R.G. 6142/2020
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE D’APPELLO DI ROMA SEZIONE VIII così composta:
NOME COGNOME Presidente NOME COGNOME Consigliere NOME COGNOME Consigliere est. riunita in camera di consiglio, ha emesso la seguente
SENTENZA N._634_2025_- N._R.G._00006142_2020 DEL_30_01_2025 PUBBLICATA_IL_30_01_2025
nella causa civile di appello iscritta al n. 6142 del ruolo generale per gli affari contenziosi dell’anno 2020, trattenuta in decisione all’udienza del 31.10.2024, con assegnazione di termini per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica ridotti rispettivamente a 30 e 20 giorni, vertente TRA (C.F. elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO presso lo studio degli Avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME che lo rappresentano e difendono in forza di procura in atti appellante (P.IVA persona dell’amministratore p.t., elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’Avv. NOME COGNOME che lo rappresenta e difende in forza di procura in atti appellato OGGETTO: appello alla sentenza del Tribunale di Roma n. 13725/2020 – impugnazione delibera assembleare
CONCLUSIONI
Come da rispettivi atti introduttivi SVOLGIMENTO DEL PROCESSO C.F. P..
, in qualità di proprietario dell’unità immobiliare contrassegnata come INDIRIZZO, sita nel INDIRIZZO (di seguito, impugnava innanzi al Tribunale di Roma la delibera condominiale del 23.6.2016, comunicata in data 8.7.2016, con la quale l’assemblea approvava, con la maggioranza di 818 millesimi, le nuove tabelle millesimali.
L’attore eccepiva la nullità assoluta/illegittimità della deliberazione:
per mancanza dell’unanimità prevista dall’art. 69 disp. att. c.c.;
per predisposizione delle tabelle tenendo in considerazione anche le pertinenze di proprietà esclusiva dell’attore (con riguardo a terrazzo e garage), distinte rispetto al fabbricato.
Inoltre, l’attore deduceva l’annullabilità e/o l’illegittimità della delibera assembleare in questione nella parte in cui rigettava la richiesta di rimborso della franchigia e di altre spese avanzata da per l’importo di euro 310,00, nonostante detta somma fosse stata riconosciuta dall’assemblea come dovuta al condomino, nella precedente delibera condominiale del 18.2.2013.
Concludeva chiedendo:
di dichiarare la nullità assoluta della deliberazione assembleare impugnata per mancanza dell’unanime consenso di tutti i condomini;
di dichiarare l’illegittimità della delibera assembleare impugnata per aver incluso pertinenze di esclusiva proprietà dell’attore;
di condannare il convenuto al rimborso dell’importo di euro 310,00, oltre interessi a far data dal 18.2.2013 (data della delibera assembleare di riconoscimento del debito);
con vittoria di spese.
Si costituiva in giudizio il , deducendo quanto segue:
aveva apportato modifiche alla sua proprietà con consistente aumento della volumetria;
in conseguenza di ciò, l’assemblea condominiale dell’11.1.2016 aveva deliberato, all’unanimità dei presenti, la revisione delle tabelle millesimali in ottemperanza all’art. 69 disp. att. c.c. (secondo il quale “I valori proporzionali delle singole unità immobiliari espressi nella tabella millesimale di cui all’articolo possono essere rettificati modificati all’unanimità”);
contestualmente, l’assemblea condominiale aveva dato incarico all’Ing. di accertare l’effettivo aumento della superficie immobiliare del condomino e di effettuare la revisione delle tabelle millesimali in conformità alla nuova situazione, rettificando i valori proporzionali riscontrati nella situazione reale e attuale delle consistenze immobiliari;
la perizia redatta dall’Ing. nella parte relativa alle proprietà di certificava l’aumento per più di un quinto della superficie originaria dell’unità immobiliare dell’attore;
successivamente, la delibera assembleare del 23.6.2016 (qui impugnata), esecutiva della delibera di approvazione del 11.1.2016, la perizia dell’Ing. Contestava l’assenza di prova e la mancata deduzione del titolo a base dell’asserito diritto al rimborso.
Concludeva chiedendo:
in via preliminare, di accertare e dichiarare l’inammissibilità e/o l’improponibilità dell’impugnazione della delibera assembleare stante l’avvenuta decadenza ai sensi dell’art. 1137 c.c.;
in via principale, di rigettare integralmente le domande attoree in quanto infondate;
in via riconvenzionale, di condannare l’attore alla refusione in favore del della somma di euro 2.639,01, a titolo di compensi da versare all’Ing. anticipati dal convenuto;
con vittoria di spese.
All’esito dell’istruttoria (svoltasi mediante produzione documentale e memorie ex art. 183 c.p.c.) e dopo lo scambio di note di trattazione scritta, il Giudice decideva la causa ai sensi dell’art. 281 sexies all’udienza del 7.10.2020.
Il Tribunale di Roma, con la sentenza n. 13725/2020, rigettava le domande dell’attore e quella riconvenzionale proposta dal Condominio convenuto.
Condannava l’attore a rifondere, in favore del , le spese di lite per un importo complessivo di euro 2.800,00, oltre spese generali, I.V.A. e C.P.A., oltre euro 98,00 per contributo unificato.
2.
Nell’atto di appello ritualmente notificato, contestava le conclusioni cui era addivenuto il Giudice di primo grado.
In particolare, criticava:
2.a) violazione e/o falsa applicazione delle previsioni di cui all’art. 69 disp. att. c.c., in combinato disposto con le previsioni di cui alla L. 200/12.
Il Giudice di primo grado avrebbe dovuto dichiarare la nullità della delibera assembleare del 23.6.2016, in quanto approvata senza il consenso unanime di tutti i condomini, non essendo sufficiente la sola unanimità dei consensi dei condomini partecipi all’assemblea.
Ciò in quanto le nuove tabelle millesimali, tenendo conto della incrementata volumetria della proprietà esclusiva dell’appellate, avrebbero derogato al regime di ripartizione delle spese di cui al regolamento condominiale e, inoltre, sarebbero state assunte violando le vigenti disposizioni normative;
2.b) violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1117, 1118 e 1123 c.c., 68 e 69 disp. att. c.c e violazione dell’art. 115
c.p.c. La delibera assembleare del 23.6.2016 sarebbe illegittima anche per aver ricompreso, nelle nuove tabelle millesimali, pertinenze di esclusiva proprietà dell’appellante.
Nel dettaglio, il terrazzo e il garage di proprietà non incidono in alcun modo sulla possibilità di godimento di beni e servizi comuni da parte degli altri condomini e, , non avrebbero potuto essere tenuti in considerazione ai fini della predisposizione delle tabelle millesimali;
2.c) assoluta illogicità, carenza e soprattutto erroneità di motivazione, per avere il primo giudicante dichiarato la inammissibilità della richiesta di rimborso della franchigia sull’errato presupposto che trattavasi di domanda fondata su diversa delibera, rispetto a quella impugnata.
Il Giudice di prime cure avrebbe completamente disatteso la produzione documentale offerta relativamente alla sentenza del Tribunale di Roma n. 6710 del 31.3.2008, nella quale “si ritiene fondata la doglianza relativa alla mancata e/o parziale corresponsione della franchigia al (…);
la somma sottratta a titolo di franchigia dell’ammontare complessivo liquidato al danneggiato debba essere riconosciuta di competenza dell’assicurato condomino (…);
ininfluente è la circostanza che nella successiva assemblea condominiale del 13.2.2006 sia espressamente dichiarato che con l’accettazione della formula assicurativa da parte dell’assemblea del condominio la franchigia è a carico del condomino interessato all’intervento assicurativo poiché detta decisione non può essere applicata al caso di specie avventi nell’anno 2003”.
Pertanto, sebbene nella precedente delibera assembleare del 13.2.2006 si fosse statuito che le franchigie restavano a carico del danneggiato, in forza di quanto statuito dal Tribunale di Roma nella suddetta sentenza il Giudicante avrebbe dovuto dichiarare il diritto del al rimborso di euro 310,00, oltre interessi a far data quantomeno dal 18.2.2013, data della delibera assembleare in cui il avrebbe riconosciuto detto debito per spese di franchigia;
2.d) violazione e/o falsa applicazione dell’art. 91 cpc per avere disposto la totale condanna del alla refusione delle spese di giudizio, pur in presenza del rigetto della domanda riconvenzionale avanzata dal Condominio e dell’implicito rigetto di altra eccezione preliminare, sempre avanzata da parte allora convenuta e relativa alla improcedibilità della domanda per mancata preventiva impugnazione di altra delibera.
In virtù del principio di soccombenza, essendosi verificata una situazione di soccombenza reciproca, il Giudice di prime cure avrebbe dovuto operare la compensazione delle spese processuali, in misura totale ovvero quantomeno parziale.
Risulta incomprensibile la statuizione, sempre relativa alle spese del giudizio, di condanna al pagamento dell’importo di euro 98,00 a titolo di contributo unificato.
Concludeva chiedendo:
in via preliminare, di dichiarare la nullità assoluta della deliberazione dell’assemblea condominiale assunta in data 23.6.2016 e comunicata in data 8.7.2016, per mancanza dell’unanime consenso di tutti i condomini;
in via principale, di l’illegittimità della delibera in questione con specifico riferimento all’approvazione delle nuove tabelle millesimali, avendo tale approvazione comportato, nel computo dei millesimi, l’inserimento di pertinenze riconducibili alla proprietà esclusiva dell’attore, avulse e distinte rispetto al fabbricato condominiale;
di dichiarare l’illegittimità della deliberazione impugnata anche con riferimento al mancato riconoscimento del rimborso dell’importo di euro 310,00, oltre interessi a far data dal 18.2.2013 (data della delibera assembleare di riconoscimento del debito), con condanna del al suo pagamento;
di condannare il convenuto al pagamento delle spese del doppio grado di giudizio.
3. Si costituiva in giudizio il appellato, eccependo preliminarmente la nullità del giudizio di appello per difetto della vocatio in ius, avendo l’appellante indicato una data di comparizione errata, non consentendone così la corretta identificazione (nello specifico, l’atto di appello veniva notificato alla controparte in data 17.11.2020, ma la citazione in giudizio indicava come data dell’udienza comparizione quella del 31.3.2020).
Eccepiva altresì l’inammissibilità dell’appello per difetto del requisito di cui all’art. 342 co.
1 c.p.c. per carente specificità dei motivi di gravame formulati dall’appellante.
Concludeva chiedendo:
in via preliminare e in rito, di accertare e dichiarare la nullità del giudizio di appello a causa del difetto della vocatio in ius che rende inammissibile l’atto di citazione;
sempre in via preliminare e in rito, di accertare e dichiarare l’inammissibilità dell’atto di citazione in appello per difetto del requisito di cui all’art. 342 co. 1 c.p.c.;
in via principale e nel merito, di rigettare integralmente l’appello e, per l’effetto, confermare integralmente la sentenza impugnata;
con vittoria di spese e compensi di giudizio, oltre rimborso spese forfettarie pari al 15% e oltre accessori di legge per il doppio grado di giudizio, anche ai sensi e per gli effetti dell’art. 96 co. 1 c.p.c. e/o dell’art. 96 co. 3 c.p.c. 4. All’udienza del 31.10.2024, precisate le conclusioni in udienza, la causa era trattenuta in decisione con assegnazione di termini per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica ridotti rispettivamente a 30 e 20 giorni.
MOTIVI DELLA DECISIONE
5. Preliminarmente va rigettata la richiesta del declaratoria di inammissibilità dell’appello.
L’atto di citazione non può dirsi nullo ex art. 164 c.p.c. stante la regolare costituzione dello stesso appellato;
al contempo, il gravame, seppure redatto in modo poco lineare, presenta gli elementi richiesti dagli artt. 342 c.p.c., da intendersi – secondo l’orientamento prevalente della Suprema Corte, ribadito anche recentemente, con la sentenza n. 2681/2022 – nel senso che l’impugnazione deve contenere la chiara individuazione delle questioni e dei punti contestati della sentenza impugnata e, con essi, delle relative doglianze, affiancando alla parte volitiva una parte argomentativa che confuti e contrasti le ragioni addotte dal primo Giudice. 6. L’appello, però, nel merito è privo di fondamento.
Con riguardo alla censura 2.a), come correttamente si afferma nella sentenza impugnata, nel caso in esame l’approvazione all’unanimità non era necessaria.
Premesso che il Condominio agiva a seguito dell’incremento volumetrico della proprietà del condomino (oltre che di quelle di altri condomini) effettivamente accertato dall’ing. nella misura di oltre 1/5, come più volte affermato dalla Suprema Corte in tema di condominio, l’atto di approvazione delle tabelle millesimali, al pari di quello di revisione delle stesse, non ha natura negoziale, con la conseguenza che il medesimo non deve essere approvato con il consenso unanime dei condomini, essendo a tal fine sufficiente la maggioranza qualificata di cui all’art. 1136 comma 2 c.c. (Cass. civ. sez. II, 25/10/2018, n.27159; Cass. civ. sez. II, 10/03/2020, n.6735).
Tale principio è stato affermato con nitidezza nella recente pronuncia delle Sezioni Unite del 14.4.2021, n. 9839, con riferimento sia all’atto di approvazione delle tabelle millesimali che a quello di revisione delle stesse;
è, infatti, sufficiente la maggioranza qualificata di cui all’art. 1136, comma 2, c.c., ogni qual volta l’approvazione o la revisione avvengano con funzione meramente ricognitiva dei valori e dei criteri stabiliti dalla legge;
viceversa, la tabella da cui risulti espressamente che si sia inteso derogare al regime legale di ripartizione delle spese, ovvero approvare quella “diversa convenzione”, di cui all’art. 1123, comma 1, c.c., rivelando la sua natura contrattuale, necessita dell’approvazione unanime dei condomini, eventualità che non ricorre stando a quanto dedotto e documentato da In ordine alla censura 2.b) sulle tabelle, asseritamente errate nei presupposti di calcolo, in senso contrario, si osserva che la stessa disposizione citata dall’appellante ovvero l’art 69 delle disposizioni del codice civile prevede la possibilità di revisionare le tabelle anche: “ 2) quando, per le mutate condizioni di una parte dell’edificio, in conseguenza di sopraelevazione, di incremento di superfici o di incremento o diminuzione delle unità immobiliari, è alterato per più di un quinto il valore proporzionale dell’unità immobiliare anche di un solo condomino.
In tal caso il relativo costo è sostenuto da chi ha dato luogo alla variazione (…)”.
Avendo il condomino ampliato le pertinenze della sua proprietà, lo stesso ha legittimato l’assemblea a procedere alla revisione delle tabelle, le quali ultime hanno la finalità di tradurre la proprietà esclusiva dei singoli condomini in frazioni millesimali (Cassazione civile sez. un., 09/08/2010, n.18477), individuando la portata dei rispettivi diritti ed obblighi di partecipazione alla vita del Passando alla censura sub 2c), nell’atto di citazione di primo grado (cfr. pag. 3) il condomino aveva richiesto “il rimborso della franchigia e di altre spese per euro 310,00”, credito che il avrebbe riconosciuto come spettante al in precedenza, con la delibera del 18.2.2013. La Corte rileva, però, che detta delibera del 2013, all’ultimo punto (n.7 ) dell’ordine del giorno, riconosceva al il rimborso di “euro 180,00 quale franchigia” e di “una rata condominiale versata in eccesso ante 2009” non quantificandola.
Né vi sono elementi univoci per correlare l’importo qui richiesto con quello di cui alla prodotta sentenza del Tribunale di Roma n. 6710 del 31.3.2008, mai citata nella delibera del 2013.
Ciò posto, a giudizio del Collegio non si può affermare, con certezza, anche tenuto conto del decorso di ben tre anni tra detta delibera del febbraio 2013 e quella del 23.6.2016 qui impugnata, il diritto di al rimborso dell’importo di euro 310,00, stante la genericità di quanto dedotto e prodotto a tal fine dal per dimostrare il suo diritto di credito.
Infine, l’ultima doglianza (2.d) è priva di pregio in quanto per individuare il soggetto sul quale porre le spese è necessario valutare l’esito complessivo del giudizio, in base a un criterio unitario e globale.
Nel caso di specie, aveva introdotto il giudizio risultando soccombente su tutti i fronti, mentre la controparte aveva visto il rigetto della sola domanda riconvenzionale di pagamento delle spese sostenute dal consulente per la revisione delle tabelle;
quindi, le spese erano state poste a carico dell’attore, coerentemente a quanto disposto dall’ art. 91 c.p.c;
peraltro, il Tribunale le aveva liquidate (per euro 2800,00) in misura inferiore ai parametri medi di riferimento, condannando l’attore anche a versare il contributo unificato dovuto ex lege.
6. Passando alla richiesta di condanna ex art. 96 cpc. formulata dal , non si ravvisa, nel caso di specie, un comportamento processuale del caratterizzato dalla “mala fede ovvero colpa grave, consistenti nella consapevolezza dell’infondatezza della domanda e della tesi difensiva”, per spirito di emulazione o per fini dilatori (Cass., sez. III, 30 settembre 2021, n. 26545).
Quindi, la domanda è rigettata. .
Quanto alle spese processuali di fase, le stesse sono poste a carico dell’appellante in virtù della sua soccombenza e liquidate in dispositivo, secondo i valori medi delle cause rientranti nella fascia di valore inferiore a euro 26.000,00 (stando a quanto dichiarato dalla stessa parte appellante in gravame), senza calcolare la fase istruttoria.
PQM
La Corte d’Appello, definitivamente pronunciando nella causa civile in epigrafe indicata, ogni diversa istanza, eccezione e deduzione disattesa, rigetta l’appello proposto da avverso la sentenza del Tribunale di Roma n. 13725/2020 nei confronti del Condanna l’appellante al pagamento delle spese processuali del presente grado di giudizio, che liquida in favore dell’appellato in € 3.966,00 per compensi, oltre spese generali al 15% e accessori di legge.
Dà atto della sussistenza dei presupposti di cui all’art. 1 co. 17 della l. 228/12 per il versamento, da parte dell’appellante, dell’ulteriore importo indicato nella citata disposizione a titolo di contributo unificato.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio tenuta il 23.1.2025
Il consigliere estensore NOME COGNOME Il Presidente NOME COGNOME
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