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Codice Civile
Codice Penale

Rettifica saldo conto corrente e prescrizione rimesse solutorie

La sentenza chiarisce la distinzione tra rimesse solutorie rientranti nel limite dell’affidamento e quelle che lo eccedono, con impatto sulla prescrizione. Inoltre, evidenzia che la rettifica delle annotazioni contabili è un mero adempimento consequenziale alla statuizione sulla prescrizione.

Pubblicato il 06 October 2024 in Diritto Bancario, Giurisprudenza Civile

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE DI APPELLO

DI TRIESTE SEZIONE SECONDA

CIVILE

Riunita in camera di consiglio nelle persone dei Sigg.

Magistrati:

Dott.ssa NOME COGNOME Presidente Dott.ssa NOME COGNOME Consigliere Dott. NOME COGNOME Consigliere est. ha pronunciato la seguente

SENTENZA N._343_2024_- N._R.G._00000102_2023 DEL_05_08_2024 PUBBLICATA_IL_05_08_2024

nella causa in grado d’appello iscritta al n. 102 del ruolo 2023, avente ad oggetto:

appello avverso la sentenza del Tribunale di Udine n. 178/2023, pubblicata in data 22.2.2023, in punto:

contratti bancari;

causa vertente TRA in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME per mandato alle liti esteso su documento informatico separato ai sensi dell’art. 83, comma 3, c.p.c. APPELLANTE in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli Avv. NOME COGNOME e NOME COGNOME per mandato alle liti esteso su documento informatico separato ai sensi dell’art. 83, comma 3, c.p.c. APPELLATA

CONCLUSIONI

Per l’appellante:

“In totale riforma dell’impugnata sentenza n. 178/2023 di data 20- 22/2/2023 del Tribunale di Udine, respingersi le domande avversarie così come formulate da contenendosi, in via del tutto subordinata, l’eventuale accertamento della rideterminazione del saldo del conto corrente per cui è causa alla luce dell’intervenuta prescrizione delle rimesse solutorie, secondo il criterio del c.d. “saldo banca” e rigettandosi, in ogni caso, la domanda di condanna della concludente appellante alla rettifica, nei propri sistemi contabili, del saldo del rapporto de quo e delle scritture annotate sugli estratti conto successivi fino all’attualità. Spese di lite, di entrambi i gradi, rifuse.

” Per l’appellata:

“Voglia l’Ill.ma Corte d’Appello di Trieste, disattesa ogni contraria istanza, eccezione e deduzione e previe le opportune declaratorie, previo rigetto di ogni eccezione, domanda e/o istanza avversaria così giudicare:

nel merito, rigettare tutti i motivi di appello proposti da in quanto infondati in fatto e in diritto, confermando integralmente la sentenza n. 178/2023 resa dal Tribunale di Udine.

Spese, diritti ed onorari di lite rifusi.

” SVOLGIMENTO DEL PROCESSO Con atto di citazione notificato in data 25.10.2019 premesso che aveva stipulato in data 2.11.1993 presso la Cassa di Risparmio di Udine e Pordenone S.p.A., ora il contratto di conto corrente bancario con apertura di credito n. NUMERO_DOCUMENTO tuttora in essere, le cui condizioni avevano nondimeno formato oggetto di disciplina pattizia scritta solo in data 3 febbraio 2005, aveva convenuto quest’ultima innanzi al Tribunale di Udine chiedendo e dichiararsi non dovuto l’addebito di interessi, commissioni, spese e oneri per valute operato nel periodo dal 2.11.1993 al 3.2.2005 per mancata indicazione del tasso debitore e di ogni altra condizione nel contratto; la nullità dell’anatocismo praticato dal 1.1.1997 al 3.2.2005 e dal 1.1.2014 al 30.9.2016 per violazione dell’art. 1283 c.c. e dell’art. 120 del d.lgs. n. 385/93;

non dovute le commissioni di massimo scoperto trimestrali nonché le spese addebitate nel corso del rapporto dal 1.1.1997 in poi per violazione degli artt. 1325 e 1346 cod. civ. e per mancanza di valida pattuizione.

Per l’effetto, la società attrice aveva chiesto il ricalcolo del saldo del rapporto di conto corrente e la condanna dell’Istituto di credito ad eseguire le conseguenti rettifiche.

si era costituita resistendo alla pretesa avversaria, eccependo la decadenza dalla facoltà di impugnazione per mancata contestazione degli estratti conto, l’inammissibilità dell’azione per mancata indicazione degli addebiti di cui si assumeva l’illegittimità e la prescrizione delle rimesse aventi natura solutoria.

Radicatosi il contradditorio ed espletato un accertamento contabile, la causa era stata definita con sentenza pubblicata in data 22.2.2023, avente il seguente dispositivo:

“a) accerta che il corretto saldo al 31.12.2019 del rapporto di conto corrente affidato n. NUMERO_DOCUMENTO esistente inter partes, non è a debito del cliente per euro 32.158,13, ma a suo credito per euro 9.594,31, eliminati tutti gli addebiti illegittimi;

b) condanna la convenuta a rettificare, nei propri sistemi contabili, il saldo del predetto rapporto, inserendo in essi il corretto saldo (di cui al punto a) alla data del 31.12.2019, ed a rettificare di conseguenza le scritture annotate sugli estratti conto successivi fino all’attualità;

c) condanna la convenuta a rifondere all’attrice le spese della lite, che liquida in euro 7.600 per onorari, oltre rimborso forfettario, spese vive per euro 545, ulteriori accessori, se dovuti quale reale costo, come per legge;

d) addossa definitivamente alla sola convenuta le spese di c.t.u., con onere di rifondere la controparte che le ha o le avrà anticipate in tutto o in parte.

” Con tale decisione era in particolare stato accertato che nel contratto del 2.11.1993, benché stipulato nel vigore della legge n. 154/92, non risultavano indicati il tasso creditore, né il tasso debitore per apertura di credito, per scoperto di conto, per mora, né le misure della commissione di massimo scoperto trimestrale e che solo in data 3.2.2005, in sede di modifica delle disposizioni contrattuali, erano state disciplinate per iscritto e in modo completo le condizioni economiche;

che la disposizione relativa all’applicazione dell’anatocismo, originariamente nulla ed inefficace, poteva trovare applicazione per effetto di rinegoziazione solo relativamente ai periodi dal 3.2.2005 al 31.12.2013 e dal 1.10.2016 in poi, per effetto delle modifiche ratione temporis apportate all’art. 120, comma 2, t.u.b;

che l’originaria disposizione relativa alla commissione di massimo scoperto nulla disponeva quanto alle modalità di calcolo della stessa, mentre nel successivo adeguamento del 3.2.2005 era stato testualmente previsto:

“comm. m.s.t. per superi affidamento 0,5000%”, con conseguente nullità per indeterminatezza;

che malgrado la mancanza degli estratti conto relativi ad alcuni periodi, il computo eseguito dal c.t.u. sulla base degli scalari consentiva di ricostruire l’andamento del rapporto, anche se non dall’inizio, ma soltanto dal 1.7.1998 in poi;

che essendo il rapporto ancora aperto, e potendo discutersi quindi della mera rettifica del saldo in forza degli accertamenti eseguiti, non poteva esservi spazio per la disamina dell’eccezione di prescrizione.

aveva successivamente interposto gravame con atto di citazione notificato a mezzo posta elettronica certificata ai sensi della legge n. 53 del in data 20.3.2023;

si era costituita resistendo all’impugnazione;

radicatosi il contraddittorio era stata respinta l’istanza di inibitoria ex art. 283 c.p.c. e la causa era stata successivamente trattenuta in decisione al decorso dei termini di cui all’art. 352 c.p.c.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo l’appellante ha lamentato che la decisione di primo grado aveva erroneamente ritenuto la nullità della disposizione relativa alla commissione di massimo scoperto, sia perché la disposizione contrattuale conteneva gli elementi necessari e sufficienti per individuarne compiutamente oggetto e operatività, sia perché non trovava in proposito applicazione il principio della necessità della forma scritta ad substantiam, né quello della inefficacia della ratifica ex post, nella fattispecie intervenuta a seguito della mancata tempestiva contestazione delle risultanze degli estratti conto. Con il secondo motivo ha impugnato il capo relativo alla rettifica del saldo, eccependo che non risultava prodotta l’intera serie degli estratti conto a partire dall’apertura del rapporto e che solo gli estratti conto analitici potevano consentire un appropriato riscontro dell’identità e della consistenza delle operazioni eseguite.

Con il terzo motivo ha rilevato che era stata erroneamente esclusa, in conseguenza della natura dell’azione, rivolta al solo conseguimento della rettifica del saldo e non anche alla ripetizione di indebito, la possibilità di esame dell’eccezione di prescrizione, sollevata con riferimento ad ogni pretesa attorea riferita al decennio precedente la prima contestazione ricevuta in data 5.7.2017;

che l’individuazione delle rimesse solutorie doveva avere luogo sulla base delle originarie annotazioni contabili (cd. saldo banca o saldo storico) e non sulla base saldi depurati delle annotazioni ;

che la prescrizione doveva riferirsi all’intero importo della rimessa, e non alla sola parte eccedente il limite dell’affidamento.

Con il quarto motivo impugnato il capo relativo alla condanna a rettificare i propri sistemi contabili, deducendo che per effetto di tale pronuncia si andava illegittimamente ad incidere su una pluralità di situazioni di natura contabile, fiscale e civilistica oramai definite e stabilizzate.

Ciò premesso, va a questo punto rilevato, quanto al primo motivo, che non risulta neppure contestato che il rapporto fosse sorto nel vigore della l. n. 154 del 1992, artt. 3 e 4, i quali, come successivamente confermato dall’art. 117 del d.lgs. n. 385 del 1993, prevedevano la necessità della stipulazione per iscritto e della necessaria indicazione dei tassi di interesse e di ogni altro prezzo e condizione praticati;

tantomeno dalla mancata contestazione degli estratti conto potrebbe conseguire l’effetto di una ratifica ex post della disposizione affetta da originaria invalidità, atteso che essa si risolverebbe in una convalida del negozio nullo, contrastante con la norma imperativa dettata dall’art. 1423 cod. civ.

La pattuizione contrattuale relativa alla commissione di massimo scoperto non si sottrae inoltre all’obbligo determinatezza determinabilità ante, inderogabilmente stabilito dall’art. 1346 cod. civ., da cui consegue la necessaria predeterminazione di tutti gli elementi che concorrono alla sua individuazione.

Requisiti all’evidenza insussistenti nel caso di specie, non potendo desumersi, dalla mera indicazione “comm. m.s.t.

per superi affidamento 0,5000%”, se le parti avessero inteso riferirsi al solo affidamento o all’effettiva utilizzazione dei fondi, né se l’importo della commissione debba intendersi parametrato alla punta del massimo dello scoperto, alla sua durata in un determinato periodo o ad altro eventuale criterio.

Il primo motivo è pertanto infondato, ed altrettanto è a dirsi quanto al secondo, dovendo essere ricordato che in materia di conto corrente bancario, ai fini della ricostruzione del saldo la prova dei movimenti del conto può essere desunta, oltre che dalla produzione in giudizio di tutti gli estratti conto, anche attraverso le risultanze di altri mezzi di prova che forniscano indicazioni certe e complete, nonché con l’ausilio di una consulenza d’ufficio (in tal senso: Cass. n. 29190 del 21/12/2020; n. 20621 del 19/07/2021);

in particolare, le movimentazioni del conto corrente, oltre che sulla base dell’estratto conto, possono essere desunte anche da altri documenti, come i cd. riassunti scalari, attraverso la ricostruzione operata dal consulente tecnico d’ufficio, essendo ciò sufficiente all’integrazione della prova di cui il correntista richiedente è onerato (Cass. n. 10293 del 18/04/2023).

Ciò è quanto avvenuto nel caso di specie, essendo all’esito dell’accertamento tecnico di ufficio emersa l’impossibilità del ricalcolo, quale conseguenza della mancanza di documentazione giustificativa dell’andamento del rapporto, solo limitatamente al periodo intercorrente dall’inizio del rapporto al 1.7.1998, ed essendo invece, quanto al periodo successivo, risultata effettivamente praticabile l’integrazione dei periodi non coperti dalla produzione degli estratti conto di periodo sulla base di un metodo “sintetico” di ricalcolo basato sui prospetti scalari, il cui procedimento, dettagliatamente illustrato alle pag. 13 e segg. della relazione dd. 9 giugno 2021 non risulta attinto, sul piano dell’esattezza contabile, dalla presente doglianza.

È invece parzialmente fondato il terzo motivo relativo alla prescrizione delle rimesse aventi natura solutoria.

Nel più recente indirizzo di legittimità, espresso, tra le altre dalle ordinanze della Prima Sezione Civile nn. 9756/2024 e 16113/2024, si afferma, infatti,

che “qualora il correntista agisca per l’accertamento del saldo del conto, al fine di rideterminare l’ammontare del proprio credito o del proprio debito per effetto dell’elisione di prelievi illegittimi, sussiste uno speculare interesse della banca, meritevole di tutela, a eccepire che il conteggio da effettuarsi tenga conto della non ripetibilità di quei prelievi per i quali è maturata la prescrizione”, poiché “l’interesse a invocare la prescrizione rileva anche prima che il correntista agisca per la condanna al pagamento di quanto a lui spettante” e “nella correlazione con la domanda di ricalcolo del saldo la banca ha sempre interesse a vedere rideterminato l’ammontare ancorché dinanzi a dimostrate prassi illegittime, affinché il conteggio finale da effettuarsi tenga conto della non ripetibilità di quei prelievi per i quali è maturata la prescrizione; i quali dunque, per tale ragione, sono essi stessi idonei a incidere sulla quantificazione del saldo.

” Il Supremo Collegio ha, nondimeno, ripetutamente affermato che “nelle controversie aventi a oggetto la domanda di ripetizione di indebito conseguente alla declaratoria di nullità delle clausole contrattuali e delle prassi bancarie contrarie a norme imperative e inderogabili, la ricerca dei versamenti di natura solutoria deve essere preceduta dall’individuazione e dalla successiva cancellazione dal saldo di tutte le competenze illegittime applicate dalla banca e dichiarate nulle dal giudice di merito, di talché il dies a quo della prescrizione dell’azione inizia a decorrere soltanto per quella parte delle rimesse sul conto corrente eccedenti il limite dell’affidamento determinato dopo aver rettificato il saldo” (n. 9141 del 19/05/2020; n. 7721 del 16/03/2023). In presenza di una rimessa solutoria occorre inoltre distinguere tra la parte rientrante nel limite dell’affidamento, fino a concorrenza del quale può esservi solo una funzione ripristinatoria, da quella che, eccedendo tale limite, costituisce, secondo il principio elaborato della sentenza delle Sezioni Unite n. 24418 del 2 dicembre 2010, un pagamento suscettibile di autonoma prescrizione.

In tal senso il Supremo Collegio ha infatti evidenziato, nell’ordinanza della Prima Sezione n. 3858 del 15/02/2021 (pag. 11, motivazione), che “ove sia stato proprio l’addebito degli interessi, come sopra quantificati, a determinare il superamento del limite del fido, rivestirà funzione solutoria solo quella parte di rimessa pari alla differenza tra lo scoperto ed il limite del fido e potrà provvedersi all’imputazione del pagamento ex art. 1194 comma 2 limitatamente a questa parte.

Nel caso, invece, in cui l’annotazione degli interessi avvenga su un conto che presenti un passivo che rientri nei limiti dell’affidamento e neppure la stessa annotazione

determini il superamento di tale limite, la successiva rimessa avrà una mera funzione ripristinatoria della provvista e non potrà mai provvedersi ad un’imputazione ex art. 1194 comma 2 cod. civ., difettando l’indefettibile presupposto del pagamento.

” Il metodo di calcolo ispirato a tali principi corrisponde a quello seguito nella seconda relazione del 28 ottobre 2022, dalla quale emerge che alla data della notifica dell’atto di citazione in primo grado del 25.10.2019:

il saldo banca risultava negativo per complessivi euro 30.928,14;

le rettifiche per interessi non dovuti, con applicazione del tasso sostitutivo e depurazione dell’anatocismo, ammontavano ad euro 36.842,86;

le rettifiche conseguenti ai ricalcoli afferenti alla commissione di massimo scoperto ammontavano ad euro 4.909,58;

le rimesse solutorie determinate considerando il saldo scoperto ricalcolato e riferite a interessi maturati sull’extrafido, ammontavano ad euro 3.989,66.

Ne discende pertanto, che alla data del 25.10.2019, tenuto conto della prescrizione delle rimesse solutorie, il saldo del conto corrente risultava positivo per euro 6.834,64 (importo risultante dal seguente calcolo:

– 30.928,14 + 36.842,86 + 4.909,58 – 3.989,66).

È invece infondato l’ultimo motivo, dal momento che il ricalcolo, come sopra operato, tiene debitamente conto delle situazioni di natura contabile ormai definite e stabilizzate in quanto coperte da prescrizione e che, quanto alla restante parte, la necessità di procedere alla rettifica delle annotazioni contabili costituisce un adempimento meramente consequenziale alle anzidette statuizioni.

L’appello dovrà essere pertanto parzialmente accolto per quanto di ragione, con conseguente parziale riforma dell’impugnata sentenza, che per il resto andrà invece confermata.

Quanto al regolamento delle spese processuali, deve essere nondimeno ricordato che “il giudice di appello, allorché riformi in tutto o in parte la sentenza impugnata, deve procedere d’ufficio, quale conseguenza della pronuncia di merito adottata, ad un nuovo regolamento delle spese processuali, il cui onere va attribuito e ripartito tenendo presente l’esito complessivo della lite poiché la valutazione della soccombenza opera, ai fini della liquidazione delle spese, in base ad un criterio unitario e globale” (Sez. 3, n. 9064 del 12/04/2018); per l’effetto, tenuto conto dell’esito complessivo del giudizio, l’odierna appellante andrà condannata alla rifusione delle spese del doppio grado, determinate sulla base dello scaglione di valore corrispondente al valore della controversia.

Definitivamente pronunciando sulla causa civile in grado di appello proposta da nei confronti di avverso la del Tribunale di Udine n. 178/2023, pubblicata in data 22.2.2023, ogni diversa domanda ed eccezione disattesa e reietta, così provvede:

In parziale riforma dell’impugnata sentenza, che quanto al resto conferma, accerta che il valore del saldo di cui al capo a) del dispositivo è a credito dell’appellata per euro 6.834,64;

Condanna l’appellante alla rifusione delle spese del doppio grado del giudizio, che liquida per compensi professionali in complessivi euro 7.600,00 quanto al primo grado e in euro 6.000,00 quanto al secondo, oltre spese generali nella misura massiva, Iva e c.p.a.

di legge.

Così deciso in Trieste, nella camera di consiglio del 10 luglio 2024 IL CONSIGLIERE ESTENSORE IL PRESIDENTE Dott. NOME COGNOME Dott.ssa NOME COGNOME

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