REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
CORTE D’APPELLO DI VENEZIA TERZA SEZIONE CIVILE
La Corte di Appello di Venezia, riunita in camera di consiglio nelle persone dei Magistrati Dott. NOME COGNOME Presidente Dott. NOME COGNOME Consigliere Dott. NOME COGNOME Consigliere rel./est.
ha pronunciato la seguente
S E N T E N Z A N._357_2025_- N._R.G._00000560_2021 DEL_03_03_2025 PUBBLICATA_IL_03_03_2025
Nella CAUSA CIVILE in grado di appello iscritta al n. 560 del Ruolo Generale dell’anno 2021 TRA (C.F. ), con il patrocinio dell’avv. COGNOME e dell’avv. COGNOME elettivamente domiciliato presso il suo studio, come da mandato difensivo in atti;
Parte appellante (C.F. ), con il patrocinio dell’avv. NOMECOGNOME elettivamente domiciliato presso il suo studio, come da mandato difensivo in atti;
Parte appellata (C.F. ), con il patrocinio dell’avv. COGNOME elettivamente domiciliato presso il suo studio, come da mandato difensivo in atti;
Parte appellata e appellante incidentale in via condizionata Oggetto: appello avverso la sentenza n. 32/2021 del Tribunale di Padova pubblicata in data 13/01/2021 e notificata in data 12/02/2021
CONCLUSIONI
Per parte appellante “- In via cautelare, confermare, ai sensi dell’art. 283 c.p.c., la sospensione dell’efficacia esecutiva della sentenza del Tribunale di Padova, resa inter partes, n. 32 pubblicata in data 13/1/2021 e notificata tramite P.E.C. dal patrocinio del in data 12/2/2021, disposta con ordinanza del 21/7/2021 sussistendo i gravi e fondati motivi per le ragioni esposte in corso di causa;
– Nel merito, riformare la sentenza n. 32/2021 per tutte le ragioni esposte nell’atto d’appello e nelle difese espletate in corso di causa e, per l’effetto, previo accertamento che nulla è dovuto dal al Centro RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE in relazione al soggiorno dei Sig.ri presso l’istituto, revocarsi e/o dichiararsi nulle e/o annullarsi le ingiunzioni prot. n. 507-508 del 25/5/2017 in quanto illegittime, ingiuste ed infondate per tutti i motivi di cui agli atti di causa.
Si dichiara espressamente di non accettare il contraddittorio su eventuali nuove domande e istanze tardivamente formulate o modificate dalle controparti.
Si chiede che vengano concessi i termini di cui all’art. 190 c.p.c. per il deposito delle comparse conclusionali e delle memorie di replica.
Con vittoria di spese e compensi professionali di entrambi i gradi di giudizio ai sensi del D.M. n. 55/2014.
” Per parte appellata “IN VIA PRELIMINARE DICHIARARSI INAMMISSIBILE l’istanza di sospensione dell’efficacia esecutiva della sentenza di primo grado per carenza dei requisiti di cui all’art. 283 C.P.C., I comma, e comunque rigettarsi la medesima, per le motivazioni tutte esposte nel corso del giudizio.
NEL MERITO:
IN INDIRIZZO
in integrale conferma della sentenza impugnata, RESPINGERSI l’impugnazione avversaria perché infondata in fatto e in diritto e per l’effetto CONFERMARSI INTEGRALMENTE la sentenza n. 32/2021 del 12.01.2021 emessa dal Tribunale di Padova, oggetto di appello.
Con rifusione di spese e compensi professionali ai sensi del D.M. n. 55/2014.
IN INDIRIZZO
– nella denegata e non creduta ipotesi in cui, in accoglimento anche parziale dell’appello proposto, dovesse essere accertata e dichiarata la carenza di legittimazione passiva del rispetto all’obbligo di pagamento delle rette di ospitalità impagate del sig. rigettato altresì l’appello incidentale proposto dal accertato e dichiarato che il suddetto obbligo grava in capo al per le rette maturate successivamente alla data di ingresso del sig. presso la casa di riposo quale non autosufficiente, per le ragioni indicate in atti, CONDANNARSI il pagamento delle suddette rette in favore del Centro RAGIONE_SOCIALE di maturate dalla data della dichiarazione di non autosufficienza sino alla data della morte del sig. , che ammontano ad euro 21.174,08= ovvero, in via di estremo subordine, dalla data di emissione dell’impegnativa di residenzialità del 04.12.2016 fino alla sua morte, che ammontano ad euro 3.847,36=, oltre agli interessi legali maturati dalla data della domanda sino al saldo effettivo. – nella denegata e non creduta ipotesi in cui dovesse essere accertata e dichiarata la carenza di legittimazione passiva del rispetto all’obbligo di pagamento delle rette di ospitalità impagate della sig.ra , rigettato altresì l’appello incidentale proposto dal accertato e dichiarato che il suddetto obbligo grava in capo al per le rette maturate successivamente alla data di ingresso della sig.ra presso la casa di riposo quale non autosufficiente, CONDANNARSI il al pagamento delle suddette rette al Centro Servizi per Anziani di maturate dalla data della dichiarazione di non autosufficienza sino alla data della morte della sig.ra , che ammontano ad euro 40.222,28= ovvero, in via di estremo subordine, dalla data di emissione dell’impegnativa di residenzialità del 18.10.2014 fino alla sua morte, che ammontano ad euro 32.288,44=, oltre agli interessi legali maturati su detti importi dalla data della domanda sino al saldo effettivo. Con rifusione di spese e compensi professionali ai sensi del D.M. n. 55/2014.
IN INDIRIZZO
Nel caso in cui la Corte Adita ritenesse di dover accogliere uno o più dei motivi di appello proposti dal a parziale revoca dei provvedimenti adottati sul punto in primo grado, ammettersi la prova per testi così come richiesta nelle memorie istruttorie ex art. 183 comma 6 n. 2 c.p.c. depositate in data 30.05.2018 nell’ambito dei due procedimenti di primo grado riuniti.
” Per parte appellata – in via preliminare:
dichiararsi inammissibili, per carenza dei requisiti prescritti dall’art. 342 c.p.c. e per la formazione del giudicato interno sull’applicazione dell’art. 6, co. 4, L. 328/2000, a prescindere dall’originario stato di bisogno economico e dall’originaria non autosufficienza dei soggetti ricoverati, i primi due motivi dell’appello principale del con conseguente conferma in parte qua della sentenza n. 32/2021 del Tribunale di Padova, pubblicata in data 13 gennaio 2021 e notificata il 12 febbraio 2021;
– nel merito:
respingersi, in quanto inammissibile e infondato in fatto e in diritto, l’appello interposto dal con atto di citazione di data 12 marzo 2021 e, per l’effetto, confermarsi l’impugnata sentenza del Tribunale di Padova, n. 32/2021, pubblicata in data 13 gennaio 2021 e notificata il 12 febbraio 2021;
– nel merito, in via subordinata:
nell’ipotesi in cui codesta Corte dovesse accogliere uno o più motivi di appello del nella parte in cui essi mirano a individuare nel il legittimato passivo e quindi il debitore delle somme richieste dal e purché risultasse accertato che anche nell’attuale grado di giudizio siano state proposte domande nei confronti del rigettarsi comunque tutte le domande proposte nel presente giudizio nei confronti del in quanto inammissibili e comunque infondate, per tutte le ragioni esposte in atti, accertando per l’effetto che il nulla deve al a titolo di spese di ricovero del sig. e della sig.ra nell’ – ancora nel merito, in via incidentale: nell’ipotesi in cui codesta Corte dovesse accogliere uno o più motivi di appello del nella parte in cui essi mirano a individuare nel il legittimato passivo e quindi il debitore delle somme richieste dal , e purché risultasse accertato che anche nell’attuale grado di giudizio siano state proposte domande nei confronti del accogliersi l’appello interposto dal in questa sede e, anche per l’effetto, in parziale riforma della sentenza n. 32/2021 del Tribunale di Padova, rigettarsi tutte le domande proposte nel presente in giudizio nei confronti del in quanto inammissibili e comunque infondate, per tutte le ragioni esposte in atti, e per l’effetto accertarsi che il nulla deve al a titolo di spese di ricovero del sig. e della sig.ra nell’ – in via istruttoria: nell’ipotesi in cui codesta Corte dovesse accogliere uno o più motivi di appello del nella parte in cui essi mirano a individuare nel il legittimato passivo e quindi il debitore delle somme richieste dal e purché risultasse accertato che anche nell’attuale grado di giudizio siano state proposte domande nei confronti del a parziale revoca dei provvedimenti già emessi in primo grado, accogliersi le istanze istruttorie formulate dal nelle memorie di cui all’art. 183, co. 6, c.p.c., e dichiararsi l’inutilizzabilità del doc. 19 dimesso in primo grado, nei giudizi R.G. nn. 6842/2017 e 6843/2017, Trib. Padova, dal nonché i docc. 15 del procedimento R.G. n. 6842/2017, Trib. Padova, e 14 del procedimento, R.G. n. 6843/2017, Trib. Padova, dimessi dal – spese e compensi di lite in ogni caso integralmente rifusi per entrambi i gradi di giudizio, con inclusione del rimborso per spese generali. Si dichiara espressamente di non accettare il contraddittorio su alcuna domanda, eccezione o istanza nuova o tardivamente modificata dalle controparti.
” FATTO E DIRITTO
Il primo grado di giudizio Con due distinti atti introduttivi il proponeva opposizione dinnanzi al Tribunale di Padova per ottenere la revoca delle ingiunzioni n. 507 e n. 508 del 25 maggio 2017 con cui era stato intimato da parte del (d’ora in poi ), nelle forme previste dal R.D. 14/4/1910 n. 639, il pagamento di € 59.309,64, a saldo delle rette di ospitalità arretrate per il signor (ospite della struttura dal 23 marzo 2006 fino al giorno del decesso, occorso in data 26 febbraio 2017), maturate dal 2012 fino al decesso, nonché di € 59.555,64 per la signora (ospite della struttura dal 23 marzo 2006 fino al giorno del decesso, occorso in data 24 settembre 2016), maturate dal 2012 fino al decesso. L’opponente eccepiva la propria carenza di legittimazione passiva sul rilievo dell’insussistenza dei presupposti ex art. 6, co. 4, legge 328/2000, atteso che l’ingresso dei coniugi presso il era avvenuto a titolo di trasferimento volontario quali soggetti autosufficienti a seguito delle dimissioni dal reparto di psichiatria dell’ospedale di ove erano stati ricoverati dal 5 al 23 marzo 2006 con diagnosi, per entrambi, di delirio a due con manie di persecuzione (folie à deux).
Deduceva che in data 5 dicembre 2006 era stato formalizzato proprio dal C.S.A. di il cambio di residenza anagrafica dei coniugi e che solo a seguito di tale data potevano eventualmente ritenersi sussistenti i presupposti per l’integrazione economica, essendo intervenuta nel 2014 per la signora e nel 2015 per il signor la dichiarazione di non autosufficienza mediante valutazione a mezzo S.v.a.m.a.
, come prescritto dal D.G.R. n. 464 del 28.2.2006, sicché onerato doveva comunque ritenersi il Eccepiva, infine, l’incertezza e la mancata dimostrazione del quantum asseritamente dovuto, a titolo di integrazione delle rette.
Con comparsa di risposta tempestivamente depositata si costituiva in entrambi i giudizi il.
Nel merito, ribadiva la sussistenza dell’onere di contribuzione a carico dell’opponente, adducendo che l’accesso dei coniugi nella struttura dal 23 marzo 2006 era stato sollecitato dagli stessi Servizi Sociali del dopo aver preso atto dell’impossibilità di gestirli a domicilio in ragione della diagnosticata patologia psichiatrica;
che le valutazioni mediche svolte in sede confermavano la loro non autosufficienza e che sempre su impulso dei predetti Servizi era stato nominato un amministratore di sostegno per il signor e un tutore per la signora ;
che al pagamento della retta aveva provveduto fino al 2012 il signor e che era stata mandata all’opponente richiesta di integrazione economica il 22 marzo 2012, rigettata con delibera della Giunta Comunale di n. 106 del 27 dicembre 2012.
Contestava, inoltre, la rilevanza della normativa citata con l’opposizione, deducendo che le prestazioni erogate favore dei degenti erano natura prettamente alberghiera/socioassistenziale e che l’onere contributivo sorge in capo agli enti locali sulla base della sola circostanza fattuale data dalla necessità del ricovero stabile in capo al soggetto destinatario della relativa prestazione, non essendo necessario che l’amministrazione accerti e certifichi formalmente la condizione di necessità del beneficiario. Chiedeva, infine, di essere autorizzato a chiamare in causa il proponendo in via subordinata domanda di condanna del terzo chiamato al pagamento delle rette di ospitalità del sig. maturate dalla data di dichiarazione di non autosufficienza (20 novembre 2015) sino al decesso, che quantificava in euro 21.174,08, ovvero, in via di estremo subordine, dalla data di emissione dell’impegnativa di residenzialità (4 dicembre 2016) per euro 3.847,36.
Tanto deduceva, nel merito, con la comparsa depositata nel procedimento R.G. 6843/2017 anche per la debenza delle rette della sig.ra , chiedendo però, in via subordinata, la condanna del al pagamento di euro 40.222,28 a titolo di saldo delle rette maturate dalla data di dichiarazione di non autosufficienza (02 aprile 2014) sino alla data del decesso, o in via ulteriormente subordinata dall’emissione dell’impegnativa di residenzialità (18 ottobre 2014), per euro 32.288,44.
Il Tribunale accoglieva la richiesta di chiamata in giudizio del quale si costituiva ritualmente in entrambi i giudizi, instando per il rigetto delle domande formulate nei suoi confronti.
Sosteneva, a propria volta, che l’ingresso al 23 marzo 2006 dei coniugi nel centro fosse avvenuto su indicazione dei Servizi Sociali visto che la condizione di infermità mentale in cui versavano era tale da renderli totalmente incapaci di provvedere in via autonoma ai propri interessi.
Deduceva, inoltre, che le prestazioni rese a favore degli anziani erano da ritenersi di natura prevalentemente sanitaria, quindi integralmente a carico del servizio sanitario nazionale ex art. 3 septies l. 502/1992.
In ogni caso, escludeva la sussistenza di oneri a proprio carico, essendo i coniugi stati ospitati presso l’ senza soluzione di continuità dal marzo 2006 in poi, sicché doveva ritenersi comunque gravato l’ente locale ove gli assistiti avevano la residenza anagrafica prima del ricovero.
Riuniti i due giudizi in virtù della connessione e istruita la causa documentalmente, con la sentenza n. 32/2021 il Tribunale di Padova rigettava integralmente le due opposizioni.
Rilevava il Tribunale:
a) che in forza dell’art. 6, comma 4, della l. 328/2000, come confermato da successivo parere del Dipartimento per gli affari interni e territoriali del Ministero dell’Interno, onerato doveva ritenersi il Comune di residenza pre-ricovero e cioè il luogo di residenza degli interessati nel momento antecedente all’esecuzione della prestazione o all’erogazione del servizio e quindi, nel caso in esame, gravato era il atteso che lo spostamento della residenza era avvenuto a ricovero già eseguito e che la predetta norma si limita a fare riferimento alla necessità di un ricovero stabile, non richiedendo una condizione di non autosufficienza certificata dell’utente; b) che in ogni caso l’ingresso dei coniugi nel RAGIONE_SOCIALE non poteva ritenersi frutto di una scelta autonoma e volontaria, essendo documentale che in tal senso si erano mobilitati i Servizi Sociali del a seguito del ricovero in psichiatria;
c) che l’opponente era stato informato del necessario inserimento in struttura dei coniugi, essendosi reso parte attiva nella scelta della struttura ospitante;
d) che le prestazioni erogate dovevano qualificarsi quali prestazioni sociali a rilevanza sanitaria di competenza dell’Ente ex art. 6, comma 4, l. 328/2000;
e) rispetto alle contestazioni sul quantum, che il RAGIONE_SOCIALE aveva tempestivamente prodotto in giudizio tutta la documentazione atta a dimostrare le modalità di determinazione del credito e che rispetto a tali documenti l’opponente nulla aveva eccepito.
Per l’effetto, condannava il alla rifusione integrale delle spese di lite a favore del RAGIONE_SOCIALE di nonché del in base al principio di causalità.
Il giudizio di appello Con atto di appello tempestivamente notificato il impugnava la predetta sentenza, notificatagli il 12 febbraio 2021 dal procuratore del sulla base dei seguenti motivi di appello.
5.1
Con i primi due motivi denunciava la “Violazione di legge.
Violazione per falsa applicazione dell’art. 6, co. 4, della L. 328/2000 per insussistenza dei presupposti di fatto per l’applicazione”.
In sintesi, si doleva anzitutto dell’erroneo richiamo, poiché inconferente, al parere del Dipartimento per gli affari interni e territoriali del Ministero dell’Interno del 9 novembre 2009, in sua tesi impropriamente utilizzato dal Giudice di prime cure per interpretare la normativa nazionale.
In secondo luogo, ribadiva che era documentalmente provato che l’accesso alla struttura era avvenuto a titolo di trasferimento volontario, essendo gli ospiti autosufficienti nonché autonomi da un punto di vista economico e che al momento del loro ingresso non era nemmeno certo che la permanenza sarebbe stata “stabile”.
5.2
Con il terzo e il quarto motivo lamentava la “Violazione di legge.
Violazione per falsa applicazione dell’art. 6, co. 4, della L. 328/2000”, deducendo, in sintesi, che in assenza di apposita convenzione tra la struttura ospitante e il Comune tenuto alla contribuzione integrativa, nonché in assenza di previa deliberazione di spesa dell’ente locale ai sensi dell’art. 55, comma 5, L. n. 142/1990, non poteva essere riconosciuto alcun diritto di rimborso.
Nel caso di specie, evidenziava non vi era stata alcuna previa deliberazione di spesa, in quanto l’ingresso era stato volontario e non dettato da alcuna esigenza né di carattere sanitario né di carattere economico e che, solo in seguito al passaggio di residenza, dovevano ritenersi maturati i requisiti per richiedere l’intervento economico al Comune di Si doleva, poi, dell’erroneità dell’accertamento contenuto in sentenza secondo cui trattavasi di prestazioni sociali a rilevanza sanitaria e, a prescindere dalla natura delle prestazioni, concludeva ribadendo l’insussistenza dei presupposti per concedere e richiedere l’integrazione della retta. 5.3
Con il quinto motivo denunciava il vizio della sentenza per avere il Tribunale disatteso l’eccezione di incertezza del quantum preteso, nonostante gli elenchi depositati dall’ non consentissero in alcun modo di verificare l’effettiva consistenza delle somme ingiunte.
5.4 Formulava, infine, istanza di sospensione dell’efficacia esecutiva della sentenza ex art. 283 cpc. Si costituiva in giudizio la parte appellata , la quale instava per la conferma integrale della gravata pronuncia, riproponendo tutto quanto dedotto ed eccepito in primo grado.
In contestazione dei primi quattro motivi di appello, ribadiva che era stato provato e accertato che al momento del ricovero i coniugi erano affetti da patologia psichica tale da determinare la necessità di avere un’assistenza costante e quotidiana, come avvalorato sia dalle premesse della delibera della Giunta Comunale di ove veniva dato atto che la collocazione presso il Centro era avvenuta su indicazione dei Servizi Sociali, sia dagli esiti delle visite di rito effettuate nella struttura.
Rammentava che per ottenere l’integrazione dell’Ente nel caso in cui fossero state erogate prestazioni socioassistenziali, come nel caso de qua, non era necessaria né la dichiarazione di non autosufficienza, né un apposito impegno di spesa da parte del Comune debitore come invece affermato dall’appellante.
In ordine al quinto motivo di appello, eccepiva di aver prodotto tempestivamente in giudizio tutte le fatture emesse nei confronti dei coniugi dalla data iniziale del ricovero fino al decesso, nonché due prospetti riepilogativi, fermo comunque il rilievo di cui alla gravata sentenza secondo cui i calcoli e gli importi contenuti nei documenti depositati non erano stati contestati dall’opponente.
In via subordinata, riproponeva tutte le domande avanzate in primo grado nei confronti della terza chiamata Si costituiva ritualmente in giudizio, proponendo appello incidentale condizionato, il Preliminarmente, denunciava l’inammissibilità dell’impugnazione ex art. 342 cpc, evidenziando in particolare che con l’atto di citazione erano stati dedotti dall’appellante fatti nuovi.
Eccepiva, poi, il passaggio in giudicato del capo di sentenza ove il Giudice aveva ritenuto che l’obbligo di cui al domicilio di soccorso sorge a prescindere dalla non autosufficienza del privato al momento del ricovero, posto che l’appellante con il primo motivo di gravame si era speso solo sull’inesistenza dei presupposti di fatto nel caso di specie.
Nel merito, contestava l’impugnazione riproponendo quanto argomentato in primo grado.
Proponeva, altresì, appello incidentale condizionato all’accoglimento delle domande ove riproposte nei propri confronti dal C.RAGIONE_SOCIALE, affidandolo a cinque motivi di gravame.
7.1
Con il primo motivo, deduceva “violazione degli artt. 433 ss. c.c., in relazione all’individuazione del soggetto obbligato al pagamento delle somme richieste dal Centro RAGIONE_SOCIALE” e chiedeva la riforma della sentenza nella parte in cui era stato implicitamente esclusa la sussistenza di un obbligo alimentare a carico dei parenti dei degenti.
7.2 Con il secondo motivo, lamentava la “violazione dell’art. 30, L. 27 dicembre 1983, n. 730, e dell’art. 3 septies, co. 2, D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 502, introdotto ad opera del D.Lgs. 7 dicembre 1993, n. 517”, denunciando l’erroneità della pronuncia nella parte in cui era stato ritenuto che le prestazioni erogate dal Centro Servizi nel corso del ricovero avessero natura sociale a rilevanza sanitaria.
7.3 Con il terzo motivo, censurava la “violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., in relazione al doc. 19 del Centro RAGIONE_SOCIALE, alla C.T.U. richiesta dal e comunque in relazione alla produzione documentale delle parti”.
Deduceva che il Tribunale non si era espresso nemmeno implicitamente sull’utilizzabilità del doc. 19 dimesso dal Centro RAGIONE_SOCIALE, contenente una relazione, datata 23 maggio 2018 a firma della psicologa del centro, evidenziando che tale documento sarebbe comunque privo di valore probatorio o, al più, avrebbe dovuto essere letto nel senso di confermare la natura prevalentemente sanitaria dei trattamenti erogati a favore dei coniugi 7.4 Con il quarto motivo, denunciava la “violazione dell’art. 6, L. 328 del 2000, e degli artt. 183 e 191 del d.lgs. n. 267 del 2000”, eccependo di non essere mai stato previamente informato circa lo stato di bisogno dei coniugi. 7.5 Con il quinto motivo, rubricato “violazione dell’art. 6, L. 328 del 2000, e degli artt. 115 e 116 c.p.c., sotto un diverso punto di vista”, eccepiva l’indeterminatezza del quantum debeatur richiesto dall’ A scioglimento della riserva assunta all’esito della prima udienza, con ordinanza del 21 luglio 2021 la Corte accoglieva la richiesta di sospensione dell’efficacia esecutiva della sentenza di primo grado e rinviava la causa ad un’udienza cartolare di precisazione delle conclusioni, al cui esito venivano concessi i termini per il deposito delle comparse conclusionali e delle repliche. Con ordinanza del 14 dicembre 2022 la causa veniva rimessa sul ruolo e veniva disposta C.T.U. sui seguenti quesiti:
“1) descriva ed accerti quali fossero le condizioni di salute, la natura e l’entità delle patologie dei signori così come risultanti al momento del loro ricovero presso il in data 23.03.2006, in data 22.3.2012, e comunque durante tutta la loro degenza presso la stessa struttura fino alla data del 24/9/2016 (data di decesso della Sig.ra ) e 26/2/2017 (data di decesso del Sig. );
2) accerti il tipo di prestazioni richieste dai signori e descriva se le stesse attengono ad un trattamento di tipo meramente assistenziale, riconducibile quindi a profili socio-assistenziali, oppure se comportano prestazioni e cure di natura sanitaria, trattamenti farmacologici, un controllo del quadro clinico ed e un monitoraggio medico, ciò sia con riferimento alle terapie in concreto prestate sia a quelle che il Anziani di avrebbe dovuto prestare, alla luce delle patologie accertate;
3) accerti pertanto la natura – prevalentemente socio-assistenziale o sanitaria – delle dette prestazioni ed anche, eventualmente, se abbia preminente rilievo la natura sanitaria, tale da assorbire anche le prestazioni di mera assistenza tutelare ed alberghiera e, pertanto possano ritenersi, in relazione all’entità della componente sanitaria, prestazioni “sociosanitarie ad elevata integrazione sanitaria” ovvero sanitarie a rilevanza sociale o comunque prevalentemente sanitarie alla luce della normativa di riferimento di cui al d.lgs. 30 dicembre 1992 n. 502, D.P.C.M. 14.01.2001, DPCM 29.11.2001, della L. 833/1978 e della L. 730/1983 (come richiamate da Cass. Civ. n. 21528/2021)”. Depositata la relazione peritale ed esperito infruttuosamente un tentativo di conciliazione, la causa veniva, infine, rinviata all’udienza cartolare di precisazione delle conclusioni del 13 maggio 2024 al cui esito venivano concessi i termini di cui all’art. 190 c.p.c. per il deposito delle comparse conclusionali e delle repliche.
Tutte le parti depositavano gli scritti conclusivi.
Esame dei motivi di impugnazione 10. Così ricostruiti i fatti e le posizioni delle parti, può dunque procedersi all’esame dei motivi di impugnazione.
11. Va, preliminarmente, disattesa l’eccezione di inammissibilità ex art. 342 cpc sollevata dalla parte appellata essendo chiari i punti della sentenza di cui viene chiesta la riforma e le censure mosse alla stessa al fine di ottenerne la riforma, costituendo consolidato principio di diritto quello secondo cui “gli artt. 342 e 434 c.p.c., nel testo formulato dal d.l. n. 83 del 2012, conv. con modif. dalla l. n. 134 del 2012, vanno interpretati nel senso che l’impugnazione deve contenere, a pena di inammissibilità, una chiara individuazione delle questioni e dei punti contestati della sentenza impugnata e, con essi, delle relative doglianze, affiancando alla parte volitiva una parte argomentativa che confuti e contrasti le ragioni addotte dal primo giudice, senza che occorra l’utilizzo di particolari forme sacramentali o la redazione di un progetto alternativo di decisione da contrapporre a quella di primo grado, tenuto conto della permanente natura di “revisio prioris instantiae” del giudizio di appello, il quale mantiene la sua diversità rispetto alle impugnazioni a critica vincolata” (cfr. Cass. civ. S.U., n. 27199 del 2017). 12.
In ossequio al criterio della ragione più liquida va analizzato, prioritariamente, il quarto motivo di appello principale, in particolare in relazione alla tipologia di prestazione resa dall’ , la cui natura è tra gli elementi costitutivi del diritto dell al pagamento della retta o dell’integrazione, individuando il soggetto che sia tenuto al pagamento della stessa.
Tale motivo, che censura la natura della prestazione come riconosciuta in sentenza, per quanto si dirà di seguito, è meritevole di accoglimento, con conseguente assorbimento dei rimanenti motivi di impugnazione del Le rimanenti eccezioni e riproposizioni di domande formulate da parte appellata nonché tutti i motivi di appello incidentale vengono, poi, assorbiti dall’accoglimento dell’impugnazione principale.
12.1 Si osserva che la Suprema Corte con la sentenza n. 21528/2021 ha specificato che “L’attuale quadro normativo prevede che la gratuità delle prestazioni riguarda le prestazioni sanitarie a rilevanza sociale previste dall’art. 3 comma 1 del DPCM 14 febbraio 2001 e quelle sociosanitarie ad elevata integrazione sanitaria previste dall’art. 3 comma 3 del citato decreto, mentre per le prestazioni di lunga assistenza destinate ad anziani e persone non autosufficienti affette da malattie croniche e degenerative, in base alla tabella di cui all’art. 4 comma 1 del DPCM 14 febbraio 2001 e di cui all’allegato 1 C del DPCM 29 novembre 2001, è prevista la ripartizione forfetaria del costo complessivo nella misura del 50% a carico del SSN e del 50% a carico del con la compartecipazione dell’utente. ”.
A fronte, quindi, della contestazione del sul tipo di prestazione svolta, pur finalizzata ad accertare l’autosufficienza dei coniugi e a dimostrare, quindi, che nessuna contribuzione gravasse sullo stesso onere dell’ era quello di fornire prova della tipologia di prestazione, sicché, stanti le contrapposte prospettazioni sul punto di tutte le parti e la natura tecnica della valutazione, questa Corte ha ritenuto di disporre CTU al fine di individuare l’effettiva tipologia di prestazione resa.
12.2 La relazione peritale disposta e depositata nel presente grado di giudizio ha permesso sia di mettere in luce la gravità dello stato psicopatologico in cui versavano i coniugi al momento del loro ricovero presso il C.S.A., riscontrabile già in parte dalle ricostruzioni offerte dalle parti in atti sul punto, sia di analizzare la frequenza, la natura e la durata degli interventi curativi successivamente somministrati ai degenti, sicché valutando complessivamente il percorso terapeutico di cui i pazienti hanno beneficiato e che ha portato al progressivo miglioramento del loro quadro clinico, ritiene il Collegio di fare proprie le conclusioni del CTU, che ha accertato la natura delle prestazioni erogate a favore di quali “prestazioni sanitarie a rilevanza sociale” nel periodo compreso tra l’ingresso in struttura e fino indicativamente al mese di agosto 2015, divenendo poi, e fino al decesso, “sociosanitarie ad elevata integrazione sanitaria”. Alla stessa valutazione deve pervenirsi per , verso la quale il CTU ha accertato che sono state fornite “prestazioni sanitarie a rilevanza sociale” nel periodo compreso tra l’ingresso in struttura e fino indicativamente al mese di agosto 2016, divenendo poi, e fino al decesso, “sociosanitarie ad elevata integrazione sanitaria”.
12.3
Vanno, infatti, disattese le contestazioni sollevate sul punto dal C.S.A. di (in particolare con la comparsa conclusionale da ultimo depositata) laddove, richiamando le osservazioni alla CTU del proprio consulente di parte, ha ritenuto di qualificare le prestazioni erogate come “sociali a rilevanza sanitaria”, insistendo specialmente sull’inesistenza di un piano di cura personalizzato, e ciò in contrasto con gli insegnamenti della più recente Cassazione, secondo cui, si rammenta, “qualora la prestazione socioassistenziale prescinda dalla congiunta realizzazione dello scopo terapeutico (ossia nel caso in cui il ricovero nella struttura residenziale non sia accompagnato da un “piano di cura personalizzato”), la prestazione rimane estranea all’ambito dell’assistenza sanitaria obbligatoria” (cfr. Cass. civ. n. 21528/2021). Ebbene, su tale aspetto era già stato sollecitato il CTU il quale, con adeguata motivazione in replica alle predette osservazioni, ha confermato la natura prevalentemente sanitaria delle attività poste in essere a favore dei coniugi in quanto effettuate sulla scorta di un progetto terapeutico personalizzato condotto con diversi strumenti sia di tipo diagnostico che di tipo terapeutico e finalizzato alla prevenzione, cura e/o riabilitazione fisica e psichica degli anziani, essendo infatti emerso che “durante la lunga permanenza nella struttura, sia il Sig. che la Sig.ra sono stati sottoposti, per quanto di interesse ai fini della presente indagine, a numerosi “colloqui clinici” psicologici, valutazioni e monitoraggio neuropsicologico con somministrazione di vari test finalizzati alla valutazione delle funzioni cognitivocomportamentali (cfr. Diario clinico – Servizio di Psicologia), colloqui a volte condotti anche con la partecipazione del Dott. ad interventi di “sostegno psicologico” e “riabilitazione neuropsicologica”; a visite mediche e consulenze psichiatriche con aggiornamento della terapia farmacologica;
a visite specialistiche in struttura ospedaliera.
Il personale infermieristico si occupava della somministrazione di importante terapia farmacologica, anche per via invasiva, del controllo e del monitoraggio clinico, delle medicazioni, dei prelievi/raccolta liquidi biologici per gli esami di laboratorio, della cura della persona.
La rigorosità di tali, condivisibili, considerazioni è riscontrabile, del resto, confrontando la documentazione allegata alla perizia, da cui emerge in special modo l’assidua somministrazione di colloqui psichiatrici così come la prescrizione di specifica terapia farmacologica via via modificata in base all’andamento del quadro clinico per entrambi i coniugi 12.4 Per quanto concerne, invece, le prestazioni erogate fino alle rispettive date di decesso dei pazienti, osserva il Collegio che la loro qualificazione operata dal CTU in termini di attività sociosanitarie (o socioassistenziali) ad elevata integrazione sanitaria (essendo tali quelle che l’art. 3, comma 3, del D.P.C.M. 14 febbraio 2001 definisce “caratterizzate da particolare rilevanza terapeutica e intensità della componente sanitaria, le quali attengono prevalentemente alle aree materno – infantile, anziani, handicap, patologie psichiatriche e dipendenze da droga, alcool e farmaci, patologie per infezioni da H.I.V. e patologie terminali, inabilità o disabilità conseguenti a patologie cronico – degenerative. Tali prestazioni sono quelle, in particolare, attribuite alla fase post – acuta caratterizzate dall’inscindibilità del concorso di più apporti professionali sanitari e sociali nell’ambito del processo personalizzato di assistenza, dalla indivisibilità dell’impatto congiunto degli interventi sanitari e sociali sui risultati dell’assistenza e dalla preminenza dei fattori produttivi sanitari impegnati nell’assistenza.
”) è apprezzabile non solo in quanto congruamente argomentata, comunque rispondente alle necessità dettate dalla serietà della malattia psichiatrica che affliggeva i degenti e coerente con il decorso della malattia prospettato dal perito – caratterizzato, come già accennato, da un graduale miglioramento del quadro psicopatologico -, ma è stata anche pienamente confermata dalla consulente di parte dell’ (“Si concorda, invece, con il CTU che le prestazioni erogate al Signor dal mese di Agosto 2015 fino al decesso siano state di carattere socio-sanitarie ad elevata integrazione sanitaria, cosi come alla Signora dall’agosto 2016 fino al decesso”). Tanto esposto, la generica riaffermazione, operata dal C.SRAGIONE_SOCIALE , della natura prevalentemente sociale dei servizi prestati ai coniugi non risulta idonea a superare questa qualificazione tecnica delle prestazioni, su cui tutti i consulenti hanno concordato e che si ritiene, in ultima analisi, di condividere per le già esposte ragioni.
Sul punto la pronuncia già richiamata della Corte di Cassazione n. 21528/2021 specifica, ancora, che:
“Nell’ipotesi ricorrente nel caso di specie, di patologie mentali (demenza fronto-temporale), nel caso in cui, oltre alle prestazioni socio- assistenziali, siano erogate prestazioni sanitarie, l’attività deve essere comunque considerata di rilievo sanitario e pertanto di competenza del Servizio Sanitario Nazionale, atteso che le prestazioni rese in favore del malato psichico rientrano tra le prestazioni socio-assistenziali ad elevata integrazione sanitaria, interamente a carico del.
Nel caso in esame è pacifico che entrambi i richiedenti fossero malati psichici, provenienti dal reparto di psichiatria e con accertata patologia di “folieu a deux”, cosicché si rientra pienamente nell’ipotesi delineata dalla Suprema Corte, così come è stato accertato, anche da un punto di vista tecnico, dal CTU.
12.5
Dall’accertata natura nei termini di cui sopra delle prestazioni concretamente erogate deriva che non possono ritenersi sussistenti i presupposti previsti dall’art. 6, comma 4, l. 328/2000, giacché la fattispecie in esame rientra tra le ipotesi sottoposte a regime di gratuità e riferibili al sistema sanitario nazionale, in quanto diretta a tutela del diritto alla salute (senza peraltro considerare che fino al 2012 al pagamento delle rette di degenza avevano provveduto autonomamente i coniugi), dovendosi, infatti, richiamare la già citata pronuncia della Suprema Corte che, ripreso il quadro normativo di riferimento, ha ribadito che “la gratuità delle prestazioni ricorre: per le prestazioni sanitarie a rilevanza sociale previste dall’art. 3 comma 1 del D.P.C.M. 14 febbraio 2001 e per quelle socio sanitarie ad elevata integrazione sanitaria previste dall’art. 3 comma 3 del citato decreto” (cfr. Cass. civ. n. 21528/2021).
In ragione di quanto sopra il pagamento delle rette non poteva essere richiesto dall’ né al (appellante principale) né al (appellante incidentale in via condizionata).
Conclusioni e spese di lite 12.
Va, dunque, accolto l’appello principale e dichiarato assorbito l’appello incidentale condizionato, con revoca delle ingiunzioni emesse dall’ ed accertamento dell’assenza di obblighi di contribuzione da parte dei Comuni, per essere semmai tenuta alla contribuzione o meglio all’integrale pagamento l’Azienda , non parte di questo giudizio, in ragione delle prestazioni rese dal C.S.A. di 13.
Alla riforma della sentenza consegue la riforma della statuizione delle spese di lite che devono essere poste per entrambi i gradi, in ragione della sua soccombenza, a carico dell’appellata e vengono liquidate per il primo grado nella misura già determinata dal Tribunale, richiamandosi sul punto la motivazione resa nella determinazione delle stesse e, quanto al secondo grado, secondo i parametri di cui al DM 55/2014 e succ. mod. nei valori prossimi ai medi delle controversie del valore del disputatum e ciò sia nei confronti dell’appellante sia nei confronti della parte appellata parte chiamata in causa dall’opposta/odierna parte appellata
La Corte di Appello di Venezia, terza sezione civile, definitivamente pronunciando nella causa in epigrafe indicata, ogni diversa e contraria domanda, istanza ed eccezione disattesa e/o comunque assorbita, così decide:
Accoglie l’appello e per l’effetto in totale riforma della sentenza impugnata:
a) Revoca le ingiunzioni n. 507 e n. 508 del 25.5.2017 emesse dal b) Rigetta le domande formulate da nei confronti delle altre parti.
Pone a carico del le spese di CTU.
Condanna al pagamento, a favore del e del delle spese di lite di entrambi i gradi di giudizio, che liquida, per ciascuno, per il primo grado in euro 11.235,00 per compensi professionali, oltre al 15% per rimborso forfettario delle spese generali, oltre IVA e CPA come per legge, oltre esborsi di CU e marca e per il presente grado in euro 12.000,00 per compensi professionali, oltre al 15% per rimborso forfettario delle spese generali, oltre IVA e CPA come per legge, oltre esborsi di CU e marca.
Così deliberato in Venezia, nella camera di consiglio del 4 novembre 2024
Il Consigliere estensore Il Presidente Dott.ssa NOME COGNOME Dott. NOME COGNOME
La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di
Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.
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