fbpx
Generic filters
Parola esatta ...
Cerca nei titolo
Search in excerpt
Filtra per categoria
Codice Civile
Codice Penale

Revocatoria cessione quote societarie per eventus damni

La sentenza afferma il principio secondo cui l’azione revocatoria ordinaria ex art. 2901 c.c. può essere esercitata anche quando il credito non sia ancora liquido, certo ed esigibile, essendo sufficiente la sua esistenza e la sua idoneità a determinare un pregiudizio per il creditore. Inoltre, il Giudice, nel caso di specie, ha ritenuto integrato il requisito dell’eventus damni in quanto l’atto di disposizione ha determinato un pericolo di danno per il creditore, avendo reso più incerta l’esecuzione coattiva del credito.

Pubblicato il 14 January 2025 in Diritto Civile, Giurisprudenza Civile

TRIBUNALE DI MILANO SEZIONE II

CIVILE RG n. 3446/2024

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE ORDINARIO DI MILANO SEZIONE SECONDA CIVILE

Il Tribunale in composizione monocratica, nella persona del Giudice unico dott. NOME COGNOME nel procedimento civile iscritto al n. R.G. 3446/2024, ha pronunciato la seguente

SENTENZA N._54_2025_- N._R.G._00003446_2024 DEL_05_01_2025 PUBBLICATA_IL_05_01_2025

nella causa civile proposta da (CF ), nato a Castelnuovo Calcea (AT) il 28.08.1950 e residente in Torino, INDIRIZZO ed elettivamente domiciliato in Torino, INDIRIZZO presso lo studio dell’Avv. NOME COGNOME che lo rappresenta e difende in virtù di procura alle liti allegata all’atto di citazione, difensore che dichiara di voler ricevere tutte le comunicazioni di cancelleria ex art. 136 c.p.c. ed ex art. 51 D.L. 112/2008 presso la casella di Posta Elettronica Certificata del Processo Telematico di cui all’art. 11 D.M. 17/07/2008, parte attrice contro c.f. e P. IVA in persona del legale rappresentante pro tempore amministratore unico , con sede legale in ROMA (RM) INDIRIZZO 000154;

(c.f. ), residente in Arese (MI), INDIRIZZO entrambi elettivamente domiciliati in Torino, INDIRIZZO presso lo Studio professionale dell’Avv. NOME COGNOME (CF:

che li rappresenta e difende giusta procura alle liti allegata alla comparsa di costituzione, difensore che dichiara di voler ricevere tutte le comunicazioni di cancelleria ex art. 136 c.p.c. e ex art. 51 D.L. 112/2008 presso la Casella di Posta Elettronica Certificata del Processo Telematico di cui all’art. 11 D.M. 17/7/2008, ovvero all’indirizzo PEC comunicati all’Ordine ai sensi della L. 2/2009 o al C.F. C.F. C.F. TRIBUNALE DI MILANO SEZIONE II CIVILE RG n. 3446/2024 convenuti

CONCLUSIONI

Per l’attore (come da foglio di precisazione delle conclusioni depositato per via telematica in data 10 luglio 2024) “Piaccia all’Ill.mo Tribunale adito contrariis reiectis, – accertati i presupposti di cui all’art. 2901 cc così come descritti in atti, – disporre la revocatoria, revocare e/o dichiarare inefficace e/o inopponibile nei confronti dell’attore l’atto di cessione del 100% delle quote della RAGIONE_SOCIALE (oggi RAGIONE_SOCIALE) concluso con scrittura privata in data 01.02.2021 tra la già (oggi e il dott. (doc n. 11), depositato in data 01.02.2021 a mezzo del dott. presso l’Ufficio del Registro Imprese di Torino protocollo n. TO-2021-16133 (docc. nn. 23,24), dichiarando inefficace nei confronti del dott. predetto atto di disposizione del patrimonio. -Con vittoria di spese e competenze di giudizio.

” Per i convenuti (come da foglio di precisazione delle conclusioni depositato per via telematica in data 15 luglio 2024) “Piaccia al Tribunale Ill.mo, respinta ogni contraria e diversa eccezione e deduzione, così giudicare:

– Respingere, per tutti i motivi esposti in narrativi, la domanda di parte attrice siccome inammissibile, illegittima ed infondata.

– Con vittoria di spese e competenze del presente giudizio, oltre ad oneri ed accessori di legge.

” CONCISA ESPOSIZIONE DELLE

RAGIONI DI FATTO

E DIRITTO 1. Premessa e competenza del Tribunale.

Si premette che la parte relativa allo svolgimento del processo, alle difese esposte dalle parti e agli accadimenti di cui ai verbali di udienza può essere omessa, alla luce del nuovo testo dell’art. 132 comma 2 n. 4 c.p.c. (come riformulato dall’art. 45 comma diciassettesimo della legge n. 69 del 2009) nel quale non è più indicata, fra i contenuti necessari della sentenza, la “esposizione dello svolgimento del processo”, essendo richiesta soltanto la “concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione”. Inoltre, ai sensi dell’art. 118, 1° comma, disp. attuazione c.p.c. (così come modificato dalla Legge n. TRIBUNALE DI MILANO SEZIONE II CIVILE RG n. 3446/2024 consiste nella succinta esposizione dei fatti rilevanti della causa e delle ragioni giuridiche della decisione, anche con riferimento a precedenti conformi.

” Pertanto, con riguardo allo svolgimento del processo saranno richiamati unicamente gli eventi rilevanti ai fini della decisione e non la successive delle udienze e degli accadimenti processuali, per cui si rinvia ai verbali, né verranno riepilogate analiticamente le contestazioni, difese o allegazioni esposte dalle parti costituite.

Occorre richiamare innanzitutto l’orientamento consolidato della S.C. vedi Cass. Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 8661 del 08/05/2020 (Rv. 657831 – 01), conforme Cass., sez. VI, ord. 10 novembre 2021, n. 33087 secondo il quale “L’azione revocatoria che riguardi l’atto di vendita di quote societarie rientra nella competenza del tribunale ordinario e non della sezione specializzata in materia di impresa, atteso che tale azione non comporta conseguenze sulla titolarità delle quote contese né sui diritti connessi, ma può produrre, ove accolta, soltanto l’inefficacia del trasferimento nei confronti di chi agisce, non alterando, per il resto, la situazione proprietaria né l’assetto della società, che non è coinvolta direttamente. ” Infatti, per radicare la competenza delle sezioni specializzate in materia di impresa, occorre che si controverta sulla qualità di socio al fine della gestione dell’impresa sociale o della partecipazione ai benefici di essa;

laddove nel caso dell’azione di simulazione o dell’azione revocatoria la controversia non verte sul rapporto societario quale petitum sostanziale, e non ha, dunque, fondamento endosocietario.

La presente proposizione dell’azione revocatoria e l’accoglimento della domanda di inefficacia relativa non comporta né per l’attore né per i convenuti dirette conseguenze sulla titolarità delle quote contese né sui diritti connessi, ma può produrre, ove accolta, soltanto l’inefficacia del trasferimento nei confronti di chi agisce, non alterando, per il resto, la situazione proprietaria né l’assetto della società, che non è coinvolta direttamente.

2.

Il credito tutelato ex art. 2901 c.c. vantato da parte attrice e l’anteriorità rispetto all’atto dispositivo oggetto di revocatoria.

Come noto, ai fini dell’accoglimento dell’azione revocatoria ordinaria, i presupposti che devono ricorrere sono tradizionalmente indicati nella sola esistenza di un debito, ancorché non concretamente esigibile, nel requisito oggettivo dell’eventus damni e nel requisito soggettivo della scientia damni.

Tramite detta azione, “il creditore può conseguire la declaratoria di inefficacia, nei suoi confronti, degli atti di disposizione pregiudizievoli posti in essere dal debitore, così conservando integra la TRIBUNALE DI MILANO SEZIONE II CIVILE RG n. 3446/2024 Va premesso che legittimato all’azione ex art. 2901 c.c.

è colui che vanta un credito nei confronti dell’autore dell’atto che si intende revocare, asseritamente leso dall’atto di trasferimento immobiliare, di cui viene domandata la declaratoria di inefficacia nei propri confronti.

Il credito vantato dall’attore è pienamente documentato ed esistente, ed è appunto fondato sulla Sentenza n. 4006/2023 deliberata il 6.10.2023, pubblicata il 20/10/2023 RG n. 13834/2021 Repert. n. 9852/2023 del 20/10/2023, che ha revocato il decreto ingiuntivo opposto del Tribunale di Torino n. 3817/2021, datato 13.05.2021, depositato in data 13.05.2021, rigettando tutte le domande proposte dalla parte convenuta opposta condannandola in persona del legale rappresentante pro tempore, al pagamento in favore della parte attrice opponente della somma di Euro 652.500,00, quale saldo del prezzo di cessione delle quote di cui alla scrittura privata autenticata dal Notaio in data 13.11.2018, rep. n. 14082 racc. n. 6687, oltre interessi al tasso legale dalle singole scadenze fino al saldo. Il fumus boni iuris e la fondatezza della pretesa creditoria dell’attore è stata altresì confermata dal fatto che la Corte D’Appello di Torino, pur a seguito di appello depositato dalla società odierna convenuta, con Ordinanza di rigetto deliberata in data 15.12.2023, n. cronologico 96/2023 del 22/12/2023 RG n. 1366/2023 -1 (doc. 10 di parte attrice), ha con ampie motivazioni rilevato che “la sentenza impugnata non risulta presentare quei macroscopici errori valutativi evidenziati dall’appellante” ed ha infine respinto l’istanza di sospensione della efficacia esecutiva della sentenza di primo grado impugnata, formulata da parte appellante. In realtà, il credito dell’attore in revocatoria – nei confronti del soggetto convenuto – non deve essere necessariamente certo, liquido ed esigibile:

come la giurisprudenza di merito e di legittimità ha più volte chiarito, la definizione della controversia avente ad oggetto l’accertamento del credito non costituisce antecedente logico-giuridico indispensabile della pronuncia sulla domanda revocatoria, sicché il giudizio relativo a quest’ultima neppure è soggetto alla sospensione necessaria di cui all’art. 295 cod. proc. civ.

Occorre infatti premettere che, in giurisprudenza di legittimità, secondo l’orientamento iniziato da Cass. Sez. U, Ordinanza n. 9440 del 18/05/2004 “Poiché anche il credito eventuale, in veste di credito litigioso, è idoneo a determinare – sia che si tratti di un credito di fonte contrattuale oggetto di contestazione giudiziale in separato giudizio, sia che si tratti di credito risarcitorio da fatto illecito – l’insorgere della qualità di creditore che abilita all’esperimento dell’azione revocatoria, ai sensi dell’art. 2901 cod. civ., avverso l’atto di disposizione compiuto dal debitore, il giudizio promosso con TRIBUNALE DI MILANO SEZIONE II CIVILE RG n. 3446/2024 conservazione è stata proposta la domanda revocatoria, in quanto la definizione del giudizio sull’accertamento del credito non costituisce l’indispensabile antecedente logico – giuridico della pronuncia sulla domanda revocatoria, essendo d’altra parte da escludere l’eventualità di un conflitto di giudicati tra la sentenza che, a tutela dell’allegato credito litigioso, dichiari inefficace l’atto di disposizione e la sentenza negativa sull’esistenza del credito”; Conf. Sez. 1, Sentenza n. 17257 del 12/07/2013 (Rv. 627499 – 01) “Quando oggetto dell’azione revocatoria ordinaria sia una “res” litigiosa, la definizione dell’eventuale controversia sull’accertamento del credito non costituisce l’antecedente logico-giuridico indispensabile della pronuncia sulla domanda revocatoria, sicché il giudizio relativo a tale domanda non è soggetto a sospensione necessaria ai sensi dell’art. 295 cod. proc. civ., neppure in generale ponendosi il conflitto pratico tra giudicati che tale norma intende evitare, non si pone in via generale, in quanto l’accertamento svolto “incidenter tantum” dal giudice dell’azione revocatoria in ordine al credito contestato è esclusivamente finalizzato ad ottenere l’inefficacia dell’atto pregiudizievole alle ragioni del creditore, ma non costituisce titolo sufficiente per procedere ad esecuzione nei confronti del terzo acquirente”; conf. Sez. 3, Sentenza n. 2673 del 10/02/2016 (Rv. 638928 – 01); conf. Da ultimo Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 3369 del 05/02/2019 (Rv. 653004 – 01).

In altri termini, ai fini dell’esperibilità dell’azione revocatoria ordinaria è sufficiente una semplice aspettativa che non si rilevi ‘prima facie’ pretestuosa e che possa valutarsi come probabile o non del tutto inverosimile, anche se non definitivamente accertata, in coerenza con funzione dell’actio pauliana di conservazione dell’integrità del patrimonio del debitore, quale garanzia generica delle ragioni di credito, a tutela quindi delle legittime aspettative del creditore.

In tal senso, si veda il condivisibile orientamento espresso da ultimo da Cass. Sez. 3, Sentenza n. 5619 del 22/03/2016 “L’art. 2901 c.c. ha accolto una nozione lata di credito, comprensiva della ragione o aspettativa, con conseguente irrilevanza dei normali requisiti di certezza, liquidità ed esigibilità, sicché anche il credito eventuale, nella veste di credito litigioso, è idoneo a determinare – sia che si tratti di un credito di fonte contrattuale oggetto di contestazione in separato giudizio sia che si tratti di credito risarcitorio da fatto illecito – l’insorgere della qualità di creditore che abilita all’esperimento dell’azione revocatoria ordinaria avverso l’atto di disposizione compiuto dal debitore. ”; conf. Cass. n. 9855/2014; Cass. n. 1893/2012; Cass. n. 5359/2009; Cass. n. 24757/2008; Cass. n. 20002/2008);

ne consegue l’irrilevanza della certezza del fondamento dei relativi fatti costitutivi, coerentemente con la funzione propria dell’azione, la quale non persegue scopi restitutori TRIBUNALE DI MILANO SEZIONE II CIVILE RG n. 3446/2024 In tal senso, nell’ambito della nozione lata di credito accolta dalla norma ex art. 2901 c.c. devono ricomprendersi tutte le legittime ragioni di aspettativa di credito (atteso che l’azione revocatoria mira a conservare la garanzia del patrimonio del debitore in favore dell’agente di riscossione creditore) e quindi deve ricomprendersi senz’altro anche il credito portato da sentenza di primo grado con efficacia esecutiva non sospesa. Alla luce di tali considerazioni, l’entità ed esistenza del credito esposto a tutela della garanzia patrimoniale del debitore deve ritenersi adeguatamente suffragato da documenti ed allegazioni non pretestuosi ma pienamente fondati.

A ciò si aggiunga, come dedotto da parte attrice, ai fini dell’anteriorità del sorgere del credito rispetto al compimento dell’atto dispositivo, che secondo Cass. Sez. 3 – , Ordinanza n. 30737 del 26/11/2019 (Rv. 656044 – 01) “Ai fini dell’azione revocatoria, il credito tributario diviene liquido ed esigibile nel momento in cui si verificano i presupposti dell’imposizione, non assumendo rilevanza la successiva attività di accertamento della pubblica amministrazione in quanto strumentale alla verifica di un’obbligazione già sorta. ” Pertanto, sulla base delle ragioni esposte, non può essere revocata in dubbio la qualità di creditore in capo a parte attrice (anche laddove fosse stata per ipotesi titolare soltanto di un credito eventuale o litigioso ancora da accertarsi in giudizio) e ciò rappresenta la sussistenza del primo presupposto ai fini dell’accoglimento della domanda revocatoria.

Invero, l’atto di disposizione patrimoniale oggetto di revocatoria di cessione delle quote posto in essere in data 1.2.2021 (doc. 11 di parte attrice) risulta successivo al sorgere del credito di fonte contrattuale oggetto della condanna in primo grado, trattandosi per un importo di € 652.500,00 e3l saldo del prezzo del contratto definitivo di cessione di cui alla scrittura privata autenticata dal Notaio , concluso in data 13.11.2018, rep. n. 14082 racc. n. 6687 (doc. 1 di parte attrice), sicchè – a prescindere dal successivo accertamento giurisdizionale – il credito trae origine in tale contratto posto in essere oltre due anni prima rispetto all’atto di cui si chiede oggi l’inefficacia.

Non rileva al fine di individuare un’asserita insorgenza in epoca successiva del credito il contratto di arbitraggio concluso in pari data o la clausola di price adjustment (come accertato dal Tribunale di Torino con la sentenza n. 4006/2023 del 20/10/2023:

doc n. 7 di parte attrice), in virtù della quale il prezzo è stato regolarmente stabilito dalle parti nell’atto di cessione, tuttavia i contraenti (nella fase così detta di “signing”) hanno dato atto che detto prezzo, in corso di esecuzione, avrebbe potuto, a determinate condizioni, subire variazioni (nella fase così detta di “closing”).

Pertanto, in mancanza TRIBUNALE DI MILANO SEZIONE II CIVILE RG n. 3446/2024 modo definitivo anche nella fase di “closing”, quindi l’oggetto contrattuale ed il prezzo è rimasto il medesimo dall’inizio e non è variato, né il contratto di cessione delle quote è sospensivamente condizionato ma per suo espresso tenore letterale è ad effetto immediato (vedi art. 2 doc. 1 attore).

Sul punto, trovano applicazione i principi generali affermati dalla giurisprudenza secondo cui “In tema di azione revocatoria ordinaria, il requisito dell’anteriorità del credito rispetto all’atto dispositivo del debitore va riscontrato con riferimento al momento di insorgenza del credito stesso e non già rispetto a quello del suo accertamento giudiziale” ( Cass.civ. Sez. 3 – , Ordinanza n. 22161 del 05/09/2019 cfr.; ex multis: Cass., Sez. 3, Ordinanza n. 22161 del 05/09/2019, Rv. NUMERO_DOCUMENTO – 01; Sez. 3, Sentenza n. 1968 del 27/01/2009, Rv. NUMERO_DOCUMENTO – 01 ; Sez. 3, Sentenza n. 12678 del 17/10/2001, Rv. 549698 – 01; Sez. 1, Sentenza n. 8013 del 02/09/1996, Rv. 499434 – 01) In particolare “Nel caso di credito litigioso, comunque idoneo a determinare l’insorgere della qualità di creditore che abilita all’esperimento dell’azione revocatoria, per stabilire se esso sia o meno sorto anteriormente all’atto di disposizione del patrimonio è necessario fare riferimento alla data del contratto, ove sia un credito di fonte contrattuale, o a quella dell’illecito, qualora si tratti di credito risarcitorio da fatto illecito”.

Sez. 3 – , Sentenza n. 11121 del 10/06/2020 (Rv. 658141 – 01) 3. L’eventus damni quale elemento oggettivo: il pregiudizio alle ragioni del creditore attore.

Ciò posto, deve evidenziarsi che l’art. 2901 c.c. richiede, inoltre, quale requisito oggettivo dell’azione revocatoria, il pregiudizio arrecato alle ragioni creditorie dall’atto di disposizione compiuto dal debitore (c.d. eventus damni);

tale pregiudizio, consistente nella non solvibilità del debitore, deve essere conseguenza diretta dell’atto revocando e va riferito al momento dell’atto dispositivo, dal quale deve derivare direttamente la lesione della garanzia patrimoniale.

Tale requisito oggettivo deve essere interpretato alla luce del consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità (cfr. Cass. n. 5972/05, conf. Sez. 3, Sentenza n. 5105 del 09/03/2006), che ha affermato come “in tema di azione revocatoria ordinaria, non è richiesta, a fondamento dell’azione, la totale compromissione della consistenza patrimoniale del debitore, ma soltanto il compimento di un atto che renda più incerta o difficile la soddisfazione del credito, che può consistere non solo in una variazione quantitativa del patrimonio del debitore, ma anche in una variazione qualitativa di esso. Tale rilevanza quantitativa e qualitativa dell’atto di disposizione deve essere provata dal creditore che agisce in revocatoria, mentre è onere del debitore, per sottrarsi agli effetti dell’azione revocatoria, provare che il proprio patrimonio residuo sia tale da soddisfare ampiamente le ragioni del creditore” ed inoltre (cfr. Cass. n. 7262/00) ha messo in luce che “…ad integrare il TRIBUNALE DI MILANO SEZIONE II CIVILE RG n. 3446/2024 di un bene in un altro che sia meno agevolmente aggredibile in sede esecutiva, com’è tipico del danaro, realizza il pericolo di danno costituito dalla eventuale infruttuosità di una futura azione esecutiva. ” ed infine ha specificato di recente che “in tema di azione revocatoria ordinaria non è richiesta, a fondamento dell’azione, la totale compromissione della consistenza patrimoniale del debitore, ma soltanto il compimento di un atto che renda più incerto o difficile il soddisfacimento del credito, che può consistere non solo in una variazione quantitativa del patrimonio del debitore, ma anche in una modificazione qualitativa di esso;

A questo proposito, la sostituzione di un immobile con il denaro derivante dalla compravendita comporta di per sé una rilevante modifica qualitativa della garanzia patrimoniale, in considerazione della maggiore facilità di cessione del denaro.

” (cfr. Cass., n. 1896/2012; conformi Cass. Sez. 3 – , Ordinanza n. 19207 del 19/07/2018; Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 16221 del 18/06/2019).

Ulteriore presupposto per l’esercizio dell’azione revocatoria ex art. 2901 c.c. è il pregiudizio che dall’atto impugnato deriva (o possa derivare) alle ragioni dell’attore – creditore.

A tal fine va ricordato che, avendo l’actio pauliana la funzione di ricostituire la garanzia generica fornita dal patrimonio del debitore e non la garanzia specifica, per la configurabilità del pregiudizio alle ragioni dello stesso, non è necessario che sussista un danno concreto ed effettivo, essendo sufficiente un pericolo di danno derivante dall’atto di disposizione, il quale abbia comportato una modifica della situazione patrimoniale del debitore, tale da rendere incerta l’esecuzione coattiva del debito o da comprometterne la fruttuosità. In particolare, per l’integrazione dell’elemento oggettivo dell’”eventus damni” non è necessario che l’atto dispositivo abbia reso del tutto impossibile la soddisfazione del credito, essendo invece sufficiente che tale atto negoziale abbia determinato maggiore difficoltà o incertezza nell’esazione coattiva del credito medesimo.

Il creditore risulta conseguentemente pregiudicato sia quando il patrimonio del debitore diventa incapiente, sia nell’ipotesi in cui il creditore, a seguito dell’atto di disposizione compiuto dal debitore, sia costretto ad intraprendere procedure maggiormente dispendiose, aleatorie o lunghe ovvero quando sussista un pericolo di danno derivante dall’atto di disposizione, il quale abbia comportato una modifica della situazione patrimoniale del debitore tale da rendere incerta l’esecuzione coattiva del debito o da comprometterne la fruttuosità (trasformazione del bene immobile in denaro fungibile e per definizione meno aggredibile in sede esecutiva). Ciò in quanto l’azione revocatoria ha la funzione non solo di ricostituire la garanzia generica del TRIBUNALE DI MILANO SEZIONE II CIVILE RG n. 3446/2024 Non è, quindi, richiesta la prova della totale compromissione della consistenza patrimoniale del debitore, ma solo il compimento di un atto che la renda più incerta o difficile.

Pertanto, è sufficiente la mera variazione qualitativa del patrimonio del debitore causata dal compimento del predetto atto, in tal caso determinandosi il pericolo di danno costituito dalla eventuale infruttuosità di una futura azione esecutiva, essendo state sottratte le quote di partecipazione nel capitale sociale di RAGIONE_SOCIALE da un possibile pignoramento, commutandole in una somma di denaro di cui i convenuti neppure hanno mai fornito la prova dell’effettivo pagamento.

Sotto il profilo probatorio, spetta al creditore il solo onere di provare la variazione patrimoniale (quantitativa e/o qualitativa) determinata dell’atto di disposizione impugnato, mentre è onere del debitore, per sottrarsi agli effetti di tale azione, provare che nonostante tale negozio il suo patrimonio residuo sia tale da soddisfare ampiamente, anche all’attualità, le ragioni creditorie.

Da tempo è stato inoltre riconosciuto dalla Suprema Corte che “a fronte di un atto di per sé idoneo a compromettere la garanzia generica del creditore, spetta al debitore dimostrare – in applicazione del principio di vicinanza della prova – l’assoluta capienza del suo patrimonio.

Invero, non essendo richiesta, a fondamento della azione, la totale compromissione della consistenza del patrimonio del debitore, ma soltanto il compimento di un atto che renda più incerta o difficile la soddisfazione del creditore, l’onere di provare la insussistenza dell’eventus damni incombe sul convenuto che la eccepisca” (cfr. Cass., n. 21808/2015 e, in precedenza Cass., n. 15265/2006;

per una recente applicazione in sede di merito, v. ad es. Trib. Mantova n. 552/2016);

(cfr. Cass. civ. Sez. III, 29/03/2007, n. 7767 “Tale rilevanza quantitativa e qualitativa dell’atto di disposizione deve essere provata dal creditore che agisce in revocatoria, mentre è onere del debitore, per sottrarsi agli effetti di tale azione, provare che il suo patrimonio residuo sia tale da soddisfare ampiamente le ragioni del creditore”; Cass. civ. Sez. III, 18-03-2005, n. 5972; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 1902 del 03/02/2015 “l’onere di provare l’insussistenza di tale rischio, in ragione di ampie residualità patrimoniali, incombe sul convenuto che eccepisca, per questo motivo, la mancanza dell'”eventus damni”; conforme la citata Cass. Sez. 3, Ordinanza n. 19207 del 19/07/2018).

In particolare, l’onere probatorio del creditore si restringe alla dimostrazione della variazione patrimoniale;

per contro è il debitore il quale deve provare che, nonostante l’atto di disposizione, il suo patrimonio abbia conservato valore e caratteristiche tali da garantire il soddisfacimento delle ragioni del creditore senza difficoltà.

Le allegazioni specifiche di parte attrice relative a dati oggettivi emergenti dai bilanci della società RAGIONE_SOCIALE MILANO SEZIONE II CIVILE RG n. 3446/2024 nullo delle altre partecipate (es. che era una società già in perdita di esercizio al 31.12.2020), ai rilevanti debiti scaduti anche tributari, al valore di rimanenze ed immobilizzazioni, non sono state invero specificamente contestate dalle parti convenute.

I convenuti si sono infatti limitati a a produrre delle fatture anche risalenti nel tempo, che non evidenziano la redditività di impresa né la sussistenza e/o produzione di flussi di cassa liberi idonei e sufficienti a pagare il debito verso allegando poi genericamente la presenza di crediti senza nulla dire sulla loro capacità di smobilizzo ed esigibilità nel breve periodo, limitandosi ad osservare in comparsa di risposta che “…come risulta dal Bilancio del 2020, risultano Crediti verso clienti per €. 3.993.000,00, controllate per €. 1.079.000, Crediti v/imprese collegate per €. 68.150,00: sicché, contrariamente a quanto ex adverso asserito, l’entità di tali crediti è tale da poter soddisfare le pretese creditorie dell’odierno attore.

” Come correttamente osservato da parte attrice, se fossero stati crediti esigibili, la società convenuta li avrebbe già riscossi, tenuto conto che sono crediti immobilizzati e quanto all’aging parecchio risalenti, visto che l’ultimo bilancio è al 31.12.2020, e in considerazione della gravissima crisi di liquidità in cui versa giova infatti ricordare che l’ultimo bilancio depositato risale al 2020 e pertanto, sono passati ben quattro anni senza che sia stato recuperato nulla da una società che risulta sostanzialmente da tempo inattiva, pur se non in formale stato di liquidazione. In realtà è assolutamente preoccupante e indice di uno stato di squilibrio e crisi di impresa, se non di insolvenza, il fatto desumibile dalla visura camerale per cui non sono stati mai approvati né formalmente depositati al registro delle imprese i bilanci relativi agli esercizi 2021-2022-2023.

Dunque, appare chiaro che versa in una situazione economico-finanziaria estremamente precaria ed addirittura in condizioni di illiquidità;

l’ultimo bilancio presentato dalla società convenuta risale al 2020, circostanza che già in re ipsa desta particolare “allarme”, poiché generalmente prodromica alla declaratoria di liquidazione giudiziale.

Dal bilancio 2020 la situazione di continuità aziendale risultava già a forte rischio in quanto i debiti totali erano pari ad € 10,5 milioni – di cui € 2,2 milioni circa di natura previdenziale e tributaria – risultando poi limitatissime disponibilità liquide di circa € 35.000, del tutto insufficienti per soddisfare il credito di parte attrice, con un evidente sbilancio negativo nel rapporto tra i debiti predetti ed un attivo circolante di soli € 9,5 milioni.

Ciò indipendentemente dal reale valore delle quote di partecipazione detenute e poi cedute in RAGIONE_SOCIALE che certamente al 31.12.2019 versava in un evidente stato di salute TRIBUNALE DI MILANO SEZIONE II CIVILE RG n. 3446/2024 il che maggiormente acclara l’operazione di sottrazione di un valido asset all’aggressione esecutiva della parte creditrice.

L’eventus damni e l’evidente infruttuosità delle azioni esecutive già esperite da parte attrice risultano particolarmente acclarati anche alla luce delle dichiarazioni negative dei terzi pignorati (docc. 18-19- 20);

particolarmente significativa al fine di poter ritenere, secondo indici concreti e univoci, la verosimile insolvenza di , è la dichiarazione di BANCO *** in data 18.3.2024, che ha evidenziato la presenza di una limitatissima liquidità di € 958,00 vincolata in ragione di un pignoramento dell’Erario (AGENZIA ENTRATE) del gennaio 2024.

Come poi in modo condivisibile osservato dalla Corte d’Appello di Torino nel provvedimento reiettivo dell’istanza di sospensione ex art. 283 c.p.c. “dalla visura aggiornata al 7.11.2023 della l’ultimo bilancio depositato dalla società risulta essere quello dell’esercizio 2020 il che desta allarme quanto alla sua stabilità finanziaria, con conseguente rischio per il creditore di vedere frustrata ogni sua pretesa ove posticipata ex art. 283 c.p.c.” Dalla documentazione allegata da parte attrice e dalle generiche contestazioni sul punto dei convenuti ex art. 115 c.p.c., è pertanto possibile evincere che non vi sono più beni immobili, mobili registrati, redditi o liquidità idonei a soddisfare le ragioni di credito di parte attrice;

verosimilmente, tale era la situazione concreta di incapienza patrimoniale anche al momento del compimento dell’atto dispositivo.

La società convenuta in altri termini, non ha provato concretamente che, nonostante la vendita, il patrimonio residuo sia stato, al momento del trasferimento, tale da soddisfare le ragioni creditorie, non risultando acclarata la perdurante sussistenza di altri beni sui quali soddisfarsi;

ad esempio non è stata documentata dalla convenuta la presenza di altri immobili di pregio/valore in piena proprietà sui quali la parte creditrice avrebbe potuto soddisfarsi, prova che solo il convenuto avrebbe potuto fornire in virtù del principio di vicinanza della prova;

tale circostanza deve pacificamente essere oggetto di prova diretta in excipiendo da parte del convenuto ex art. 2697 c.c., trattandosi di dimostrazione di fatti impeditivi, modificativi o estintivi della pretesa azionata, e posti a base dell’eccezione.

Ciò detto, non può dubitarsi della sussistenza nel caso di specie dell’eventus damni.

L’atto impugnato ha, infatti, comportato una rilevantissima modificazione, sia qualitativa che quantitativa, del patrimonio del debitore.

L’atto di trasferimento ha determinato, infatti, sia la perdita della garanzia patrimoniale, attesa l’insufficienza dei beni e diritti residui, mobiliari e immobiliari, sia una minor speditezza dell’azione esecutiva.

TRIBUNALE DI MILANO SEZIONE II CIVILE RG n. 3446/2024 di denaro, non facilmente rinvenibile e di fatto non rinvenuto nel patrimonio del debitore convenuto, risultando senz’altro più difficile l’esecuzione coattiva del credito e quindi palesandosi l’impossibilità di procedere con l’esecuzione.

Il pregiudizio alle ragioni creditorie risulta dunque integrato, per le considerazioni che precedono.

In ogni caso il pignoramento attoreo presso il terzo RAGIONE_SOCIALE, come è dato evincere dalla dichiarazione del terzo ex art. 547 cpc del 25.06.2024, consentirà a parte attrice al più di recuperare la somma esigua di € 19.578,00 (doc. attore n. 36), a fronte di un credito vantato di consistenza ben maggiore, così confermandosi l’incapienza e il pregiudizio per le ragioni creditorie del 4. L’elemento soggettivo delle parti convenute.

Ciò posto, va precisato che in astratto, ai fini dell’esperimento dell’azione revocatoria, l’art. 2901 comma 1 n. 1 c.c. richiede un determinato atteggiamento soggettivo del debitore, consistente nella consapevolezza di pregiudicare il soddisfacimento delle ragioni creditorie.

La conoscenza del pregiudizio è richiesta nel solo debitore qualora si tratti di atti a titolo gratuito (scientia damni o consilium fraudis) ed anche nel terzo in caso di atti a titolo oneroso, ciò ai sensi dell’art. 2901 co. 1 n. 2 c.c.

Inoltre, il legislatore ha previsto ai sensi del n. 1) la possibilità di agire in via revocatoria anche contro atti compiuti anteriormente al sorgere del credito, purché gli stessi fossero dolosamente preordinati al fine di pregiudicare le ragioni del creditore (c.d. “dolo specifico” o animus nocendi);

in questo caso, ai sensi del n. 2), qualora l’atto di disposizione sia oneroso, è necessaria altresì la conoscenza da parte del terzo acquirente della dolosa preordinazione della vendita rispetto al credito futuro;

in questo caso, l’atto revocabile partecipa di una connotazione fraudolenta che ne rivela l’intrinseca illiceità.

Ove l’atto revocando sia a titolo gratuito, successivo al sorgere del credito restitutorio, come detto, è sufficiente la mera e generica conoscenza del pregiudizio da parte del debitore e non del terzo;

è sufficiente dimostrare che il debitore nel momento in cui ha posto in essere i suddetti atti, “conoscesse il pregiudizio che l’atto arrecava alle ragioni del creditore” (art. 2901, 1° comma, n. 1, cod. civ.).

Ne consegue che – ai fini della sussistenza delle ulteriori condizioni previste ex art. 2901 c.c. – deve essere vagliata nel presente giudizio unicamente la mera conoscenza del pregiudizio arrecato dall’atto revocando alle ragioni creditorie in capo al debitore (da provarsi a carico di chi agisce in revocatoria).

In tal senso si pone anche il pacifico orientamento della S.C. in punto generica conoscenza dell’eventus damni da parte del debitore e del terzo:

Cass. Sez. 1 – , Ordinanza n. 23326 del TRIBUNALE DI MILANO SEZIONE II CIVILE RG n. 3446/2024 il debitore abbia del pregiudizio delle ragioni creditorie, nonché, per gli atti a titolo oneroso, l’esistenza di analoga consapevolezza anche da parte del terzo, perché quest’ultimo deve essere a conoscenza che il proprio dante causa è vincolato verso creditori e che l’atto posto in essere arreca pregiudizio alla garanzia patrimoniale del disponente.

”;

in senso conforme, vedi Cass. Sez. 3, Sentenza n. 27546 del 30/12/2014 (Rv. P_IVA – 01) “In tema di azione revocatoria ordinaria, quando l’atto di disposizione sia successivo al sorgere del credito, unica condizione per il suo esercizio è la conoscenza che il debitore abbia del pregiudizio delle ragioni creditorie, nonché, per gli atti a titolo oneroso, l’esistenza di analoga consapevolezza in capo al terzo, la cui posizione, sotto il profilo soggettivo, va accomunata a quella del debitore.

La relativa prova può essere fornita tramite presunzioni, il cui apprezzamento è devoluto al giudice di merito ed è incensurabile in sede di legittimità ove congruamente motivato.

” Ebbene, fermo restando che la prova dell’elemento soggettivo, investendo la sfera psichica del debitore, può essere fornita anche mediante presunzioni gravi, precise e concordanti, nel caso di specie è stato dimostrato altresì come l’atto revocando sia stato, ad avviso di chi scrive, quantomeno genericamente conosciuto nella sua portata dannosa dal debitore, con il fine di impedire all’attore di soddisfare le rispettive ragioni di credito e restitutorie nei suoi confronti.

Nel caso di specie, trattandosi come si vedrà di atto successivo al sorgere del credito, tale requisito soggettivo è integrato dalla consapevolezza nel debitore del carattere pregiudizievole del proprio comportamento, e quindi dalla coscienza del fatto che l’atto vada a ridurre la garanzia patrimoniale in pregiudizio dei creditori (evento di danno già prima diffusamente esaminato), senza che sia necessaria anche la dimostrazione che vi fosse un’effettiva intenzione di nuocere al creditore.

Trattandosi dunque nel caso di specie di atto successivo al sorgere del credito occorre avere riguardo unicamente alla sola prima parte del n. 1 dell’art. 2901 c.c., la quale impone la verifica della sola conoscenza, in capo al debitore, del pregiudizio che l’atto arrecava alle ragioni del creditore (scientia damni).

Ne consegue che – ai fini della sussistenza delle ulteriori condizioni previste ex art. 2901 c.c. – deve essere vagliata nel presente giudizio unicamente la mera conoscenza del pregiudizio arrecato dall’atto revocando alle ragioni creditorie in capo al debitore (da provarsi a carico di chi agisce in revocatoria).

In proposito si ricorda che la prova dello stato soggettivo del debitore, scientia damni, e quindi la consapevolezza da parte del debitore stesso, di arrecare un pregiudizio con l’atto di disposizione impugnato alle ragioni del creditore, può essere fornita anche mediante presunzioni, che nel caso di TRIBUNALE DI MILANO SEZIONE II CIVILE RG n. 3446/2024

Ove si possa ritenere poi che si tratti di una cessione di quote a titolo oneroso, il che è formalmente vero – anche se fortemente dubbio per le modalità concrete in cui la cessione è maturata e per il fatto che i convenuti mai hanno fatto ostensione delle reali modalità di pagamento del prezzo, allegando invece una indebita compensazione con un credito per finanziamento soci verso la società – il terzo cessionario deve essere consapevole del predetto pregiudizio.

L’esistenza nel caso che ci occupa sia del consilium fraudis che della scientia fraudis è chiara, evidente ed esplicita.

Innanzitutto, la società convenuta era verosimilmente a conoscenza della sua gravissima situazione economico-finanziaria, dell’estrema esiguità del valore dei suoi asset di attivo patrimoniale e della sua mancanza di liquidità:

l’ultimo bilancio approvato (nel 2020) lo dimostra;

come sopra dimostrato, le predette circostanze contabili erano dunque tutte esistenti all’epoca dell’atto dispositivo per cui è causa avvenuto nel 2021.

Inoltre, va rilevato che , cessionario delle quote, è ad un tempo sia l’amministratore unico della società debitrice, (di cui peraltro detiene altresì il 100% delle quote) che ha compiuto l’atto dispositivo da revocare, sia il destinatario del predetto atto ed inoltre è anche il Presidente del Consiglio di amministrazione della RAGIONE_SOCIALE

In pratica, può affermarsi che cedente e cessionario siano la stessa persona:

il dott. è l’amministratore della di cui è anche socio unico.

Di conseguenza, gli odierni convenuti erano entrambi perfettamente consapevoli sia dell’esistenza del debito nei confronti del dott. sia del fatto che l’atto di cessione di cui si chiede la revoca era lesivo delle ragioni creditorie dell’attore, stante l’imputazione per legge degli stati soggettivi rilevanti del rappresentante al rappresentato ex art. 1391 c.c. Quindi debitore disponente e terzo cessionario delle quote sono lo stesso soggetto quale “titolare effettivo” in ordine alla conoscenza del debito verso il alla conoscenza del pregiudizio delle ragioni attoree, che non appare revocabile in dubbio stante la carica gestoria apicale rivestita dal in entrambe le società, vista la conoscenza effettiva dei bilanci e della pretesa creditoria e della situazione societaria; l’atto negoziale revocando appare essere stato concluso in palese conflitto di interessi.

Alla stregua di quanto sopra, appare con chiara evidenza la sussistenza sia del consilium fraudis della sia della scientia fraudis del , amministratore sia della ex oggi che della RAGIONE_SOCIALE consapevoli e TRIBUNALE DI MILANO SEZIONE II CIVILE RG n. NUMERO_DOCUMENTO Nulla è poi dato sapere in ordine all’origine e alla natura del debito compensato con la cedente e della sorte della somma, seppure esigua, che il cessionario avrebbe versato.

Né può escludere l’esistenza del consilium fraudis, , la circostanza che la avesse ottenuto un decreto ingiuntivo nei confronti dell’attore, e quindi vantasse un credito nei confronti del predetto, credito la cui sussistenza è stata poi smentita dalla sentenza di primo grado e dalla Corte d’Appello in sede di diniego della sospensione.

Infatti, la concessione del decreto ingiuntivo è avvenuta ben tre mesi dopo rispetto alla cessione di cui si domanda la revoca (13.05.2021), e, non ha pregiudicato l’esistenza del credito del posto che il decreto avrebbe potuto essere opposto, come nei fatti lo è stato, e il giudizio di opposizione avrebbe potuto concludersi con la revoca del medesimo, come nei fatti avvenuto.

Come già detto nel precedente paragrafo, la formazione del credito del anteriore all’atto revocando e pertanto come da ultimo ribadito ex multis da Cass. Sez. 3 – , Ordinanza n. 5812 del 27/02/2023 (Rv. 667023 – 01) “In tema di azione revocatoria, quando l’atto di disposizione è anteriore al sorgere del credito, ad integrare l'”animus nocendi” richiesto dall’art. 2901, comma 1, n. 1, c.c. è sufficiente il mero dolo generico e, cioè, la mera previsione, da parte del debitore, del pregiudizio arrecato ai creditori, non essendo invece necessaria la ricorrenza del dolo specifico, vale a dire la consapevole volontà di pregiudicare le ragioni creditorie. ” Ad ogni modo, nel caso in questione, dai fatti narrati è dato evincere in modo univoco la sussistenza altresì del c.d. dolo specifico, posto che i convenuti hanno agito con la consapevole volontà di non pagare il debito nei confronti dell’attore e di pregiudicare le sue ragioni di credito.

Vale la pena di porre in evidenza che il nel 2020, allorchè è stato approvato il bilancio 2019 della RAGIONE_SOCIALE, era presidente del CDA della predetta società, ossia colui che, insieme agli altri componenti del consiglio, aveva il compito di redigere il bilancio secondo i criteri di cui all’art. 2423 cc;

contemporaneamente il era anche colui che lo avrebbe dovuto approvare.

Infatti la RAGIONE_SOCIALE era una srl a socio unico, costituito dalla , oggi , il cui amministratore unico e socio unico era ed è il Appare poi priva di pregio l’affermazione secondo cui la cessione per cui è causa sarebbe stata fatta a beneficio della al fine di ridurre un presunto debito della società nei confronti del dott. , peraltro in palese conflitto di interessi come detto.

In comparsa di risposta si è sostenuto che “…la all’epoca dell’operazione incriminata, stante il conseguimento del titolo monitorio che la vedeva creditrice di una somma di TRIBUNALE DI MILANO SEZIONE II CIVILE RG n. 3446/2024 in parte, un’esposizione debitoria che aveva nei confronti dei soci, pari ad €. 468.728,00, così come si evince dagli allegati bilanci ( doc. n. 7), ragione per cui venivano cedute le quote.

” Innanzitutto, non sono mai state spiegate l’origine e la natura del predetto credito, inoltre ridurre la situazione debitoria della di € 460.000,00 è veramente ben poca cosa a fronte di un’esposizione di € 10.551.280,00, tra l’altro a danno degli altri creditori concorrenti.

Né vi è stato alcun rientro dell’esposizione debitoria verso i soci, essendo state in realtà cedute quote di partecipazione in una società patrimonialmente solida, pienamente aggredibili in executivis, dal compensando illegittimamente la posta con un credito – verosimilmente postergato ex art. 2467 c.c. per finanziamento soci – compiendo un atto in palese conflitto di interessi e senza una stima del prezzo di cessione, in danno di altri creditori concorrenti (essendo i debiti indicati in € 10 milioni circa dall’ultimo bilancio di , ledendo poi particolarmente le ragioni creditorie accertate dell’attore. In realtà, con la vendita in oggetto, il ha tratto una personale utilità concreta, rientrando da un proprio finanziamento soci verosimilmente postergato ex art. 2467 c.c., mentre la situazione economico-finanziaria della è rimasta critica in modo preoccupante.

Inoltre, se anche il avesse vantato un credito nei confronti della società convenuta, con l’illegittima compensazione in oggetto, risoltasi di fatto in un atto a titolo gratuito e senza esborso patrimoniale alcuno, effettuata in spregio dell’art. art. 2467 c.c, ha sottratto le attività dell’impresa alla garanzia del creditore attore, stante la totale illiquidità di Alla stregua degli anzidetti fatti e deduzioni, risulta del tutto evidente l’elemento soggettivo dei convenuti come richiesto dall’art. 2901 c.c., dovendosi come detto fare leva sull’ identità della persona fisica del legale rappresentante della società alienante e della società le cui quote sono state trasferite in danno del creditore attore. In tal senso, Cass. Sez. 3, Sentenza n. 25016 del 10/10/2008 (Rv. 605253 – 01) ha affermato che “Ai fini dell’accoglimento dell’azione revocatoria ordinaria, la prova della fraudolenta collusione tra il debitore ed il terzo (cosiddetto “consilium fraudis”) può essere fornita anche attraverso presunzioni semplici, massimamente se fondate sulla qualità delle parti del negozio fraudolento e sulla sua tempistica rispetto alla pretesa del creditore.

(In applicazione di tale principio, la SRAGIONE_SOCIALE. ha cassato la decisione di merito con la quale era stata rigettata la domanda revocatoria, senza attribuire rilievo alla circostanza che la medesima persona fisica era il legale rappresentante sia della società che aveva venduto un bene immobile in frode del creditore, sia di quella che l’aveva acquistato, né al TRIBUNALE DI MILANO SEZIONE II CIVILE RG n. 3446/2024 Le spese seguono la soccombenza ex art. 91 c.p.c. e sono liquidate secondo i parametri del D.M. 10 marzo 2014, n. 55 (in attuazione del D.L. 1/2012); si applicano in concreto le tabelle come di recente integrate dal decreto del 13 agosto 2022, n. 147 “Regolamento recante modifiche al decreto 10 marzo 2014, n. 55, concernente la determinazione dei parametri per la liquidazione dei compensi per la professione forense, ai sensi dell’articolo 13, comma 6, della legge 31 dicembre 2012, n. 247. ”, in quanto pubblicato sulla G.U. n. 236 del 08/10/2022 e in vigore dal 23 ottobre 2022.

Dall’accoglimento integrale delle domande di parte attrice, deriva la soccombenza ex art. 91 c.p.c. di ciascuna delle parti convenute costituite, , a carico delle quali devono essere poste le spese di lite (in solido ex art. 97 c.p.c. tra loro data la posizione processuale comune quanto al negozio di cessione;

cfr. il qui condiviso orientamento espresso da Cass Sez. 3 – , Sentenza n. 27476 del 30/10/2018, Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 9063 del 02/04/2019, Sez. 3, Sentenza n. 20916 del 17/10/2016).

Pertanto, le spese di lite vanno liquidate – secondo i valori medi del DM 55/14 aggiornato sulla base del D.M. n. 147 del 13/08/2022 pubblicato sulla G.U. n. 236 del 08/10/2022 e in vigore dal 23 ottobre 2022 – avuto riguardo al valore effettivo della controversia dichiarato da parte attrice per valore superiore ad € 52.000 ed inferiore ad € 260.000 (pari ad € 100.000, prezzo di cessione delle quote) – nella misura di complessivi € 786,00 per esborsi (anticipazioni documentate, per pagamento del contributo unificato e marca da bollo per iscrizione a ruolo) ed € 14.100,00 per compensi professionali, oltre al 15% per rimborso forfettario spese generali ex art. 2 DM n. 55/2014, CPA ed IVA, che risulta dovuta solo se non recuperabile dalla parte per effetto del regime fiscale di cui gode, sugli importi imponibili.

Il Tribunale in composizione monocratica, definitivamente pronunciando nel contraddittorio delle parti, ogni diversa e contraria istanza, eccezione o deduzione disattesa e assorbita:

• in accoglimento integrale della domanda formulata da parte attrice nei confronti delle parti convenute , revoca e, per l’effetto, dichiara inefficace ai sensi dell’art. 2901 c.c., nei confronti dell’attore l’atto di cessione del 100% delle quote della RAGIONE_SOCIALE concluso con scrittura privata in data 01.02.2021 tra i convenuti predetti (doc. n. 11 di parte attrice), depositato in data 01.02.2021 a mezzo del dott. presso l’Ufficio del Registro TRIBUNALE DI MILANO SEZIONE II CIVILE RG n. 3446/2024 • ordina ogni eventuale ulteriore formalità pubblicitaria connessa al provvedimento, disponendo ove occorra la trascrizione dell’emananda sentenza nel competente registro delle imprese, con ogni consequenziale provvedimento, ordinando in ogni caso a tutti i responsabili dei competenti servizi l’annotazione della presente sentenza ai sensi dell’art. 2655 c.c. nonchè di dare pubblicità alla medesima; • condanna le parti convenute , in solido tra loro, alla rifusione in favore di parte attrice delle spese di lite, che si liquidano in complessivi € 786,00 per esborsi (anticipazioni per pagamento del contributo unificato e marca da bollo per iscrizione a ruolo) ed € 14.100,00 per compensi professionali, oltre il rimborso forfettario del 15% per spese generali ex art. 2 DM n. 55/2014, CPA ed IVA (se non recuperabile in virtù del regime fiscale della parte) come per legge.

Così deciso in Milano, il 4 gennaio 2025.

Il giudice dott. NOME COGNOME

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Carmine Paul Alexander TEDESCO - Avvocato
Desideri approfondire l’argomento ed avere una consulenza legale?

Articoli correlati