REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE ORDINARIO DI TORINO PRIMA SEZIONE CIVILE
Il giudice dr.
NOME COGNOME ha pronunciato la presente
SENTENZA _N._4418_2024_- N._R.G._00020969_2022 DEL_01_08_2024 PUBBLICATA_IL_02_08_2024
nella causa civile Nrg 20969/2022 promossa da:
, elettivamente domiciliato in Torino, INDIRIZZO presso lo studio dell’avv. NOME COGNOME che lo rappresenta e difende per delega in atti;
attore;
CONTRO , elettivamente domiciliata in Torino, INDIRIZZO presso lo studio dell’avv. NOME COGNOME che la rappresenta e difende per delega in atti;
convenuta.
Oggetto: indebito oggettivo.
CONCLUSIONI
DELLE PARTI Attrice:
“In via principale – Accertare e dichiarare che la convenuta a restituire all’attore la somma di euro 14.873,27, totale a cui ammontano le spese sostenute in luogo della medesima e mai rimborsate.
– Accertare e dichiarare che la si è appropriata del contenuto del magazzino di proprietà dell’attore e l’ha venduto a terzi senza averne titolo e diritto, ed è pertanto tenuta alla restituzione del suo controvalore per complessivi euro 21.3 33,9 7. – Dichiarare la tenuta, nei confronti dell’attore, al risarcimento del danno da mancato guadagno corrispondente al 40% del valore del magazzino, che ammonta ad euro 8.533,59.
– Condannare a restituire al sig.
la somma di euro 7.500,00 , incassat a illegittimamente.
– Condannare per l’effetto la convenuta al pagamento di euro 52.240,83 al sig.
, oltre interessi ex art. 1284 comma IV c.c. sino alla data di proposizione della domanda per euro 17.712,81, e così per complessivi euro 69.953,64, ed oltre ulteriori interessi ex art. 1284 comma IV c.c. sino all’effettivo saldo.
In ogni caso condannare semplificata alla rifusione del compenso professionale relativo al presente giudizio e delle spese processuali, oltre il rimborso dell’IVA, la maggiorazione 4% ex L. 576/80 e la maggiorazione 15% per rimborso forfettario”.
Convenuta:
“in via principale, accertare e dichiarare, previe le declaratorie più opportune e gli accertamenti del caso, per i motivi tutti in atto, che nulla è dovuto all’attore e, in ogni caso, respingere ogni domanda, eccezione o deduzione, nonché istanza, nonché ogni ulteriore domanda ex adverso formulata in quanto inammissibile, improcedibile, nulla, infondata in fatto ed in diritto e comunque non provata;
in via di subordine, nella denegata e non creduta ipotesi di accoglimento delle domande ex adverso proposte, compensare, ovvero ridurre nei limiti del giusto e del provato le domande degli attori, anche con valutazione equitativa o d’ufficio alla luce delle difese ed eccezioni svolte, ovvero quellale diversae sommae ritenutae di giustizia;
In ogni caso, con vittoria delle spese, dei diritti e degli onorari di giudizio, oltre rimborso forfettario spese generali, IVA e CPA, costi di CTP e CTU”.
MOTIVAZIONE
Le domande attoree hanno a oggetto la condanna della convenuta al pagamento di complessivi € 52.240,83, oltre interessi.
ha chiesto infatti, anzitutto, la condanna della convenuta alla restituzione di € 21.333,97 – quale controvalore dei beni presenti nel magazzino ricambi di sua proprietà, che la convenuta avrebbe illegittimamente venduto a terzi – e al pagamento di € 8.533,59, a titolo di risarcimento del danno per il mancato guadagno sulle vendite di tali beni, pari a un rincaro del 40% del prezzo di acquisto della merce.
L’attore ha anche chiesto il rimborso di:
a) € 155,80, versati a titolo di anticipazione delle spese di utenza telefonica;
b) € 1.125,00, versati a titolo di anticipo del canone di locazione relativo al mese di gennaio 2017;
c) € 2.100,00, versati a titolo di anticipo del compenso professionale dovuto dalla convenuta nei confronti del notaio dr.ssa d) € 5.461,55, quali somme anticipate con riferimento all’acquisto di beni e servizi di competenza della ;
e) € 5.850,81, quale importo versato in anticipo per conto della convenuta per l’acquisto di pneumatici;
f) € 180,00, versati a titolo di anticipazione delle spese relative alla visita ispettiva del 13/01/2017;
g) € 7.500,00, versati a titolo di acconto in base alla scrittura privata del 29/06/2024.
Costituendosi in giudizio, la convenuta ha chiesto, in via principale, il rigetto di tutte le domande avversarie e, in subordine, la compensazione dei rispettivi crediti.
Le vicende della presente controversia sono legate alla sottoscrizione di due distinti contratti.
Dai documenti prodotti in giudizio risulta infatti, in primo luogo, che con scrittura privata del 13/12/2016 l’attore ha ceduto alla il ramo della propria azienda relativo all’attività motoristica, elettrauto, carrozzeria e servizi di revisione;
in secondo luogo, che, con un ulteriore accordo stipulato il 14/12/2016, l’attore ha assunto l’incarico professionale di responsabile tecnico per le revisioni della convenuta (doc. 2 e 3 fasc. att.).
In tema di ripetizione dell’indebito, occorre inoltre considerare il consolidato giurisprudenziale secondo il quale il creditore istante è tenuto a dimostrare “sia l’avvenuto pagamento, sia la mancanza di una causa che lo giustifichi, ovvero il successivo venire meno di questa” (Cass. 17146/2003).
Ciò premesso, iniziando dalle questioni relative alla domanda di restituzione di € 21.333,97, il , nello specifico, ha prodotto in giudizio l’allegato A alla scrittura del 13/12/2016 – rispetto al quale ha sostenuto che lo stesso contiene l’elenco dei beni oggetto della cessione e che “ogni altro bene aziendale non espressamente indicato nell’atto di cessione del ramo di azienda è rimasto di proprietà del signor ” (cit. p. 3) – e le fatture relative all’acquisto di materiali – dalle quali si ricaverebbe il valore dei beni contenuti nel magazzino che sarebbero stati illegittimamente venduti dalla convenuta (doc. 2 e doc. 5 – 11 fasc. att.).
A sostegno della propria pretesa, lo stesso attore ha poi prodotto in giudizio la planimetria e le fotografie relative al fabbricato sito in San Francesco INDIRIZZO, INDIRIZZO (doc. 53, 54 e 57 fasc. att.) – che, in base alla documentazione prodotta in giudizio, risulta essere di proprietà dell’RAGIONE_SOCIALE (doc. 1 fasc. att.) – affermando, in primo luogo, che, a seguito della cessione del ramo di azienda, i locali erano stati interamente e stabilmente occupati dalla convenuta;
in secondo luogo, che nei locali di INDIRIZZO erano collocati i beni costituenti il magazzino rimasto di sua proprietà;
infine, che a seguito dell’intervenuta cessione egli non ha più avuto libero accesso al proprio magazzino, in quanto la convenuta “ha chiuso la porta interna dell’officina che dava accesso diretto al magazzino, ed era l’unica a detenere le chiavi del portone del civico INDIRIZZO” (mem. ex art. 171 ter n. 1 Cpc, p. 4 e 5).
Ciò premesso, la domanda attorea è infondata, perché il non ha fornito in giudizio né la prova del fatto che i beni indicati nelle fatture – di cui si chiede la restituzione del valore – fossero presenti alla data del 13/12/2016, né che gli stessi fossero, in ogni caso, nella disponibilità esclusiva della convenuta.
Rispetto al primo profilo, si osserva che l’allegato A prodotto dall’attore si limita a indicare i beni oggetto della cessione del ramo di azienda, ma non fornisce la prova della presenza in magazzino di ulteriori beni – nello specifico, quelli indicati nelle fatture – al momento della stessa;
né dai documenti prodotti in giudizio risulta che sia stato effettuato, al momento della cessione, un inventario relativo merci presenti in azienda.
Si osserva inoltre che, in base ai documenti prodotti in giudizio, una parte della merce per cui è causa è stata acquistata successivamente alla cessione del ramo di azienda, in quanto la data riportata nelle rispettive fatture è successiva al 13/12/2016 (doc. 10 – 11 fasc. att.).
Per quanto concerne il secondo punto, la tesi attorea relativa all’impossibilità di accedere al magazzino non è condivisibile, in primo luogo, perché, come affermato dallo stesso attore, quest’ultimo, a seguito della cessione del ramo di azienda, “aveva proseguito la propria attività di servizi per l’automobilistica, affiancandola a quella di responsabile tecnico per le revisioni” (p. 3 cit.) e la circostanza che tale attività fosse proseguita presso il fabbricato dell’RAGIONE_SOCIALE non è stata specificamente contestata; in secondo luogo, perché, in base agli accordi contrattuali, il era comunque autorizzato, in qualità di tecnico responsabile della convenuta, a “utilizzare gratuitamente la struttura e le attrezzature ivi installate e presenti fino alla voltura della licenza” (doc. 3 fasc.
att.), da ciò desumendosi la possibilità dello stesso di accedere ai locali.
Si rileva anche che, in sede di memoria ex art. 171 ter n. 2 Cpc, l’attore ha dichiarato di non contestare i capi da 11 a 16 della convenuta, in cui si afferma che gli pneumatici indicati nelle fatture di cui ai doc. 5 – 11 fasc. att. sono stati gestiti dal ***.
A ciò si aggiunga che non è stata fornita in giudizio la prova degli avvenuti pagamenti.
Ne discende il rigetto di tale domanda.
In mancanza dei relativi presupposti, deve essere rigettata anche la domanda di risarcimento del danno da mancato guadagno sulla vendita di tali beni, quantificato dall’attore in € 8.533,59.
Passando alla domanda sub a), relativa alla restituzione delle spese anticipate per l’utenza telefonica, l’attore ha asserito, nello specifico, che gli importi sarebbero di esclusiva competenza della convenuta in forza dell’art. 8 della cessione, secondo il quale “sono compresi i contratti pendenti alla data odierna ed aventi ad oggetto l’attività qui ceduta, con esclusivo riferimento all’utenza telefonica ed al contratto di locazione in corso per il locale ove viene esercitata l’attività” (doc. 2 fasc. att.).
domanda deve essere rigettata, in quanto l’attore si è limitato a produrre in giudizio le fatture n. NUMERO_DOCUMENTO e NUMERO_DOCUMENTO emesse dalla Bt Italia Spa, nonché l’estratto delle fatture di vendita, senza tuttavia fornire in giudizio la prova degli intervenuti pagamenti (doc. 23, 24 e 58 fasc. att.).
Anche la domanda concernente la restituzione dell’importo complessivo di € 5.461,55 è infondata.
Sul punto, il ***, in primo luogo, si è limitato ad affermare genericamente che le somme sarebbero state anticipate per l’acquisto di beni e servizi di competenza della convenuta, senza tuttavia fornire la prova di quanto sostenuto;
in secondo luogo, ha prodotto in giudizio le fatture – emesse, rispettivamente, dall per quanto concerne il noleggio della fotocopiatrice (doc. 29 – 32 fasc. att.);
dall e dall , per quanto riguarda la pubblicizzazione dell’attività su rivista e su cartellone stradale
(doc. 33 – 35 fasc. att.);
dalla RAGIONE_SOCIALE relativamente all’acquisto di adesivi in vetrofania (doc. 36 fasc. att.);
dalla RAGIONE_SOCIALE, concernente la “prestazione ns manodopera per lo spostamento del vs ufficio materiale cartaceo e strumenti vari, presso vs sede di San Francesco al INDIRIZZO” (doc. 37 fasc. att.) e, infine, dalla Origlia per quanto riguarda il trasporto di “autoveicoli e relativi rimorchi” (doc. 38 e 39 fasc. att.) -, senza tuttavia provare gli avvenuti pagamenti.
Parimenti infondata è la domanda attorea concernente la restituzione di € 180,00, poiché i documenti prodotti in giudizio dimostrano che l’ispezione del 13/01/2017 si è svolta nei confronti del Preto, che ha sottoscritto i verbali in qualità di responsabile tecnico e di rappresentante legale del RAGIONE_SOCIALE (doc. 40 fasc. att.).
Non è condivisibile, a tal proposito, la ricostruzione attorea secondo la quale la visita ispettiva ha riguardato “non solo l’idoneità del tecnico scelto ma, in generale, la funzionalità del centro revisioni” (p. 9 mem.
ex art. 171 ter n. 1 Cpc), considerato che il Preto non ha fornito ulteriori elementi a sostegno di tale affermazione.
E’ invece fondata la domanda sub b), concernente la restituzione di € 1.125,00.
L’attore ha infatti provato l’intervenuto pagamento – producendo in giudizio, specifico, la fattura n. 1/2017 del 02/01/2017 relativa al canone di gennaio 2017, emessa dall’RAGIONE_SOCIALE con dichiarazione di quietanza appostavi tramite la sottoscrizione della dicitura “pagato” (doc. 27 fasc. att.) – e la mancanza di una causa che lo giustifichi, essendo documentalmente provato che il versamento di tale somma è posto a carico della convenuta il base all’art. 8 della cessione del 13/12/2016 (doc. 2 fasc.
att.).
Di contro, la convenuta non ha contestato la circostanza che il pagamento sia stato effettuato dal ***.
Analogamente, è fondata la domanda relativa alla restituzione di € 2.100,00, in quanto l’attore ha provato, anche in questo caso, l’intervenuto pagamento (doc. 28 fasc. att., che attesta il versamento di € 2.100,00 effettuato tramite assegno nei confronti del notaio dott.ssa e la mancanza di una causa che lo giustifichi, risultando pacifica, come emerge da concordi prospettazioni delle parti, la circostanza che il pagamento – pur essendo posto a carico della convenuta ai sensi dell’art. 10 del contratto del 13/12/2016, secondo il quale “Le spese di registrazione del presente contratto sono a carico della parte acquirente” (doc. 2 fasc. att.) – è stato effettuato dall’attore.
A diverse conclusioni si deve giungere, invece, per quanto concerne le allegazioni della convenuta, posto che la stessa, sul punto, si è limitata a sostenere, in modo del tutto generico, che tale l’importo “venne concordemente compensato tra le parti …”, senza tuttavia fornire la prova del credito vantato nei confronti dell’attore (p. 11 comp.).
È altresì fondata la domanda concernente il rimborso di € 5.850,81, anticipati dall’attore per l’acquisto di pneumatici di ricambio presso l’RAGIONE_SOCIALE per conto della convenuta.
L’attore, sul punto, ha prodotto in giudizio le fatture n. 125 del 31/12/2016, n. 5 del 31/01/2017, n. 6 del 31/01/2017, n. 12 del 28/02/2017, n. 14 dell’11/03/2017 e n. 17 del 18/03/2017 (doc. 41 – 16 fasc. att.).
Di contro, la convenuta non ha mai contestato il proprio obbligo di restituire tali somme – limitandosi a sostenere, rispetto alle fatture n. 125 del 31/12/2016 e n. 12 del 28/02/2017, che le stesse non le sarebbero mai state trasmesse;
rispetto alla fattura n. 06 del 31/01/2017, che la stessa sarebbe stata pagata per l’importo minore di € 330,27;
rispetto alle fatture n. 06, 12, 14 e 17 del 2017, che le stesse state onorate (comp. p. 17 e mem.
ex art. 171 ter n. 2 Cpc p. 18) – e non ha fornito in giudizio la prova di avere effettuato tali pagamenti.
Per quanto riguarda, poi, la domanda relativa alla restituzione di € 7.500,00, l’attore ha affermato, in primo luogo, che nel mese di giugno 2017 la ha espressamente richiesto al Preto “di restituire il ramo di azienda oggetto della cessione, convincendolo a sottoscrivere ancora prima dell’atto definitivo accordi quadro volti alla regolamentazione delle reciproche posizioni” (cit. p. 7);
in secondo luogo, che con scrittura privata del 26/06/2024 – le parti hanno concluso un accordo in base al quale il Preto avrebbe versato alla convenuta la somma complessiva di € 15.000,00, in due tranche da € 7.500,00 l’una;
ancora, che il 01/07/2024, tramite assegno, è stata versata alla convenuta la somma di € 7.500,00;
infine, che la somma deve essere restituita, perché illegittimamente trattenuta da quest’ultima, a fronte della mancata stipula della cessione del ramo di azienda.
La domanda è fondata perché, nel caso di specie, l’attore ha provato l’avvenuto pagamento (48 fasc.
att., attestante il versamento effettuato tramite assegno nei confronti della convenuta) e la mancanza di una causa che lo giustifichi, perché, sebbene l’attore si sia limitato a produrre in giudizio un documento esclusivamente da lui sottoscritto, che nulla dice in merito all’accordo sulla futura stipula della cessione (doc. 47 fasc. att.), risulta comunque pacifica, in base alla prospettazione delle parti, l’esistenza dello stesso – come emerge anche dalle affermazioni della convenuta, secondo la quale “fu il sig.
a rendere impossibile la sottoscrizione dell’accordo avanti al Notaio Dott. ” – e la sua mancata stipula.
Di contro, la ha sostenuto che l’importo di € 7.500,00 sarebbe stato legittimamente trattenuto a fronte degli inadempimenti del Preto, che tuttavia sono stati allegati in modo generico.
Infondata è infine l’eccezione di compensazione proposta dalla convenuta con riferimento agli altri crediti.
, a tal proposito, si è limitata ad allegare genericamente di avere subito, a fronte della mancata voltura della licenza da parte del Preto e dell’abbandono ingiustificato del proprio ruolo di tecnico delle revisioni, “un danno individuabile in una somma che oscilla tra Euro 49.432,00 ed 53.440,00”, ma, anche in questo caso, non ha indicato ulteriori elementi a sostegno delle proprie affermazioni, né ha fornito la prova del credito vantato nei confronti dell’attore.
Per tutti gli esposti motivi, la deve essere condannata a pagare a complessivi € 16.575,81 – ottenuti sommando, nello specifico, gli importi di € 5.850,81, € 1.125,00, € 2.100,00 ed € 7.500,00 – oltre interessi ex art. 1284 c. 4 Cc (espressamente indicato nelle conclusioni) dal 04/11/2022 (data della domanda) al saldo.
La parziale soccombenza reciproca rispetto a una domanda articolata in più capi (Cass. Sez. Un.
32061/2022) giustifica l’integrale compensazione delle spese di lite.
PQM
Definitivamente pronunciando, respinta ogni diversa istanza, eccezione, deduzione, condanna la a pagare a 16.575,81, oltre interessi legali dal 04/11/2022 al saldo;
compensa integralmente tra le parti le spese di lite.
Torino, 01/08/2024.
IL GIUDICE dr.
NOME COGNOME Sentenza redatta con l’assistenza della funzionaria dell dr.ssa NOME COGNOME.
La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di
Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.
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