti precipitazioni), la stabilità dei veicoli, per perdita di aderenza alla sede di percorrenza.

La conclusione trova, anzitutto, conferma nella compiuta, esaustiva e condivisibile ricostruzione della dinamica e delle cause dell’incidente effettuata dal consulente tecnico del Pubblico Ministero nell’ambito del procedimento penale R.G. 11270/2017 (accertamento tecnico certamente utilizzabile nel giudizio civile quale elemento di prova atipico).

Da tale indagine tecnica risulta, invero, con chiarezza come la perdita del controllo del mezzo condotto dal fosse dipesa dallo “slittamento del battistrada degli pneumatici al di sopra di un film liquido che ricopriva il manto stradale”, che ha determinato il fenomeno cd di aquaplaning (fenomeno che si verifica quando per effetto di una “combinazione sfavorevole tra la massa dell’automezzo, la sua velocità e la quantità e natura del liquido sul manto stradale, si verifica il galleggiamento del mezzo che così perde il vincolo di aderenza alla strada”). Ora, è notorio come uno dei fattori principali determinanti il fenomeno dell’aquaplaning, in caso di forti precipitazioni atmosferiche, sia costituito proprio dal tipo di fondo stradale, liscio e non drenante.

Tale conclusione risulta corroborata proprio dalla richiamata consulenza tecnica del P.M. laddove si attribuisce la responsabilità dell’evento anche alle condizioni del manto stradale:

“un asfalto molto vecchio, che ha assorbito sostanze chimiche in grado di saturare la porosità e nel quale si sono affermate aree abrase che permettono un maggior ristagno di acqua, può sensibilmente favorire il fenomeno dell’aquaplaning.

Asfalti drenanti sono particolarmente indicati per rivestire il manto stradale ed impedire che si formino zone in cui l’acqua ristagna (tale tipo di asfalto appare essere stato posato con la manutenzione successiva al sinistro del giorno 11 maggio 2017)”.

Del resto, altri fattori che, in astratto, potrebbero essere causa o concausa del fenomeno di aquaplaning non risultano aver avuto, nel caso di specie, alcuna incidenza causale atteso che l’autocarro era in buone condizioni generali, gli pneumatici erano in ottimo stato e non sono emersi specifici profili di responsabilità nella condotta di guida dell’autista (fatta salva, come si avrà modo di dire, l’incidenza del fattore velocità).

Si tenga, altresì, presente che dalla relazione statistica redatta dai Carabinieri della Stazione di Vigone in data 01.09.2017, risulta che dal 1 gennaio 2014 (data di installazione del sistema di rilevazione di incidenti stradali) al 2017 erano stati registrati ben 5 incidenti (compreso quello oggetto di causa), di cui alcuni mortali, tutti verificatisi in quel tratto di strada (per una lunghezza inferiore al chilometro) in condizioni simili, ossia in orario diurno, con illuminazione naturale e con asfalto bagnato dalla pioggia, pioggia che rendeva particolarmente insidioso in fondo stradale (circostanza che avrebbe dovuto indurre l’ente di gestione a provvedere al rifacimento del manto stradale con asfalto drenante). La circostanza relativa alla particolare insidiosità del fondo stradale in presenza di pioggia sull’asfalto è stata confermata anche dal teste dei Carabinieri (all’epoca dei fatti, in comando alla Stazione dei Carabinieri di Vigone), il quale ha dichiarato che in quel tratto di strada “il manto stradale in alcune circostanze di tempo diventava particolarmente viscido”.

Sotto tale profilo, ulteriori riscontri si ricavano dalle restanti dichiarazioni testimoniali.

Il testo , che conosceva quella strada abitando in zona e percorrendola con una certa frequenza, ha riferito che si trattava di “una strada pericolosa in diversi punti per scivolosità”, in ragione dell’asfalto molto liso che facilitava lo scivolamento, precisando che “anche nel punto in cui si verificò il sinistro la strada era con fondo vecchio e liscio”.

Analogamente, anche i testi (tutti residenti nella zona) hanno parlato di una strada pericolosa, riferendo di aver assistito a diverse uscite di strada di veicoli causati proprio dal fondo stradale molto viscido.

Non è un caso, peraltro, se proprio successivamente all’incidente stradale per cui è causa, l’amministrazione avesse ritenuto necessario provvedere alla ripavimentazione del tratto di strada in oggetto.

La circostanza, peraltro non contestata ex adverso, risulta confermata dalla dichiarazione del Sig. , dirigente della direzione viabilità della (“confermo che subito dopo l’incidente la strada è stata ripavimentata, non ho però riscontro documentale delle condizioni del manto stradale precedenti, e neppure di quando fosse stata ripavimentata prima di quell’ultimo intervento”), dal teste (“Dopo un po’ quella strada è stata asfaltata e fatta nuova, dopo questo ultimo incidente”), dall’ing. , che aveva assunto l’incarico di consulente tecnico di parte (affermava “Confermo che mi recai sul posto a verificare quanto mi si chiede, per un tratto stradale di circa 400/500 metri non c’era alcuna segnaletica verticale, come vedo anche dalle foto incluse nella relazione a mia firma che sto consultando”; e, ancora, che “Preciso che io sono stato sul luogo credo un paio di mesi dopo il fatto…quando mi sono recato sul luogo la pavimentazione stradale era già stata rifatta, e c’era segnaletica orizzontale (le due righe di margine e la riga di mezzeria”), nonché dalla consulenza tecnica redatta dall’ing. COGNOME nell’ambito del procedimento penale di cui sopra (“nel suddetto tratto di strada, attualmente, l’asfalto appare completamente integro ed in ottime condizioni di manutenzione, ma è evidente il completo rifacimento del manto stradale attraverso asfaltatura, avvenuto successivamente ad incidente”; ed ancora:

“le condizioni del manto stradale un asfalto molto vecchio virgola che ha assorbito sostanze ematiche in grado di saturare le porosità e nel quale si sono formate aree abrase che permettono un maggior ristagno di acqua può sensibilmente favorire il fenomeno dell’aquaplaning.

Asfalti drenanti sono particolarmente indicati per rivestire il manto stradale di impedire che si formino zone in cui l’acqua ristagna (tale tipo di asfalto appare essere stato posato con la manutenzione successiva al sinistro del giorno 11 maggio 2017).

Lo stesso CT del P.M. ha, peraltro, concluso ritenendo che anche la segnaletica stradale attualmente esistente (relativa ai limiti di velocità e al pericolo di slittamento) fosse stata collocata successivamente alla data dell’incidente.

Ora, sulla base di tali elementi complessivamente valutati ed apprezzati deve ritenersi come la causa della perdita di controllo del veicolo da parte del dunque, del conseguente sinistro (laddove per causa si deve intendere quella civilistica del “più ragionevole che non”) fosse dipesa proprio dalle cattive condizioni di manutenzione del manto stradale e dal fenomeno di aquaplaning ingeneratosi di conseguenza in ragione dell’utilizzo di una pavimentazione stradale non drenante.

Invero, sotto questo profilo,

appare evidente la responsabilità di parte convenuta sulla quale gravava l’obbligo di custodia e, dunque, di corretta manutenzione della strada, la quale solo dopo l’ennesimo grave incidente stradale, nel medesimo tratto di strada e nelle medesime circostanze, si è attivata per (far) realizzare quelle misure di manutenzione e di prevenzione volte a prevenire ed evitare incidenti stradali del tipo di quell’oggetto di causa, ossia il rifacimento del manto stradale con asfalto drenante, la predisposizione di segnaletica verticale per segnalare il pericolo e l’abbassamento del limite di velocità consentita. Invero, parte convenuta non ha neppure fornito prova certa che tali condizioni di obiettiva pericolosità del manto fossero state debitamente evidenziate agli utenti della strada, attraverso la predisposizione di apposita segnaletica, indicativa di pericolo di slittamento dei veicoli;

mentre, invece, la situazione di estrema pericolosità della provinciale doveva essere ben nota all’ente di gestione in considerazione dei pregressi incidenti registratisi su quel tratto stradale:

il che, pacificamente, esclude la configurabilità del caso fortuito.

E’ certo che la responsabilità per i danni cagionati da cose in custodia opera anche per la P.A. in relazione ai beni demaniali, tra cui le strade (cfr., tra le altre, Cass. 12032/2018; Cass. 6703/2018; Cass. 2481/2018; Cass. 22419/2017; Cass. 11526/2017; Cass. 7805/2017; Cass. 11107/2015);

è ravvisabile, in particolare, la qualità di custode – con conseguente responsabilità ex art. 2051 c.c. – in capo all’ente proprietario di una strada aperta al pubblico transito;

ente che, in quanto tale, ha l’onere di provvedere alla relativa manutenzione, come previsto dagli artt. 16 e 28 L. 2248/1865 ALL. F e 14 Codice della Strada, e di prevenire situazioni di pericolo per gli utenti (si vedano, tra le altre: Cass. ord. 18325/2018 e Cass. 22755/2013).

Non solo.

Le risultanze degli accertamenti compiuti dal Consulente Tecnico del P.M. consentono di affermare che:

• l’autocarro era in buone condizioni generali;

• gli pneumatici (che pure, in astratto, potrebbero rappresentare un fattore concausale della perdita di aderenza al fondo stradale da parte del veicolo) erano in ottime condizioni di manutenzione perché sostituiti di recente;

• non sono emersi profili di responsabilità per negligenza, imperizia o imprudenza nella condotta di guida dell’autista una volta innescatosi il fenomeno dell’aquaplaning (salvo quanto si avrà modo di precisare con riguardo al fattore velocità).

Considerazioni in parte diverse devono essere svolte in relazione al fattore velocità.

Premesso che gli accertamenti svolti dal Consulente Tecnico del P.M. portano ad affermare che, all’epoca dell’incidente, il limite di velocità fosse di 70 Km/h, deve osservarsi come non risultino acquisiti in atti elementi di prova (al di là delle mere asserzioni di parte avversa, sfornite di qualsivoglia riscontro probatorio) che possano indurre a ritenere che tale limite di velocità non fosse stato rispettato nel caso di specie.

Nell’immediatezza del sinistro che si trovava a bordo della Ford Fiesta targata TARGA_VEICOLO e che seguiva il furgone dell’attore, sentito dai Carabinieri intervenuti sul posto per i necessari rilievi, ha dichiarato, a specifica domanda, come l’autocarro condotto dal andasse abbastanza piano.

Il sig. , che si trovava a bordo del mezzo coinvolto nell’incidente in qualità di passeggero, ha dichiarato ai Militari della Stazione di Vigone, a distanza di pochi giorni dal fatto, che l’autocarro stava andando piano a causa della forte pioggia.

Anche , che pure viaggiava in qualità di passeggero sul veicolo condotto dal , ha chiarito (per quanto in via dubitativa) che stavano “andando sui 60-70 Km/h poiché stava piovendo”.

Lo stesso Consulente Tecnico del P.M. ha avuto modo di affermare che “Attualmente, la segnaletica verticale, prima di arrivare al tratto teatro dell’incidente, in entrambe le direzioni, indica chiaramente che la velocità massima consentita è di 50km/h.

Altresì è ben segnalato il pericolo di “slittamento” in caso di pioggia o ghiaccio.

In realtà, il giorno dell’incidente è fortemente improbabile che fosse presente tale segnaletica.

Infatti, guardando le immagini della strada sul sito “Google maps”, nella stessa posizione la segnaletica non è presente”, per poi concludere che “è parere dello scrivente che alla data del sinistro il limite imposto sul tratto di strada teatro dell’incidente fosse di 70 km/h, essendo strada extraurbana.

Tale limite appare eccessivo per quelle che appaiono fossero le condizioni di manutenzione della strada, con riferimento alla serie di incidenti che si sono verificati nel tempo”.

Del resto, si è già detto che il procedimento penale R.G. n. 11270/2017, che era stato aperto proprio per accertare la eventuale responsabilità del conducente in ordine al reato di cui all’art. 589 bis c.p. e, dunque, rispetto alla causazione del sinistro, si è concluso con l’archiviazione del procedimento stesso proprio in ragione dell’assenza di elementi per poter ravvisare la responsabilità in capo al conducente;

responsabilità che, invece, sulla base degli elementi emersi (pessime condizioni di aderenza del fondo stradale in caso di precipitazioni, diverso numero di incidenti stradali documentati sia dalle forze dell’ordine che dai quotidiani locali, assenza di segnaletica di pericolo, inadeguata limitazione della velocità) deve essere attribuita alla , non potendo certamente ritenersi operante il meccanismo dell’esenzione di responsabilità in capo al custode per caso fortuito, atteso che l’evento (sinistro determinato dalla perdita di aderenza del veicolo in ragione della particolare insidiosità della superficie stradale in quel tratto in condizioni di pioggia) era del tutto prevedibile e prevenibile in capo al custode stesso. Ciò detto, tuttavia, pur dovendosi riaffermare l’assenza di elementi che depongano per il superamento del limite di velocità vigente all’epoca dei fatti, deve comunque ritenersi che l’osservanza ed il rispetto di regole di comune prudenza ed ordinaria cautela avrebbero dovuto indurre il conducente dell’autocarro a ridurre e a moderare ulteriormente la velocità, conformandola alle avverse condizioni meteo ed alla intensità delle precipitazioni che, evidentemente, avevano finito per ostacolare anche la completa visibilità della strada. In ragione di ciò deve configurarsi un concorso di colpa del danneggiato nella causazione del sinistro, concorso di colpa che si ritiene di determinare in misura del 20%.

***** Con riguardo alle lesioni subite dall’attore e alla valutazione del danno biologico (anche in relazione alle spese mediche) va sottolineato come tutte le parti abbiano ritenuto di aderire, espressamente e per iscritto, alla quantificazione del danno biologico cui è pervenuto il medico legale, dott. , incaricato quale fiduciario dalla compagnia assicuratrice della convenuta, Sulla base delle valutazioni del predetto medico legale sono emersi:

• postumi permanenti di invalidità che costituiscono compromissione della validità psico-fisica del soggetto nella misura omnicomprensiva del 32- 33%;

incapacità biologica temporanea totale:

116 giorni;

• incapacità biologica temporanea parziale al 50%:

185 giorni.

Alla luce delle tabelle di Milano, nell’edizione 2024, applicabile nel caso di specie in ragione del momento in cui si procede alla liquidazione del danno, il danno non patrimoniale per invalidità permanente (da riconoscersi nella misura del 33%) e per inabilità temporanea deve essere determinato nella misura di euro 195.273,00.

Su tale somma, già rivalutata all’attualità, vanno calcolati gli interessi legali, previa devalutazione al momento del fatto (11.05.2017) e rivalutazione di anno in anno secondo gli indici Istat dal fatto al soddisfo, per l’importo finale di 213.022,15:

importo che deve essere decurtato nella misura del 20% in ragione del concorso di colpa del danneggiato nella causazione del sinistro, per un totale di euro 170.417,72.

Da tale importo, ovviamente, deve essere detratta la somma che risulta essere già stata corrisposta all’attore da parte dell’ a titolo di danno biologico sotto forma di rendita già capitalizzata, ossia euro 59.993,42 (come da documentazione in atti).

Ne consegue che la convenuta deve essere condannata al pagamento in favore di della somma di euro 110.424,30 a titolo di risarcimento del danno non patrimoniale.

Dalla relazione del medico legale, dottNOME non risultano documentate spese mediche.

***** L’addebito delle spese di causa, nel rapporto tra parte attrice e la convenuta , segue la soccombenza della seconda.

Tali spese, in forza del D.M. 55/2014 e successive modificazioni, tenuto conto della natura della controversia, delle questioni affrontate e dell’attività processuale svolta, devono essere quantificate in euro 1.241,00 per anticipazioni ed in euro 14.103,00 per compenso (di cui € 2.552,00 per la fase di studio; euro 1.628,00 per la fase introduttiva;

euro 5.670,00 per la fase istruttoria; euro 4.253,00 per la fase decisoria), oltre rimborso spese generali 15%, CPA e IVA sugli importi imponibili come per legge.

Peraltro, il Tribunale chiamato a decidere sulla richiesta di risarcimento è tenuto a valutare se le spese stragiudiziali richieste siano necessitate e giustificate dalla complessità del caso;

spese che effettivamente, nel caso di specie, vanno riconosciute all’attore, in quanto parte integrante del danno subito, da liquidare nella misura di euro 2.500,00 sotto forma di spese vive o di spese giudiziali, essendo peraltro ininfluente la mancata documentazione dell’effettivo pagamento della somma al difensore ma risultando sufficiente la dimostrazione che sia insorto l’obbligo del relativo pagamento.

Le spese di CTU devono essere definitivamente poste a carico di parte convenuta , per la quota dell’80%, restando a carico dell’attore per la residua quota.

***** La ritenuta responsabilità della impone l’esame della domanda di manleva dalla stessa proposta nei confronti della propria compagnia assicurativa.

Nel giudizio promosso dall’assicurato nei confronti dell’assicuratore ed avente ad oggetto il pagamento dell’indennizzo assicurativo, grava sull’assicurato l’onere di provare che il rischio avveratosi rientri tra i “rischi inclusi”, e cioè nella categoria generale dei rischi oggetto di copertura assicurativa (Cass. ord. 1558/2018);

con la conseguenza che qualora l’assicuratore convenuto alleghi l’esclusione della garanzia come delimitata alla luce dei criteri normativi di interpretazione del contratto, tale allegazione non si risolve nella proposizione di un’eccezione in senso proprio, ma nella mera contestazione della mancata di prova del fatto costitutivo della domanda (Cass. ord. 15630/2018).

Spetta invece sull’assicuratore provare i presupposti fattuali per l’applicazione delle clausole di delimitazione del rischio indennizzabile (soggettive, oggettive, causali, spaziali, temporali) (si veda ancora Cass. ord. 1558/2018).

Ciò premesso, l’onere probatorio gravante sul chiamante deve ritenersi assolto per le ragioni che di seguito saranno illustrate.

E’ provata documentalmente la stipulazione della polizza responsabilità civile azionata dalla convenuta.

La circostanza è pacificamente ammessa dalla compagnia assicurativa/terza chiamata, la quale ha confermato il rapporto assicurativo in essere con la in ragione della garanzia assicurativa assunta con certificato n. 1916257.

La garanzia, che aveva operatività dal 31.12.2016 al 31.12.2017, copre, ai sensi dell’art. 12 delle Condizioni Particolari, “i danni da insidia e/o trabocchetto stradale… a causa d’omessa, ritardata o inadeguata gestione o manutenzione nonché a causa d’omessa o inadeguata segnalazione dell’eventuale situazione di pericolo…”.

Nel caso di specie, non vi è dubbio, sulla base di quanto argomentato, che l’incidente sia stato causato proprio dalla omessa o inadeguata manutenzione del manto stradale da parte dell’ente di gestione e che, pertanto, si tratti di evento che rientri tra i rischi inclusi dalla copertura assicurativa.

La polizza prevede, tuttavia, che “l’omessa, la ritardata o inadeguata gestione o manutenzione nonché l’omessa, la ritardata o inadeguata segnalazione dell’eventuale situazione di pericolo non devono essere imputabili a dolo o colpa grave…”.

Ora, con specifico riguardo al contratto di assicurazione contro i danni, il fatto costitutivo del diritto dell’assicurato consiste in un danno verificatosi in dipendenza di un rischio assicurato e nell’ambito spaziale e temporale in cui la garanzia doveva ritenersi operante, con la conseguenza che ai sensi dell’art. 2967 c.c. spetta all’assicurato-danneggiato dimostrare che si è verificato un evento coperto dalla garanzia assicurativa e che esso ha causato il danno di cui reclama il ristoro;

mentre sull’assicuratore, anche in ragione di quanto previsto dall’art. 1900, comma 1 c.c. (in forza del quale non è dovuto indennizzo per i sinistri cagionati da dolo o colpa grave del contraente), grava l’onere di provare la causa impeditiva o estintiva del diritto all’indennizzo.

Più in particolare, in tema di polizza assicurativa deve osservarsi come la colpa grave dell’assicurato o del beneficiario – che, a norma dell’art 1900 c.c., esclude la garanzia assicurativa – si configura come un fatto impeditivo, che impedisce al fatto costitutivo (evento o sinistro) di operare secondo le previsioni della fattispecie legale e, quindi, deve essere dimostrata dall’assicuratore.

Nella fattispecie in esame, a ben vedere tale onere probatorio non può dirsi assolto tenuto conto, peraltro, che la terza chiamata non ha dedotto alcun mezzo di prova al riguardo (ossia, del fatto impeditivo colpa grave), essendosi limitata ad articolare mezzi istruttori volti ad attribuire la esclusiva responsabilità del sinistro alla condotta di guida del medesimo.

E neppure ha allegato fatti o argomenti da cui desumere la gravità della condotta colposa che la compagnia, invece, intende addebitare all’assicurato.

Passando ad esaminare il quantum della manleva, occorre evidenziare che, ai sensi dell’art. 49 delle condizioni di contratto è prevista una RAGIONE_SOCIALE (RAGIONE_SOCIALE) di euro 25.000,00 per sinistro a carico dell’assicurato, oltre ad un massimale di euro 10.000.000,00 per sinistro per rischio RCT (responsabilità civile verso terzi) con il limite di euro 5 milioni per ogni persona deceduto o danneggiata (art. 47).

Nel caso di specie, la clausola in esame, espressamente qualificata come “self insurance retention”, è definita come l’importo che l’assicurato tiene a proprio carico per ciascun sinistro in termini di gestione, istruzione e liquidazione;

si tratta di clausola che appare volta a circoscrivere e specificare gli obblighi contrattuali e, in particolare, i limiti della garanzia assicurativa e, pertanto, ad individuare (sia pure indirettamente) il rischio garantito.

Non rilevando, peraltro, la mancata specifica approvazione per iscritto della clausola (eccezione neppure sollevata dall’assicurata), la garanzia invocata dalla convenuta può essere accolta limitatamente al minor importo di euro 85.424,30.

***** Ritenuta operante, per le ragioni e nei termini sin qui illustrati, la garanzia invocata da , con conseguente accoglibilità della sua domanda di manleva, si osserva come tale manleva debba riguardare anche la condanna del convenuto al pagamento delle spese processuali sostenute dall’attore.

Come condivisibilmente osservato, tra le altre, da Cass. 24159/2018, “le spese giudiziali al cui pagamento l’assicurato venga condannato in favore del danneggiato vittorioso costituiscono un accessorio dell’obbligazione risarcitoria e, ai sensi dell’art. 1917 c.c. gravano sull’assicuratore se e nei limiti in cui non comportino il superamento del massimale di polizza”.

L’addebito delle spese processuali, nel rapporto tra il convenuto e la terza chiamata, grava su quest’ultima, in quanto soccombente.

La condanna dovrà, peraltro, riguardare tutte le spese sostenute dal chiamante per la sua difesa nel presente giudizio, ivi incluse quelle c.d. di “resistenza” (ovvero relative a quella parte dell’attività del suo legale astrattamente riconducibile alla difesa dalle domande attoree) e quelle di CTU.

Come recentemente affermato da Cass. 8896/2020, le spese effettuate per resistere in giudizio sono spese per cui l’assicurazione si impegna nel contratto o alle quali è tenuta nei limiti di cui all’art. 1917 c.c. (n.d.r.: che nel caso di specie non sono superati), “solo che il suo assicurato abbia avuto la necessità, perché evocato in giudizio, di affrontare una lite, a prescindere dalla circostanza che l’assicurazione lo abbia o meno sostenuto, ovvero abbia o meno aderito alle ragioni dell’assicurato” (così la citata sentenza, in motivazione).

Né parte terza chiamata ha opposto la pattuizione e la concreta operatività di un patto di gestione della lite tale da costituire modalità di adempimento sostitutiva dell’obbligo di rimborso.

La compagnia deve, pertanto, essere dichiarata tenuta e condannata a manlevare il convenuto nei termini di cui in dispositivo e condannata alla rifusione in suo favore delle spese tutte di lite, incluse quelle di resistenza, che si liquidano ex D.M. 55/2014 e successive modificazioni, tenuto conto della natura della controversia, delle questioni trattate e dell’attività processuale svolta, in complessivi € 15.023,00 (di cui euro 3.100,00 per la fase di studio;

euro 2.000,00 per la fase introduttiva;

euro 5.670,00 per la fase istruttoria; euro 4.253,00 per la fase decisoria), oltre rimborso spese generali 15% ex art. 2 D.M. 55/2014, nonché CPA e IVA come per legge sugli importi imponibili.

La sentenza é provvisoriamente esecutiva ex lege.

***** Da ultimo non può trovare accoglimento la domanda di parte attrice di condanna della terza chiamata ex art. 96 c.p.c. per l’atteggiamento processuale tenuto dalla compagnia assicurativa, non potendo tale responsabilità essere affermata in ragione della mancata adesione, ad opera di , alla mera proposta conciliativa del Giudice.

Ne consegue che difettano, nel caso di specie, gli elementi per ritenere integrata la previsione dell’art. 96 c.p.c.

Il Tribunale di Torino, in composizione monocratica, definitivamente pronunciando, ogni diversa istanza, eccezione e deduzione respinte;

1. in accoglimento della domanda svolta da nei confronti della , in persona del Sindaco pro tempore, accerta e dichiara la responsabilità della predetta parte convenuta,

ex art. 2051 c.c., nella causazione del sinistro per cui è causa, nella misura dell’80%, nei termini di cui in motivazione;

2. per l’effetto, dichiara tenuta e condanna , in persona del Sindaco pro tempore, al pagamento in favore dell’attore della somma di euro 110.424,30 a titolo di risarcimento del danno non patrimoniale, oltre interessi legali dalla pronuncia al soddisfo;

3. dichiara tenuta e condanna , in persona del Sindaco pro tempore, al pagamento in favore dell’attore delle spese di lite, che liquida in euro 2.500,00 per spese stragiudiziali, in euro 1.241,00 per anticipazioni ed in euro 14.103,00 per compensi, oltre rimborso forfettario spese generali, nonchè CPA ed IVA sugli importi imponibili come per legge;

4. pone le spese di CTU definitivamente poste a carico di parte convenuta , per la quota dell’80%, e per la residua quota a carico dell’attore;

5. dichiara tenuta e condanna la in persona del legale rappresentante pro tempore, a tenere indenne e manlevare la convenuta dalle statuizioni di cui ai punti 2), 3) e 4) del presente dispositivo, limitatamente all’importo di euro 85.424,30 (oltre interessi dalla pronuncia al soddisfo) con riguardo al punto 2), integralmente con riguardo al punto 3) e per la quota di spettanza della relativamente al punto 4);

dichiara tenuta e condanna in persona del legale rappresentante pro tempore, al pagamento in favore di , in persona del Sindaco pro tempore, delle spese di lite, che liquida in euro 15.023,00 per compensi, oltre rimborso forfettario spese generali nonchè CPA ed IVA sugli importi imponibili come per legge;

dichiara la presente sentenza provvisoriamente esecutiva tra le parti.

Così deciso in Torino, in data 05.11.2024 Il Giudice dott. NOME COGNOME

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